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Croazia
Dalmazia
Spalato
OggiSpalatoSpalato oggi
AntichitàSpalatoAntichità
Bisanzio 1SpalatoPrimo periodo bizantino
Croazia 1SpalatoPeriodo croato
Bisanzio 2SpalatoSecondo periodo bizantino
UngheriaSpalatoPeriodo ungherese
VeneziaSpalatoPeriodo veneziano
AustriaSpalatoPeriodo austriaco
Jugoslavia 1SpalatoAnnessione alla Jugoslavia
ItaliaSpalatoAnnessione all'Italia
Jugoslavia 2SpalatoRitorno alla Jugoslavia
Croazia 2SpalatoCroazia indipendente
Salona
Almissa

Spalato

Spalato oggi

Stemma della città di Spalato
Stemma della città di Spalato

Spàlato, con 178.192 abitanti, è la seconda città della Croazia e capoluogo della regione spalatino-dalmata. Sede universitaria e dell'arcidiocesi di Spalato-Macarsca, la città dalmata sorge su una penisola che si trova tra la parte orientale della baia dei Castelli e il canale di Spalato, tratto di mare Adriatico che si trova tra le isole di Bua, Zirona Grande e Solta.

Panorama di Spalato
Panorama di Spalato

Il nome della città deriva dalla “ginestra spinosa”, arbusto molto comune nella regione, che in greco antico era denominato Aspálathos (Aσπάλαθος) oppure Spálathos (Σπάλαθος), nome poi dato alla colonia greca che ha dato poi origine alla città. Quando la città fu conquistata dagli antichi Romani, il nome dell'insediamento fu tradotto in latino come Spalatum oppure Aspalatum, che nel Medioevo diventò, in latino volgare, Aspalathum, Spalathum, Spalatrum e Spalatro. Quest'ultimo era il nome in lingua dalmatica, denominazione che è arrivata fino a fine Ottocento, quando questo idioma si è completamente estinto. In lingua croata divenne poi Split, mentre in lingua italiana Spàlato. Quest'ultima denominazione fu quella più diffusa a livello internazionale fino alla prima guerra mondiale, dopo di cui fu sostituito dal croato Split. Nei primi anni del XIX secolo, in lingua croata, il nome divenne Spljet per poi tornare di nuovo alla forma Split. Per secoli si è creduto che l'etimologia del nome della città fosse legata al latino palatium, ovvero “palazzo”, con un chiaro riferimento al Palazzo di Diocleziano, i cui resti si trovano a Spàlato. Le mura coincidono con il nucleo originario del centro storico della città. Questa prima ipotesi fu teorizzata per la prima volta dall'imperatore bizantino Costantino VII Porfirogenito, per poi essere ripresa nel Duecento da Tommaso Arcidiacono.

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Spalato

Antichità

Spàlato fu fondata come colonia greca di Issa (la moderna Lissa), a sua volta colonia della città siciliana di Siracusa[6], con il nome di Aspálathos (Aσπάλαθος) oppure Spálathos (Σπάλαθος), intorno al III-II secolo a.C. Il primigenio insediamento greco prosperò anche grazie alle vicine tribù illiriche, la maggior parte delle quali appartenevano all'etnia dalmata[6], che abitavano la costa adriatica nell'entroterra di Salona, a sud del territorio dei Liburni, tra i fiumi Titius (Cherca) e Nestus/Hippius (Cetina), e che furono più tardi celtizzati.

Dopo le guerre illiriche, che avvennero tra il 229 d.C. e il 219 d.C., la città di Salona, che era a poca distanza di Spàlato, diventò la capitale della provincia romana della Dalmatia. Da questo momento in poi, la storia di Spàlato diventò secondaria rispetto a quella della vicina Salona, fermo restando che con il passare dei decenni ci fu il sopravanzamento di Spàlato, che divenne di riferimento della regione.

L'imperatore Diocleziano, il cui principato durò dal 284 d.C. al 305 d.C., nel 293 d.C., decise di iniziare la costruzione del Palazzo di Diocleziano, che fu situato di fronte al mare vicino alla città di Salona nel municipium di Spalatum, venendo edificato dal 295 al 304 d.C. Il palazzo, a cui fu data la forma di una massiccia fortezza, fece crescere il suo centro abitato e la sua area urbana fino a raggiungere un numero di abitanti compresi tra gli 8.000 e i 10.000.

Dal 475 al 480, all'interno del Palazzo di Diocleziano, si trasferì Giulio Nepote, penultimo sovrano dell'Impero romano d'Occidente, dopo la sua destituzione, che avvenne nel 475, restandoci fino alla morte (480). Dopo le invasioni barbariche del V secolo, nel 493, Spàlato divenne parte del Regno ostrogoto, di cui faceva parte l'intera Dalmazia. Giustiniano I, imperatore bizantino che regnò dal 527 al 565, governò l'Impero romano d'Oriente dal Palazzo di Diocleziano di Spàlato dal 535 al 536.

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Spalato

Primo periodo bizantino

Nell'anno 650, in Alto Medioevo, gli abitanti di Salona, antica capitale della provincia romana della Dalmatia, per sfuggire alle incursioni degli Avari, si rifugiarono in alcune isole del mare di fronte a Spàlato. Spàlato rimase per vari secoli nell'Impero bizantino, nel quale la città riuscì ad avere una certa importanza. Successivamente entrò nell'orbita ungherese, nel contesto del quale la città mantenne la sua autonomia comunale.

Fu a partire da questo periodo che la zona, originariamente romanza, iniziò a essere popolata dai croati, una delle popolazioni slave meridionali che sostituirono gli Avari, i quali si fusero gradualmente proprio con gli slavi orientali e con i Ungari. Il tempio di Giove fu poi ridedicato alla Vergine Maria. Le spoglie di Doimo furono trasferite nella cattedrale di Spalato, poi a lui dedicata, che divenne in seguito la sede dell'Arcidiocesi di Spalato-Macarsca. La Cattedrale di Spàlato, originariamente mausoleo dell'imperatore Diocleziano, faceva parte del Palazzo di Diocleziano, e come tale, è Patrimonio dell'Umanità. Fu convertito in chiesa nell'VIII secolo, mentre nel'anno 1100 fu costruito il campanile, che divenne poi il simbolo principale di Spàlato.

Dopo l'assedio di Costantinopoli del 1204 Spàlato rimase possedimento de jure dell'Impero bizantino nella forma di un ducato amministrato dall'Esarcato di Ravenna. Fu proprio in questo periodo che nacque, molto probabilmente nella regione spalatina, la lingua dalmatica, lingua romanza che poi si diffuse lungo le coste della Dalmazia, dal golfo del Quarnaro ad Antivari. Gli abitanti di Spàlato iniziarono a chiamare la loro città in lingua dalmatica Spalatro.

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Spalato

Periodo croato

Dal 925 il Regno di Croazia e Dalmazia, grazie a re Tomislao I di Croazia, iniziò a emergere travalicando i confini locali, che in origine erano intorno alla capitale Nona tramite a un'alleanza dell'Impero bizantino con Simeone I il Grande, sebbene Tomislao I non ricevette ufficialmente nessun mandato imperiale per l'amministrazione delle nuove terre sotto la sua amministrazione. Fu in questo periodo che la lingua slava ecclesiastica antica iniziò a diffondersi nelle celebrazioni religiose.

Tra il IX e il X secolo Spàlato decise di intraprendere una serie di campagne militari nei confronti dei pirati narentani, il cui territorio fu in gran parte conquistato. Dopo questi eventi militari, che non portarono alla definitiva sconfitta dei narentani, Spàlato chiese alla Repubblica di Venezia un'alleanza militare, coalizione che fu accettata dal doge Pietro II Orseolo. Il doge veneziano inviò una flotta navale in soccorso a Spàlato, che portò alla definitiva sconfitta dei pirati narentani. Dopo aver ottenuto il relativo permesso dall'imperatore bizantino Basilio II Bulgaroctono, Pietro II Orseolo si proclamò duca di Dalmazia.

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Spalato

Secondo periodo bizantino

Nel 1019 l'Impero bizantino restaurò il completo controllo amministrativo della Dalmazia, sebbene il titolo "Duca di Dalmazia", e con esso il controllo amministrativo de facto della regione, fu assegnato al doge di Venezia. Nel 1069 il re Petar Krešimir IV di Croazia ottenne il pieno controllo di isole e città della Dalmazia sottraendolo ai bizantini e ai veneziani, inclusa Spàlato, che estese il suo dominio fino al fiume Narenta. Le città costiere dalmate passarono sotto il diretto controllo del Regno di Croazia, mantenendo una certa autonomia amministrativa, sebbene appartenessero nominalmente ancora all'Impero bizantino.

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Spalato

Periodo ungherese

Dopo la morte di re Stefano II di Croazia, che avvenne nel 1091, seguì un periodo di crisi dinastica che portò a una situazione di difficoltà, anche militare, che permise a Ladislao I d'Ungheria di interferire nella politica croata. L'Impero bizantino ebbe vantaggi da questa situazione, tant'è che l'imperatore bizantino Alessio I Comneno propose, e poi ottenne, l'adesione del themata della Dalmatia, territorio in precedenza appartenente al Regno di Croazia, all'impero. Nel 1096 l'imperatore bizantino Alessio I decise di restaurare il controllo amministrativo de facto della Repubblica di Venezia, che si estese all'intera Dalmazia, Spàlato compresa.

Nel 1105 Colomanno d'Ungheria riconquistò la Croazia, e con essa la Dalmazia, rinnegando le precedenti concessioni alla Repubblica di Venezia e annettendo un territorio maggiore rispetto alla precedente dominazione ungherese, visto che ora comprendeva altre città costiere, compresa Zara. In particolare, Spàlato e Traù, chiesero, e ottennero, il ripristino dell'autonomia goduta nel precedente periodo veneziano. Spàlato non pagava quindi tributi diretti, era in grado di scegliere i propri governati diretti e l'arcivescovo previa conferma del re d'Ungheria, ripristinò la precedente legislazione, che era fondata sul diritto romano e che permetteva anche la scelta dei giudici.

Dopo la morte di Colomanno d'Ungheria, che avvenne nel 1116, il doge di Venezia Ordelaffo Falier, approfittando di un momento di sbandamento degli ungheresi, conquistò molte città dalmate, comprese Zaravecchia e Sebenico, che entrarono sotto i domini veneziani per la prima volta, e Spàlato. Nel 1117 Stefano II d'Ungheria sconfisse Ordelaffo Falier, che morì in battaglia, riconquistando i domini perduti, tra cui Spàlato. Il nuovo doge veneziano Domenico Michiel riuscì a scacciare gli ungheresi restaurando, nel 1118, il dominio veneziano sui territori precedenti persi.

Nel 1124, mentre la Repubblica di Venezia era in guerra contro l'Impero bizantino, che ora era ostile ai veneziani, Stefano II d'Ungheria riuscì a riconquistare Spàlato e Traù senza resistenze, città poi riconquistate nel 1127 dal doge veneziano Domenico Michiel. Durante il regno di Béla II d'Ungheria la Dalmazia rimase sotto il dominio della Repubblica di Venezia senza contestazioni da parte degli ungheresi, ma nel 1141, il suo successore Géza II d'Ungheria, dopo aver conquistato la Bosnia, marciò verso Spàlato e Traù, che furono espugnate e conquistate. Spàlato, dopo questo ultimo cambio di sovranità, rimase sotto l'amministrazione de facto della Repubblica di Venezia per 186 anni senza ulteriori cambiamenti.

Questa fu l'ultima restaurazione del potere imperiale bizantino che conobbe la Dalmazia, e con essa Spàlato. L'imperatore bizantino Manuele I Comneno iniziò, dal 1151 al 1164, delle campagne militari contro il Regno di Ungheria, che consolidarono il potere imperiale sulle città dalmate. Dopo la battaglia di Sirmio, che avvenne nel 1167, il consolidamento del potere bizantino fu definitivo. Contestualmente fu confermata la rottura politica dell'Impero bizantino con la Repubblica di Venezia, viste le mire di questa ultima sulla Dalmazia.

Come conseguenza, l'Impero bizantino decise di inviare 150 navi nel Mare Adriatico a presidio delle città dalmate. Spàlato rimase sotto il dominio dell'Impero bizantino fino al 1180, anno di morte di Manuele I Comneno. Béla III d'Ungheria decise di approfittare della situazione facendo muovere le sue truppe per restaurare il dominio ungherese in Dalmazia precedentemente perduto. Spàlato rimase leale all'Impero bizantino resistendo, perlomeno inizialmente, alla restaurazione del dominio ungherese in Dalmazia, che fu poi comunque completata.

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Spalato

Periodo veneziano

Durante la guerra civile ungherese, che durò 20 anni, tra re Sigismondo di Lussemburgo e il suo contendente al trono, poi perdente, Ladislao I di Napoli, i diritti che l'Ungheria aveva sulla Dalmazia furono venduti da re Sigismondo, che era in difficoltà economica per via delle spese di guerra, alla Repubblica di Venezia, per 100.000 ducati. Grazie all'acquisizione dei diritti sulla Dalmazia, la Repubblica di Venezia prese completamente possesso di Spàlato nel 1420, che entrò ufficialmente nello Stato da Mar, ovvero nei domini marittimi della Repubblica di Venezia, rimanendoci fino al 1797 lasciando in eredità numerose vestigia, sia culturali che architettoniche.

In tale fase storica l'etnia dominante della Dalmazia era in gran parte croata (i primi nomi croati apparvero già nel X secolo), con i cognomi dalmati romanzi che iniziarono a diminuire per poi scomparire completamente in giro di qualche decennio (dati degli archivi storici della città medievale). La madrelingua più diffusa era diventato il croato, mentre l'italiano regionale spalatino (che fu originato da una miscela tra il dialetto toscano, che è la base della lingua italiana, e il dialetto veneziano, vista l'immigrazione di veneti) era in uso presso i notai italiani, gli insegnanti e i commercianti.

Prima conseguenza della dominazione diretta veneziana fu la riduzione dell'autonomia comunale della città: da un'ampia autonomia, che si creò grazie ai continui cambi di sovranità, Spàlato iniziò ad avere un'amministrazione municipale stabile che era costituita da un principe e da un capitano (conte e capitanio), assegnato da direttamente da Venezia. Iniziò ad essere diffuso anche il dialetto veneto coloniale, ovvero una variante della lingua veneta parlata genericamente nei domini marittimi della Repubblica di Venezia, da cui si originò il dialetto veneto spalatino.

L'influenza italiana, che iniziò a radicarsi in questo periodo, continuò a persistere nei secoli alimentata dagli scambi commerciali; forte è l'influsso del mondo veneziano, che comporterà il graduale passaggio dalla lingua dalmatica romanza, derivata direttamente dal latino, al veneto, divenuto una vera e propria lingua franca del Mar Mediterraneo orientale, che fu accompagnata anche da un accrescimento della componente croata della popolazione[23]. La comunità italiana, diventata ormai autoctona, conobbe anche apporti immigratori dalla penisola italiana, mentre l'etnia croata vide crescere la propria consistenza grazie a fenomeni migratori provenienti dall'entroterra spalatino e indirizzati verso la città.

Spàlato si sviluppò quindi come un'importante città portuale, che iniziò a commerciare anche con l'entroterra bosniaco ottomano attraverso il passo di Clissa, che portava poi nel cuore Balcani ottomani. Tra il XV e il XVI secolo Spàlato divenne il centro della nascente letteratura croata, con l'italofono Marco Marulo (poi croatizzato in Marko Marulić), che scrisse il celebre poema epico Judita (inserito nel più generale contesto letterario di Giuditta e Oloferne), che è considerata la prima opera letteraria moderna in lingua croata, redatta a Spàlato nel 1501 e poi stampata a Venezia nel 1521. La diffusione della neonata cultura dalmata, che era di stampo croato (l'etnia maggioritaria era infatti quella croata), restava ristretta a una limitata cerchia aristocratica, mentre la maggioranza della popolazione rimaneva analfabeta.

Durante la guerra di Candia, combattuta tra il 1645 e il 1669 tra la Repubblica di Venezia e l'Impero ottomano per il possesso dell'isola di Creta, ovvero del più grande e ricco tra i possedimenti veneziani d'Oltremare (poi persa dai veneti), iniziò il processo di migrazione dei Morlacchi, popolazione appartenente al gruppo dei Valacchi ora ridotti a un esiguo numero, dall'entroterra di Spàlato verso la città. La situazione linguistica di Spàlato, così come quella di molte altre città dalmate, rimase variegata fino alla successiva epoca austriaca, dividendosi anche per classi sociali. Durante l'epoca austriaca subentrò la componente nazionale, che complicò lo status quo, dato che iniziò anche una decisa contrapposizione politica tra un'etnia e l'altra.

Lingua ufficiale, e riferimento della cultura spalatina, rimase l'italiano, che era utilizzato dall'aristocrazia e dalla più ricca ed influente borghesia, mentre la piccola borghesia e gli artigiani si esprimevano prevalentemente in lingua veneta, come testimonia il linguista Matteo Bartoli, che era la lingua d'uso prevalente nell'area urbana di Spàlato.

La popolazione croata era invece sostanzialmente bilingue, dato che era utilizzato sia il croato (nella sua variante ciakava ikava, fortemente venetizzato per oltre la metà del lessico), principalmente nell'ambito familiare e nel piccolo commercio, che il veneto (oppure l'italiano, a seconda del grado di istruzione: in genere l'italiano era usato dalle classi più acculturate), che era, come già accennato, la lingua franca diffusa nel commercio a lunga distanza.

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Spalato

Periodo austriaco

Dopo la caduta della Repubblica di Venezia (1797) per mano di Napoleone Bonaparte Spalato, in base al trattato di Campoformio, passò sotto la sovranità dell'Impero austriaco, che la tenne fino al 1806, quando a causa della pace di Presburgo, l'Istria, la Dalmazia e Cattaro furono cedute al Regno d'Italia napoleonico. Fece parte del Regno d'Italia napoleonico dal 1806 al 1809 per poi passare alle Province illiriche, governatorato francese di epoca napoleonica costituente un'exclave della Francia metropolitana, dove rimase dal 1809 al 1813.

Durante l'epoca austriaco Spalato ristagnò economicamente e non fu toccata dalla primavera dei popoli, ondata di moti rivoluzionari borghesi che sconvolsero l'Europa nel 1848 e nel 1849. Le autorità asburgiche stabilirono che il Regno di Dalmazia sarebbe stato governato da una propria assemblea, chiamata Sabor, con sede a Zara, dove si potevano confrontare i due maggiori partiti politici austriaci dell'epoca, ovvero il Partito autonomista e il Partito popolare. La Dalmazia diventò quindi una monarchia, avente come lingua ufficiale il tedesco, governata da un'élite locale bilingue (croata e italiana).

A seguito della primavera dei popoli e della crescita del romanticismo nazionalista, in Dalmazia apparvero due fazioni politiche. La prima, filo-croata e detta "unionista" o dei puntari, che si riconosceva nel Partito Popolare e nel Partito dei Diritti, sosteneva l'unificazione della Dalmazia con il Regno di Croazia-Slavonia, che era invece sotto l'amministrazione ungherese. Nel frattempo l'Impero austriaco si era trasformato in “Impero austro-ungarico”, entità statale che nacque nel 1867 grazie al cosiddetto Ausgleich, ovvero a un compromesso tra la nobiltà ungherese e la monarchia asburgica inteso a riformare l'Impero austriaco.

La fazione filo-croata era in maggioranza a Spalato e vi teneva sede. La seconda, filo-italiana, detta irredentista o dei tolomaši, aveva obiettivi politici che andavano dall'autonomia nell'Impero austro-ungarico, fino ad un'unione politica con il Regno d'Italia, ed era per questo mal vista dall'amministrazione asburgica. Come conseguenza della terza guerra d'indipendenza italiana (1866), che portò all'annessione del Veneto al Regno d'Italia, l'amministrazione imperiale austriaca, per tutta la seconda metà del XIX secolo, aumentò le ingerenze sulla gestione politica del territorio per attenuare l'influenza del gruppo etnico italiano temendone le correnti irredentiste.

Durante la riunione del consiglio dei ministri del 12 novembre 1866 l'imperatore Francesco Giuseppe I d'Austria tracciò un progetto di ampio respiro mirante alla germanizzazione o slavizzazione dell'aree dell'impero con presenza italiana:

Sua Maestà ha espresso il preciso ordine che si agisca in modo deciso contro l'influenza degli elementi italiani ancora presenti in alcune regioni della Corona e, occupando opportunamente i posti degli impiegati pubblici, giudiziari, dei maestri come pure con l’influenza della stampa, si operi nel Tirolo del Sud, in Dalmazia e sul Litorale per la germanizzazione e la slavizzazione di detti territori a seconda delle circostanze, con energia e senza riguardo alcuno. Sua maestà richiama gli uffici centrali al forte dovere di procedere in questo modo a quanto stabilito.

(Francesco Giuseppe I d'Austria, consiglio della Corona del 12 novembre 1866)

Unionisti e irredentisti inizialmente fecero fronte comune contro il centralismo di Vienna ma in seguito, a causa del maggior rilievo della questione nazionale, si separarono. Dopo l'incorporazione del Lombardo-Veneto all'Italia (1859-1866), il governo austriaco favorì il formarsi di una coscienza nazionale croata, allo scopo di contrastare l'Irredentismo italiano.

Nel 1860 Antonio Bajamonti del Partito Autonomista (filo-italiano) veniva eletto sindaco di Spàlato, carica che ricoprirà fino al 1880 – salvo una breve interruzione nel 1864-65. Bajamonti fu anche membro della Dieta provinciale dalmata (1861-91) e della Camera dei deputati austriaca (1867-70 e 1873-79). Per lunghi anni Bajamonti godette dell'appoggio di italiani e croati (inizialmente criticato dagli irredentisti per la sua politica di “apertura” agli slavi, dopo il 1866 Bajamonti fu lodato dagli stessi Irredentisti come il difensore dell'italianità a Spalato). In questo periodo di relativa pace sociale fu il propulsore di importanti opere pubbliche, tra cui l'introduzione dell'illuminazione a gas, la costruzione dell'acquedotto e dell'ospedale, la creazione di scuole tecniche, la fondazione della Banca Dalmata e della società operaia.

Per sua iniziativa Spalato fu anche dotata di una piazza circondata da gallerie ispirate alle Procuratie di San Marco di Venezia, di una fontana monumentale (considerata, erroneamente, simbolo fascista, venne rasa al suolo dai nuovi poteri popolari jugoslavi nel 1947) e della diga foranea del porto. Iniziò anche la creazione della "Riva" (o lungomare) davanti al Palazzo di Diocleziano, divenuta negli anni la passeggiata principale della città. Col crescere dell'atteggiamento filocroato di Vienna, Bajamonti reagì con memorabili discorsi al Parlamento di Vienna. Il governo austriaco tentò allora di allontanare Bajamonti mediante l'offerta di una prestigiosa carriera consolare, ma ottenne un rifiuto. Fu così che, approfittando di un tumulto, nel 1880 fu sciolto il consiglio comunale e nominato un commissario al posto di Bajamonti.

Nel biennio seguente lo scontro politico tra i partiti filocroati e filoitaliani giunse alla sua acme, e fu in un clima di aperta tensione che nel 1882 il Partito Autonomista di Bajamonti perse le elezioni, venendo eletto al suo posto per la prima volta nella storia della città un sindaco croato del Partito Popolare, l'avvocato Dujam Rendić-Miočević. Da quel momento i partiti filocroati seppero mantenere il potere politico in città e l'influenza culturale italiana declina progressivamente: Bajamonti fu difatti l'ultimo sindaco italiano di Spalato.

La presa di coscienza dell'identità croata e il crescente afflusso di croati dalle zone circostanti fece regredire anche l'uso dell'italiano, che pur conservò notevole prestigio per tutto il periodo austriaco ed ebbe un certo suo rilievo fino alla fine della seconda guerra mondiale. Pure i censimenti furono ampiamente manipolati [senza fonte], tanto che tra il 1880 ed il 1890, la comunità italiana riportatavi si ridusse di oltre il 90%, passando da essere poco meno della metà della popolazione della città di Spalato a essere una piccola minoranza.

Nel 1909 la lingua italiana venne vietata in tutti gli edifici pubblici e gli italiani furono ufficialmente estromessi dalle amministrazioni comunali. Quindi anche Spalato fu coinvolta nel processo di croatizzazione della Dalmazia avvenuto durante la dominazione austroungarica. Queste ingerenze, insieme ad altre azioni di favoreggiamento al gruppo etnico slavo ritenuto dall'impero più fedele alla corona, esasperarono la situazione andando ad alimentare le correnti più estremiste e rivoluzionarie.

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Spalato

Annessione alla Jugoslavia

Dopo la prima guerra mondiale le truppe italiane occuparono militarmente la parte della Dalmazia promessa all'Italia dal Patto di Londra, accordo segreto firmato il 26 aprile 1915, che venne stipulato tra il governo italiano e i rappresentanti della Triplice Intesa, con cui l'Italia si impegnò a scendere in guerra contro gli Imperi Centrali in cambio di cospicui compensi territoriali in seguito non completamente riconosciuti nel successivo trattato di Versailles (1919), che fu invece firmato alla fine del conflitto.

La regione divenne quindi oggetto di un'aspra contesa, che da parte italiana fu espressa politicamente il 3 novembre 1918 dal manifesto per gli italiani di Spàlato, affisso dal Fascio nazionale italiano di Spàlato, sede cittadina dell'organizzazione politica fondata poco prima della fine della guerra comprendente popolari e liberali delle terre irredente italiane trentine, giuliane e adriatiche:

Italiani di Spàlato! Il crollo definitivo dello Stato Austro-Ungarico nel suo ibrido assetto, l'emancipazione dei popoli dal giogo tedesco, il trionfo dei principi democratici, l'avvento delle nazioni sovrane e la fine della guerra riempiono di gioia l'umanità redenta. A questa gioia noi abbiamo il diritto di partecipare con l'orgoglio di chi in questa illustre città ha combattuto e atrocemente sofferto per conservare il proprio carattere nazionale. Il congresso della pace fisserà le delimitazioni statali, tenendo indubbio conto anche delle ragioni storiche e geografiche che dovranno garantire l'equilibrio, la sicurezza ed il fraterno accordo dei popoli. Tali delimitazioni, che integreranno l'Italia, dandole i suoi naturali confini, e sistemeranno anche il nostro avvenire, debbono essere attese da noi con assoluta fiducia. Intanto ogni motivo di competizione nazionale e politica fra i dalmati deve ritenersi cessato. I nostri animi debbono innalzarsi agli alti orizzonti della solidarietà umana e, come usciti dall'incubo, prepararsi con serenità e fede ai nuovi destini della patria. La particolare esultanza degli Iugoslavi per la conseguita liberazione deve riguardarsi da noi con sincera simpatia. Estimatori delle nobili qualità del popolo col quale dividemmo per secoli gioie e dolori, salutiamo con lieto animo la sua esaltazione a quella indipendenza, che le splendide gesta dell'esercito e del popolo Serbo e la retta intuizione dei tempi da parte dei Croati e degli Sloveni gli conquistarono. Ogni nostra manifestazione peraltro deve andar congiunta alla chiara e precisa affermazione della nostra italianità, della quale, dopo il magnifico concorso dato dall'Italia alla causa di tutti gli oppressi, più che mai andiamo superbi. Italiani di Spàlato! Nello stadio di transizione che attraversiamo, la disciolta rappresentanza comunale ha ripreso il suo posto, ed oggi si apprende che un governo provvisorio assume la dirigenza del paese. Noi dobbiamo secondare l'opera di questi fattori in quanto essa tende a mantenere l'ordine, la sicurezza e la salute pubblica, beni ed interessi supremi cui va, in quest'ora, posposta ogni altra considerazione. Nel magnifico momento storico che fortuna ci fa vivere, restiamo uniti e conseguenti. Non raccogliamo che gli argomenti di pace che la situazione presenta. Stretti nel pensiero e nel cuore ai fratelli delle provincie italiane già soggette all'Austria, teniamoci, com'essi, in fiduciosa aspettanza. Nessuna frazione di popolo può mai più venir conculcata ed oppressa, nessuna augusta tradizione può perdersi, nessuna giusta aspirazione può fallire. Consci della nostra, e rispettosi dell'altrui individualità, persuasi del valore del nostro, come dell'altrui diritto, salutiamo la radiante aurora dei nuovi tempi e mostriamocene degni.
Spàlato, 3 novembre 1918.

(Manifesto per gli italiani di Spàlato, 3 novembre 1918)

Le rimostranze dell'etnia italiana si espressero ufficialmente anche nella forma di una petizione per l'incorporazione di Spàlato nel Regno d'Italia, che venne resa da una raccolta di 8 000 firme tra la popolazione spalatina, che all'epoca ammontava a circa 17 000 abitanti complessivi.

Con il passare dei mesi, a Spàlato, si acuì all'estremo la tensione fra l'elemento italiano e la maggioranza croata. Un chiaro esempio di tensione etnica tra italiani e slavi furono gli incidenti di Spalato, ovvero una serie di episodi violenti a carattere prevalentemente antitaliano che si verificarono a Spalato fra il 1918 e il 1920 e che culminarono con gli assassini del comandante della nave della Regia Marina italiana Puglia Tommaso Gulli e del suo motorista Aldo Rossi, che furono assaliti la sera dell'11 luglio 1920 e che perirono nel corso della notte.

Tuttavia l'Italia, nel corso della conferenza di pace di Parigi del 1919, decise di non rivendicare Spàlato, al fine di ottenere la parte di Dalmazia promessale dal patto di Londra, ovvero quella settentrionale (Spàlato si trovava infatti nella Dalmazia meridionale). Non di meno, nel corso della conferenza, venne anche avanzata la proposta di creare uno Stato dalmata indipendente di cui Spàlato avrebbe fatto parte.

Il trattato di Rapallo del 1920 assegnò poi Spàlato al Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, poi diventato Regno di Jugoslavia, con il nome di Split. Il nome italiano Spalato non fu più ufficialmente utilizzato da allora, con il nome croato Split che iniziò a comparire in modo esclusivo in tutti gli ambiti ufficiali. Con l'annessione della maggior parte della Dalmazia al Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, si verificò l'esodo di una parte consistente degli italiani ed italofoni della Dalmazia, tra cui gli spalatini italiani, verso Zara, Lagosta (invece annesse al Regno d'Italia) e verso la penisola italiana stessa.

Ai dalmati italiani rimasti — diverse migliaia concentrati prevalentemente a Veglia, Sebenico, Spàlato, Traù, Ragusa e in alcune isole — fu concesso il diritto di richiedere la cittadinanza italiana rinunciando a quella jugoslava grazie ad alcune clausole contenute nel trattato di Rapallo (1920), che consentiva loro di rimanere nel Regno dei Serbi, Croati e Sloveni senza dover emigrare verso l'Italia. Le istituzioni scolastiche italiane vennero poi ulteriormente ridotte, ma la comunità italiana residua riuscì comunque a sopravvivere culturalmente.

Dato che le altre tre città della costa giuliano-dalmata aventi un importante porto (Trieste, Fiume e Zara) erano state annesse al Regno d'Italia, Spàlato divenne il principale scalo portuale del Regno di Jugoslavia. La ferrovia della Lika, che collegava Spàlato al resto della Jugoslavia, venne poi completata nel 1925 con l'obiettivo di fornire alla città un'importante infrastruttura al servizio di Spàlato e del suo porto. Nel 1929 Spàlato divenne sede della nuova banovina del Litorale. Dieci anni dopo, con l'accordo Cvetković-Maček, entrò a far parte della nuova banovina di Croazia.

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Annessione all'Italia

Il 15 aprile 1941, dopo l'invasione della Jugoslavia, operazione militare della seconda guerra mondiale, Spàlato fu occupata dal Regio Esercito italiano[36]. Un mese dopo, in occasione della firma del Trattato di Roma, che avvenne il 18 maggio 1941 e che comprendeva anche le clausole che istituivano lo Stato Indipendente di Croazia[37], Spàlato venne annessa assieme a Cattaro al nuovo Governatorato della Dalmazia, divisione amministrativa del Regno d'Italia.

La provincia di Spalato, che fu ufficialmente istituita il 20 maggio 1941, quindi due giorni dopo la costituzione del Governatorato della Dalmazia, comprendeva, oltre alla città di Spàlato, la limitrofa cittadina di Traù, oltre alle isole di Solta (amministrata dall'unico comune di Solta), Lissa (comprendente i comuni di Lissa e Comisa), Curzola (con i comuni di Curzola, Blatta, Lombarda, Smoquizza e Vallegrande), Lagosta (amministrata dall'unico comune di Lagosta), Cazza (amministrativamente appartenente al comune di Lagosta), Pelagosa (amministrativamente appartenente al comune di Comisa) e Meleda (amministrata dall'unico comune di Meleda)[40].

La composizione etnica nel Governatorato della Dalmazia era costituita, a fronte di 390.000 abitanti totali, da 5.000 italiani, 90.000 serbi e 280.000 croati. Spàlato divenne presto un centro di resistenza antifascista, con il primo gruppo di resistenza armata che venne organizzato il 7 maggio 1941. Questo primo distaccamento d'attacco, formato da 63 membri (Prvi udarni odred, it. “prima squadra partigiana”), fece da base per le successive formazioni, tra cui il primo distaccamento partigiano di Spàlato.

Tra settembre e ottobre 1941 dieci funzionari italiani furono assassinati dai partigiani spalatini. Il 12 giugno 1942 una folla che includeva anche soldati italiani devastò la sinagoga della città, attaccando gli ebrei e saccheggiando sessanta abitazioni ebraiche. Le locali squadre di calcio si rifiutarono di competere nel campionato italiano. L'Hajduk Spalato e l'RNK Spalato sospesero le loro attività sportive ed entrambe le squadre aderirono alla lotta partigiana insieme a tutto il personale. L'Hajduk Spalato diventò poi il club di calcio ufficiale del movimento partigiano spalatino.

Con la caduta del fascismo, che avvenne il 25 luglio 1943, il personale amministrativo del Governatorato della Dalmazia, giunto dalla penisola italiana nel 1941, e le organizzazioni politiche italiane iniziarono a sfollare. Al proclama Badoglio dell'8 settembre 1943, che segnò l'entrata in vigore dell'armistizio di Cassibile, con il quale il Regno d'Italia cessò le ostilità verso gli Alleati durante la seconda guerra mondiale e l'inizio di fatto della resistenza italiana contro il nazifascismo, seguì la soppressione, il 19 agosto 1943, del Governatorato della Dalmazia.

Subito dopo Spàlato fu occupata dalle brigate di Josip Broz Tito, con migliaia di persone che si arruolarono volontarie tra i partigiani jugoslavi (fino a un terzo della popolazione totale, secondo alcune fonti). Il 26 settembre 1943, dopo una vana resistenza, i partigiani furono costretti a ritirarsi a causa dell'avanzata nazista, con le autorità tedesche che posero poi Spàlato sotto l'autorità dello Stato Indipendente di Croazia. La 15ª Divisione fanteria “Bergamo”, di stanza a Spàlato e precedentemente impegnata nella lotta antipartigiana, in quel frangente appoggiò in massima parte i partigiani, e combatté in condizioni psicologiche e materiali difficilissime contro le truppe naziste, fra le quali la divisione della Waffen SS Prinz Eugen.

A Spàlato, e negli immediati dintorni, erano concentrati circa 13 000 militari italiani. A Spàlato viveva la più numerosa comunità autoctona italiana della Dalmazia — esclusa Zara — con oltre un migliaio di italiani e circa duemila fra funzionari, insegnanti, portuali, ferrovieri, oltre alle loro famiglie che erano giunte dalla penisola italiana nel 1941, in occasione dell'istituzione del Governatorato della Dalmazia.

Le prime notizie dell'armistizio di Cassibile crearono una grande confusione lasciando i soldati italiani stretti tra gli ex alleati tedeschi, che erano sodali con gli ustascia croati, e i vecchi nemici partigiani dell'Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia. Il generale Emilio Becuzzi cercò un accordo con i 2.000 partigiani dell'Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia, inquadrati nella Milizia Volontaria Anti Comunista, al comando del maggiore serbo Pavasović, invitando una loro delegazione per stabilire le prime basi di un accordo per uscire dallo stallo.

I partigiani jugoslavi, resisi conto dell'incertezza del comando italiano, iniziarono a disarmare i militari italiani e a saccheggiare i magazzini. Vista l'impossibilità di contrastare i tedeschi, Emilio Becuzzi decise cedere le armi ai partigiani e di far sbandare la divisione da lui comandata, la già citata 15ª Divisione fanteria “Bergamo”, accordando agli jugoslavi la possibilità di reclutare volontari italiani. Il 12 settembre infine ordinò la consegna delle armi ai partigiani jugoslavi, che sarebbe dovuta avvenire il giorno successivo.

In contrasto con gli accordi sottoscritti il 12 settembre, furono affissi manifesti in cui si invitava la popolazione a segnalare i militari italiani che avessero preso parte a rappresaglie contro i partigiani. In seguito a questo evento, l'atteggiamento dei soldati italiani cambiò, con parte dell'armamento individuale fu gettato in mare pur di non essere consegnato, e molti automezzi furono ribaltati mentre quasi tutti i cannoni furono resi inservibili.

Il 17 settembre Emilio Becuzzi ebbe un nuovo incontro con i capi partigiani a Castel Vitturi alla presenza del maggiore Frederick William Deakin, capo della missione di collegamento britannica paracaduta in Jugoslavia nel maggio 1943 per entrare in contatto con i partigiani di Tito. Ottenuto il restringimento del campo delle accuse, Emilio Becuzzi acconsentì alla consegna di undici militari definiti dai partigiani “criminali di guerra”. A partire dal 19 settembre iniziò la repressione anti-italiana con fucilazioni presso il cimitero di San Lorenzo e nelle campagne vicine. Particolarmente colpita fu la questura di polizia di Spàlato, che ebbe 41 dispersi di cui parte fu poi rinvenuta in fosse comuni.

Il 22 settembre da Bari, che faceva parte del Regno d'Italia cobelligerante con gli Alleati, giunsero a Spàlato quattro navi cariche di materiale bellico da consegnare ai partigiani. Emilio Becuzzi prese posto sulla torpediniera Aretusa lasciando circa ottomila soldati della 15ª Divisione fanteria “Bergamo” a Spàlato. Il 25 settembre i partigiani abbandonarono Spàlato temendo di rimanere circondati dai tedeschi della 7. SS-Freiwilligen-Gebirgs-Division “Prinz Eugen” che a marce forzate si stava avvicinando alla città.

Spezzata la resistenza dei partigiani e della 15ª Divisione fanteria “Bergamo”, i tedeschi sottoposero il corpo ufficiali della divisione italiana ad una decimazione con l'accusa di alto tradimento. Dopo un procedimento sommario, tre generali (Salvatore Pelligra, Angelo Policardi e Alfonso Cigala Fulgosi) e quarantotto ufficiali italiani vennero trasportati nella vicina località di Treglia (in croato Trilj) e ivi fucilati.

Questa strage è conosciuta come massacro di Treglia. Le salme vennero poi rimpatriate negli anni cinquanta e sepolte al Sacrario Militare del Lido di Venezia. Durante il periodo di occupazione ustascia-nazista vennero sistematicamente distrutti tutti i simboli che in qualche modo collegassero Spàlato all'Italia, compresi parecchi “Leoni di San Marco” del periodo veneziano.

Oltre ai bombardamenti nazi-fascisti, la città fu anche bombardata dagli Alleati, causando centinaia di morti. I partigiani jugoslavi riconquistarono la città il 26 ottobre 1944 e la eressero a capitale provvisoria della Croazia liberata. Il 12 febbraio 1945 la Kriegsmarine condusse un raid sul porto di Spàlato, danneggiando l'incrociatore inglese Delhi.

Al termine della seconda guerra mondiale la comunità italiana di Spàlato si dissolse quasi completamente nell'ambito dell'esodo giuliano dalmata. Attualmente si contano in città circa una novantina di italiani, riuniti nella Comunità Italiana di Spàlato.

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Ritorno alla Jugoslavia

Dopo la seconda guerra mondiale Spàlato entrò a far parte della Repubblica Socialista di Croazia, repubblica costitutiva della neonata Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia. Durante il periodo socialista la città sperimentò un importante boom economico e demografico, con la fondazione di decine di nuove fabbriche e aziende, con la popolazione della città che triplicò tra il 1945 e il 1991. La città divenne il centro economico di un'area che superava i confini della Croazia e che fu segnata dall'inurbamento delle popolazioni rurali dall'entroterra spalatino, che trovarono occupazione in città grazie all'industrializzazione su larga scala della Jugoslavia, che fu promossa dagli investimenti pubblici del governo federale centrale.

La cantieristica navale di Spàlato diventò particolarmente avanzata tecnologicamente, con la costruzione di navi da crociera che divenne uno dei punti di forza dell'industria cantieristica croata raggiungendo una rilevanza mondiale. Nel periodo compreso tra il 1945 e il 1990 la città fu trasformata e ampliata, con l'espansione urbanistica che raggiunse i confini della penisola dove sorge Spàlato, il cui centro abitato occupò l'intera lingua di terra.

Nello stesso periodo Spàlato raggiunse un PIL e un livello di occupazione mai superato neppure nel XXI secolo, sviluppandosi in una delle principali città della federazione jugoslava. Spàlato diventò quindi polo d'attrazione economico oltre i confini della Croazia. Molte strutture vennero costruite con fondi federali, in particolare per i Giochi del Mediterraneo del 1979, come lo stadio di Poljud. Il porto di Spàlato divenne il più grande della Jugoslavia, sia per quanto riguarda il traffico passeggeri che quello militare. Il governo jugoslavo lo fece sede del distretto militare costiero dell'esercito federale e dello stato maggiore della marina jugoslava. In questo contesto Spàlato raggiunse livelli occupazionali particolarmente elevati anche grazie alle commesse militari, con la città che si trasformò in un centro industriale assai avanzato.

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Croazia indipendente

Dopo l'inizio della guerra d'indipendenza croata, che è datato giugno 1991, Spàlato entrò a far parte della moderna Croazia, che ottenne poi il riconoscimento ufficiale nel 1992, quando fece il suo ingresso nell'ONU. Durante le guerre jugoslave, che scoppiarono nel marzo del 1991 con la guerra d'indipendenza slovena e che portarono infine, con la perdita anche della Bosnia ed Erzegovina, alla formale dissoluzione della Jugoslavia (1992), Spàlato subì ingenti danni, che ebbero i prodromi con la guerra d'indipendenza croata. Quando la Croazia dichiarò l'indipendenza nel 1991, Spàlato ospitava una cospicua guarnigione di truppe dell'esercito jugoslavo, nonché le già citate sedi di istituzioni militari. Ciò portò a uno stallo di mesi tra le forze federali e quelle croate, con frequenti scontri casuali.

Degno di nota fu quello che capitò il 15 novembre 1991, quando la fregata leggera Split, in seguito a un incrocio casuale delle due forze armate antagoniste, iniziò a sparare un certo numero di colpi su Spàlato e sui suoi dintorni. I danni materiali furono limitati, ma si contarono alcuni morti. Tra i luoghi bombardati vi furono il centro storico, l'aeroporto di Spalato-Castelli e una parte disabitata delle colline sopra Castelli, che si trova tra l'aeroporto e la città. I marinai che si erano rifiutati di attaccare i civili, la maggior parte dei quali erano croati, furono sbarcati su scialuppe. L'esercito e la marina jugoslava evacuarono poi tutte le loro strutture presenti a Spàlato nel gennaio 1992.

Negli anni successivi alla fine della guerra la città conobbe una forte e duratura recessione economica. Solo dal XXI secolo Spàlato ha ritrovato un certo dinamismo economico e produttivo, soprattutto grazie al turismo, che è in costante crescita. Dall'essere solamente un nodo di transizione del traffico turistico, Spàlato è diventata una delle principali destinazioni dei turisti europei che scelgono la Croazia come destinazione. Spàlato ha poi conosciuto una fase urbanistica durante la quale sono stati edificati nuovi hotel, a cui si sono aggiunte nuove aree residenziali e diversi complessi destinati a ospitare uffici.

Molti progetti di sviluppo sono stati ripresi, e nuove infrastrutture sono state realizzate. Tra gli esempi più importanti di nuove strutture realizzate c'è la Spaladium Arena, che è stata costruita nel 2009. Negli ultimi anni la città sta godendo di un periodo di notevole espansione economica, legato anche all'ingresso della Croazia nell'Unione europea. Dopo la dissoluzione della Jugoslavia c'è stato un timido risveglio della coscienza etnica dei dalmati italiani presenti a Spàlato e nel resto della Dalmazia.

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