Araldica
Questa sezione è dedicata agli stemmi di questo ramo della famiglia, inclusi, quando noti, quelli di specifici personaggi.
Stemmi familiari
Contenuti della sezione
Stemmi familiari, con scudo, ornamenti e blasonatura.
1 | Ventimiglia | Benevento |
2 | Giudice | Napoli, Palermo, Genova |
3 | Del Giudice | Napoli |
4 | Giudice | Napoli, Cellamare |
5 | Giudice Caracciolo | Caracciolo |
Ventimiglia
Benevento
Carlo Padiglione, nel suo "Trenta centurie di armi gentilizie", alla voce:
VENTIMIGLIA
riferendosi alla famiglia beneventana olim di Morra, che si sa con certezza discendere dal vescovo governatore Giovanni Battista de Judicibus, riporta le seguenti insegne:
Inquartato,
nel I e IV di rosso alla banda d'argento scaccata in 2 file d'azzurro,
nel II e III troncato d'oro e di rosso
che è identica a quella blasonata dal Della Vipera nel suo manoscritto alla pagina della casata Ventimiglia (de Judicibus/di Morra). Il Padiglione asserisce che la famiglia che portava quest'arma «... si estinse in quella dei Della Vipera». mentre noi sappiamo per certo che si estinse nella seconda metà del 1600 nella famiglia beneventana Roscio.
Per la stessa famiglia il Padiglione blasona anche un'altra insegna:
Troncato,
nel 1 di azzurro alla banda scaccata d'argento e di rosso,
nel 2 di rosso al capo d'oro
Abbiamo elementi per ritenere che in questa insegna la partitura sia verticale, e che quindi questa blasonatura utilizzi la dizione troncato in modo improprio, intendendo spaccato. Il P. Guelfi Camaiani nel suo "Dizionario Araldico" (Hoepli, Milano 1940, pag. 516), ricorda come molti studiosi di araldica abbiano spesso equivocato queste definizioni blasoniche perché la parola francese coupè, usata per indicare lo scudo diviso a metà orizzontalmente, nel linguaggio corrente si traduce in tagliato e spaccato, che in araldica rappresenterebbe invece una divisione verticale dello scudo. Il Guelfi Camaiani insiste ironicamente dicendo che in italiano «… si spacca la legna e si tronca la testa».
Giudice
Napoli, Palermo, Genova
Il Conte Berardo Candida Gonzaga scrive nel sesto volume delle sue "Memorie delle Famiglie Nobili delle Province Meridionali d'Italia"
GIUDICE
Famiglia originaria di Genova, diversa dalla Del Giudice di Amalfi. Di essa un ramo
fu ascritto all'albergo CALVI, un'altro all'albergo VIVALDI, ed un terzo all'albergo USODIMARE,
al quale appartennero i GIUDICI passati a Palermo ed in Napoli nel 1530, ove godettero nobiltà
al seggio di Capuano.
Marchesato: Alfedena
Ducato: Giovinazzo (1651)
Principati: Cellamare (1631), Villa
Parentele: Calvi, Caracciolo, Carafa, della Marra, Palagrano, Pappacoda, Pignatelli, di Somma, Usodimare
Autori: Aldimari, Celano, Franzone, Lumaga, Mugnos, Sacco, Tettoni, Saladini
Fra i più importanti personaggi di questa famiglia: Guglielmo, Console di Genova (1122); Enrico e Giovanni,
Consoli di Genova (1128); Paolo, Doge di Genova (1563); Francesco, Cardinale, creato da Papa Alesandro VIII,
Principe di Cellamare, Corriere Maggiore del Regno.
Arma: interzato in banda; nel 1° di rosso;
nel 2° d'argento; nel 3° di azzurro.
pag.98
Conte Berardo Candida Gonzaga
"Memorie delle Famiglie Nobili delle Province Meridionali d'Italia"
Volume VI e ultimo, Arnaldo Forni Editore, Bologna, 1875
Del Giudice
Napoli
Il "Dictionnaire de la Noblesse" (Paris 1866) riporta una genealogia completa dei Giudice (Del Giudice) di Napoli dal 1451 al 1733. Per la famiglia in questione viene indicata come arma:
Les armes:
tiercié en bande; d'azur, d'argent et de gueules.
La Chenaye-Desbois et Badier
"Dictionnaire de la Noblesse"
Troisième Édition, Tome 9 [Paris: Schlesinger, 1866]
Da notare come l'"Armorial Universel" riporta lo stesso stemma per una famiglia Judice en Espagne:
Tiercé en bande; d'azur, d'argent et de gueules.
pag.239
M. Jouffroy d'Eschavannes
"Armorial Universel"
Tome II, Paris, 1848
Giudice
Napoli, Cellamare
Carlo Padiglione, nel suo "Trenta centurie di armi gentilizie", riporta le seguenti insegne:
GIUDICE - di Napoli (Cellamare)
Interzato in banda d'argento,
di rosso e di nero
che, a differenza dell'antica insegna dei de' Giudici, presenta il nero al posto dell'azzurro e l'inversione della posizione degli smalti, che dovrebbe vedere nel I il rosso nel II l'argento e nel III l'azzurro; nuovamente, se non è un errore di blasonatura, si potrebbe trattare di un altro ramo della famiglia.
[N.d.A.] Da notare come questi sono anche gli smalti delle insegne dei de Judicibus di Molfetta, sebbene questi li abbiano usati a partire da quelle dei Del Giudice di Amalfi di cui ritenevano essere discendenti.
Analogamente, si ha anche:
Trinciato d'oro,
d'argento e d'azzurro
che pone nel I l'oro al posto del rosso, e affianca così due metalli, cosa araldicamente non corretta.
Carlo Padiglione,
«Trenta centurie di armi gentilizie»,
Blasonature di stemmi di famiglie italiane,
Casa Editrice Ferdinando Bideri,
Napoli, 1914
pag. 152
Giudice Caracciolo
Caracciolo
Carlo Padiglione, nel suo "Trenta centurie di armi gentilizie", riporta le seguenti insegne:
Trinciato di rosso e d'azzurro
alla banda in divisa d'argento
Inquartato,
al I e IV bandato d'oro e di rosso al capo d'azzurro,
al II e III d'oro al leone d'azzurro con la coda controrivoltata,
armato e linguato di rosso,
sull'inquadratura uno scudetto
trinciato d'oro, d'argento e d'azzurro
Carlo Padiglione,
«Trenta centurie di armi gentilizie»,
Blasonature di stemmi di famiglie italiane,
Casa Editrice Ferdinando Bideri,
Napoli, 1914
pag. 152
Quest'ultima insegna è quella dei Caracciolo Pisquizi di Villa e Cellamare, che venivano comunemente detti Giudice Caracciolo; ricordiamo che lo scudetto centrale è di norma l'insegna di pretenzione, cioè quella più antica della famiglia originaria. È interessante notare che l'imparentamento delle antichissime famiglie napoletane Caracciolo e Pisquizi con i Del Giudice (de' Giudici liguri), le porti a centrare nel posto più nobile della loro insegna quella di pretenzione della famiglia acquisita (i de' Giudici liguri), piuttosto che quella loro napoletana.
Alcuni degli smalti riportati dal Padiglione e l'ordine con il quale sono blasonati, sono differenti da quelli della maggior parte delle insegne dei Giudici (de’) riportati da altri genealogisti. L'uso della tratteggiatura nei disegni e nelle stampe in bianco e nero tardò molto a diffondersi, mentre venne usata eccezionalmente nelle raffigurazioni lapidee (però mai prima del '700). Non era pertanto facile per nessuno risalire agli smalti corretti, dato che un blu può facilmente diventare nero e un azzurro, argento. Nel Padiglione è comunque particolarmente sospetta la blasonatura di due metalli affiancati… È tuttavia possibile che si tratti delle insegne di rami collaterali della famiglia Del Giudice di Cellamare; nel meridione d'Italia erano più frequenti che altrove, e comunemente accettate, alcune discrepanze araldiche. Inoltre il leone è armato, cosa che non si trova in altre blasonature dei Caracciolo Pisquizi.
Un'altra insegna vede infatti l'inquartatura a rovescio e lo scudetto dei Giudice genovesi al centro, nei colori tradizionali di quella famiglia. È l'insegna dei Caracciolo di Santobuono e Cellamare, ovvero i Giudice Caracciolo.
Inquartato,
al I e IV d'oro al leone d'azzurro con la coda controrivoltata,
linguato di rosso,
al II e III bandato d'oro e di rosso al capo d'azzurro,
sull'inquadratura uno scudo
trinciato di rosso, d'argento e d'azzurro
Stemmi personali
Contenuti della sezione
Stemmi personali, con scudo, ornamenti e blasonatura.
A | Nicola Giudice | Stemma scolpito con le insegne delle famiglie imparentate |
Nicola Giudice
Stemma scolpito con le insegne delle famiglie imparentate
Lo stemma qui riportato, collocato nel Palazzo dei Principi di Cellamare a Napoli, comprende, oltre allo stemma originario della famiglia de Judicibus, lo stesso che troviamo a Genova, ovvero quello «trinciato di rosso e d'azzurro, alla banda d'argento sulla trinciatura», anche quelli delle famiglie imparentate con Nicola a Napoli, ovvero i Sanseverino, i Franchi e i della Marra.
Lo stesso stemma si trova, nello stesso palazzo, anche sotto forma di affresco.