Data di nascita

𝒶.1218

Periodo di riferimento

1218-1233

Data della morte

𝒶.1258
  DVP 2

Cosa si sa

Raimondo Iudex nasce a Ventimiglia da Oberto. Non conosciamo il nome della madre. Uno di almeno cinque figli: Raimondo, Ottone, Gherardo, Obertino e Iacopa. Sposa Sibilla. Non conosciamo il cognome della moglie. La coppia ha avuto i seguenti figli:

  • Oberto (XIII secolo),
  • Marineto (XIII secolo),
  • Giovanni (XIII secolo),
  • Rinaldo (XIII secolo),
  • Aldina (XIII secolo).

È fra i membri della famiglia Giudice ai quali Genova mostra gratitudine per aver tenuto fede, durante la ribellione di Ventimiglia, agli impegni che la legge feudale impone al buon vassallo. Inoltre si reca a Genova per implorare la liberazione dei prigionieri ventimigliesi catturati durante l'assedio di Ventimiglia da parte dei genovesi, iniziato nel 1219. Nel 1222 è console di Ventimiglia.

Non conosciamo il luogo e la data della morte. Sappiamo solo che nel 1258 era già morto così come lo era la moglie nel 1260.

Fonti

Desiderando ardentemente i Ventimigliesi di liberare questi loro fratelli, per mezzo di Raimondo Giudice molto beneviso ai Genovesi e del Priore di S. Andrea di Sestri, cercarono di rammollire la fierezza del podestà Rambertino, fingendo una resa. — Già aveano presentati in Genova molti ostaggi, quando, emesse dal podestà enormi pretese, nè volendovisi quei cittadini sobbarcare, vennero tutti imprigionati, recandosi generosamente a dividere la loro cattività il podestà ventimigliese Giacomo da Garaglio, che essendosi con loro accompagnato per assisterli e per patrocinarne la causa, non li volle a verun costo abbandonare. Raro ed imitando esempio di coraggio cittadino!

Girolamo Rossi,
«Storia della Città di Ventimiglia
dalle sue origini sino ai nostri tempi»,
Torino, 1839, Tip. Cerutti, Derossi e Dusso,
pag. 67-68.

Chi recò la nuova del disastro nell’infelice città non trovò più che vecchi cadenti, femmine e fanciulli. Costoro, non volendo lasciar prendere colla forza dal nemico quello che non era più in loro potere di difendere, mandarono oratori nella nuova città al comandante Sorleone Pepe; perchè volesse co'suoi buoni uffici piegar l’animo dei Genovesi alla clemenza. Accoltili costui umanamente, li esortò ad inviare deputati in Genova Guglielmo vescovo della città, Raimondo Giudice, Raimondo Priore, Ottobono Maroso, Guglielmo Saonese, Guglielmo Intraversato e Pietro Curlo, i quali ritornarono alle loro mura, colle seguenti condizioni di pace:

Saranno salve le persone e le cose dei Ventimigliesi, del conte Guglielmo e de' suoi figli.
Il Comune Genovese terrà buone le vendite fatte dai Ventimigliesi nel tempo dell'assedio.
Le compagne fatte prima dell'assedio saranno salve, e denari depositati saranno vicendevolmente restituiti.

Ibidem,
pagg. 72-73.

Raimondo delle Nobile Famiglia de Giudici, cognome in lor derivato dall’esercizio delle Magistrature, o dalla professione delle Leggi (Federic. Scrutin. Della Nobile Famigl. Giudice,) dopo aver riconciliata la sua Patria con Genova, viene eletto Arbitro nel 1252 sopra le dispute inposte tra i Genovesi, ed i Tortonesi, e riceve dalla Repubblica riconoscenza (Federic. loco citato).

“Manuscritto, in cui con irrefragabili autorità vien evidenteme.
provata l’esistenza d’un Ordine, o Ceto Nobile nell’inclita Città di Vintimiglia
à gloria de MMci. Cittadini ed a confusione de’ Particolari Oppositori.
1787, 1, Maggio”

Lista degli Atti dell'Amandolesio

Raimondo Iudex viene nominato nei seguenti atti rogati in Ventimiglia dal notaio Giovanni di Amandolesio, raccolti e custoditi a Genova, secondo quanto stabilito nelle clausole di pace dopo l'assedio del 1220.

Clicca qui a sinistrasopra sulle singole voci per vederne il contenuto.
Atti dal 1256 al 1258, Cartolarius Instrumentorum I: serie α (cart. 56)
Atti dal 1256 al 1258, Cartolarius Instrumentorum II: serie β (cart. 56)
Atti dal 1259 al 1264: serie γ (cart. 57)
Repertorio delle notizie inserite nei Cartolari I & II (cart. 56): serie κ
Repertorio delle notizie inserite nel cartolario 57: serie ν

Nell'Archivio di Stato di Genova si conservano due cartolai notarili nei quali si contengono quasi un migliaio di atti per la massima parte rogati in Ventimiglia dal notaio Giovanni di Amandolesio fra il 1256 ed il 1264. Si tratta del cartolare 56, che comprende rogiti fra il I° dicembre 1256 e il 23 dicembre 1258, e del cartolare 57, che contiene rogiti fra il 28 dicembre 1258 e il 7 dicembre 1264.

Laura Balletto,
“Atti rogati a Ventimiglia da Giovanni di Amandolesio dal 1255 al 1258”,
Istituto Internazionale di Studi Liguri,
Istituto Studi Liguri, 1985.

Laura Balletto,
“Atti rogati a Ventimiglia da Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264”,
Istituto Internazionale di Studi Liguri,
Istituto Studi Liguri, 1993.

MILLESIMO CCLVIIII INDICTIONE PRIMA

In nomine Domini, amen. Cartularius instrumentorum factorum per me Iohannem de Mandolexio notarium in Vintimilio et Rappali, ut infra continetur. Et sunt in isto cartulario instrumenta sex annorum, videlicet de millesimo cclviiii, millesimo cclx, millesimo cclxi, millesimo cclxii, millesimo cclxiii et millesimo cclxiiii, ut inferius per ordinem annotantur, et est signum meum quod appono in instrumentis tale: (S.T.) Iohannes de Mandolexio, notarius Sacri Imperii, rogatus scripsi.

Una menzione particolare merita la professoressa e ricercatrice Laura Balletto, come riportato nei ringraziamenti.

Atto n.131 della serie α

Notaio Giovanni de Amandolesio

7 febbraio 1258, Ventimiglia.
Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice, Guglielmo Calcia, che agisce a nome dei minori Giovanni e Marineto, fratelli di Oberto, dei quali è curatore, ed i medesimi Giovanni e Marineto mettono in comune i loro beni ereditari, mobili ed immobili.

Oberti Iudicis et fratrum suorum.
Nos Obertus Iudex, filius quondam Raimundi Iudicis, et Guillelmus Calcia, curator Iohannis et Marineti, fratrum dicti Oberti, nomine ipsorum minorum, et nos dicti Iohannes et Marinetus, auctoritate dicti Guilielmi, curatoris nostri, adeomunicamus inter nos vicissim et comune seu comunia habere volumus simul omnia bona patema et materna, …[omissis]…
Pro pena et predietis omnibus et singulis observandis et attendendis universa bona nostra, habita et habenda, unus alteri stipulanti ad invicem pigneri obligat, iurando insuper nos predicti Iohannes et Marinetus, auctorietate et in presentia predicti nostri curatoris, tactis corporaliter Sanctis Dei Evvangeliis, ut supra dictum est attendere, compiere et observare et in aliquo predictorum non contrafacere vel venire, sub predieta pena.
Actum in capitulo Vintimilii, ubi curia regitur, presentibus testibus rogatis Ottone Roberto, [Capa Bo]nifacio et Raimundo Bonosegnorio notario.
Anno dominice Nativitatis millesimo cclviii, indictione [quinta deci]ma, die vii februarii, ante terciam.

Atto n. 131
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1256 al 1258,
Cartolarius Instrumentorum I (56)
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Oberto Giudice e ai suoi fratelli.
Noi Oberto Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice, e Guglielmo Calcia, tutore di Giovanni e Marineto, fratelli di detto Oberto, in nome dei loro minori, e noi detti Giovanni e Marineto, per autorità del detto Guglielmo, nostro tutore, dichiariamo reciprocamente di voler possedere in comune o in comunione tutti i nostri beni paterni e materni, …[omissis]… Per la pena e la suddetta osservanza di tutti e singoli i nostri beni presenti e futuri, ognuno dei contraenti si impegna a vicenda come pegno, e giurando noi predetti Giovanni e Marineto, per autorità e in presenza del nostro predetto tutore, ponendo la mano sui Santi Vangeli di Dio, come sopra detto, di osservare, compiere e rispettare tutto quanto detto, e di non contravvenire o fare il contrario di quanto sopra detto, sotto la predetta pena. Redatto nel capitolo di Ventimiglia, dove si amministra la giustizia, con i testimoni richiesti Ottone Roberto, Cappa Bonifacio e Raimondo Bonsignore, notaio.
Nell'anno del Signore 1258, nell'indizione quindicesima, il 7 febbraio, prima della terza.

Atto n.137 della serie α

Notaio Giovanni de Amandolesio

15 febbraio 1258, Ventimiglia.
Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice ed i suoi fratelli, Giovanni e Marineto, i quali agiscono alla presenza e con il consenso del loro curatore Guglielmo Calcia, addivengono ad una divisione dei beni di loro pertinenza, compresi quelli a loro pervenuti per eredità materna e paterna.

Oberti Iudicis et suoruin fratrum.
Nos Obertus Iudex, filius quondam Raimundi Iudicis, et Iohannes et Marinetus, fratres dicti Oberti, auctoritate Guillelmi Calcie, curatoris nostri, presentis et consentientis, confitemur ad invicem inter nos celebrasse divisionem omnium bonorum nostrorum paternorum et maternorum, tam mobilium quam immobilium, et omnium aliorum bonorum nobis aliqua occasione pertinentium. In qua divisione michi Oberto obvenit in parte libre decem ianuinorum, quas recipere debemus et recipimus annuatim pro feudo a comuni Ianue sive in ipso comuni. Item obvenit michi in parte tercia ars1 unius vinee posite ad Pinetam, cui coheret superius via, inferius litus maris, ab uno latere terra Guillelmi Marosi et ab alio latere terra tui Marineti, fratris mei, sicut terminata est. …[omissis]…
Item tercia pars molendini siti in Pascherio, cum 'eius pertinenciis et cum tercia parte unius orti positi in Pascherio, cui orto coheret superius terra Guillelmi barberii, inferius terra Guillelmi Marosi et ab uno latere terra tui Iohannis, fratris mei, sicut terminata est. …[omissis]…
Confitemur insuper nos predicti Obertus, Iohannes et Marinetus habere comune simul extimationem cuiusdam domus site subtus castrum Roche Vintimilii, dirupte per comune Ianue et extimate per ipsum comune in libris trescentis denariorum ianuinorum, et casale unum situm ad Sanctum Nicolaum, cum alio casali sito subtus castrum Roche Vintimilii. …[omissis]…
Actum in capitulo Vintimilii, presentibus testibus convocatis Ardiçone Iudice, Capa Bonifacio et Iacobo Valloria. Anno dominice Nativitatis millesimo CC quinquagesimo octavo, indictione quinta decima, die xv februarii, inter vesperas et completorium.
Factum est pro dicto Oberto.

Atto n. 137
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1256 al 1258,
Cartolarius Instrumentorum I (56)
in Laura Balletto, op. cit.


1 Non è chiaro cosa significhi qui “ars”. Si sta investigando.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Oberto Giudice e i suoi fratelli.
Noi, Oberto Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice, e i fratelli di detto Oberto, Giovanni e Marineto, per autorizzazione di Guglielmo Calcie, nostro tutore, presente e consenziente, confessiamo reciprocamente di aver celebrato la divisione di tutti i nostri beni paterni e materni, sia mobili che immobili, e di tutti gli altri beni che ci appartengono per qualche motivo. In questa divisione, a me Oberto è toccata in parte la decima delle rendite libere, che annualmente dobbiamo e riceviamo come feudo dal Comune di Genova o nella stessa città. Inoltre, mi è toccata in parte un terzo di un'ara (?) di una vigna situata a Pineta, confinante da un lato con la terra di Guglielmo Marosi e dall'altro lato con la tua terra, Marineto, fratello moo, come stabilito dai confini …[omissis]… Inoltre, mi è toccata in parte un terzo di un mulino situato a Pascherio, con i relativi accessori, e un terzo di un orto situato a Pascherio, confinante da un lato con la terra di Guglielmo Barberii, dall'altro lato con la terra di Guglielmo Marosi e da un lato con la terra di tuo fratello Giovanni, come stabilito dai confini…[omissis]… Dichiariamo inoltre che noi, i suddetti Oberto, Giovanni e Marineto, abbiamo in comune la stima di una casa situata sotto il castello di Roche a Ventimiglia, demolita dal Comune di Genova e valutata da esso in 300 denari genovesi, e una casa colonica situata a San Nicola, insieme ad un'altra casa colonica situata sotto il castello di Roche a Ventimiglia…[omissis]… Redatto nel capitolo di Ventimiglia, in presenza dei testimoni convocati Ardizzone Giudice, Capo Bonifacio e Jacopo Valloria. Nell'anno del Signore Natività 1258, nell'indizione quindicesima, il quindicesimo giorno di febbraio, tra le ore del vespro e della compieta.
Redatto per il suddetto Oberto.

Atto n.138 della serie α

Notaio Giovanni de Amandolesio

15 febbraio 1258, Ventimiglia.
Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice rilascia quietanza ai fratelli Giovanni e Marineto per la somma di 95 lire di genovini, dovutagli per sentenza di Bartolomeo Ferrario, giudice di Ventimiglia.

Iohannis [Iudicis et] Marineti.
Eodem die, hora, loco et presentibus. [Ego] Obertus Iudex, filius quondam Raimundi Iudicis, confiteor me habuisse et recepisse a [vobis Iohanni et M]arineto, fratribus meis, auctoritate Guillelmi Calcie, vestri curatoris, integram solu[tionem et satisfactio]nem de libris nonaginta …[omissis]…
Pro pena et predictis omnibus] et singulis observandis universa [bona mea, habita et habenda, vobis pigneri obligo]

Atto n. 138
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1256 al 1258,
Cartolarius Instrumentorum I (56)
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Giovanni e Marineto Giudice.
Nello stesso giorno, ora, luogo e presenti io Oberto Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice, riconosco di aver ricevuto e accettato da voi Giovanni e Marineto, miei fratelli, per autorità di Guglielmo Calcia, vostro tutore, il pagamento completo e la soddisfazione di novanta lire …[omissis]… Per la pena e la suddetta osservanza di tutti e singoli i miei beni presenti e futuri, io mi impegno a impegnarmi nei vostri confronti.

Atto n.140 della serie α

Notaio Giovanni de Amandolesio

16 febbraio 1258, Ventimiglia.
Oberto Giudice, tutore di Raimondeta del fu Ottone Canossi, a nome della medesima, e Catelina, vedova dello stesso Ottone, vendono a Rainaldo Bulferio del fu Rainaldo Bulferio una pezza di terra situata ad Pinetam per il prezzo di 40 lire di genovini, di cui rilasciano quietanza. La vendita viene effettuata per fare fronte ai debiti che Raimondeta deve pagare sull'eredità paterna.

Ɑ Rainaldi Bulferii.
Nos Obertus Iudex, tutor, ut dico, Raimundete, filie quondam Ottonis Canossi, nomine ipsius minoris, et Catelina, uxor quondam dicti Ottonis, quisque nostrum in solidum, vendimus, cedimus et tradimus tibi Rainaldo Bulferio, filio quondam Rainaldi Bulferii, peciam unam terre site ad Pinetam, cui coheret superius terra heredum quondam Nicolai Miloti, inferius litus maris, ab uno latere terra Rainaldini Bulferii et Nicole de Tabia et ab alio terra heredum quondam Raimundi Iudicis, sive alie sint coherencie, …[omissis]…
Et specialiter ego dicta Catelina abrenuntio legi iulie de fondo dotali, iuri ypothecarum et senatus consulto velleiano, quarum beneficio me confiteor non ignorare, faciens predieta consilio Raimundi Iudicis et Guillelmi baraterii, quos meos propinquos et consiliatores in hoc casu eligo et appello. …[omissis]…
Actum in capitulo Vintimilii, presentibus testibus rogatis Conrado de Podio Rainaldo, Oberto Barbaxora et predictis consiliatoribus.
Anno dominice Nativitatis millesimo cclviii, indictione quinta decima, die xvi februarii, inter nonam et vesperas.

Atto n. 140
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1256 al 1258,
Cartolarius Instrumentorum I (56)
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Rinaldo Bulferio.
Noi Oberto Giudice, tutore, come dico, di Raimondetta, figlia del defunto Ottone Canossa, in nome della stessa minore, e Caterina, moglie del suddetto Ottone, ciascuno di noi in solido, vendiamo, cediamo e consegniamo a te Rinaldo Bulferio, figlio del defunto Rinaldo Bulferio, un pezzo di terra situato a Pineta, confinante superiormente con la terra degli eredi del defunto Nicolò Miloti, inferiormente con la riva del mare, da un lato con la terra di Rinaldino Bulferio e Nicola di Tabia e dall'altro con la terra degli eredi del defunto Raimondo Giudice, o di altre eventuali contigue, …[omissis]… E in particolare io, la suddetta Caterina, rinuncio alla legge di giugno sul fondo patrimoniale, al diritto ipotecario e al senatoconsulto velleiano, di cui riconosco il beneficio, facendo ciò dietro consiglio di Raimondo Giudice e Guglielmo Baraterio, i quali scelgo e chiamo come miei parenti e consiglieri in questo caso. …[omissis]… Redatto nel capitolo di Ventimiglia, con i testimoni richiesti di Conrad de Podio Rinaldo, Oberto Barbassora e i predetti consiglieri.
Nell'anno della natività del Signore 1258, indizione quindicesima, il 16 febbraio, tra la nona e il vespro.

Atto n.154 della serie α

Notaio Giovanni de Amandolesio

(1-4 marzo 1258), Ventimiglia.
Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice, curatore dei fratelli Giovanni e Marineto, a nome dei quali agisce, cede per un periodo di diciotto anni, ad medium plantum, ai fratelli Anselmo e Manuele Ventura una pezza di terra, sita in Vallecrosia, con l'obbligo di piantarvi alberi di fico per sette annti e contro il corrispettivo della quarta parte dei prodotti ricavati dalla terra, che Anselmo e Manuele dovranno consegnare ogni anno, a proprie spese, nella casa di Ventimiglia di Oberto, Giovanni e Marineto. Al termine dei diciotto anni la terra verrà divisa a metà, rimanendo ad Oberto, a nome dei fratelli, la parte che egli sceglierà. Se Anselmo e Manuele vorranno vendere la loro parte, Oberto avrà diritto di opzione per 20 soldi in meno sul prezzo di acquisto da parte di altri.

Ɑ Carta medii planti.
Ego Obertus Iudex, filius quondam Raimundi Iudicis et curator Iohannis et Marineti, fratrum meorum, ut patet per [quamdam publicam scripturam, scriptam in cartulario comunis Vintimilii per manum lui Iohannis de Mandolexio, notarii subscripti], die xxvi fe[bruarii proxime preteriti], nomine ipsorum minorum, do et cedo vobis Anselmo Venture et Manueli Venture, fratribus, …[omissis]…
Actum in capitulo [Vintimilii, presentibus testibus rogatis]tu et Ugone Feda. Anno d[ominice] …[omissis]…
Facta est pro dictis Anselmo et Manueli.
Facta est pro dicto [Oberto].

Atto n 154
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1256 al 1258,
Cartolarius Instrumentorum I (56)
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
Contratto di parzionaria1
Io, Oberto Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice e curatore dei miei fratelli, Giovanni e Marineto, come risulta da un certo documento pubblico scritto nel registro della comunità di Ventimiglia dalla mano di Giovanni de Amandolesio, il notaio sottoscritto, il giorno 26 febbraio del mese scorso, in nome dei minori stessi, vi do e cedo a voi, Anselmo Ventura e Manuele Ventura, fratelli, …[omissis]… Redatto nel capitolo di Ventimiglia, con testimoni richiesti da te e Ugone Feda. Anno del Signore …[omissis]… Redatta per i detti Anselmo e Manuele. Redatta per il suddetto Oberto.


1 All'epoca esistevano diversi contratti agrari. In particolare il pastinato è il contratto agrario medievale avente per oggetto la concessione di terre incolte, con l’obbligo per il concessionario, detto pastinatore, di dissodarle e di piantarvi alberi fruttiferi e viti. Nell’ambito del pastinato c'era poi la divisione a metà, fra i contraenti, dei terreni ridotti a coltura, cioè la parzionaria, spesso con il riconoscimento al concedente di un diritto di prelazione allorquando il pastinatore avesse voluto alienare la sua parte.

Atto n.207 della serie α

Notaio Giovanni de Amandolesio

19 maggio 1258, Ventimiglia.
Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice, nominato curatore dei fratelli Giovannino e Marineto da Guglielmo di Voltaggio, vicegerente di Lanfranchino Pignolo, podestà di Ventimiglia, cede ad laborandum per un periodo di sei anni a Guglielmo Lorenzo tutte le terre che i minori posseggono in Vallecrosia, fatta eccezione per quelle già cedute ad plantandum, dietro la corresponsione annuale della quarta parte delle biade e della metà dei fichi, che Guglielmo dovrà consegnare, a sue spese, nella casa di Ventimiglia dei minori.

Ɑ Oberti Iudicis et Willelmi Laurencii.
+ Ego Obertus Iudex, filius quondam Raimundi Iudicis, curator datus Iohannino et Marineto, fratribus meis, per dominum Guillelmum de Vultabio, gerentem vicem domini Lanfranchini Pignoli, potestatis tunc Vintimilii, ut patet per quandam publicam scripturam scriptam in cartulario comunis Vintimilii per manum tui Iohannis, notarii subscripti, die xxvi februarii proxime preferiti, nomine ipsorum minorum, do, cedo et trado tibi Guillelmo Laurencio …[omissis]…
Actum in platea Vintimilii, presentibus testibus convocatis Ardiçono Iudice, Richermo Laurencio et Oddone Macario.
Anno dominice Nativitatis millesimo cc quinquagesimo octavo, indictione quinta decima, die xviiii madii, inter terciam et nonam.
Factum est pro dicto Oberto.

Atto n. 207
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1256 al 1258,
Cartolarius Instrumentorum I (56)
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Oberto Giudice e Guglielmo Laurencio.
Io, Oberto Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice, nominato tutore di Giovanni e Marineto, miei fratelli, da Guglielmo de Vultabio, che agisce in nome del signor Lanfranchino Pignoli, potestà di Ventimiglia al tempo, come risulta da una scrittura pubblica scritta nel registro del comune di Ventimiglia per mano tua Giovanni, notaio sottoscritto, il ventisei febbraio scorso, a nome dei minori, do, cedo e trasferisco a te, Guglielmo Laurencio …[omissis]… Redatto in piazza a Ventimiglia, in presenza dei testimoni Ardizzone Giudice, Richermo Laurencio e Oddone Macario. Nell'anno del Signore Natività duemilacinquantotto, quindicesima indizione, il diciannovesimo giorno di maggio, tra la terza e la nona. REdatto per il suddetto Oberto.

Atto n.230 della serie α

Notaio Giovanni de Amandolesio

10 settembre 1258, Ventimiglia.
Convenzione fra Ottone Giudice del fu Oberto Giudice, da una parte, ed Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice, dall'altra, per cui Oberto promette che tutti i diritti sui beni paterni e materni che competono ad Ottone in Ventimiglia, a Genova e nei rispettivi distretti siano salvi per il medesimo Ottone ed i suoi eredi.

Ɑ Ottonis Iudici[s].
Die eodem, hora, loco et testibus. In presente testium subscriptorum talis conventio et pactum celebratum fuit inter Ottonem Iudicem, filium quondam Oberti Iudicis, ex una parte, et Obertum Iudicem, filium quondam Raimundi Iudicis, ex altera, videlicet quod dictus Obertus vult et promittit per stipulationem …[omissis]…
sint salva et illesa dicto Ottoni et suis heredibus, sine contradictione dicti Oberti et suorum heredum, nec ea iura seu actiones, quas dictus Otto habet in dietis bonis, diminuet neque ledet dictus Obertus aliqua occasione, sub obligatione et ipotheca omnium bonorum suorum, habitorum et habendorum.

Atto n. 230
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1256 al 1258,
Cartolarius Instrumentorum I (56)
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Ottone Giudice.
Lo stesso giorno, ora, luogo e testimoni. In presenza dei testimoni sottoscritti è stato stipulato il seguente accordo tra Ottone Giudice, figlio del defunto Oberto Giudice, da una parte, e Oberto Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice, dall'altra, ovvero che il suddetto Oberto vuole e promette per mezzo di una stipula …[omissis]… siano salvaguardati e mantenuti intatti per il suddetto Ottone e i suoi eredi, senza riserve da parte di Oberto e dei suoi eredi, né che i diritti o le azioni che il suddetto Ottone ha su tali beni siano ridotti o lesi in alcun modo da Oberto, sotto obbligo e ipoteca di tutti i suoi beni, posseduti e da possedere.

Notizia n.27 della serie κ

Notaio Giovanni de Amandolesio

XXVII

s. d. (ante 15 febbraio 1258).
Sentenza di Bartolomeo Ferrario, giudice del comune di Ventimiglia, in base alla quale Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice è creditore per la somma di 95 lire di genovini nei confronti dei propri fratelli, Giovanni e Marineto.

Notizia nell'atto n. 138.
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1256 al 1258,
Cartolarius Instrumentorum I (56)
in Laura Balletto, op. cit.

Notizia n.40 della serie κ

Notaio Giovanni de Amandolesio

XL

s. d. (ante 10 settembre 1258).
Raimondo Giudice del fu Pietro Giudice, a nome di Ottone Giudice del fu Oberto Giudice, vende ad Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice tutti i beni mobili ed immobili ed i diritti sui beni paterni e materni, che competono ad Ottone in Ventimiglia, Genova e nei rispettivi distretti, per il prezzo di 200 lire di genovini.
Notaio Oberto.

Notizia nell'atto n. 229.
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1256 al 1258,
Cartolarius Instrumentorum I (56)
in Laura Balletto, op. cit.

Notizia n.90 della serie κ

Notaio Giovanni de Amandolesio

XC

26 febbraio 1258.
Guglielmo di Voltaggio, vicegerente di Lanfranchino Pignolo, podestà di Ventimiglia, nomina Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice curatore dei fratelli Giovannino e Marineto.
Notaio Giovanni di Amandolesio.

Notizia completa nell'atto n. 207;
parziale negli atti nn. 149, 154.
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1256 al 1258,
Cartolarius Instrumentorum I (56)
in Laura Balletto, op. cit.

Atto n.10 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

10 gennaio 1259, Ventimiglia.
Aldina del fu Raimondo Giudice di Ventimiglia nomina suo procuratore il marito Iacopo de Volta per la riscossione della somma dì 5 lire di genovini, a lei lasciata in legato testamentario dalla defunta Giardina Nepitella e confermatale dal defunto Enrico Tornello.

Die x ianuarii, post nonam. Ego Aldina, fìlia quondam Raimundi Iudicis de Vintimilio, facio, constituo et ordino te Iacobum de Volta, maritum meum, presentem, meum certum nuntium et procuratorem ad petendum et recipiendum, in iudicio et extra, libras quinque ianuinorum, quas mihi legavit in sua ultima voluntate quondam domina Iardina Nepitella et quas quondam Enricus Tornellus mihi confirmavit et voluit in sua ultima voluntate f[o]re solvendas, dans tibi [li]beram potestatem et baliam ut ipsas possis petere et recipere sicut egomet possem, si essem presens, promittens quicquid feceris in predictis et circa predicta et occasione predictorum ratum et firmum babitutam, sub ypotheca et obligatione bonorum meorum, abrenuntians omni iuri quo me contra predicta tueri possem, faciens hec omnia consilio Petri Pulvini et Iacobi de Recho, v[ic]inorum meorum. Actum in castro Collis Vintimilii, presentibus testibus rogatis Enrico Guercio et dictis consiliatoribus. Anno et indictione ut supra.

Atto n. 10
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
Il 10 gennaio, dopo la nona. Io, Aldina, figlia del defunto Raimondo Giudice di Ventimiglia, faccio, costituisco ed ordino te, Giacomo di Volta, mio marito presente, mio fidato messo e procuratore per richiedere e ricevere, in giudizio e fuori, cinque libbre di genovini, lasciatemi in eredità dalla defunta signora Iardina Nepitella e confermate in sua ultima volontà da Enrico Tornello, da essere pagate. Ti do piena potestà e autorità di poterle richiedere e ricevere come se fossi io stessa presente, promettendo di ratificare e confermare tutto ciò che farai in merito a ciò e relativamente a ciò, sotto ipoteca ed obbligo dei miei beni, rinunciando a tutti i diritti con cui potrei difendermi contro quanto sopra. Tutto ciò fatto sotto il consiglio di Pietro Pulvini e Giacomo di Recho, miei vicini. Fatto nel castello del Colle di Ventimiglia, con i testimoni richiesti, Enrico Guercio e i suddetti consiglieri. Nell'anno e nell'indizione come sopra.

Atto n.29 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

24 febbraio 1259, Ventimiglia.
I fratelli Oberto Giudice, Giovanni e Marineto, figli del fu Raimondo Giudice, concedono alla sorella Aldina una pezza di terra, tenuta a fichi, viti e altre colture arboree, situata ad Sanctum Stephanum, del valore di 60 lire di genovini, come parte della sua dote, ammontante in totale a 150 lire.

Aldine, uxoris Iacobi de Volta.
Die xxiiii februarii, ante nonam. Nos Obertus Iudex, Iohannes et Marinetus, fratres et filli quondam Raimundi Iudicis, damus, cedimus et tradimus tibi Aldine, sorori nostre, peciam unam terre, arborate vitium, ficuum et aliarum arborum, positam ad Sanctum Stephanum, cui coheret superius terra heredum quondam Ugonis Sagonensis et terra Verdane Trentamodie inferius via publica, ab uno latere terra diete Verdane et ab alio latere terra Conradi de Podio Rainaldo et eius fratris, pro dotibus tuis, que sunt libre centum quinquaginta ianuinorum, in solutum ipsarum pro libris sexaginta ianuinorum, ad habendum, tenendum, possidendum et de cetero qukquid volueris tu et heredes tui et cui dederis vel habere statueris faciendum, cum omni suo iure, ratione, actione reali et personali, utili et directo omnibusque demum pertinenciis suis, nichil ex his in nobis retento. Quod si ultra valet, scientes eius veram extimationem, id quod ultra valet tibi mera puraque donatione inter vivos donamus et finem tibi facimus et refutationem atque pactum de non petendo, renuntiantes legi deceptionis dupli et ultra. Possessionem insuper et dominium diete terre tibi tradidisse confitemur, constituentes nos ipsam tuo nomine tenere et precario possidere dum possidebimus vel ipsius possessionem sumpseris corporalem, promittentes tibi et heredibus tuis et cui dederis vel habere statueris per nos nostrosque heredes dictam terram ab omni persona legittime defendere, auctoriçare, disbrigare et non inpedire. Alioquin penam dupli de quanto ipsa terra nunc valet vel meliorata valebit tibi stipulanti dare et solvere spondemus, rata manente in solutum datione. Pro pena et predictis omnibus et singulis observandis universa bona nostra habita et habenda tibi pigneri obligamus, iurantes insuper nos dicti Iohannes et Marinetus verbotinus esse maiores annorum decem et octo et ut supra dictum est, tactis corporaliter Sacris Scripturis, attendere, compiere et observare et in aliquo predictorum non contrafacere vel venite, renuntiantes benefìcio minoris etatis et omni iuri. Et facimus omnia et singula supradicta consilio Simonis Buroni et Vassalli Capelleti, vicinorum nostrorum. Actum in castro Collis Vintimilii, presentibus testibus rogatis Pascalino de Flacono, Guillelmo magistro assie de Sancto Matheo, Oberto Nigro porterio et dictis consiliatoribus. Anno et indictione ut supra.

Atto n. 29
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
Ad Aldina, moglie di Giacomo di Volta.
Il 24 febbraio, prima della nona, noi Oberto Giudice, Giovanni e Marineto, fratelli e figli del defunto Raimondo Giudice, diamo, cediamo e trasferiamo a te Aldina, nostra sorella e moglie di Giacomo di Volta, un pezzo di terra alberata con vite, fichi e altre piante, situato presso San Stefano, confinante da un lato con la terra degli eredi del defunto Ugo di Sagona e dalla parte inferiore con la via pubblica di Trentamodia, da un lato con la terra di dieta Verdane e dall'altro con la terra di Corrado di Podio Rainaldo e di suo fratello, come tua dote, che consiste in 150 lire di genovini, pagabili in 60 lire di genovini, da possedere, tenere e usare, fare tutto ciò che vuoi tu, i tuoi eredi e chiunque tu voglia dare o nominare, con ogni suo diritto, ragione, azione reale e personale, utile e diretto e tutti i suoi accessori, senza che ne rimanga nulla in nostro possesso. Se il valore supera questa cifra, conoscendone il vero valore, ti doniamo il valore eccedente con una pura e semplice donazione tra vivi e ti concediamo una rinuncia e un accordo di non richiesta, rinunciando alla legge della duplicazione e oltre. Inoltre, riconosciamo di averti consegnato la proprietà e il possesso della suddetta terra, e ci impegniamo a possedere e detenere la stessa a tuo nome e in prestito finché possediamo o prendi possesso fisico di essa, promettendo di difendere, autorizzare, liberare e non impedire la detta terra a te, ai tuoi eredi e a chiunque tu voglia dare o nominare. In caso contrario, ci impegniamo a pagarti una multa pari al doppio del valore attuale o migliorato della terra, e ratifichiamo la donazione. Per garantire il rispetto di tutte queste condizioni e pene, impegniamo tutti i nostri beni presenti e futuri come pegno a tuo favore. Giuriamo inoltre, io Giovanni e Marineto, di essere maggiorenni di 18 anni e di rispettare tutto ciò che è stato detto sopra, giurando su Sacre Scritture, di attenere, completare e rispettare tutto ciò che è stato detto sopra, senza oppormi in alcun modo a tutto ciò che è stato detto sopra, rinunciando al beneficio della minor età e a qualsiasi diritto. E facciamo tutto ciò che è stato detto sopra con il consiglio di Simone Buroni e Vassallo Capelleti, nostri vicini. Fatto nel castello di Colla, presente il testimone Pascalino de Flacono, il maestro Guglielmo, giudice di San Matteo, Oberto Nigro, porterio1 e i sopra citati consiglieri. Anno e indizione come sopra.


1 Un porterio era responsabile della chiusura e dell'apertura delle porte cittadine e quindi una sorta di sovraintendente, a capo di tutti coloro che si occupavano di gestire i flussi di entrata ed uscita della città.

Atto n.30 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

24 febbraio 1259, Ventimiglia.
I fratelli Oberto Giudice, Giovanni e Marineto, figli del fu Raimondo Giudice, si dichiarano debitori verso la sorella Aldina della somma di 90 lire di genovini, residuo della di lei dote di 9O lire, e promettono di pagare, ciascuno in rate di 5 lire ogni anno, fino al saldo del debito.

[Ɑ Aldine, uxoris I]acobi de [Volta].
Die eodem, bora, loco et presentibus. Nos Obertus Iudex, Iohannes et Marinetus, fratres et filii quondam Raimundi Iudicis, confitemur tibi Aldine, sorori nostre, debere dare pro dotibus tuis, que restant tibi ad solvendum, libras nonaginta denariorum ianuinorum, quas libras nonaginta tibi vel tuo certo misso per nos vel nostros missos, quilibet nostrum pro parte sua contingenti, ad términos subscriptos, videlicet libras quinqué omni anno, pro quolibet nostrum, usque ad integram totius debiti solutionem, dare et solvere promittimus. Alioquin penam dupli cum omnibus dampnis et expensis propterea factis tibi stipulanti dare et solvere spondemus, te eredita de expensis et dampnis tuo solo verbo, sine testium productione, iuramento et alia demum probatione; et, pena soluta, predicta in suo robore nichilominus perseverent. Pro pena et predictis omnibus attendendis et observandis universa bona nostra babita et habenda tibi pigneri obligamus, iurantes insuper nos dicti Iohannes et Marinetus verbotenus esse maiores annorum decem et octo et ut supra dictum est, tactis corporaliter Sacris Scripturis, attendere, compiere et observare et in aliquo predictorum non contrafacere vel venire, renuntiantes beneficio minoris etatis et omni iuri. Et facimus omnia et singula supradicta consilio Simonis Buroni et Vassalli Capelleti, vicinorum nostrorum. Anno et indictione ut supra.

Atto n. 30
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
Ad Aldina, moglie di Giacomo di Volta.
Il giorno, ora, luogo e testimoni sopraindicati. Noi Oberto Giudice, Giovanni e Marineto, fratelli e figli del defunto Raimondo Giudice, riconosciamo che dobbiamo a te, Aldina, nostra sorella, per le tue doti che ti restano da pagare, novanta lire di moneta genovina. Promettiamo di darti e pagarti le suddette novanta lire, a termini sottoscritti, ovvero cinque lire ogni anno per ciascuno di noi, fino al completo pagamento dell'intero debito, inviandoti o tramite i nostri inviati. In caso contrario, ci impegniamo a pagare una penale doppia con tutti i danni e le spese che ne derivano, senza bisogno di produrre testimoni, giurare o fornire altre prove; e, una volta pagata la penale, gli obblighi sopra menzionati continuano ad avere piena validità. Obblighiamo tutti i nostri beni presenti e futuri a garanzia della suddetta penale e di tutte le obbligazioni sopra menzionate, giurando inoltre che noi, Giovanni e Marineto, abbiamo raggiunto l'età di diciotto anni e che attenderemo, adempiamo e osserveremo tutto ciò che sopra è stato stabilito, senza violare o contravvenire a quanto previsto, rinunciando al beneficio di minor età e a ogni diritto. E tutte le suddette disposizioni sono state redatte con l'assistenza di Simone Buroni e Vassallo Capelleti, nostri vicini. Nell'anno e nell'indizione sopra menzionati.

Atto n.31 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

24 febbraio 1259, Ventimiglia.
Oberto Giudice, Giovanni e Marineto, figli del fu Raimondo Giudice, vendono a Guglielmo Enrico, per una metà, e ad Ardizzono Giudice e Guglielmo Giudice, per l'altra metà, un mulino, pro indiviso, con due ruote, situato in Pascherio, cum omnibus suis aquaticiis sive aqueductibus, per il prezzo di 40 lire di genovini, di cui rilasciano quietanza. Dichiarano di procedere alla vendita per pagare i debiti di Ottone Giudice.

[Ɑ Guillelmi Henrici], Ardi[çoni et Guillelmi Iu]dicum.
Die eodem, post nonam. Nos Obertus Iudex, Iohannes et Marinetus, frattes et fìlii quondam Raimundi Iudicis, quisque nostrum in solidum, vendimus, cedimus et tradimus vobis Guillelmo Henrico, ementi pro medietate, et Ardiçono Iudici et Guillelmo Iudici, pro alia medietate, molendinum unum, pro indiviso, cum duabus rotis, quod visi sumus habere in Pascherio, cum omnibus suis aquariciis sive aqueductibus, cui coheret ante via publica, ab uno latere molendinum vestrum Ardiçoni et Guillelmi Iudicis et ab alio molendinum Guillelmi Dulbeci, sive alie sint coherencie, ad habendum, tenendum, possidendum et de cetero quicquid volueritis iure proprietario et titulo emptionis faciendum, cum omni suo iure, ratione, actione reali et personali, utili et directo omnibusque demum pertinenciis et superposìtis suis, nichil ex his in nobis retento, finito predo librarum quadraginta denariorum ianuinorum, de quibus nos bene quietos et solutos vocamus, renuntiantes exceptioni non numerate seu recepte pecunie, doli mali et conditioni sine causa. Quod si dictum molendinum cum suis pertinenciis ultra dictum precium valet, scientes ipsius veram extimationem, id quod ultra valet vobis mera et pura donatione inter vivos donamus et finem vobis inde facimus et refutationem atque pactum de non petendo, renuntiantes legi deceptionis dupli et ultra. Possessionem quoque et dominium dicti molendini cum suis pertinenciis vobis tradidisse confitemur, constituentes nos ipsum vestro nomine tenere et precario possidere dum possidebimus vel ipsius possessionem sumpseritis corporalem, promittentes de dicto molendino cum suis pertinenciis nullam deinceps movere litem, actionem seu controversiam neque requisitionem facere, set potius ipsum vobis et heredibus vestris et cui dederitis vel habere statueritis per nos nostrosque heredes ab omni persona legittime defendere, auctoriçare, disbrigare et non impedire. Et speciali ter promittimus et convenimus vobis sumptus litis agnoscere et vobis restituere, si quos faceretis pro dicto molendino rationabiliter defendendo, sive obtinueritis in lite sive succubueritis, remissa vobis necessitate denunciandi. Quod si non fecerimus et ut supra per singula non observaverimus, penam dupli de quanto dictum molendinum nunc valet vel melioratum valebit vobis stipulantibus dare et solvere promittimus, rata manente venditione. Pro pena et predictis omnibus et singulis observandis universa bona nostra habita et habenda vobis pigneri obligamus, et quilibet nostrum de omnibus et singulis supradictis vobis in solidum teneatur, renuntians quisque nostrum iuri solidi, epistule divi Adriani, beneficio nove constitutions de duobus reis debendi1 ac iuri de principali primo conveniendo. Et speciali ter nos dicti Iohannes et Marinetus abrenuntiamus beneficio minoris etatis, iurantes verbotenus esse maiores annorum decem et octo et ut supra dictum est, tactis corporaliter Sacris Scripturis, in omnibus et per omnia attendere, compiere et observare et in aliquo predictorum non contraiacere vel venire; et facimus hec omnia et singula supradicta consilio Guillelmi Calcie et Raimundi Iudicis, propinquorum et vicinorum nostrorum. Predictam quoque venditionem facimus pro solvendis debitis Ottonis Iudicis. Actum in civitate Vintimilii, in domo dicti Raimundi Iudicis, presentibus testibus convocatis et rogatis Guidone Priore, Oberto filio Ottonis Iudicis et Guillelmo Malleo canonico Vintimiliensi. Anno et indictione ut supra.

Atto n. 31
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.


1Duobus reis debendi” è una locuzione latina che significa «debito verso due persone», ovvero duplice obbligazione debitoria. All'epoca, questo termine si riferiva alla situazione in cui un debitore aveva contratto un debito con due o più creditori e doveva restituire la somma a entrambi. In questo caso, ogni creditore aveva diritto a richiedere una parte proporzionale del debito. La regola generale era che, in assenza di una specifica pattuizione tra i creditori e il debitore, questi ultimi avevano uguali diritti sulla somma debita.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Guglielmo Enrico, Ardizzone e Guglielmo Giudici.
Lo stesso giorno, dopo la nona. Noi Oberto Giudice, Giovanni e Marineto, fratelli e figli del defunto Raimondo Giudice, ciascuno di noi in solido, vendiamo, cediamo e trasferiamo a voi, Guillermo Enrico, come acquirente per metà, e ad Ardizzone Giudice e Guglielmo Giudice, per l'altra metà, un mulino, indiviso, con due ruote, che ║ vediamo possedere a Pascherio, con tutti i suoi canali o acquedotti, che confina con la strada pubblica da un lato e con il vostro mulino, ovvero di Ardizzone e Guglielmo Giudice, dall'altro, se ci sono altri confini, per avere, tenere, possedere e fare in seguito tutto ciò che vorrete come proprietari di diritto e per titolo d'acquisto, con tutti i suoi diritti, ragioni, azioni reali e personali, utili e diretti e tutte le altre pertinenze e sovrapposizioni, senza nulla trattenere da noi, con un prezzo di vendita di quaranta lire genovesi, di cui ci dichiariamo ben soddisfatti e sollevati, rinunciando all'eccezione di denaro non contato o non ricevuto, al dolo e alla condizione senza causa. Se il suddetto mulino con le sue pertinenze vale più del prezzo sopra menzionato, conoscendo la sua vera stima, quanto valga in più, lo doniamo e ne poniamo fine a voi con una pura e semplice donazione tra vivi e rinunciamo alla legge che prevede il riconoscimento di un duplice risarcimento debitorio. Confessiamo inoltre di avervi consegnato la proprietà e il possesso del detto mulino con le sue pertinenze, costituendoci come vostri titolari e possessori precari finché lo possederemo o avrete preso possesso fisico dello stesso, promettendo di non muovere alcuna lite, azione o controversia per il detto mulino con le sue pertinenze in futuro, ma piuttosto di difendere, autorizzare, liberare e non impedire a voi e ai vostri eredi, coloro a cui lo avete dato o che avete deciso di avere, da noi o dai nostri eredi, da qualsiasi persona legittimamente. Inoltre, promettiamo e concordiamo specificamente di riconoscere e restituire a voi le spese di giudizio che potreste sostenere per difendere ragionevolmente il detto mulino, se sostenute, sia che vinciate in giudizio sia che ne siate sconfitti, senza la necessità di una richiesta formale. Se non adempiamo a tutto quanto sopra indicato o non osserviamo singolarmente ogni punto di quanto sopra, promettiamo di dare e pagare una sanzione di doppio del valore attuale del detto mulino o del suo valore migliorato, stipulando con voi e confermando la vendita. In pegno e a garanzia dell'osservanza di tutto quanto sopra stabilito e di ogni singola parte, obblighiamo tutti i nostri beni, presenti e futuri, e ciascuno di noi è tenuto in solido per quanto concerne tutto quanto sopra stabilito, rinunciando ciascuno di noi al diritto di divisione in solido, al beneficio delle costituzioni recenti sui due debitori e al diritto di escussione del creditore principale in primo luogo. E in particolare noi, Giovanni e Marineto, rinunciamo al beneficio dell'età minore, giurando di essere maggiorenni di diciotto anni e, come sopra detto, di attenere, eseguire e rispettare tutto in ogni dettaglio, senza violare o contraddire alcuna delle disposizioni suddette. Tutto ciò lo facciamo con il consiglio di Guglielmo di Calce e Raimondo Giudice, nostri parenti e vicini. Inoltre, effettuiamo la suddetta vendita per saldare i debiti di Ottone Giudice. Redatto nella città di Ventimiglia, nella casa del suddetto Raimondo Giudice, in presenza di testimoni convocati e richiesti, Guidone Priore, Oberto figlio di Ottone Giudice e Guglielmo Malleo, canonico di Ventimiglia. Anno e indizione come sopra.

Atto n.63 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

9 giugno 1259, Ventimiglia.
Raimondo Curlo del fu Ugo Curlo ingiunge ad Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice di compiere e far compiere per lui gli atti dovutigli entro otto giorni dacché ne sia richiesto, come da documento del 10 maggio 1259.

Die viiii iunii, ante terciam. In presentia testium subscriptorum, Raimundus Curlus, filius quondam Ugonis Curli, denuntiavit Oberto Iudici, filio quondam Raimundi Iudicis, quod ipse debeat ei attendere, compiere et observare et attendi, compleri et observari facere fieri omnia et singula que tenetur ei attendere et facere attendi et observari infra dies octo postquam fuerit eidem Oberto denunciatum, ut apparet in instrumento inde facto manu Mathei de Predono notarii, millesimo cclviiii, indictione prima, die x madii, inter nonam et vesperas. De predictis quidem rogavit me notarium subscriptum quod deberem ei facere publicum instrumentum. Admissa igitur eius rogatione ut supra in publicam formam taliter compilavi. Actum in capitulo Vintimilii, presentibus testibus Raimundo Bonosegnorio notano, Ottone Roberto et Guillelmo Curlo maiore. Anno et indictione ut supra.
[S. dr.] vi.

Atto n. 63
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
Il giorno 8 giugno, prima della terza. In presenza dei testimoni sottoscritti, Raimondo Curlo, figlio del defunto Ugone Curlo, ha reso noto a Oberto Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice, che egli deve eseguire, adempiere e osservare e fare eseguire, adempiere e osservare tutto ciò che gli era tenuto di eseguire e fare attuare entro otto giorni dopo che lo stesso Oberto glielo avesse notificato, come risulta dall'atto fatto dalla mano del notaio Matteo de Predono, nell'anno 1259, nella prima in║dizione, il giorno 10 maggio, tra la nona e il vespro. Riguardo a ciò, al sottoscritto notaio è stato chiesto di redarre un atto pubblico a sua richiesta. Quindi, accettata la sua richiesta, ho redatto il presente atto in forma pubblica. Fatto nel capitolo di Ventimiglia, in presenza dei testimoni Raimondo Bonosegnorio, notaio, Ottone Roberto e Guglielmo Curlo maggiore. Anno e indizione come sopra.
Versata una somma di sei denari.

Atto n.65 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

13 giugno 1259, Ventimiglia.
Oberto Giudice e Marineto, figli del fu Raimondo Giudice, insieme con le rispettive mogli, Alasina e Franceschina, e con il fratello Giovanni, vendono a Iacopo de Volta e a sua moglie Audina1 una pezza di terra, coltivata a fichi e viti, sita nel territorio di Ventimiglia, ubi dicitur Pineta, per il prezzo di 45 lire di genovini, di cui rilasciano quietanza.

Ɑ I[acobi de Volta].
Die xiii iunii, inter nonam et vesperas. Nos Obertus Iudex, filius quondam Raimundi Iudicis, et Alasina, iugales, et Iohannes, frater Oberti, et Marinetus, filius quondam dicti Raimundi, et Francischina, iugales, quilibet nostrum in solidum, vendimus, cedimus et tradimus vobis Iacobo de Volta et Audine, iugalibus, peciam unam terre, arborate ficuum et vitium, quam visi sumus babere in territorio Vintimilii, ubi dicitur Pineta, cui coheret superius via, inferius litus maris, ab uno latere terra Guillelmi Marosi et ab alio serbum unum nostrorum venditorum, sive alie sint coherencie, ad habendum, tenendum, possidendum et de cetero quicquid volueritis iure proprietario et titulo emptionis faciendum, sine omni nostra, heredum nostrorum omniumque pro nobis contraditione, cum omni suo iure, ratione, actione reali et personali, utili et directo quod et quas in ipsa terra habemus vel habere possemus, nichil ex his in nobis retento, finito precio librarum quadraginta quinque denariorum ianuinorum, de quibus nos bene quietos et solutos vocamus, renuntiantes exceptioni non numerate pecunie seu receptorum denariorum. Quod, si ultra dictum precium valet dicta terra, id quod ultra valet, scientes ipsius veram extimationem, vobis inter vivos donamus et donationem facimus atque refutationem et pactum de non petendo, renuntiantes legi deceptionis ultra dimidiam iusti precii. Possessionem insuper et dominium diete terre vobis tradidisse confitemur, constituentes nos ipsam vestro nomine tenere et precario possidere dum possidebimus vel ipsius possessionem sumpseritis corporalem, promittentes de dicta terra nullam deinceps movere litem, actionem seu controversiam, set potius per nos et heredes nostros vobis et heredibus vestris et cui dederitis seu habere statueritis ipsam ab omni persona legittime defendere, auctorigare et disbrigare nostris expensis promittimus. Alioquin penam dupli de quanto contrafieret vobis stipulantibus dare et solvere spondemus, ratis manentibus omnibus et singulis supradictis. Pro pena et predictis omnibus attendendis et observandis universa bona nostra habita et habenda vobis pigneri obligamus, et quisque nostrum vobis in solidum teneatur, renuntiantes iuri solidi, iuri de principali et epistule divi Adriani et beneficio nove constitutionis de duobus reis debendi et omni alii iuri, iurantes insuper nos dicti Iohannes, Marinetus et Francischina ut supra dictum est attendere, compiere et observare et contra in aliquo non venire, facientes nos predicti Iohannes, Marinetus, Francischina et Alasina consilio hec omnia Guillelmi Enrici et Ingeti Buroni, vicinorum nostrorum. Et confitemur nos omnes esse maiores, abrenuntiantes nos diete Alasina et Francischina iuri ypothecarum, senatus consulto velleiano, legi iulie de fondo dotali et omni iuri legis et capituli quo nos contra predicta tueri po[s]semus. Actum in civitate Vintimilii, in domo qua habitat dictus Obertus, presentibus testibus rogatis [I]ohanne clerico de Rochabruna et dictis consiliatoribus.
Anno et indictione (ut supra).

Atto n. 65
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.


1 Sappiamo che una sorella di Oberto, Giovanni e Marineto si chiamava Aldina ed è andata in sposa a un Iacopo de Volta, per cui è molto probabile che questa “Audina” sia in effetti la stessa persona, ovvero Aldina Iudex.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Giacomo di Volta.
Tredici giugno, tra la nona e il vespro. Noi Oberto Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice, e Alasina, coniugi, e Giovanni, fratello di Oberto, e Marineto, figlio del suddetto Raimondo, e Francischina, coniugi, ciascuno di noi in solido, vendiamo, cediamo e trasferiamo a voi Giacomo di Voltaa e Aldina, coniugi, un pezzo di terra con alberi di fichi e vigneti, che abbiamo visto ║ possedere nel territorio di Ventimiglia, detto Pineta, confinante da un lato con la terra di Guglielmo Marosi e dall'altro con un pezzo di terra di uno dei nostri venditori, o altri confini, per avere, tenere, possedere e fare qualsiasi cosa vorrete come proprietari e titolari di acquisto, senza alcuna opposizione da parte nostra, dei nostri eredi o di chiunque per noi, con ogni diritto, motivo, azione reale e personale, utile e diretto che abbiamo o potremmo avere sulla stessa terra, senza alcuna riserva, per un prezzo finito di quarantacinque denari genovesi, che dichiariamo di avere ricevuto, rinunciando a qualsiasi eccezione di denaro non pagato o di denaro ricevuto. Se il valore della terra va oltre il prezzo concordato, sapendo la sua vera valutazione, doniamo e facciamo una donazione tra vivi a voi ciò che va oltre, insieme alla rinuncia alla legge sulla frode oltre la metà del giusto prezzo. Inoltre, ammettiamo di avervi consegnato la proprietà e il dominio della suddetta terra, stabilendo che la deteniamo e la possediamo precariamente a nome vostro finché la possederemo o ne avrete preso il possesso fisico, promettendo di non sollevare alcuna questione legale, azione o controversia sulla terra stessa, ma piuttosto di difenderla, autorizzarla e liberarla da ogni persona a nostro carico e ai nostri eredi e promettiamo di farlo a nostre spese. In caso contrario, ci impegniamo a pagare una pena doppia di qualsiasi importo contravvenuto a voi. Tutte le nostre proprietà attuali e future sono impegnate a voi come pegno per la pena e tutte le sopracitate clausole e promesse, e ciascuno di noi è tenuto in solido, rinunciando al diritto di solidarietà, al diritto di principale e all'epistola del santo Adriano e al beneficio della nuova costituzione sui debiti di due persone e a qualsiasi altro diritto, giurando inoltre che i suddetti Giovanni, Marineto e Francischina rispetteranno, adempiranno e osserveranno tutto ciò che è stato detto sopra e non contravverranno in alcun modo. I suddetti Giovanni, Marineto, Francischina e Alasina fanno tutto ciò con il consiglio dei loro vicini Guglielmo Enrico e Ingeto Buroni. E noi tutti riconosciamo di essere maggiorenni, rinunciando alla legge sull'ipoteca, al Senato consulto velleiano, alla legge di luglio sul fondo dotalizio e a ogni legge e capitolo con cui potremmo difenderci contro le predette. Redatto nella città di Ventimiglia, nella casa in cui vive il suddetto Oberto, in presenza dei testimoni richiesti Giovanni, chierico di Roccabruna, e dei consiglieri suddetti. Anno e indizione come sopra.

Atto n.68 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

14 giugno 1259, Ventimiglia.
I fratelli Oberto Giudice, Giovanni e Marineto, figli del fu Raimondo Giudice, da una parte, e Ottone Giudice del fu Oberto Giudice, dall'altra, compromettono all'arbitrato di Raimondo Giudice e Guglielmo Giudice le questioni fra loro vertenti in occasione della successione del fu Oberto Giudice, padre di Ottone e nonno di Oberto, Giovanni e Marineto, in occasione della successione del fu Obertino Giudice, fratello di Ottone e zio dei predetti Oberto, Giovanni e Marineto e in occasione della dote della defunta madre di Ottone, nonna di Oberto, Giovanni e Marineto.

Oberti Iudicis et fratrum, ex una parte, et Ottonis Iudicis, ex altera.
Die xiiii iunii, ante terciam. Nos Obertus Iudex, Iohannes et Marinetus, fratres et filii quondam Raimundi Iudicis, ex una parte, et Otto Iudex, filius quondam Oberti Iudicis, ex altera, compromittimus in vobis, Raimundum Iudicem et Guillelmum Iudicem, presentes, de omni lite et controversia que inter nos vertitur vel verti posset occasione successionis Oberti Iudicis quondam, patris mei dicti Ottonis et avi nostrorum dicti Oberti et fratrum, et occasione successionis Obertini quondam Iudicis, fratris met dicti Ottonis et patrui nostrorum predictorum Oberti et fratrum, et occasione dotium matris quondam mei Ottonis et avie nostrorum predictorum Oberti et fratrum, et generale compromissum facimus in vobis tamquam in arbitros, arbitratores et amicabiles compositores et largas potestates a nobis super predictis sponte electos, dantes vobis, quilibet nostrum, liberam facultatem et bailiam ut super predictis possitis dicere, iure vel acordio, amicabili compositione, semel et pluries, die feriata vel non feriata, dato pignore bandi vel non dato, presentibus partibus vel absentibus, vel una presente et altera absente, dum tamen citata de iure vel amicabiliter, servato iuris ordine vel non servato, libello porrecto vel non porrecto, ita tamen quod super predictis debeatis pronuntiasse et sentenciasse, de iure vel acordio, usque ad proximas lialendas augusti, promittentes ad invicem inter nos vestrum servare arbitrium, sentenciam vel acordium quodcumque super predictis dixeritis, statueritis, sentenciaveritis seu pronunciaveritis, in scriptis vel sine scriptis. Alioquin, si per aliquem nostrum in predictis seu in aliquo predictorum fuerit contrafactum, libras centum denariorum ianuinorum, nomine pene, una pars alteri ad invicem dare et solvere promittimus, et quicquid dixeritis seu statueritis vel pronunciaveritis nichilominus in suo robore perseveret. Pro pena et predictis omnibus et singulis observandis universa bona nostra habita et habenda ad invicem unus alteri pigneri obligamus, iurantes insuper [n]os dicti Iohannes et Marinetus, tactis corporaliter Sacris Scripturis, ut supra dictum est attendere, compiere [et] observare et in aliquo predictorum non contrafacere vel venire, facientes hec omnia consilio Mau[ri] de Mauris et Conradi Mauri, quos nostros propinquos et consiliatores in hoc casu eligimus et appellamus, [co]nfitentes nos esse maiores. Insuper ego dictus Obertus promitto me facturum et curaturum quod dictus Iohannes firma et rata habebit omnia et singula supradicta et quicquid vos dicti arbitri super predictis pronunciaveritis et in aliquo predictorum non contraveniet aliqua occasione, sub dicta pena librarum centum. Actum in capitulo Vintimilii, presentibus testibus convocatis Guillelmo fornario, Guillelmo Rafa, Iohanne Fornario, Oberto Sagonensi, Raimundo Audeberto et Guillelmo Curlo maiore. Anno et indictione ut supra.

Atto n. 68
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Oberto Giudice e fratelli, da una parte, e Ottone Giudice, dall'altra.
Il giorno 14 giugno, prima della terza, noi Oberto Giudice, Giovanni e Marineto, fratelli e figli del defunto Raimondo Giudice, da una parte, e Otto Giudice, figlio del defunto Oberto Giudice, dall'altra, ci affidiamo a voi, Raimondo Giudice e Guglielmo Giudice, presenti, per qualsiasi controversia o disputa che sorge o potrebbe sorgere in relazione alla successione del defunto Oberto Giudice, padre di mio padre detto Otto e nonno dei nostri detti Oberto e fratelli, e in relazione alla successione di Obertino Giudice, fratello di mio padre detto Otto e zio dei nostri predetti Oberto e fratelli, e in relazione alla dote della madre del mio defunto padre Otto e nonna dei nostri predetti Oberto e fratelli, e facciamo un compromesso generale con voi come arbitri, conciliatori e pacificatori scelti spontaneamente da noi con ampi poteri sui suddetti, concedendovi, ciascuno di noi, la libertà e l'autorità di giudicare su tali questioni, secondo il diritto o l'accordo, la composizione amichevole, una o più volte, in un giorno festivo o non festivo, con la promessa di osservare reciprocamente la vostra decisione, sentenza o accordo su tali questioni, sia che sia pronunciato o deciso per iscritto o verbalmente, fino alla fine del mese di agosto prossimo venturo, rispettando l'ordine giuridico o non rispettandolo, mediante la presentazione di un ricorso o non, a condizione che siate tenuti a pronunciare e a sentenziare su tali questioni. In caso contrario, se qualcuno di noi viola quanto concordato, promettiamo di pagare una multa di cento lire genovine, una parte all'altra, come penale, e ci impegniamo a far rispettare e a mantenere in vigore la vostra decisione, sentenza o accordo su tali questioni, sia che sia pronunciato o deciso per iscritto o verbalmente. Inoltre, come garanzia per l'osservanza di tutte le suddette clausole, impegniamo tutti i nostri beni, presenti e futuri, come pegno reciproco, e giuriamo, toccando corporalmente le Sacre Scritture, di rispettare, osservare e non violare in alcun modo quanto concordato, avvalendoci del consiglio di Mauri de Mauris e di Conrado Mauri, nostri parenti e consiglieri in questo caso, riconoscendoci come adulti. Inoltre, io, il suddetto Oberto, prometto di fare in modo che il suddetto Giovanni abbia conferma e ratifica di tutto quanto sopra menzionato e di qualsiasi cosa gli arbitri sopra menzionati pronuncino riguardo alle questioni in oggetto e di non contravvenire in alcun modo a ciò, sotto la pena di cento lire. Redatto nel capitolo di Ventimiglia, in presenza dei testimoni convocati Guillelmo Fornario, Guillelmo Rafa, Giovanni Fornario, Oberto Sagonese, Raimondo Audeberto e Guillelmo Curlo maggiore. Nell'anno e nell'indizione sopra indicati.

Atto n.73 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

27 giugno 1259, Ventimiglia.
I fratelli Oberto Giudice, Giovanni e Marineto, figli del fu Raimondo Giudice di Ventimiglia, nominano Guglielmo Enrico loro procuratore perché li difenda nella causa che Margherita, moglie di Ottone Giudice di Ventimiglia, intende muovere contro di loro in Genova.

Die xxvii iunii, ante nonam. Nos Obertus Iudex, Iohannes et Marinetus, fratres et filii quondam Raimundi Iudicis de Vintimilio, facimus, constituimus et ordinamus Guillelmum Enricum, absentem, nostrum certum nuncium et procuratorem ad agendum, defendendum pro nobis et nostro nomine in causam vel causas quam vel quas contra nos movet seu movere intendit Margarita, uxor Ottonis Iudicis de Vintimilio, in Ianua, si de iure ibidem ei debemus respondere, et ad alegandum privilegia et conventiones nostras et ad omnia in predictis et circa predicta facienda que fuerint oportuna et que merita causarum postulant et requirunt, promittentes quilibet nostrum ratum et firmum [hab]iturum, sub ypotbeca et obligatione bonorum nostrorum, quicquid per dictum procuratorem fuerit factum seu procuratum in predictis et circa predicta et occasione predictorum. Relevantes ipsum ab omni satisdatione, promittimus tibi notario subscripto, recipienti nomine cuius vel quorum interest vel intererit, iudicatum solvi de omni eo quod in dicta causa seu causis nomine nostro fuerit condemnatus. Actum in capitulo Vintimilii, presentibus testibus domino Guillelmo Rubeo, iudice comunis eiusdem, Guillelmo Rafa et Guillelmo Maroso. Anno et indictione ut supra.

Atto n. 73
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
Il 27 giugno, prima della nona. Noi Oberto Giudice, Giovanni e Marineto, fratelli e figli del defunto Raimondo Giudice di Ventimiglia, facciamo, costituiamo e ordiniamo Guglielmo Enrico, assente, nostro fidato messaggero e procuratore per agire, difenderci per noi e in nostro nome nella causa o nelle cause che Margherita, moglie di Ottone Giudice di Ventimiglia, intende o intenderà fare contro di noi a Genova, se dobbiamo rispondere legalmente lì, e per sostenere i nostri privilegi e le nostre convenzioni e per fare tutto ciò che è necessario e richiesto dalle circostanze e dalle richieste delle cause, ciascuno di noi promettendo di ratificare e confermare saldamente, sotto ipoteca e obbligo dei nostri beni, tutto ciò che sarà fatto o procurato dal suddetto procuratore nei suddetti casi e in relazione ai suddetti casi. Liberandolo da qualsiasi richiesta di risarcimento, promettiamo di pagare al notaio sottoscritto, in nome di chiunque possa essere interessato, il giudizio per qualsiasi condanna sia stabilita nel nostro nome nella suddetta causa o cause. Fatto nel capitolo di Ventimiglia, presenti come testimoni il signor Guglielmo Rosso, giudice comune della stessa, Guglielmo Rafa e Guglielmo Maroso. Anno e indizione come sopra.

Atto n.75 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

1° luglio 1259, Ventimiglia.
Oberto Giudice di Ventimiglia del fu Raimondo Giudice nomina Guglielmo Calcia suo procuratore per la riscossione delle 80 lire di genovini che deve avere dal defunto Giraudo Travaca o sui beni del medesimo.

Ɑ Guillelmi Calcie.
Die prima iulii, post nonam. Ego Obertus Iudex de Vintimilio, fìlius quondam Raimundi Iudicis, fado, constituo et ordino te Guillelmum Caldani, presentem et recipientem, meum certum nundum et procuratorem ad petendum et recipiendum, in iudicio et extra, illas libras octuaginta denariorum ianuinorum, quas recipere debeo a Giraudo quondam Travacha sive in bonis ipsius, de quibus dico esse instrumentum factum manu Luce Caudelupi, et ad paciscendum de ipsis, et omnia demum facienda que tibi videbuntur melius expedire et que egomet melius possem, si essem presens, promittens quicquid feceris in predictis et circa predicta et occasione predictorum ratum et firmum habiturum, sub ypotbeca et obligatione omnium bonorum meorum, relevans te inde ab omni satisdatione. Actum in capitulo Vintimilii, presentibus testibus Rubaldo Raimundo, Vultabino de Vintimilio, Iohanne Bastono et Vatacio de Rapallo. Anno et indictione ut supra.

Atto n. 75
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Guglielmo Calce.
Primo luglio, dopo la nona. Io Oberto Giudice di Ventimiglia, figlio del defunto Raimondo Giudice, dichiaro, istituisco e nomino te Guglielmo Caldani, presente e ricevente, mio fidato negoziatore e procuratore per chiedere e ricevere, in giudizio e fuori, quelle ottanta lire di denari genovesi che devo ricevere da Giraudo fu Travacha o dai suoi beni, di cui dico che esiste un atto redatto dalla mano di Luca Caudelupi, e per contrattare in merito e infine fare tutto ciò che ti sembrerà più opportuno e che io stesso potrei fare se fossi presente, promettendo che qualsiasi cosa tu faccia in merito a quanto sopra e in relazione ad esso e in occasione di esso, sarà considerato valido e confermato, sotto pegno e obbligo di tutti i miei beni, liberandoti da qualsiasi risarcimento. Redatto nel capitolo di Ventimiglia, in presenza dei testimoni Rubaldo Raimondo, Vultabino di Ventimiglia, Giovanni Bastono e Vatacio di Rapallo. Nell'anno e nell'indizione sopra menzionati.

Atto n.88 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

5 agosto 1259, Ventimiglia.
Iacopo de Volta presenta a Giovanni Giudice del fu Raimondo Giudice una lettera dell'arcivescovo di Genova che gli intima di presentarsi al proprio cospetto per la questione relativa all'annullamento del suo matrimonio con Lorenzina del fu Oberto de Volta. Iacopo dichiara di non essere tenuto a presentarsi in Genova avendo contratto matrimonio in Ventimiglia ed essendo la moglie costretta a seguire il foro del marito.

Ɑ Laurencine, filie quondam Bertholoti de Volta.
Die v augusti, post nonam. Iacobus de Volta obtulit sive representavit Iohanni Iudici, fìlio quondam Raimundi Iudicis, litteras infrascriptas, sigillatas sigillo cere viridis, cuius sigilli superscriptio talis erat: « Sigillum curie archiepiscopi Ianuensis »; in medio dicti sigilli erat ymago episcopalis tenens in manibus pastoralem. Tenor dictarum litterarum talis erat: « Magister Henricus, vicarius domini archiepiscopi Ianuensis, discreto viro Iohanni Iudici, fìlio quondam Raimundi Iudicis de Vìntimilio, salutem et omnem bonum. Ex parte Laurencine, filie quondam Oberti de Volta, fuit piopositum coram nobis quod vos, eo tempore quo erat minor annis duodecim, contraxistis matrimonium de furto et sponsalia cum eadem; unde, cum ipsa in curia dicti domini archiepiscopi iam dudum solempniter iam renuntiaverit dictis sponsalibus et matrimonio et cum instancia a nobis petat dicta sponsalia et matrimonium non tenere et sibi dari licencia cum alio contrahendi, mandamus vobis quatenus, die quarta post harum presentationem, veniatis coram nobis, si vultis aliquid proponere contra earn seu in negotio supradicto; et si tunc non veneritis, ab inde aliorum dierum quatuor vobis secundum terminum constituimu[s]; et si in secundo termino non veneritis, ab inde aliorum dierum quatuor vobis tercium et peremptorium terminu[m] assignamus. Alioquin ex tunc in prefato negocio mediante iusticia procedemus, vestra absentia [non] obstante ». Ɑ Lectis quidem predictis litteris predicto Iohanni, respondit dicens quod non tenetur predicte Laure[n]cine in Ianua respondere cum dictum matrimonium fuerit contractum in Vìntimilio et mulier te[neatur] sequi forum mariti; et hoc similiter cavetur per conventionem habitam inter comune Ianue et comun[e] Vintimilii. Actum in platea Vintimilii, presentibus testibus Guillelmo Enrico, Raimundo Iudice et Guillelmo Iudice. Anno et indictione ut supra.

Atto n. 88
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Lorenzina, figlia del defunto Bertolotto di Volta.
Il 5 agosto, dopo la nona ora. Giacomo di Volta ha presentato o rappresentato a Giovanni Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice, la seguente lettera sigillata con il sigillo verde, il cui titolo era: “Sigillo del tribunale dell'arcivescovo di Genova”; al centro del sigillo c'era l'immagine di un vescovo che teneva un pastorale nelle mani. Il tenore della lettera era il seguente: “Maestro Enrico, vicario del signore arcivescovo di Genova, a Giovanni Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice di Ventimiglia, saluti e ogni bene. Da parte di Lorenzina, figlia del defunto Oberto di Volta, è stato presentato davanti a noi che voi, quando era minorenne di dodici anni, avete contratto matrimonio forzato e successivamente avete celebrato le nozze con lei; pertanto, poiché lei ha già da tempo rinunciato solennemente a tale sposalizio e matrimonio davanti al tribunale del suddetto signore arcivescovo e chiede con insistenza che tale sposalizio e matrimonio non siano validi e che le sia data la licenza di contrarre matrimonio con un altro, vi ordiniamo che, il quarto giorno dopo la presentazione di questa lettera, veniate da noi se volete proporre qualcosa contro di lei o in relazione alla questione suddetta; e se non verrete in quel giorno, vi concediamo un altro termine di quattro giorni; e se non verrete neanche al secondo termine, vi assegniamo un terzo e definitivo termine di quattro giorni. Altrimenti, in caso contrario, procederemo con la giustizia in relazione a questa questione, nonostante la vostra assenza”. Dopo aver letto la lettera, il suddetto Giovanni ha risposto dicendo che Lorenzina non è tenuta a rispondere a Genova poiché il matrimonio è stato contratto a Ventimiglia e la donna è tenuta a seguire il tribunale del marito; questo è anche stabilito in una convenzione tra il comune di Genova e il comune di Ventimiglia. Redatto in piazza a Ventimiglia, alla presenza dei testimoni Guglielmo Enrico, Raimondo Giudice e Guglielmo Giudice. Anno e indizione come sopra.

Atto n.121 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

7 novembre 1259, Ventimiglia.
Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice dichiara di aver ricevuto in mutuo da Vivaldo Murro la somma di 19 lire di genovini, che s'impegna a restituire entro quattro mesi.

Ɑ Vivaldi Murri.
Die vii novembris, post nonam. Ego Obertus Iudex, filius quondam Raimundi Iudicis, confiteor me habuisse et recepisse mutuo, gratis et amore a te Vivaldo Murro libras decem et novem denariorum ianuinorum, renuntians exceptioni non numerate pecunie, doli mali et conditione sine causa, quas libras decem et novem vel totidem in earum vice tibi vel tuo certo misso per me vel meum missum usque ad menses quatuor proxime venturos dare et solvere promitto. Alioquin penam dupli cum omnibus dampnis et expensis propterea factis et habitis tibi stipulanti dare et restituere spondeo, rato manente pacto, te credito de expensis et dampnis tuo solo verbo, sine .testibus, iuramento et aliqua demum probatione. Pro pena et predictis omnibus attendendis universa bona mea habita et habenda tibi pigneri obligo. Actum in castro Collis Vintimilii, presentibus testibus Ingeto Burono, Iacobo de Volta et Iacobo de Recho. Anno et indictione ut supra.

Atto n. 121
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Vivaldi Murri.
Il settimo giorno di novembre, dopo la nona. Io Oberto Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice, ammetto di aver ricevuto da te, Vivaldo Murro, a mutuo, gratuitamente e per amore, diciannove lire di denari genovesi. Rinuncio alle eccezioni di denaro non pagato, frode e condizioni senza motivo. Prometto di dare e di pagare a te o a un tuo fidato rappresentante da te designato, le stesse diciannove lire di Genova entro i prossimi quattro mesi, o di inviarle per mezzo mio o di un mio rappresentante. In caso contrario, mi impegno a pagare una multa del doppio insieme a tutti i danni e le spese che ne derivano, senza bisogno di testimoni, giuramenti o altre prove, accettando le spese e i danni come da te dichiarati. In caso di mancato pagamento, tutte le mie proprietà attuali e future sono impegnate come garanzia per te. Redatto nel castello di Colle Ventimiglia, con la presenza dei testimoni Ingetto Burone, Giacomo de Volta e Giacomo de Recho. Anno e indizione come sopra.

Atto n.153 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

6 gennaio 1260, Ventimiglia.
I fratelli Oberto Giudice, Giovanni e Marineto, figli del fu Raimondo Giudice, vendono a Rainaldo Bulferio del fu Rainaldo una pezza di terra, in parte coltivata a fichi e in parte lasciata a prato, situata nel territorio di Ventimiglia, in Vallebona, per il prezzo di 23 lire di genovini, di cui rilasciano quietanza.

Ɑ R[ainaldi] Bulferii.
Die vi ianuarii, post vesperas. Nos Obertus Iudex, Iohannes et Marinetus, fratres et fìlii quondam Raimundi Iudicis, quilibet nostrum in solidum, vendimus, cedimus et tradimus tibi Rainaldo Bulferio, filio quondam Rainaldi, peciam unam terre, partim arborate ficuum et partim gerbe, que iacet in territorio Vintimilii, in Valle Bona, cui coheret superius terra dicti emptoris et heredum Raimundi Fliconis, inferius terra dicti emptoris et terra beredum Iacobi Bulferii, ab uno latere terra dicti emptoris et heredum dicti Iacobi et ab alio Iatere terra dicti emptoris et terra monasterii Sancti Ampelii et heredum Ottonis Speroni, ad habendum, tenendum, possidendum et de cetero quicquid volueris faciendum iure proprietario et titillo emptionis, sine ornni nostra, heredum nostrorum omniumque personarum pro nobis contraditione, cum omni suo iure, ratione, actione [reali et] personali, utili et directo omnibusque demum superpositis et pertinenrìis suis, nichil ex his in nobis retento, finito precio librarum viginti trium denariorum ianuinorum, de quibus nos bene quietos et solutos voca[mus], renuntiantes exceptioni non numerate pecunie, precii non soluti, doli et conditioni sine causa et omni exc[eptioni]. Quod si dicta terra ultra dictum precium valet, id quod ultra est, seientes ipsius veram extim[ationem], tibi titulo donationis inter vivos donamus et finem tibi facimus et refutationem atque pactum de [non] petendo, renuntiantes legi deceptionis dupli et ultra. Possessionem insuper et dominium vel quasi de dicta [terra] tibi tradidisse confitemur, constituentes nos ipsam tuo nomine tenere et precario possidere [dum] possidebimus et ipsius possessionem sumpseris corporalem, promittentes de dicta terra nullam deince[ps] movere litem, actionem seu controversiam nec requisitionem facere, set potius ipsam tibi et h[eredibus] tuis per nos nostrosque beredes ab omni persona legittime defendere, auctorigare et disbrigare nostris expensis promittimus. Quod si non fecerimus et ut supra per singula non observ[a]verimus, penam dupli de quanto dicta terra nunc valet vel pro tempore meliorata valebit tibi stipulantibus dare et restituere promittimus, rata semper manente venditione. Pro pena et predictis omnibus et singulis observandis universa bona nostra habita et habenda tibi pigneri obligamus, et quisque nostrum in solidum de omnibus et singulis supradictis tibi teneatur, renuntiantes iuri solidi, iuri de principali primo conveniendo, epistule divi Adriani, benefìcio nove constitutionis de duobus reis debendi et omni iuri, alter pro altero ad invicem de omnibus supradictis nos constituentes, iurantes insuper nos dicti Iohannes et Marinetus omnia et singula supradicta, ut supra dictum est, attendere, compiere et observare et in aliquo non contravenire, et confitemur esse maiores annorum viginti, facientes omnia et singula supradicta consilio Guillelmi Enrici et Rainaldini Bulferii, filii quondam Raimundi, vicinorum et propinquorum nostrorum. Actum in capitulo Vintimilii, presentibus testibus convocatis et rogatis Fulcone Samore et dictis consiliatoribus. Anno dominice Nativitatis et indictione ut supra.

Atto n. 153
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Rinaldo Bulferio.
Il giorno 6 gennaio, dopo il vespro. Noi, Oberto Giudice, Giovanni e Marineto, fratelli e figli del defunto Raimondo Giudice, ciascuno di noi in solido, vendiamo, cediamo e trasferiamo a te, Rinaldo Bulferio, figlio del defunto Rinaldo, una porzione di terra, parte boschiva di fichi e parte coltivata, situata nel territorio di Ventimiglia, nella Valle Bona, confinante sopra con la terra del predetto acquirente e degli eredi di Raimondo Flicone, sotto con la terra del predetto acquirente e la terra degli eredi di Giacomo Bulferio, da un lato con la terra del predetto acquirente e degli eredi del suddetto Giacomo e dall'altro lato con la terra del monastero di Sant'Ampelio e degli eredi di Ottone Speroni, per avere, tenere, possedere e fare tutto ciò che vorrai in pieno diritto di proprietà e in virtù dell'atto di acquisto, senza alcuna obiezione da parte nostra, dei nostri eredi e di tutte le nostre persone, con tutti i suoi diritti, ragioni, azioni reali e personali, utilità e diritti associati, senza trattenere nulla di tutto ciò in noi, al prezzo convenuto di ventitré lire genovesi, di cui dichiariamo di esserne liberamente e completamente soddisfatti, rinunciando all'eccezione di denaro non conteggiato, prezzo non pagato, inganno e condizione senza causa e a ogni altra eccezione. Se la suddetta terra vale più del prezzo stabilito, tutto ciò che va oltre, essendo consapevoli del suo vero valore, te lo doniamo con atto di donazione tra vivi e poniamo fine ad ogni pretesa e accordo di non richiesta, rinunciando alla legge sul doppio inganno e oltre. Inoltre, confessiamo di averti consegnato il possesso e il dominio o quasi di detta terra, dichiarando di tenerla e possederla in nome tuo in precario finché la possederemo e di averne preso possesso fisico, promettendo che non solleveremo alcuna lite, azione o controversia né faremo richieste riguardo alla suddetta terra, ma piuttosto ti difenderemo, garantiremo e svincoleremo legalmente, a nostre spese, da ogni persona, noi e i nostri eredi. Se non adempieremo a ciò e se non osserveremo scrupolosamente quanto sopra in ogni dettaglio, promettiamo, concordando con te, di darti e restituirti una sanzione pari al ║ doppio del valore attuale o del valore futuro migliorato della suddetta terra, restando sempre valida la vendita. Come garanzia per la sanzione e tutto quanto sopra, impegniamo tutti i nostri beni presenti e futuri a te in pegno, e ciascuno di noi in solido è obbligato nei tuoi confronti per quanto sopra menzionato, rinunciando al principio della solidarietà, al diritto di adire il principale in primo luogo, all'epistola del divino Adriano, al beneficio della nuova costituzione sui debiti a due parti e a ogni diritto, costituendoci l'uno per l'altro reciprocamente riguardo a tutto quanto sopra menzionato. Inoltre, giuriamo che noi, Giovanni e Marineto, rispetteremo, eseguiremo e osserveremo tutto quanto sopra menzionato, come precedentemente dichiarato, e in nessun modo ci opporremo ad esso. Confessiamo di essere maggiorenni di vent'anni e di svolgere tutte e singole le sopracitate azioni con il consiglio di Guglielmo Enrico e Rinaldino Bulferio, figli del defunto Raimondo, nostri vicini e parenti. Redatto nel capitolo di Ventimiglia, in presenza dei testimoni convocati e richiesti, Fulcone Samore e dei suddetti consulenti. Nell'anno della Natività del Signore e nella suddetta indizione.

Atto n.156 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

29 dicembre 1259, Ventimiglia.
Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice diffida Ottone Giudice dal procedere, a nome della moglie Margherita, alla stima delle terre del fu Oberto Giudice. Ottone risponde che dette terre erano di proprietà di detto Oberto Giudice, che gli eredi del medesimo ne furono in possesso e che egli ricevette l'ordine di procedere alla stima da parte del capitano del popolo in Genova.

Die xxviiii decembris, circa vesperas. In presentia testium subscriptorum, Obertus Iudex, filius quondam Raimundi Iudicis, dixit et prot[estatus] fuit Ottoni Iudici quod ipse, nomine uxoris sue Margarite, non debeat se extimare in [...] terrarum venditanim, que fuerunt quondam Oberti Iudicis, sicut pronunciatum est per arbi[t]ros Guillelmum [...] Ottonem Bonebellam et dominum Iacobum de Burgaro cum eis. Qui Otto [I]udex pr dixit et respondit quod dicte terre, in qui[bu]s erat extimatus nomine dicte Margarite, sunt et fuerunt quondam dicti Oberti Iudicis et ipsas heredes ipsius tenuerunt et possiderunt, et quod in ipsis se dicto nomine extimaret habuit in mandatis a domino capitaneo populi in Ianua. Actum ante vineam Pinete que fuit Raimundi quondam Iudicis, presentibus testibus Guillelmo Francisco, Fulcone Gançerra et Pascale Clerico. Anno et indictione ut supra.

Atto n. 156
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
Il 29 dicembre, verso il vespro. In presenza dei testimoni sottoscritti, Oberto Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice, ha detto e contestato a Otto Giudice che egli, a nome della moglie Margarita, non doveva rappresentare …[omissis]… alla vendita di terre che un tempo appartenevano al defunto Oberto Giudice, come stabilito dagli arbitri Guglielmo …[omissis]… Otto Bonabella e il signore Iacopo de Burgaro con loro. Otto Giudice ha risposto che le terre in questione, per le quali era stato coinvolto a nome della suddetta Margarita, appartenevano ed erano appartenute al defunto Oberto Giudice e i suoi eredi le avevano tenute e possedute, e che egli era stato incaricato di rappresentare tale nome dal signore capitano del popolo a Genova. Redatto davanti alla vigna di Pineta che apparteneva al defunto Raimondo Giudice, in presenza dei testimoni Guglielmo Francisco, Fulco Ganzerra e Pascale Clerico. Anno e indizione come sopra.

Atto n.176 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

27 gennaio 1260, Ventimiglia.
Giovanni de Volta, che agisce a nome di Elia, vedova di Raimondo Sasso, da una parte, e Raimondo Giudice, tutore di Guglielmino del fu Raimondo Saonese, dall'altra, compromettono all'arbitrato di Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice la questione fra loro vertente per la somma di 40 lire di genovini rectamata da Elia.

[Die xx]cii ianuarii, post nonam. [Ego] Iohannes de Volta, ex una parte, et Raimundus Iudex, tutor Guillelmini, filii quondam Raimundi Sagonensis, [tutor] ipsius minoris, ex altera, compromittimus et generale compromissum facimus in te Obertum Iudicem, filium Rai[mundi] quondam Iudicis, tamquam in arbitrum, arbitratorem et amicabilem compositorem, a nobis sponte electum [stipulantem et] recipientem super causa seu lite quam ego dictus Iohannes movere spero tibi dicto Raimundo, nomine predicti [mi]noris, que talis est: “ Agii Iohannes de Volta, iure sibi cesso ab Helia, uxore quondam Raimundi Saxi, contra [Guill]elminum Sagonensem, heredem pro tercia quondam Willelmi Sagonensis, proavi sui, auctoritate Raimundi Iudicis, tutoris dicti Gui[llel]mini, et contra dictum Raimundum, nomine ipsius Guillelmini, et petit ab eo, dicto nomine, libras quadraginta [ianuinorum] pro dotibus diete Helie, que restant eidem Helie habende et solvende pro parte ipsi Guillelmino contingenti, ex libris tres[centis] ianuinorum dotium suarum. Hoc ideo quia dictus quondam Rainiundus Saxus et Guillelmus Sagonensis quondam confessi fuerunt [habuisse] et recepisse, et in veritate habuerunt et receperunt, a Manuele quondam comite pro dotibus Helie, filie sue [et uxoris tunc future] dicti Raimundi Saxi quondam, libras trescentas denariorum ianuinorum, quam dotem dicti Raimundus et Willelmus [promis]erunt quisque [ip]sorum in solidum, per se suosque heredes reddere et restituere, adveniente conditione diete dotis resti[tuen]de, Quar[e], cum inter dictos iugales matrimonium sit solutum, morte dicti quondam Raimundi, iam sunt anni decem et plus, et conditio [d]icte dotis restituende advene[rit], et dictus Guillelminus sit beres pro tercia quondam dicti Guillelmi Sagonensis, proavi sui, et diete libre quadragin[ta] restent habende et solvende diete Helie pro parte ipsi Guillelmino contingenti, quas reddere et restituere iniuste contradicit, et dictus Iohannes habet iura cessa a dicta Helia, socru [su]a, ideo dictus [Iohann]es agit et petit ut supra et omni iure quo melius potest, salvo iure adde[n]di et minue[ndi] et alterius peticionis faciende ”, dantes tibi liberam et generalem potestatem et bailiam super predicti[s] dicendi, statuendi, ordinandi et pronunciandi de iure vel amicabiliter, dato vel non dato pignore bandi, partibus presentibus vel absentibus, die feriato vel non feriato, stando vel sedendo, servato iuris ordine vel non servato, ita quod usque ad secundam diem dominicam proxime venientem per totam diem super predictis debeas quicquid volueris pronunciasse et statuisse, promittentes ad invicem inter nos vestrum servare arbitrium, sentenciam vel acordium quodcumque super predictis pronunciaveris sive statueris, sub pena librarum viginti quinque ianuinorum; qua commissa vel etiam exacta, que super predictis statueris nichilominus in suo robore perseverent. Pro predictis attendendis et observandis universa bona mei dicti Iohannis et bona dicti Guillelmini habita et habenda una pars alteri ad invicem inter nos pigneri obligamus. Actum in capitulo Vintimilii, presentibus domino Guilìelmino Rubeo, iudice dicti comunis, Aldebrando executore et Guidone Priore. Anno et indictione ut supra.

Atto n. 176
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
Il ventidue gennaio, dopo la nona. Io, Giovanni de Volta, da una parte, e Raimondo Giudice, tutore di Guglielmino, figlio del defunto Raimondo di Saone, suo tutelato, dall'altra parte, ci impegniamo e stipuliamo un compromesso generale con te, Oberto Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice, come arbitro, giudice e pacificatore amichevole, da noi scelto volontariamente, come parte che stipula e riceve, riguardo alla causa o lite che io, il suddetto Giovanni, spero di sollevare contro di te, detto Raimondo, in nome del suddetto minore, la quale è la seguente: “Io, Giovanni de Volta, in base al diritto che mi è stato ceduto da Elia, la defunta moglie di Raimondo di Saone, agisco contro Guglielmino di Saone, erede per la terza parte del defunto Guglielmino di Saone, suo bisnonno, con l'autorità di Raimondo Giudice, tutore del suddetto Guglielmino, e contro il suddetto Raimondo, in nome di Guglielmino, e gli chiedo, in tale nome, quaranta lire genovesi per la dote della suddetta Elia, che spettano ancora ad Elia e devono essere pagate a lei per la parte che spetta a Guglielmino, dalle trecento lire genovesi delle sue doti. Questo perché il suddetto Raimondo di Saone e il defunto Guglielmino di Saone hanno confessato di aver ricevuto e effettivamente avuto, e in verità hanno avuto e ricevuto, dalle mani di Manuele, il defunto conte, per le doti di Elia, sua figlia e futura moglie del suddetto Raimondo di Saone, trecento lire genovesi, che sia Raimondo che Guglielmino hanno promesso di restituire, ciascuno di loro per intero, per sé e per i loro eredi, al verificarsi della condizione di restituzione della suddetta dote. Poiché il matrimonio tra i suddetti coniugi è stato sciolto con la morte del suddetto Raimondo, sono già passati più di dieci anni e la condizione di restituzione della suddetta dote è giunta, e il suddetto Guglielmino è l'erede per la terza parte del defunto Guglielmino di Saone, suo bisnonno, e le suddette quaranta lire restano ancora da dare e pagare alla suddetta Elia per la parte che spetta a Guglielmino, che ingiustamente rifiuta di restituire. E il suddetto Giovanni ha diritti ceduti dalla suddetta Elia, sua suocera, quindi il suddetto Giovanni agisce e chiede come sopra e con ogni diritto che può vantare, salvo il diritto di aggiungere e diminuire e di avanzare altre richieste”, dandoti piena e generale potestà e autorità di parlare, stabilire, ordinare e pronunciare in base al diritto o amichevolmente, con o senza l'impegno di garanzia pubblica, in presenza o assenza delle parti, in giorno festivo o non festivo, stando o sedendo, osservando l'ordine giuridico o non osservandolo, in modo che entro il secondo giorno domenicale successivo tu possa pronunciare e stabilire su quanto desideri per l'intera giornata, promettendo reciprocamente di rispettare il tuo arbitrato, sentenza o accordo su tutto quanto pronuncerai o stabilirai riguardo a quanto sopra, sotto pena di venticinque lire genovesi; una volta emanata o anche richiesta, le disposizioni che stabilisci su quanto sopra devono comunque rimanere valide nella loro piena efficacia. Per quanto riguarda l'osservanza e l'adempimento delle suddette disposizioni, impegniamo reciprocamente tutti i nostri beni, sia io, il suddetto Giovanni, che i beni del suddetto Guglielmino. Fatto nel capitolo di Ventimiglia, in presenza del signor Guglielmino Rubino, giudice del suddetto comune, Aldobrando esecutore e Guidone priore. Nell'anno e nell'indizione come sopra.

Atto n.177 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

29 gennaio 1260, Ventimiglia.
Giovanni Giudice del fu Raimondo Giudice vende al fratello Oberto tutte le terre e tutti i diritti che possiede nel territorio di Ventimiglia, pro indiviso con lo stesso Oberto e con il fratello Marineto, per il prezzo complessivo di 200 lire di genovini, di cui rilascia quietanza.

Die xxviiii ianuarii, ante vesperas. Ego Iohannes Iudex, filius quondam Raimundi Iudicis, vendo, cedo et trado vel quasi tibi Oberto Iudici, fratri meo, [omnes terras] et omnia iura, rationes et actiones, reales et personales, utiles et directas, mixtas et rei persecutorias, que [et] quas visus sum habere in territorio Vintimilii, pro indiviso tecum et Marineto, fratre nostro, tam in inmobilibus quam in mobilibus, et specialiter in terris et possessionibus subscriptis, agregatis et non agregatis, cultis [et in] cultis: videlicet in valle Vervoni, a molendino de Podio Rainaldo infra et a Çuncho infra et a ca vihi et Banchi usque ad fossatum Vervonis et usque ad Roccam de Alma Antiqua, et id quod visus sum [habere] ad collam Luparie et in gerbo montis Manli, cui gerbo coheret superius serrum, inferius terra Raimundi de [Briga]; item ad Guisurfos, in peda una terre, cui coheret superius terra Oberti Gençane, inferius terra Oberti Barbax[ore; item] ad Pinetam, in vinea et in gerbo atque domo, quibus coheret superius via, inferius litus maris et ab uno [latere] ; item in Pascherio, in orto, cui coheret superius via, inferius terra Guillelmi Marosi et a latere heredes quondam [Willelmi] Calcie, sive in predictis omnibus alie sint coherencie; item partem mihi contingentem in casalibus que visi sumus habere simul in Vin[timilio] et in pedagio, ripa, anchis, lombolis et in molendinis factis et faciendis in Pascherio Vintimilii; item in [feudis] quod debeo recipere et habeo in comuni Ianue, videlicet soldos quadraginta ianuinorum annuatim. Item omnia [iura que] pervenire possent vel pervenerint aliquae occasione in districtu Vintimilii et in Ianua occasione successionis patris nostri quondam Raimundi Iudicis et matris nostre quondam Sibilie et avi nostri quondam Oberti Iudicis et amite nostre Iacobe, filie dicti Oberti, ad habendum, tenendum, possidendum et de cetero quicquid volueris iure proprietario et titulo [em]ptionis faciendum, nichil ex predictis in me retento, finito precio librarum ducentarum [ianuinorum], de quibus [me bene] Il quietum et solutum voco, renuntians exceptioni non n[umera]te seu recepte pec[un]íe et omni exceptioni mihi competenti et competiture. Quod si ultra dictum precium valent, s[cie]ns ipsarum veram extim[a]tionem, id quod ultra valent tibi mera et pura donatione inter vivos dono et finem inde tibi fa[ci]o et refutacionem a[tq]ue pactum de non petendo, renuntians legi deceptionis dupli et ultra et legi dicenti donation[em] ultra quingentos a[u]reos non valere nisi actis fuerit insinuata. Possessionem insuper et dominium vel quasi predictarum [tibi tradid]isse conf[it]eor, constituens me ipsas tuo nomine tenere et precario possidere dum possidebo vel ipsarum possessionem sumpseris cor[po]ralem, promittens de predictis nullam deinceps movere litem, actionem seu controversiam nec requisitionem f[acer]e, set potius ipsas ab omni persona legittime defendere, auctorigare et disbrigare meis expensis promitto. Alioquin penam dupli de quanto et quotiens contrafieret cum omnibus dampnis et expensis propterea factis et habitis tibi dare et restituere promitto, rato manente pacto. Pro dupla evictione et pena et predictis omnibus et singulis observandis universa bona mea habita et habenda tibi pigneri obligo. Confiteor me esse maiorem annorum viginti duorum, iurans insuper, corporaliter tactis Sacris Scriptum, ut supra dictum est attendere, compiere et observare et non contravenire, faciens omnia consilio Ardiçonis Iudicis et Guiranni Tende1, propinquorum et vidnorum meorum. Actum in domo Manfredi de Langasco, qua habitat dictus Obertus, presentibus testibus togatis Fulcone Vienna et dictis consiliatoribus. Anno et indictione ut supra.

Ɑ Millesimo cclxi, indictione tercia, die xxi ianuarii, post terciam, in capitulo Vintimilii, presentibus testibus Raimundo Iudice, Iliono Conrado et Iohanne Cavugio notario, cassata volúntate parcium.

Atto n. 177
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.


1 Da notare che Giovanni indica Guglielmo Tenda come un suo parente. Non sappiamo tutavia in che termini. Potrebbe avere sposato una Giudice ma non sappiamo quale.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
Il 29 gennaio, prima del vespro. Io, Giovanni Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice, vendo, cedo e trasferisco, o quasi, a te, Oberto Giudice, mio fratello, tutte le terre e tutti i diritti, ragioni e azioni, reali e personali, utili e diretti, misti e di persecuzione, che mi risulta di possedere nel territorio di Ventimiglia, in comunione con te e nostro fratello Marineto, sia in beni immobili che mobili, e specificamente nelle seguenti terre e proprietà, aggregate e non aggregate, coltivate e non coltivate: vale a dire nella valle di Vervoni, dal mulino di Podio Rainaldo verso l'interno, da Zunchi verso l'interno, dalla ca … via e Banchi fino al fossato di Vervoni e fino alla Rocca dell'Anima Antica, e ciò che mi risulta di possedere al collo di Luparie e nel campo del monte Manli, col cui campo confina sopra con il bosco, sotto con la terra di Raimondo di Briga; allo stesso modo a Guisurfos, in una parte di terra, con cui confina sopra con la terra di Oberto Genzane, sotto con la terra di Oberto Barbasso…; allo stesso modo a Pineta, nella vigna e nel campo e nella casa, con cui confina sopra con la strada, sotto con la riva del mare e da un lato…; allo stesso modo a Pascherio, nell'orto, con cui confina sopra con la strada, sotto con la terra di Guglielmo Marosi e lateralmente con gli eredi del defunto Guglielmo Calcie, o in tutto ciò che riguarda le predette proprietà; allo stesso modo la mia parte che mi spetta nelle case che ci risulta possedere insieme a Ventimiglia e nel pedaggio, lungo la riva, negli annessi, nelle spese e nei mulini costruiti e da costruire a Pascherio di Ventimiglia; allo stesso modo nei feudi che devo ricevere e ho nel comune di Genova, vale a dire quaranta soldi genovesi all'anno. Inoltre, cedo a te tutti i diritti che potrebbero pervenirmi o siano pervenuti nel distretto di Ventimiglia e a Genova a seguito dell'eredità del nostro defunto padre Raimondo Giudice, della nostra defunta madre Sibilla e del nostro defunto nonno Oberto Giudice, nonché della nostra zia Iacopa, figlia del suddetto Oberto, per avere, tenere, possedere e fare tutto ciò che desideri secondo diritto di proprietà e titolo di acquisto, senza trattenere nulla di quanto sopra, previo pagamento del prezzo di duecento lire genovesi, di cui mi dichiaro ben quieto e soddisfatto, rinunciando all'eccezione di denaro non contato o ricevuto e a ogni eccezione che mi spetti o possa spettarmi. Se il valore supera il suddetto prezzo, essendo a conoscenza della reale stima di esso, ciò che supera ti dono con pura e semplice donazione tra vivi e ne pongo fine e rinuncia, nonché patto di non richiesta, rinunciando alla legge della duplicazione nell'atto di donazione e alla legge che afferma che la donazione superiore a cinquecento aurei non è valida se non è stata sottoscritta. Inoltre, riconosco di averti consegnato il possesso e la proprietà o quasi delle suddette cose, nominando te a tenerle e possederle precariamente nel tuo nome finché le possiederò o tu ne avrai preso possesso fisicamente, promettendo di non sollevare ulteriori controversie, azioni o questioni in merito a quanto sopra, ma piuttosto di difendere, autorizzare e liberare legittimamente da ogni altra persona a mie spese. Altrimenti, prometto di pagare e restituire a te la pena del doppio di qualsiasi violazione commessa, insieme a tutti i danni e le spese ad essa correlati, mantenendo fermo il patto. Per la doppia evizione e la pena e per l'osservanza di tutto quanto sopra, impego come pegno tutti i miei beni presenti e futuri a te. Confesso di avere più di ventidue anni, giuro inoltre, toccando fisicamente le Sacre Scritture, di attenersi, compiere e osservare quanto sopra e di non andare contro, facendo tutto sotto il consiglio di Ardizzone Giudice e di Guglielmo Tenda, miei parenti e testimoni. Fatto nella casa di Manfredo de Langasco, dove risiede il suddetto Oberto, in presenza dei testimoni in abito togato Fulcone Vienna e dei suddetti consiglieri. Anno e indizione come sopra indicati.
Nell'anno 1261, terza indizione, il 21 gennaio, dopo terza, nel capitolo di Ventimiglia, in presenza dei testimoni Raimondo Giudice, Ilione Corrado e Giovanni Cavugio, con il consenso delle parti revocato.

Atto n.182 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

4 febbraio 1260, Ventimiglia.
Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice, arbitro nella qustione vertente fra Giovanni de Volta, che agisce a nome di Elia, vedova di Raimondo Sasso, da una parte, e Raimondo Giudice, tutore di Guglielmino del fu Raimondo Saonese, che agisce a nome del minore, dall'altra, sentenzia che Raimondo Giudice paghi a Giovanni la somma di 6 lire di genovini e che Giovanni non rechi più molestia a Raimondo o a Guglielmino.

Ɑ Iohannis de Volta et Raimundi Iudicis.
Die iiii februarii, ante vesperas. Super questione que vertitur seu verti sperabatur in [ter] Iohannem de Volta, ex [u]na parte, et Raimundum Iudicem, tutorem Guillelmini, fitti quondam Raimundi Sagonensis, nomine [ip]sius minoris, ex altera, super petidone tali: “ Agit Iohannes de Volta, iure sibi cesso ab Helia, uxore quondam Raimundi Sax[i], contra Guillelminum Sag[onensem], heredem pro tercia quondam GuiUelmi Sagonensis, proavi sui, auctoritate Raimundi Iudicis, tutoris dicti Guillelmini, [et contra] dictum Raimun[du]m, nomine ipsius Guillelmini, et petit ab eo, dicto nomine, libras quadraginta ianuinorum pro dotibus diete Helie, [que] restant eidem [H]elie habende et solvende pro parte ipsi Guillelmino contingenti, ex libris trecentis ianuinorum dotìum suarum. Hoc ideo quia [d]ictus quondam Raimundus Saxus et Guillelmus Sagonensis quondam confessi fuerunt se habuisse et recepisse, et in [v]eritate habu[erun]t et receperunt, a Manuele quondam comite pro dotibus Helie, filie sue et uxoris tunc future dicti R[a]imundi Saxi quondam, libras trecentas denariorum ianuinorum, quam dotem dicti Raimundus et Guillelmus promiserunt, quisque eorum in solidum, per se suosque heredes recidere et restituere, adveniente conditione diete dotis restituende. Quare, cum inter dictos iugales matrimonium sit solutum, morte dicti quondam Raimundi, iam sunt anni decem et plus, et conditio diete dotis restituende advenerit, et dictus Guillelminus sit beres pro tercia quondam dicti Guillelmi Sagonensis, proavi sui, et diete libre quadraginta restent habende et solvende diete Helie pro parte ipsi Willelmino contingenti, quas reddere et restituere iniuste contradicit, et dictus Iobannes habet iura cessa a dicta Helia, socru sua, ideo dictus Iohannes agit et petit ut supra et omni iure quo melius (potest), salvo iure addendi et minuendi et alterius peticionis faciende ”, ego Obertus Iudex, filius quondam Raimundi Iudicis, arbiter super dicta questione a dictis partibus sponte electus, ut in compromisso inde facto manu Iohannis de Mandolexio, notarii subscripti, die xxvii ianuarii proxime preteriti continetur, volens ipsas partes pocius in amicicia quam in lite permanere, dico et pronuncio in scriptis quod ipse Raimundus dicto nomine solvat et solvere teneatur dicto Iohanni, occasione prescritta, libras sex ad presens et dictus Iohannes, occasione predicta, deinceps, nec aliqua alia occasione hucusque acta, dicto Raimundo, nomine dicti Guillelmini, seu dicto Guillelmino petere [non] debeat aliquid nec ipsum molestare, sub pena in compromisso apposita. Item quod dictus Raimundus, nomine dicti ‘Willelmini, [nec] ipse Guillelminus, occasione predicta nec aliqua alia occasione hucusque acta, deinceps non debeat ipsi petere aliquid nec ipsum [I]ohannem seu aliquam aliam personam pro eo molestare. Et sic iubeo a dictis partibus inviolabiliter observari, sub dicta pena. [Actum in] ecclesia Sancte Marie de Ventimilio, presentibus testibus presbitero Ottone, Guiranno Tenda et Seestro clerico. Anno et indictione [ut] supra.
Ɑ Facta est pro dicto Raimundo. S. quisque s. ii.

Atto n. 182
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Giovanni de Volta e Raimondo Giudice.
Il giorno 4 febbraio, prima del vespro. Sulla questione in discussione o che si sperava riguardasse Giovanni de Volta da una parte e Raimondo Giudice, tutore di Guglielmino, figlio del defunto Raimondo di Sagona, dall'altra, sulla seguente richiesta: “Giovanni de Volta agisce, in virtù di un diritto che gli è stato ceduto da Elia, moglie del defunto Raimondo di Sasso, contro Guglielmino di Sagona, erede di un terzo del defunto Guglielmino di Sagona, suo avo, con l'autorità di Raimondo Giudice, tutore del suddetto Guglielmino, e contro il suddetto Raimondo, in nome del suddetto Guglielmino, e chiede a lui, in detto nome, 40 lire genovini per la dote della suddetta Elia, che spettano ancora alla stessa Elia da ricevere e pagare per la parte che spetta a Guglielmino, dalle 300 lire genovine della sua dote. Questo perché il suddetto Raimondo di Sasso e Guglielmino di Sagona hanno confessato di aver ricevuto e incassato, e in verità hanno avuto e incassato, da Manuele, defunto conte, per la dote di Elia, sua figlia e futura moglie del suddetto Raimondo di Sasso, 300 lire denari genovesi, che il suddetto Raimondo e Guglielmino hanno promesso, ciascuno per intero, di restituire e rimborsare, in caso di restituzione della suddetta dote. Pertanto, dato che il matrimonio tra i suddetti coniugi è stato sciolto con la morte del defunto Raimondo, sono passati oltre dieci anni e la condizione di restituzione della suddetta dote è maturata, e il suddetto Guglielmino è erede di un terzo del defunto Guglielmino di Sagona, suo avo, e le suddette 40 lire restano da ricevere e pagare alla suddetta Elia per la parte che spetta al suddetto Guglielmino, che ingiustamente rifiuta di restituire e rimborsare, e il suddetto Giovanni ha diritti ceduti dalla suddetta Elia, sua suocera, pertanto il suddetto Giovanni agisce e chiede come sopra e con ogni diritto che meglio può, salvo il diritto di aggiungere e ridurre e fare altre richieste”, io Oberto Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice, arbitro sulla suddetta questione scelto di comune accordo dalle suddette parti, come indicato nell'accordo scritto fatto dalla mano di Giovanni di Amandolesio, notaio sottoscritto, datato il 27 gennaio scorso, desiderando che le stesse parti rimangano piuttosto in amicizia che in lite, dico e pronuncio per iscritto che il suddetto Raimondo in detto nome deve pagare e sarà obbligato a pagare al suddetto Giovanni, per la ragione indicata, sei lire al momento presente e il suddetto Giovanni, per la suddetta ragione e nessun'altra ragione fino ad oggi presentata, non deve richiedere nulla al suddetto Raimondo in nome del suddetto Guglielmino né disturbarlo in alcun modo, sotto la pena indicata nell'accordo. Inoltre, il suddetto Raimondo in nome del suddetto Guglielmino né il suddetto Guglielmino, per la suddetta ragione e nessun'altra ragione fino ad oggi presentata, non devono richiedere nulla a lui né disturbare il suddetto Giovanni o qualsiasi altra persona per conto suo. E così ordino che sia osservato inviolabilmente dalle suddette parti, sotto la suddetta pena. Redatto nella chiesa di Santa Maria di Venntimiglia, con la presenza dei testimoni il prete Ottone, Guiranno Tenda e il chierico Seestro. Anno e indizione come sopra.
Redatto per il suddetto Raimondo. Ciascuno ha pagato due soldi.

Atto n.207 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

14 marzo 1260, Ventimiglia.
Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice dichiara di aver avuto da Raimondo Curlo l'atto relativo alla somma di 100 lire di genovini, che il Curlo gli doveva consegnare entro il precedente 1° marzo.

Ɑ Raimun[di] Curli.
Die xiiii marcii, post nonam. Ego Obertus Iudex, filius quondam Raim[un]di Iudicis, confiteor tibi [R]aimundo Curlo habuisse et recepisse a te instrumentum illud librarum centum quod mi[hi] dare et consigna[re] tenebaris usque ad halendas marcii proxime preteritas, ut per instrumentum inde factum manu M[at]hei de Predono, cu[rrente] millesimo cclviiii, indictione prima, die x madii, inter nonam et vesperas; quod inst[rumentu]m librarum cen[t]um factum fuit manu Iacobi Trabuci, currente millesimo cclvii, die iiii aprilis, indictione quin[ta] decima. Et ip[sum] ad dictum terminum halendarum marcii confiteor integre habuisse, promittens de ipso vel occasione [i]psius adversus te vel aliquam aliam personam pro te nullam deinceps movere litem, actionem seu controversiam nec requisitionem facere, sub pena dupli de quanto contrafieret et obligatione bonorum meorum. Actum in capitulo Vintimilii, presentibus testibus Petro de Clavica notario, Oberto Vitale et Aldebrando executore.
Anno et indictione ut supra.

Atto n. 207
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Raimondo Curlo.
Il giorno 14 marzo, dopo la nona. Io Oberto Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice, riconosco che tu, Raimondo Curlo, hai avuto e ricevuto da me la somma di cento lire, che eri tenuto a darmi e consegnarmi entro la fine di marzo scorso, come indicato nell'atto fatto dalla mano di Matteo di Predono, nell'anno 1259 dell'era corrente, nella prima indizione, il giorno 10 maggio, tra la nona e il vespro; che tale atto delle cento lire fu fatto dalla mano di Giacomo Trabuci, nell'anno 1257 dell'era corrente, il giorno 4 aprile, nella quindicesima indizione. E riconosco di averlo ricevuto integralmente entro la suddetta scadenza di fine marzo, promettendo che non solleverò alcuna controversia, azione o richiesta nei confronti tuoi o di qualsiasi altra persona per tuo conto, né in relazione ad esso o a causa di esso, sotto la pena del doppio di quanto infrangerei e con l'obbligo dei miei beni. Fatto nel capitolo di Ventimiglia, con la presenza dei testimoni Pietro di Clavica notaio, Oberto Vitale e Aldebrando esecutore.
Anno e indizione come sopra.

Atto n.219 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

22 aprile 1260, Ventimiglia.
Testamento di Aldina del fu Raimondo Giudice.

Die xxii aprilis, post sonum campanarum. † Ego Aldina, filia quondam Raimundi Iudicis, sane mentis, eger tamen corporis, timens iudicum Dei et ne decedam intestate, de bonis meis mobilibus et immobilibus talem facio dispositionem. In primis, si me contingerit de hac egretudine mori, iubeo corpus meum sepeliri apud ecclesiam Sancti Francischi Fratrum Minorum, cui ecclesie lego, pro sepultura mea, soldos viginti. Item ecclesie Sancte Marie, pro missis canendis, soldos viginti. Item operi pont[is] Vintimilii soldos quinque. Item operi ecclesie Sancti [Mi]chaelis soldos quinque. Item confiteor me habuisse a Vivaldo Murro de non recto lucro soldos decem, quos volo eidem dari et restitui, et ultra omne id quod ab eo recipere debeam ultra libras quatuor[de]cim et soldos quindecim. Item volo et iubeo quod non petatur nec possit peti aliquid ab aliqua persona Oberto [Iu]dici, fratri meo, quod ab eo recipere deberem, set volo quod ei debeat remanere pro parte sua, hoc est pro suo tercio. [Rel]liquorum bonorum meorum mihi heredem instituo Iacobum virum meum. Et hec est mea ultima voluntas que, si non valet iure testamenti, saltem iure codicilli vel alterius ultime voluntatis obtineat fimitatem. Actum in castro Collis Vintimilii, presetibus testibus rogatis Nicolao Vicecomite, Ianono calegario, Guillelmo de Vultabio, Iacobo de Recho, Lanfranco Malocello, Enrico Guercio, Lanfranco de Langasco et Guillelmo barberio de Clavaro.
Anno et indictione ut supra.

Atto n. 219
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
Il giorno 22 aprile, dopo il suono delle campane. † Io Aldina, figlia del defunto Raimondo Giudice, sana di mente, sebbene malata di corpo, temendo il giudizio di Dio e di morire intestata, faccio la seguente disposizione dei miei beni mobili e immobili. In primo luogo, se mi capitasse di morire a causa di questa malattia, ordino che il mio corpo venga sepolto presso la chiesa di San Francesco dei Frati Minori, alla quale lascio, per la mia sepoltura, venti soldi. Allo stesso modo, alla chiesa di Santa Maria, per la celebrazione di messe, venti soldi. ║ All'opera del ponte di Ventimiglia, cinque soldi. All'opera della chiesa di San Michele, cinque soldi. Riconosco di aver ricevuto da Vivaldo Murro un importo di dieci soldi, che desidero siano dati e restituiti a lui, oltre a tutto ciò che dovrei ricevere da lui oltre quattordici lire e quindici soldi. Inoltre, desidero e ordino che nulla possa essere richiesto o reclamato a Oberto Giudice, mio fratello, che dovrebbe ricevere da lui, ma desidero che rimanga a lui per la sua parte, ovvero per un terzo. Designo mio marito Giacomo come erede dei miei rimanenti beni. Questa è la mia ultima volontà che, se non è valida come testamento, almeno ottenga validità come codicillo o qualsiasi altra ultima volontà. Fatto nel castello di Colla di Ventimiglia, con la presenza dei testimoni chiamati Nicolò Vicecomite, Giano calegario, Guglielmo di Voltaggio, Giacomo di Recco, Lanfranco Malocello, Enrico Guercio, Lanfranco di Langasco e Guglielmo barbiere di Clavaro.
Anno e indizione come sopra.

Atto n.238 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

6 maggio 1260, Ventimiglia.
Corradino de Castro del fu Fulchino, anche a nome dei fratelli, dei quali è procuratore, cede ad Oberto Giudice del defunto Raimondo Giudice di Ventimiglia tutti i diritti che gli competono sui beni del defunto Guglielmo Saonese del fu Guglielmo Saonese, in ragione della somma di 6 lire di genovini, che il detto Guglielmo, insieme a Rubaldo Balbo, doveva versare a Fulchino.

Ɑ Oberti Iud[icis]
Die vi madii, ante nonam. Ego Conradinus de Castro, filius quondam Fulchini, nomine meo et nomine fratrum meorum quorum sum procurator, ut dico, do, cedo et trado tibi Oberti Iudici, filio quondam Raimundi Iudicis de Vintimilio, et in te omnia iura et actiones que et quas habeo, cum dictis fratribus meis et visi sumus habere in bonis quondam Guillelmi Sagonensis, filii quondam Guillelmi Sagonensis, occasione librarum sex ianuinorum, quas dictus quondam Guillelmus dare tenebatur, una in solidum cum Rubaldo Balbo, dicto Fulchino, patri meo, secundum quod patet per publicum instrumentum inde factum manu Balduini de Predono notarli, currente millesimo ccxxxv, die vii marcii, post nonam, dans et concedens tibi, nomine meo et dictorum fratrum meorum, quod de predictis iuribus et actionibus tamquam dominus illarum, in iudicio et extra, possis agere et petere et experiri et omnia demum facere sicut egomet cum dictis fratribus meis melius unquam potui, co[nsti]tuens te in predictis ut in rem tuam procuratorem. Predictam quidem cessionem tibi facio quia de predictis [libris] sex mihi post hanc cessionem a te confìteor integre fore satisfactum, renuntians exceptioni non habite [seu] recepte satisfactionis et omni iuri. Actum in platea Vintimilii, presentibus testibus Rainaldo Bulferio mai[ori] et Marsiliensi.
Anno et indictione ut supra.

Atto n. 238
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Oberto Giudice.
Il giorno 6 maggio, prima della nona. Io Corradino del Castello, figlio del defunto Folco, in mio nome e in nome dei miei fratelli di cui sono procuratore, do, cedo e trasferisco a te Oberto Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice di Ventimiglia, tutti i diritti e le azioni che ho, insieme ai suddetti miei fratelli e che siamo stati visti avere sui beni del defunto Guglielmo Sagonense, figlio del defunto Guglielmo Sagonense, a causa delle sei lire genovesi che il suddetto defunto Guglielmo doveva dare, in solido con Rubaldo Balbo, detto Folco, mio padre, come risulta da un atto pubblico fatto per mano di Baldovino de Predono, notaio, nel corso dell'anno 1235, il giorno 7 marzo, dopo la nona, dandoti e concedendoti, in mio nome e in nome dei suddetti miei fratelli, il potere di agire, richiedere e perseguire nei suddetti diritti e azioni come loro legittimo possessore, in giudizio e al di fuori di esso, e infine di fare tutto ciò che io stesso, insieme ai suddetti miei fratelli, avrei potuto fare al meglio, costituendoti in tali questioni come il mio procuratore. Effettuo questa cessione a te in quanto dichiaro di essere completamente soddisfatto delle suddette sei lire da parte tua dopo questa cessione, rinunciando a qualsiasi eccezione di mancata o ricevuta soddisfazione e a qualsiasi diritto. Redatto nella piazza di Ventimiglia, in presenza dei testimoni Rinaldo Bulferio, sindaco, e Marsilio.
Anno e indizione come sopra.

Atto n.256 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

4 giugno 1260, Ventimiglia.
Iacopo del fu Ingone de Volta dichiara di aver ricevuto dalla moglie Aldina del fu Raimondo Giudice la somma di 150 lire di genovini in pagamento della dote e le dona la somma di 100 lire nomine antefacti.

[Ɑ] Aldine, uxoris Iacobi de Volta.
Die iiii iunii, postnonam. Ego Iacobus, filius quondam Ingonis de Volta, confiteor me habuisse et recepisse, et in veritate habui et recepi, a te Aldina, uxore mea et filia quondam Raimundi Iudicis de Vintimilio, libras centum quinquaginta ianuinorum pro dotibus et nomine dotium tuarum, renuntians exceptioni non numerate pecunie et dotis non habite et omni alii exceptioni mihi competenti et competiture; et facio tibi libras centum ianuinorum nomine antefacti in bonis meis habitis et habendis. Quas quidem libras centum quinquaginta nomine dotium tuarum vel totidem pro ipsis promitto et convenio tibi reddere et consignare, per me et heredes meos, tibi vel heredibus tuis, cum conditio reddende dotis advenerit, de iure vel de facto, infra tres menses, in omnibus bonis meis, cum expensis habitis et habendis quas feceris pro dictis dotibus exigendis, quibus malueris eligendis, et etiam antefactum, omni consuetudine et capitulis abiectis, possis deducere in bonis meis que malueris eligendis, sub pena dupli et obligatione bonorum meorum. Pro dictis dotibus et antefacto et expensis et pena omnia bona mea babita et babenda tibi pigneri obligo, ratis semper manentibus omnibus et singulis supradictis, ita quod antefacto debeas uti, frui et habere secundum mores et capituia Ianue civitatis et ipsum habere ad proprium de iure et de facto quando conditio vendicabit sibi locum, secundum quod edocent capituia civitatis Ianue, renuntians privilegio fori et generaliter omni legum et capitulorum auxilio quibus contravenire possem. Actum in castro Colle Vintimilii, presentibus testibus rogatis Ruffino Testadoro, Guauterio de Runcho, domino Gaialdo iudice de Rapallo et Enrico de Recho. Anno et indictione ut supra.

Atto n. 256
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
Ad Aldina, moglie di Jacopo de Volta.
Il giorno 4 giugno, dopo la nona. Io, Jacopo, figlio del defunto Ingo de Volta, riconosco di aver ricevuto da te, Aldina, mia moglie e figlia del defunto Raimondo Giudice di Ventimiglia, la somma di centocinquanta lire genovesi come dote e in nome delle tue doti, rinunciando a eccezioni di denaro non contato e di dote non data, nonché a qualsiasi altra eccezione che mi spetti o potrebbe spettarmi; e ti accordo cento lire genovesi in nome di quanto sopra menzionato, provenienti dai miei beni presenti e futuri. Prometto e mi impegno a restituirti e consegnarti tali centocinquanta lire, o lo stesso importo in nome delle tue doti, per me e per i miei eredi, quando la condizione di restituzione della dote sarà maturata, sia per legge che per fatto, entro tre mesi, in tutti i miei beni, insieme alle spese sostenute e da sostenere che avrai affrontato per reclamare tali doti, scegliendo liberamente quelle che preferisci, e anche quanto sopra menzionato, senza considerare abitudini e capitoli, potendo dedurre tali importi dai miei beni che preferisci scegliere, sotto pena del doppio e obbligo dei miei beni. Impegno tutti i miei beni presenti e futuri come pegno per le suddette doti, l'importo sopra menzionato, le spese e la pena, confermando in modo vincolante tutti gli elementi sopra indicati, in modo che tu possa utilizzare, godere e avere il suddetto importo in conformità alle leggi e ai capitoli della città di Genova e trattenerlo come tuo legittimo diritto sia in base alla legge che ai fatti, quando la condizione richiederà di far valere tale diritto, come previsto dai capitoli della città di Genova, rinunciando al privilegio di foro e, in generale, a qualsiasi assistenza legale e capitolare che potrei contravvenire. Redatto nel castello di Colle Ventimiglia, in presenza dei testimoni Richino Testadoro, Gualtiero de Runcho, il signor Gaialdo giudice di Rapallo e Enrico de Recho. Nell'anno e nell'indizione sopra menzionati.

Atto n.267 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

5 luglio 1260, Ventimiglia.
Aldina, moglie di Iacopo de Volta, figlia di Raimondo Giudice, sana di corpo e di mente, dichiara nullo il suo precedente testamento, rogato il 22 aprile 1260 (cfr. atto n. 219).

Aldine de Volta.
Die v iulii, ante vesperas. In presencia testium subscriptorum, ego Aldina, uxor Iacobi de Volta, sana corpore atque mente, casso, irrito et evacuo atque revoco testamentum et omnem ultimam voluntatem scriptum et scriptam manu Iohannis de Mandolexio, notaii subscripti, …[omissis]… voluntatis. Actum in castro Collis Vintimilii, presentibus testibus Grisia, Enrico de Recho, Gaialdo iudice de Rapallo, qui ditavit hunc instrumentum, et dictis consiliatoribus. Anno et indictione supra.

Atto n. 267
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
Ad Aldina de Volta.
Il giorno 5 luglio, prima dei vespri. In presenza dei testimoni sottoscritti, io, Aldina, moglie di Jacopo de Volta, sana di corpo e mente, annullando, dichiarando nullo e revocando il testamento e ogni ultima volontà scritta e redatta dalla mano di Giovanni de Amandolesio, notaio sottoscritto, …[omissis]… della mia volontà. Redatto nel castello di Colle Ventimiglia, in presenza dei testimoni Grisia, Enrico de Recho, il giudice Gaialdo di Rapallo, che ha arricchito questo strumento, e dei consiglieri sopra menzionati. Nell'anno e nell'indizione sopra menzionati.

Atto n.272 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

23 luglio 1260, Ventimiglia.
I coniugi Ottone Giudice del fu Oberto Giudice e Margherita, confermando a Fulcone Raimondo di Seborga la vendita di una pezza di terra, sita nel territorio di Ventimiglia, in podio Oculi, ubi dicitur Crispus, fattagli da Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice, rimettono al medesimo Fulcone ogni diritto a loro competente sulla terra suddetta per la somma di 10 lire di genovini, annullando lo strumento di cessione della terra, fatta da Fulcone a Ottone il precedente 24 febbraio.

Die xxiii iulii, post terciam. Nos Otto Iudex, filius quondam Oberti Iudicis, et Margarita iugales, confirmantes et approbantes v[endi]tionem quam tibi Fulconi Raimundo de Seburc[a]ro fecit Obertus Iudex, filius quondam Raimundi Iudicis, scriptam [ma]nu quondam Dogue notarii, cuiusdam pecie terre, çerbe et culte, posite, in territorio Vintmilii, in podio Oculi, ubi [dicitur] Crispus, cui coheret superius terra Iacobi Serre et mei dicti Ottonis, inferius terra Raimundi Milie [et mei] dicti Ottonis, ab uno latere, versus montaneas, terra dicti Iacobi Serre et mei dicti Ottonis, [ab] alio latere terra Albini gastaldi, sive alie sint coherencie, finimus et remittimus tibi dicto Fulco [ni Ra]imundo quicquid iuris habemus vel babere possemus in dicta terra occasione aliqua et inde finem et refuta[tionem], datum et cessionem omnimodamque remissionem et pactum de non petendo tibi facimus. Cedimus insuper tibi [omne] ius, utile et directum quodeumque habemus vel habere possemus in dicta terra aliqua de causa ut ipso iure [uti] possis, in iudicio et extra, utiliter et directe, tamquam dominus illius iuris, et procuratorem ut in rem tuam te consti[tu]imus, promittentes per nos nostrosque heredes tibi tuisque heredibus et cui et quibus dederis dictam venditionem seu terram predictam et cartam inde factam et omnia que in ipsa venditione continentur firma et rata h[abere] et tenere et nullam de cetero adversus te vel bona tua seu heredes tuos vel a te dictam causam [habentem] de predicta terra, seu eius occasione, requisitionem vel actionem movere. Quod, si contrafecerimus seu in aliquo de predictis per nos vel nostros heredes fuerit contrafactum, duplum de quanto et quotiens contrafieret, nomine pene, tibi stipulanti dare promittimus, rato manente pacto. Pro pena vero et ad sic observandum omnia et singula supradicta universa bona nostra habita et habenda tibi pigneri obligamus. Hec autem tibi facimus pro libris decem ianuinorum, quas a te post hanc finem et remissionem confitemur habuisse et recepisse, renuntiantes exceptioni non numerate pecunie et quantitatis non recepte, insuper cassantes et irritantes instrumentum cessionis diete terre, quod mihi dicto Ottoni feristi, scriptum manu Iohannis de Mandolexio, notarii subscript, die xxiiii februarii proxime preteriti, nulliusque valloris ipsum fore iubentes, faciens hec omnia et singula supradicta ego dicta Margarita consensu et voluntate dicti viri mei et consilio Oberti Iudicis et Guillelmi Enrici, vicinorum et propinquorum meorum, abrenuntians iuri ypothecarum, senatus consulto velleiano et omni iuri. Actum in civitate Vintimilii, in domo quondam Ugonis Marnelli, presentibus testibus rogatis Guilielmo Calcia, Albino de Seburc(a)ro et dictis consiliatoribus. Anno et indictione ut supta.

Atto n. 272
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
Il 23 luglio, dopo la terza, Noi Otto Giudice, figlio del defunto Oberto Giudice, e Margherita, convalidando e approvando la vendita scritta a mano dal defunto notaio Dogo, fatta da Oberto Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice, a te Fulcone Raimondo di Seburcaro, di un certo pezzo di terra, seminato e coltivato, situato nel territorio di Ventimiglia, nel podere dell'Occhio, che si dice Crispo, confinante da un lato con la terra di Giacomo Serre e dal me detto Ottone, in basso con la terra di Raimondo Milie e dal me detto Ottone, da un lato verso le montagne, la terra del detto Giacomo Serre e dal me detto Ottone, e dall'altro lato la terra del gastaldo Albino, o altre siano le confinanze, finiamo e ti rimettiamo, a te detto Fulcone Raimondo, tutto il diritto che abbiamo o potremmo avere in detta terra per qualsiasi ragione, e di ciò dichiariamo conclusione e rinuncia, e ti concediamo e cediamo ogni tipo di remissione e concordiamo di non richiederti nulla. Inoltre, cediamo a te ogni diritto di proprietà, di utilizzo e di godimento che abbiamo o potremmo avere in detta terra per qualsiasi ragione, affinché tu possa usarlo come diritto tuo, in tribunale e fuori, in modo utile e diretto, come padrone di tale diritto, e ti costituiamo come tuo procuratore, promettendo a te, ai tuoi eredi e a chi e a quelli ai quali avrai dato la suddetta vendita o la terra predetta e la carta fatta per essa, di avere e mantenere ferme e valide tutte le cose contenute nella suddetta vendita, e di non muovere alcuna richiesta o azione contro di te o i tuoi beni o i tuoi eredi o chiunque abbia motivo ║ in merito alla suddetta terra o alla sua occasione. Se violassimo o se i nostri eredi violassero quanto sopra, promettiamo di pagare il doppio di qualsiasi importo per quante volte venga violato, come pena, a te che stipuli, mantenendo fermo l'accordo. Come garanzia per l'osservanza di tutto quanto sopra, impegniamo tutti i nostri beni, presenti e futuri, a te. Tutto ciò lo facciamo in cambio di dieci lire genovesi che ammettiamo di aver ricevuto da te dopo la conclusione e la rinuncia, rinunciando all'eccezione del denaro non conteggiato e della quantità non ricevuta, inoltre annulliamo e dichiariamo nullo lo strumento di cessione di tale terra che ci hai consegnato, scritto dalla mano del notaio Giovanni di Amandolesio, il 24 febbraio scorso, dichiarando che non ha alcun valore, faccio tutte queste cose e ciascuna di esse, io, la sopracitata Margarita con il consenso e la volontà di mio marito e con il consiglio di Oberto Giudice e Guglielmo Enrico, miei vicini e parenti, rinunciando al diritto di pegno, al senatoconsulto Velleiano e a qualsiasi altro diritto. Redatto nella città di Ventimiglia, nella casa del defunto Ugo Marnelli, con testimoni rogati Guglielmo Calcia, Albino de Seburcaro e i suddetti consiglieri. Anno e indizione come sopra.

Atto n.289 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

1° settembre 1260, Ventimiglia.
Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice, per i due terzi, da una parte, e Marineto, suo fratello, per un terzo, dall'altra, dividono fra loro i beni mobili e immobili che furono di proprietà dei loro genitori e del nonno e tutti gli altri beni che possiedono in comune.

Oberti Iudicis et Marineti.
Die prima septembris, circa terciam. Divisionem ad invicem fecerunt inter s[e] Obertus Iudex, fìlius quondam Raimundi Iudicis, pro duabus partibus, ex una parte, et Marinetus, eius frater, ex altera, [pro] alia tercia parte, de bonis mobilibus et immobilibus parentum suorum, videlicet patris et matris eorum, et avi, et aliorum bonorum suorum que simul comunia habebant. In primis de possessionibus venit in parte dicto Marineto pecia una terre posite in valle Vervoni, quam tene(n)t Anselmus Ventura et frater eius ad medium plantum. Item eidem alia pecia terre in eadem valle, arborate ficuum, cui coheret superius terra Oddonis Crastatoris, inferius fossatus Vervonis, ab uno latere fossatus Sancti Feliani et ab alio latere terra dicti Oddonis. Item, in eadem valle, alia pecia terre, arborate ficuum, cui coheret superius et inferius via et ab uno latere terra episcopalis Vintimilii. Item alia pecia terre vacue posite ad Pinetam, cui coheret superius via, inferius litus maris, ab uno latere fossatus Vallis Bone et ab alio latere via qua tenditur ad domum que fuit quondam dicti Raimundi Iudicis. Item tercia pars casalium que visi sunt habere in civitate Vintimilii pro indiviso. Item tercia pars terre vacue quam visi sunt habere dicti fratres pro indiviso in monte Malo. Item tercia pars pro indiviso terrarum quas visi sunt habere prope Sanctum Blasium, a fossato Vervonis versus Vintimilium, quas terras tenent Guillelmus Rafa, Martinus et Anfussus de Sancto Biasio. Item tercia pars pro indiviso rationum quas visi sunt habere dicti fratres in ripa Vintimilii. Item, de mobili, soldi triginta ex libris quatuor et dimidia quas dicti fratres consueti sunt recipere annuatim a comuni Ianue pro feudo. In parte vero dicti Oberti veniunt, pro duabus partibus, omnes terre quas visi erant habere ultra fossatum Vervonis usque in Banchi, versus mare, et versus Podium Rainaldum, que fuerunt quondam Oberti Iudicis, avi eorum. Item una pecia terre posite in Felegueto, arborate ficuum, cui (coheret) superius terra Oberti Gençane ìnrerius terra Oberti Barbaxore et terra dicti Oberti Gençane, ab uno latere terra episcopalis Vintimilii et ab alio terra Isnardi Travache Item domus cum çerbo, positis ad Pinetam. Item duas partes pro indiviso gerbi montis Mali. Item libre tres ex illis libris quatuor et soldis decem quas recipere consueverunt et recipiunt annuatim a comuni Ianue pro feudo. Item due partes omnium casalium que visi erant habere pro indiviso in civitate Vintimilii. Item due partes pro indiviso omnium terrarum que sunt eorum prope Sanctum Blasium, ultra fossatum Vervonis, versus Vintimilium, quas tenent Guillelmus Rafa, Martinus et Anfussus de Sancto Biasio. Quam divisionem ambe partes nrmam et ratam habere et non revocare perpetuo promiserunt, sub pena librarum centum ianuinorum a qualibet parte [sti]pulata et promissa, rata semper manente divisione, iurantes, tactis corporaliter Sacris Scripturis, ut supra attendere, compiere et [obser]vare et non revocare, sub dicta pena, dans dictus Obertus dicto Marineto et concedens omnia iura que habet vel habere possit (de) parte que venit dicto Marineto et dictus Marinetus dicto Oberto similiter, faciens dictus Marinetus predicta consilio Otto[nis] Iudicis et Willelmi Dulbeci, vicinorum suorum, quos suos propinquos in hoc casu eligit et appellat, confitens se maiorem annis xviii. [In]super nos Adalasina, uxor dicti Oberti, et Francischina, uxor predicti Marineti, ratificantes et aprobantes dictam divisionem, facimus [finem] et refutacionem omnimodamque remissionem pro dictis partibus de omni eo quod aliqua nostrum petere possit, occasione dotium nostrarum vel aliqua occasione, in parte alterius, iurantes ambe, tactis corporaliter Sacris Scripturis, predicta omnia et singula rata babere in perpetuum et non re[vocare], facientes omnia et singula consensu et voluntate dictorum virorum nostrorum et consilio Ottonis Iudicis et Willelmi Dulbeci, vicinorum nostrorum, q[uos] nostros propinquos in hoc casu eligimus et appellamus, renuntiantes iuri ypothecarum, senatus consulto velleiano, legi iulie et omni iuri. Actum in civitate [Vintimilii], presentibus testibus presbitero Ugone Melagino et dictis consiliatoribus, sub capitulo Vintimilii, et Willelmo Enrico atque Petro Bertera.
Ɑ F[ac]ta est pro dicto Oberto.

Atto n. 289
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Oberto Giudice e Marineto.
Il primo settembre, verso la terza. Hanno effettuato una divisione tra di loro Oberto Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice, per due parti, da una parte, e Marineto, suo fratello, per un'altra terza parte, riguardante i beni mobili e immobili dei loro genitori, cioè del padre, della madre e del nonno, nonché di altri beni che possedevano in comune. Innanzitutto, per quanto riguarda le proprietà, a Marineto spetta una porzione di terra situata nella valle di Vervoni, attualmente occupata da Anselmo Ventura e suo fratello, a metà della pianta. Allo stesso modo, spetta anche un'altra porzione di terra nella stessa valle, con alberi di fichi, adiacente alla terra di Oddone Crastatore nella parte superiore, al fossato di Vervoni nella parte inferiore, da un lato al fossato di San Feliano e dall'altro lato alla terra di Oddone stesso. Inoltre, nella stessa valle, spetta anche un'altra porzione di terra con alberi di fichi, con la strada sopra e sotto e da un lato al territorio del vescovado di Ventimiglia. Altro pezzo di terra vuota situato presso Pineta, con la strada sopra, il mare sotto, da un lato il fossato della Valle Bone e dall'altro lato la strada che conduce alla casa del defunto Raimondo Giudice. Inoltre, un terzo delle cascine che sembrano possedere nella città di Ventimiglia in comproprietà. Un terzo anche delle terre vuote che sembrano possedere i suddetti fratelli in comproprietà sul Monte Malo. Infine, un terzo delle terre che sembrano possedere in prossimità di San Biagio, dal fossato di Vervoni verso Ventimiglia, che attualmente sono in possesso di Guglielmo Rafa, Martino e Anfusso di San Biagio. Inoltre, un terzo delle ragioni che sembrano possedere i suddetti fratelli lungo la riva di Ventimiglia. Altra parte riguarda i beni mobili, che consistono in trenta lire provenienti dalle quattro lire e mezza che i suddetti fratelli solitamente ricevono annualmente dal Comune di Genova come feudo. Per quanto riguarda la parte di Oberto, spettano a lui, per due parti, tutte le terre che sembrano possedere oltre il fossato di Vervoni fino ai Banchi, verso il mare e verso Podium Rainaldum, che un tempo appartenevano a Oberto Giudice, loro nonno. Allo stesso modo, una porzione di terra situata a Felegueto, con alberi di fichi, adiacente alla terra di Oberto Genzane nella parte superiore, alla terra di Oberto Barbassore e alla terra dello stesso Oberto Genzane nella parte inferiore, da un lato al territorio del vescovado di Ventimiglia e dall'altro alla terra di Isnardi Travache. Inoltre, una casa con annesso, situata presso Pineta. Due parti indivise del pascolo sul Monte Malo. Tre lire di quelle quattro e dieci soldi che solitamente ricevevano e ricevono annualmente dal Comune di Genova come feudo. Due parti indivise di tutte le cascine che sembrano possedere in comproprietà nella città di Ventimiglia. Due parti indivise di tutte le terre che sono di loro proprietà in prossimità di San Biagio, oltre il fossato di Vervoni, verso Ventimiglia, attualmente in possesso di Guglielmo Rafa, Martino e Anfusso di San Biagio. Questa divisione è stata promessa da entrambe le parti essere valida e irrevocabile in modo perpetuo, sotto pena di centocinquanta lire genovine da ciascuna parte coinvolta e impegnata, con la divisione che rimane sempre valida. Giurano, toccando fisicamente le Sacre Scritture, di rispettare, compiere e osservare quanto sopra e di non revocarlo, sotto la suddetta pena. Oberto concede a Marinetus tutti i diritti che possiede o potrebbe avere sulla parte che spetta a Marineto, e Marineto fa lo stesso con Oberto, agendo sotto il consiglio di Otto Giudice e Guglielmo Dulbeco, loro vicini, che hanno scelto e nominato come loro parenti in questa situazione. Marineto riconosce di essere maggiorenne di diciotto anni. Inoltre, noi, Adalasina, moglie di Oberto, e Francischina, moglie di Marineto, ratifichiamo e approviamo la suddetta divisione, poniamo fine e rinunciamo a ogni tipo di rivendicazione per le rispettive parti e giuriamo, toccando fisicamente le Sacre Scritture, di considerare tutto quanto sopra come valido in modo perpetuo e di non revocarlo, facendo tutto ciò con il consenso e la volontà dei nostri rispettivi mariti e con il consiglio di Otto Giudice e Guglielmo Dulbeco, nostri vicini, che abbiamo scelto e nominato come nostri parenti in questa situazione, rinunciando a qualsiasi diritto di ipoteca, al Senatus consulto Velleiano, alla legge di Giulio e a qualsiasi altro diritto. Redatto nella città di Ventimiglia, alla presenza dei testimoni il sacerdote Ugo Melagino e i suddetti consiglieri, nel capitolo di Ventimiglia, insieme a Guglielmo Enrico e Pietro Bertera.
Redatto per detto Oberto.

Atto n.304 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

29 ottobre 1260, Ventimiglia.
Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice, da una parte, e Guglielmo Rubaldo, dall'altra, compromettono all'arbitrato di Guglielmo Calcia e Corrado di Perinaldo tutte le questioni fra loro vertenti.

Die xxviiii octubris, ante nonam. Nos Obertus Iudex, filius quondam Raimundi Iudicis, ex una parte, et Guillelmus Rubaldus, ex altera, compromittim[us] et generale compromissum facimus in te Guillelmum Calciam, presentem, et Conradum de Podio Rainaldo, absentem, de omni lite et controversia que simul habemus vel habere possemus vel etiam habuissemus usque in hanc diem ali[qua] occasione, ita quod super hoc ambo simul possint de iure vel amicabiliter sentenciare et statuere quicquid vo[lue]rint, die feriato vel non feriate, presentibus partibus vel absentibus, vel una presente et altera absente, du[m] tamen citata, una sentencia vel pluribus, ita quod usque ad Nativitatem Domini proximam debeant pronunciasse, prom[itten]tes ad invicem inter nos eorum arbitrium, sentenciam vel accordium servare quodeumque dixer[int], statuerint vel ordinaverint, sub pena librarum decem ianuinorum; et nichilominus eorum arbitrium, sentencia vel accordium in suo robore perseveret. Et pro his observandis universa bona nostra habita et habenda unus alteri ad invicem pigneri obligamus. Actum in portario Sancte Marie de Vintimilio, presentibus testibus Guillelmo Paerno, Ottone Alamano et Raimundo Rebufato. Anno et indictione ut supra.

Atto n. 304
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
Il 29 ottobre, prima della nona. Noi, Oberto Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice, da una parte, e Guglielmo Rubaldo, dall'altra, ci impegniamo e stipuliamo un accordo generale con te, Guglielmo Calcio, presente, e Corrado del Podio Rainaldo, assente, per ogni lite e controversia che abbiamo avuto, potremmo avere o abbiamo avuto fino a oggi per qualsiasi motivo, in modo che entrambi possano giudicare e decidere sia legalmente che amichevolmente su questo, qualunque cosa desiderino, in un giorno festivo o non festivo, con le parti presenti o assenti, o una presente e l'altra assente, purché siano citate, una o più sentenze, in modo che debbano pronunciarsi entro la prossima Natività del Signore, promettendo reciprocamente di rispettare il loro arbitrio, sentenza o accordo, qualunque cosa dicano, stabiliscano o ordinino, sotto pena di dieci lire genovine; e tuttavia, il loro arbitrio, sentenza o accordo deve rimanere valido. E per osservare tali accordi, impegniamo reciprocamente tutti i nostri beni presenti e futuri a garanzia l'uno dell'altro. Redatto nel portale di Santa Maria di Ventimiglia, in presenza dei testimoni Guglielmo Paerno, Ottone Alamano e Raimondo Rebufato. Nell'anno e nell'indizione sopra indicati.

Atto n.323 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

5 dicembre 1260, Ventimiglia.
Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice nomina Lanfranco Bulbonino de Turca e Iacopo de Volta suoi procuratori perché difendano lui e i suoi beni contro Vivaldo Murro.

Die v decembris, ante nonam. Ego Obertus Iudex, filius quondam Raimundi Iudicis, facio, constituo et ordino Lanfrancum Bulboninum de Turca et Iacobum [de] Volta, absentes, meos certos nuncios et procuratores, quemlibet eorum in solidum, ita quod non sit melior occupantis [conditio], ad agendum, petendum et defendendum me et mea contra Vivaldum Murrum in qualibet causa et sub quolibet ma[gi]stratu, sicut egomet facere possem, si essem presens, promittens tibi notario subscripto, nomine cuius vel quorum int[erest] vel intererit, quicquid factum fuerit per dictos procuratores seu per unum eorum ratum et firmum habiturum, sub yp[otheca] et obligatione bonorum meorum. Actum in porta ecclesie Sancte Marie de Vintimilio, presentibus testibus Guillelmo Enrico et [Con]rado Mauro. Anno et indictione ut supra.

Atto n. 323
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
Il 5 dicembre, prima della nona. Io, Oberto Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice, nomino, costituisco e ordino Lanfranco Bulbonino di Turca e Giacomo di Volta, assenti, come i miei fidati messaggeri e procuratori, ciascuno di loro in solido, in modo che la condizione dell'occupante non sia migliore, per agire, richiedere e difendere me e i miei interessi contro Vivaldo Murro in qualsiasi causa e sotto qualsiasi autorità, come farei personalmente se fossi presente, promettendo a te, il notaio sottoscritto, a nome di chiunque abbia o avrà interesse, che tutto ciò che viene fatto dai suddetti procuratori o da uno di loro sarà considerato valido e vincolante, sotto ipoteca e obbligo dei miei beni. Redatto nella porta della chiesa di Santa Maria di Ventimiglia, in presenza dei testimoni Guglielmo Enrico e Corrado Mauro. Nell'anno e nell'indizione sopra indicati.

Atto n.345 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

21 gennaio 1261, Ventimiglia.
Oberto Giudice del fu Raimondo Gudice, da una parte, e Giovanni Giudice, suo fratello, dall'altra, dividono fra loro i beni mobili e immobili che furono di proprietà dei loro genitori, del nonno e della zia Iacopa e tutti gli altri beni che possiedono in comune.

Oberti et Iohannis Iudicis.
Die xxi ianuarii, ante nonam. Divisionem fecerunt ad invicem inter se Obertus Iudex, filius quondam Raimundi Iudicis, ex una parte, et Iohannes Iudex, eius frater, ex altera, de bonis mobilibus et inmobilibus parentum suorum, videlicet patris et matris eorum, et avi et amite sue, domine Iacobe, et aliorum bonorum suorum que simul comunia habebant. In primis, de possessionibus, venit in parte dicto Iohanni pecia una terre arborate ficuum posite in valle Vervoni, quam tenet Raimundus Balneatus. Item in dicta valle alia pecia terre arborate ficuum, quam tenet Refreidatus, in qua pecia terre Aldina soror dictorum fratrum et uxor Iacobi de Volta, est extimata, ut dicunt, de libris viginti. Item in dicta valle alia peda terre vacue, ubi dicitur Sanctus Felianus, in qua similiter dicunt dictam Aldinam esse extimatam de libris duodecim. Item in dicta valle alia peda terre vacue iuxta terrain episcopalem. Item terda pars, pro indiviso simul et cum Marineto, eorum fratre, de omni eo quod visi sunt habere in territorio Vintimilii, loco ubi dicitur mons Malus. Item in dicta valle Vervonis, ubi dicitur Fulberta, pecia una terre arborate ficuum, cui coheret superius et inferius via. Item in territorio Vintimilii loco ubi dicitur Pineta, medietas pro indiviso unius pecie terre vacue, cum medietate murorum superpositorum unius domus. Item, ubi didtur Pascherium, medietas unius pecie terre, similiter pro indiviso, cui toti coheret superius ortus dicti Marineti, inferius ortus Ugonis Calde, ab uno latere via et ab alio latere ortus Guiranni Tende. Item terda pars pro indiviso omnium rationum quas visi sunt habere dicti fratres in ripa Vititimilii. Item, de mobili, venit in parte dicto Iohanni soldi triginta ex libris quatuor et dimidia quas dicti fratres consueti sunt recipere annuatim a comuni Ianue pro feudo, tali modo quod (pro) dicto feudo non possit petere aliquid usque ad annos decem proxime venturos. In parte vero dicti Oberti evenit in valle Vervonis, de possessionibus, omnes terre quas tenet Guillelmus Laurencius, tam arborate quam vacue. Item medietas unius pecie terre vacue posite ad Pinetam, cum medietate murorum superpositorum unius domus, pro indiviso. Item in territorio Vintimilii, ubi dicitur mons Malus, terda pars, pro indiviso simul et cum dicto Marineto, de omni eo quod ibi visi sunt habere. Item in Pascherio Vintimilii medietas unius orti pro indiviso, cui toti coheret superius ortus dicti Marineti, inferius ortus Ugonis Calcie, ab uno latere via et ab alio latere ortus Guiranni Tende. Item pecia una terre posite in Felegucto, arborata ficuum, cui coheret superius terra Oberti Gençane, inferius terra Oberti Barbaxore et terra dicti Oberti Gençane, ab uno latere terra episcopalis Vintimilii et ab alio latere terra Isnardi Travache. Item, de mobili, tercia pars pro indiviso omnium rationum quas visi sunt habere dicti fratres in ripa Vintimilii. Item soldi triginta ex illis libris quatuor et dimidia quas dicti fratres consueti sunt recipere annuatim pro feudo a comuni Ianue. Quam divisionem ambe partes firmarti et ratam habere et non revocare perpetuo promiserunt, sub pena librarum centum ianuinorum a qualibet parte stipulata et promissa, rata semper manente divisione, iurantes insuper ambo dicti fratres, tactis corporaliter Sacris Scripturis, ut supra dictum est attendere, compiere et observare et non revocare, sub dicta pena, dans dictus Obertus et concedens dicto Iohanni, pro dicta parte sua, omnia iura que habet vel habere posset in parte que venit dicto Iohanni et dictus Iohannes dans et concedens dicto Oberto, pro dicta parte sua, omnia iura que habet vel habere posset aliqua occasione in parte predicti Oberti, faciens ego dictus Iohannes hec omnia et singula supradicta consilio Raimundi Iudicis et Guiranni Tende, vicinorum meorum, quos in hoc casu meos propinquos eligo et appello, et confiteor me maiorem esse annorum viginti. Actum in capitulo Vintimilii, presentibus testibus rogatis Iliono Conrado, Guillelmo Arnaldo et dictis consiliatoribus. Anno et indictione ut supra.

Atto n. 345
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Oberto e Giovanni Giudice.
Il ventuno gennaio, prima delle nove. Hanno fatto una divisione tra di loro Oberto Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice, da una parte, e Giovanni Giudice, suo fratello, dall'altra, riguardo ai beni mobili e immobili dei loro genitori, cioè del padre e della madre, e del nonno e della zia loro, signora Iacoba, nonché di altri loro beni che possedevano in comune. Innanzitutto, per quanto riguarda le proprietà, a Giovanni è andato in parte un pezzo di terra piantata ad alberi di fichi situato nella valle di Vervoni, che tiene Raimondo Balneatore. Altri pezzi di terra piantati ad alberi di fichi sono situati nella suddetta valle, uno dei quali è tenuto da Refreidato, e in quel pezzo di terra viene stimata la presenza di Aldina, sorella dei suddetti fratelli e moglie di Giacomo di Volta, per un valore di venti lire, si dice. Inoltre, nella suddetta valle c'è un altro pezzo di terra vuota chiamato San Feliano, dove si dice che anch'essa la suddetta Aldina sia stimata per un valore di dodici lire. Nella stessa valle c'è un altro pezzo di terra vuota accanto al terreno vescovile. Inoltre, un terzo in comproprietà insieme a Marineto, loro fratello, di tutto ciò che si presume di avere nel territorio di Ventimiglia, nella località chiamata Monte Malo. Nella suddetta valle di Vervoni, chiamata Fulberta, c'è un pezzo di terra piantata ad alberi di fichi, adiacente a una strada sia superiormente che inferiormente. Nel territorio di Ventimiglia, nella località chiamata Pineta, c'è metà in comproprietà di un pezzo di terra vuota, con metà dei muri sovrapposti di una casa. Inoltre, nella località chiamata Pascherio, c'è metà di un pezzo di terra, anch'essa in comproprietà, adiacente al lato orientale del suddetto Marineto, al lato occidentale del suddetto Ugo Caldo, da un lato la strada e dall'altro il campo di Guglielmo di Tenda. Un terzo in comproprietà di tutti i redditi che i suddetti fratelli si presume di avere sulla riva di Ventimiglia. Inoltre, per quanto riguarda i beni mobili, a Giovanni è andato in parte trenta soldi, su una somma di quattro lire e mezza, che i suddetti fratelli sono soliti ricevere annualmente dal comune di Genova come feudo, con la condizione che non possa richiedere alcunché per il suddetto feudo fino ai prossimi dieci anni. A Oberto, invece, è andata in parte nella valle di Vervoni, per quanto riguarda le proprietà, tutte le terre che tiene Guglielmo Lorenzo, sia piantate ad alberi che vuote. Inoltre, metà di un pezzo di terra vuota situato a Pineta, con metà dei muri sovrapposti di una casa, in comproprietà. Nella località di Ventimiglia, nella zona chiamata Monte Malo, un terzo in comproprietà insieme al suddetto Marineto, di tutto ciò che si presume di avere lì. Inoltre, a Pascherio di Ventimiglia, metà di un orto in comproprietà, adiacente al lato orientale del suddetto Marineto, al lato occidentale del suddetto Ugo Calcio, da un lato la strada e dall'altro il campo di Guglielmo di Tenda. Un pezzo di terra situato a Felegucto, piantato ad alberi di fichi, adiacente superiormente alla terra di Oberto Gencane, inferiormente alla terra di Oberto Barbassore e alla terra del suddetto Oberto Genzane, da un lato la terra vescovile di Ventimiglia e dall'altro la terra di Isnardi Travache. Per quanto riguarda i beni mobili, un terzo in comproprietà di tutti i redditi che i suddetti fratelli si presume avere sulla riva di Ventimiglia. Inoltre, trenta soldi di quelle quattro lire e mezza che i suddetti fratelli sono soliti ricevere annualmente come feudo dal comune di Genova. Tale divisione è stata confermata e ratificata da entrambe le parti e promettono di non revocarla in eterno, sotto la pena di cento lire genovesi per ciascuna parte, pattuita e promessa, con la divisione che rimane sempre valida, giurando entrambi i suddetti fratelli, toccando fisicamente le Sacre Scritture, di attenersi, osservare e non revocare quanto sopra detto, sotto la suddetta pena. A tal fine, il suddetto Oberto concede al suddetto Giovanni, per la sua parte, tutti i diritti che ha o potrebbe avere nella parte che spetta al suddetto Giovanni, e il suddetto Giovanni concede e cede al suddetto Oberto, per la sua parte, tutti i diritti che ha o potrebbe avere per qualche ragione nella parte del suddetto Oberto. Io, il suddetto Giovanni, faccio tutto ciò e ogni singola cosa sopra menzionata con il consiglio di Raimondo Giudice e Guglielmo di Tenda, i miei vicini, che in questa situazione scelgo e chiamo come miei parenti, e dichiaro di avere più di vent'anni. Redatto nel capitolo di Ventimiglia, con i testimoni Ilione Conrado, Guglielmo Arnaldo e i suddetti consiglieri, come richiesto. Nell'anno e nell'indizione come sopra.

Atto n.346 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

21 gennaio 1261, Ventimiglia.
Giovanni Giudice del fu Raimondo Giudice vende al fratello Oberto Giudice la metà di un orto situato in Pascherio, che i due fratelli possedevano pro indiviso, per il prezzo di 30 soldi di genovini, di cui rilascia quietanza.

Die eodem, hora, loco et testibus. Ego Iohannes Iudex, filius quondam Raimundi Iudicis vendo, cedo et trado tibi Oberto Iudici, fratri meo, meam medietatem orti positi in Pascherio, quam tecum habebam comune pro indiviso, cui toti coberet superius ortus Marineti, frattis nostri, inferius ortus Ugonis Calcie, ab uno latere via et ab alio latere ortus Guiranni Tende, cum omni suo iure, ratione, actione reali et personali, utili et directo, introitibus et exitibus suis omnibusque demum suis pertinenciis, nichil ex his in me retento, ad habendum, tenendum, possidendum [et] de cetero quicquid volueris iure proprietario et [ti]tulo emptionis faciendum, finito precio soldorum triginta ianuinorum, de quibus me bene quietum et solutum voco, renuntians exceptioni non numerate seu recepte pecunie et omni exceptioni. Quod si dicta terra ultra dictum precium valet, sciens ipsius veram extimationem, id quod ultra valet tibi mera et pura donatione inter vivos dono et finem inde tibi facio et refutationem atque pactum de non petendo, renuntians legi deceptionis dupli et ultra. Possessionem insuper et dominium diete terre tibi tradidisse confìteor, constituens me ipsam tuo nomine tenere et precario possedere dum possidebo vel ipsius possessionem sumpseris corporalem, promittens de dicta terra nullam deinceps movere litem, actionem seu controversiam nec requisitionem facere, sed potius ipsam tibi et heredibus tuis vel cui habere statueris per me et heredes meos ab omni persona legittime defendere, auctorigare et disbrigare promitto. Alioquim penam dupli de quanto dicta terra nunc valet vel pro tempore meliorata valebit tibi stipulanti date et restituere promitto, rato manente pacto. Pro pena et predictis ofnnibus attendendis et observandis universa bona mea habita et habenda tibi pigneri obligo, iurans insuper, tactis corporaliter Sacris Scripturis, ut supra dictum est attendere, compiere et observare et non contravenire, sub dicta pena, faciens hec omnia et singula supradicta consilio Raimundi Iudicis et Guiranni Tende, vicinorum meorum, quos in hoc casu meos propinquos et consiliatores eligo et appello. Actum, in capitulo Vintimilii, presentibus testibus rogatis Iliono Conrado, Guillelmo Arnaldo et dictis consiliatoribus. Anno et indictione ut supra.

Atto n. 346
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
Nello stesso giorno, ora, luogo e con gli stessi testimoni. Io, Giovanni Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice, vendo, cedo e trasferisco a te, Oberto Giudice, mio fratello, la mia metà dell'orto situato a Pascherio, che avevamo in comproprietà indivisa, adiacente superiormente all'orto di Marineto, nostro fratello, inferiormente all'orto di Ugo Calcio, da un lato la strada e dall'altro il campo di Guglielmo di Tenda, con tutti i suoi diritti, cause, azioni reali e personali, benefici e diretti, entrate e uscite e tutte le relative pertinenze, senza trattenere nulla di ciò in me, per avere, tenere, possedere e fare in futuro tutto ciò che vorrai con un diritto di proprietà e titolo di acquisto, al prezzo stabilito di trenta lire genovesi, delle quali dichiaro di essere debitamente quietanzato e soddisfatto, rinunciando all'eccezione di denaro non conteggiato o ricevuto e a ogni altra eccezione. Se la suddetta terra vale più del suddetto prezzo, conoscendo la sua vera valutazione, ciò che vale in più te lo dono con una pura e semplice donazione tra vivi e ti do atto che ne faccio conclusione e rinuncia e un accordo di non richiesta, rinunciando alla legge dell'inganno doppio e oltre. Inoltre, dichiaro di averti consegnato il possesso e il dominio della suddetta terra, stabilendo che la detenga e la possieda per tuo nome in precario finché la possiederò o ne assumerai tu stesso il reale possesso, promettendo di non sollevare più alcuna lite, azione o controversia riguardante la suddetta terra, ma piuttosto di difenderla, autorizzarla e liberartene da qualsiasi persona legittimamente, da parte mia e dei miei eredi, prometto. In caso contrario, prometto di pagarti e restituirti una pena pari al doppio del valore attuale o del valore migliorato nel tempo della suddetta terra, con l'accordo rimanente valido. Come pena e per l'osservanza di tutto quanto sopra, impegnando tutti i miei beni presenti e futuri come pegno a te, giuro inoltre, toccando fisicamente le Sacre Scritture, di attenermi, compiere e osservare quanto sopra detto e di non andare contro, sotto la suddetta pena, facendo tutto ciò e ogni singola cosa sopra menzionata con il consiglio di Raimondo Giudice e Guglielmo di Tenda, i miei vicini, che in questa situazione scelgo e chiamo come miei parenti e consiglieri. Redatto nel capitolo di Ventimiglia, con i testimoni Ilione Conrado, Guglielmo Arnaldo e i suddetti consiglieri, come richiesto. Nell'anno e nell'indizione come sopra.

Atto n.380 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

17 maggio 1261, Ventimiglia.
Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice di Ventimiglia dichiara di aver ricevuto da Lanfranco Bulbonino, a nome della propria moglie Adalasina, la somma di 150 lire di genovini per la dote della medesima e di averle fatto donazione di 100 lire a titolo di antefatto: per la dote suddetta cede ad Adalasina, per il sostentamento della medesima, dei suoi e di esso Oberto, diversi beni mobili e immobili del valore complessivo di 120 lire.

Ɑ Alasine, uxoris Oberti Iudicis.
Die xvii madii, post terciam. Ego Obertus Iudex, filius quondam Raimundi Iudicis de Vintimilio, confiteor me habuisse et recepisse a Lanfranco Bulbonino, ab[s]enti, nomine Adalasine, uxoris mee, pro dotibus sive patrimonio suo, libras centum quinquaginta ianuinorum et ei feci donationem librarum centum propter nupcias sive nomine antefacti, sicut constat per instrumentum inde factum manu Iacobi de Castelleto notarii, millesimo ccl, indictione viii, die xxv octobris, inter nonam et vesperas; pro quibus et nomine dictarum dotium, non illectus nec abractus, sed spontanea voluntate, et pro bono et utilitate tua diete Adalasine, te volente et petente, do, cedo et trado tibi in solutum, pro libris centum viginti, ut te et tuos alas et de cetero alere debeas et ut me virum tuum egentem substinere debeas, terras infrascriptas, cum omnibus superpositis, iuribus, rationibus, actionibus, ingressibus et exitibus et cum omni comodo et utilitate et aliis rebus infrascriptis terris debentibus et pertinentibus et uti optime maximeque sunt. In primis, ortum unum positum in Pascberio, cui coberet superius ortus Petri Lamberti, inferius ortus Ugonis Calcie, ab uno latere via et ab alio ortus Guiranni Tende. Item plures pecias terre contiguas positas in territorio Vintimilii, in Vervono, que fuerunt quondam domini Oberti Iudicis, quibus omnibus coheret superius via, inferius vallonus Sancti Feliani, ab uno latere terra Guillelmi Calcie et ab alio latere terra Marineti et Iohannis Iudicis. Item totum mobile quod habeo in domo in qua maneo, et specialiter totum meum fornitum et sospitale unum et unum bancarium et omnia alia massaricia minuta, ad faciendum de cetero quicquid volueris. Quas terras et res promitto tibi de cetero defendere et disbrigare ab omni persona, colegio et universitate meis expensis, remissa tibi necessitate denunciando; sciens veram extimationem ipsarum terrarum et rerum, si ultra valent, tibi dono, renuntians legi per quam deceptis ultra dimidiam iusti predi subvenitur. Dominium quoque et possessionem de predictis tibi confìteor corporaliter tradidisse. Et pro predictis omnibus et singulis attendendis universa bona mea habita et habenda tibi pigneri obligo. Et ego dicta Adalasina, mea pura volúntate et me a te petente et volente, confiteor me habuisse et recepisse a te dicto viro meo prefatas terras et mobile in solutum pro dicta quantitate ut me et meos alani de cetero et te virum meum egentem debeam substinere, renuntians exceptioni non habitarum terrarum et rerum et generaliter omni alii exceptioni mihi competenti et competiture in predictis dotibus quantum pro dictis libris centum viginti petendis, promittendo tibi per me et heredes meos de cetero nullam, in iudicio vel extra, requisitionem de predictis libris centum viginti facere, sed de ipsis stabo in posterum tacita et contenta in predictis terris et mobile et te nec aliquam personam pro te, in iudicio vel extra, quantum pm dictis libris centum viginti aliqua actione molestare coram aliquo magistratu. Alioquin penam dupli de quanto contraiactum fuerit et quotiens tibi stipulanti promitto dare et solvere. Et pro predictis omnibus attendendis universa bona mea habita et habenda tibi pigneri obligo, renuntians legi ypothecarum, senatus consulto velleiano, legi iulie de fondo dotali et omni alii iuri, faciens hec omnia consilio Willelmi baratemi et Fulconis Prioris, quos meos propinquos in hoc casu eligo et appello. Actum in domo Manfredis de Langasco, quam habitant dicti iugales, in Vintimilio, presentibus testibus [rogatis] Guillelmo Dulbeco et dictis consiliatoribus. Anno et indictione ut supra.

Atto n. 380
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
Ad Alasina, moglie di Oberto Giudice.
Il diciassettesimo giorno di maggio, dopo la terza. Io, Oberto Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice di Ventimiglia, riconosco di aver ricevuto da Lanfranco Bulbonino, assente, in nome di Adalasina, mia moglie, come dote o patrimonio suo, centocinquanta lire genovesi, e le ho donato cento lire a causa del matrimonio o a titolo di anticipo, come risulta dallo strumento redatto per mano del notaio Giacomo di Castelleto, nell'anno 1250, all'ottava indizione, il venticinque ottobre, tra la nona e il vespro; per le quali e in nome delle suddette doti, non indotto né costretto, ma spontaneamente e per il tuo bene e utilità, cara Adalasina, volendo e chiedendo tu stessa, do, cedo e trasferisco a te in pieno possesso, al prezzo di centoventi lire, affinché possa mantenere te e i tuoi bisogni e sostenere me, tuo marito in difficoltà, le terre di seguito descritte, con tutti gli edifici, diritti, cause, azioni, entrate e uscite, e con ogni comodità, utilità e altre cose collegate a tali terre e ritenute pertinenti e che sono nel miglior stato possibile. Innanzitutto, un orto situato a Pascherio, adiacente superiormente all'orto di Pietro Lamberti, inferiormente all'orto di Ugo Calcio, da un lato la strada e dall'altro l'orto di Guglielmo di Tenda. Inoltre, diverse porzioni di terreno adiacenti, situate nel territorio di Ventimiglia, a Vervono, che un tempo erano di proprietà del signor Oberto Giudice, adiacenti tutti alla strada superiormente, inferiormente alla valle di San Feliano, da un lato la terra di Guglielmo Calcio e dall'altro la terra di Marineto e Giovanni Giudice. Inoltre, tutti i mobili che ho nella casa in cui risiedo, e in particolare tutto il mio arredamento e una cassapanca e tutti gli altri piccoli oggetti di valore, li do a te per fare in futuro ciò che desideri. Le suddette terre e beni prometto di difendere e liberare da ogni persona, collegio e università, a mie spese, rinunciando al bisogno di notificarti; conoscendo la vera valutazione di tali terre e beni, se eccedono il valore, te li dono, rinunciando alla legge che prevede una compensazione oltre la metà del valore effettivo. Inoltre, riconosco di averti consegnato personalmente il dominio e il possesso dei suddetti. E per tutti e ciascuno dei suddetti punti, impegno tutti i miei beni presenti e futuri come pegno a te. E io, la suddetta Adalasina, con mia volontà pura e a tua richiesta e volontà, riconosco di aver ricevuto da te, mio marito, le predette terre e beni come pagamento completo per la suddetta quantità, affinché possa sostenere me stessa, i miei cani e te, mio marito in difficoltà, rinunciando all'eccezione di terre e beni non assegnati e generalmente a ogni altra eccezione a me competente o che potrebbe competere nei suddetti beni per il valore dei centoventi lire richieste, promettendo a te, per me e i miei eredi, di non fare più alcuna richiesta, in tribunale o al di fuori di esso, per le suddette centoventi lire, ma mi attengo in futuro in silenzio e soddisfatta nei suddetti terreni e beni e non molesto te né alcuna persona per conto tuo, in tribunale o altrove, con alcuna azione per i suddetti centoventi lire di fronte a qualsiasi autorità. Altrimenti, prometto di pagare e soddisfare una pena doppia rispetto all'accordo e quante volte richiedi. E per tutti i suddetti punti, impego tutti i miei beni presenti e futuri come pegno a te, rinunciando alla legge sulle ipoteche, al senatus consulto velleiano, alla legge giulia sul fondo patrimoniale e a ogni altro diritto, facendo tutto ciò con il consiglio di Guglielmo Baratemi e Fulcone Priore, che scelgo come miei parenti in questo caso. Fatto nella casa di Manfredo di Langasco, dove risiedono i suddetti coniugi, a Ventimiglia, in presenza dei testimoni richiesti, Guglielmo Dulbecco e dei consiglieri suddetti. Nell'anno e nell'indizione come sopra.

Atto n.622 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

9 maggio 1264, Ventimiglia.
Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice, procuratore e sindaco degli uomini di Perinaldo, cede a Simone, figlio di Zaccaria de Castro, che agisce a nome del padre, tutti i diritti che competono all’universitas di Perinaldo sul territorio di Giunco.

Ɑ Simonis Iacarie.
Die viiii madii, ante terciam. Ego Obertus Iudex, filius quondam Raimundi Iudicis, procurator et sindicus universitatis hominum Podii Rainaldi1, ut continetur in instrumento publico facto manu Guillelmi Rafie notarii, mccliii, die tercia iulii, nomine dicte universitatis et singularium personarum, de quibus fit mentio in predicto instrumento, do et concedo et remitto tibi Simoni, filio Iacarie de Castro, recipienti nomine dicti Iacarie, omnia et singula iura que dicta universitas seu homines dicte universitatis habent et [eisdem] competunt vel competere possunt seu umquam competierunt, de iure vel de facto, in territorio Iunci et in [pascuis], nemoribus et aquariciis, fodris, bandis, iurisditionibus dicti territorii et ville et dominium dicti lo[ci Iunci et omnes] donnicatus dicte ville Iunci et eius territorii et omnes donnicatus et iurisditiones quos et quas quondam Fulchinus de Castro habebat et habere debebat et habere solitus erat [in] dicta villa et territorio et pascuis et nemoribus, aquariciis, fodris, bandis, drictis et iurisditionibus dicte ville [et] territorii atque hominum eiusdem et quemadmodum dictum comune Podii Rainaldi seu universitas eiusdem habebat, faciens [tibi], recipienti nomine dicti patris tui, datum, cessionem et concessionem de predictis iuribus et drictis et de omni iure quod dictum comune habet in predicta villa Iunci et territorio, promittens, nomine dicte universitatis, tibi, recipienti nomine dicti patris tui, quod predictum comune sive universitas predicta, occasione predicte ville Iunci seu eius territorii seu iurisditionis ipsius, vel occasione predictorum vel occasione eorum, nullam contra dictum Iacariam vel eius beredes faciet requisitionem seu questionem movebit, Alioquin penam dupli [de] quanto requisitio fieret seu questio moveretur, nomine dicte universitatis, tibi dare et solvere promitto, ratis nichil[om]inus manentibus supradictis. Pro [pen]a et omnibus observandis omnia bona dicte universitatis tibi pro dicto patre t[uo] pigneri obligo et predicta tibi [fa]ciu et [fe]cisse confiteor quoniam predictus lacarias alias non emisset predictam villam Iunci nisi predicta unive[r]sitas fecisset sive eidem facere debuisset predictam finem et refutationem et concessionem et cessionem de predictis iuribus et drictis. Et hoc confiteor fuisse actum in predicta venditione et quia interesse confiteor dicti patris tui quod predicta fieri deberent et etiam universitatis predicte. Actum in castro Collis Vintimilii, presentibus testibus rogatis Ingone Burono et Philippo de Scaleta Messane. Anno et indictione ut supra.

Atto n. 622
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.


1 Poggio Rinaldo è l'odierno Perinaldo, mentre il Iunco è il Giungo, ovvero una frazione del comune di Perinaldo, costituita da poche abitazioni sparse collegate alla chiesa campestre di Santa Giusta.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Simone Iacario.
Il giorno 9 maggio, prima della terza. Io, Oberto Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice, procuratore e difensore dell'università degli uomini di Poggio Rinaldo, come stabilito nell'atto pubblico redatto dalla mano del notaio Guglielmo Rafie nel 1253, il 3 luglio, agendo a nome dell'università menzionata e delle singole persone indicate nel suddetto atto, do, concedo e cedo a te Simone, figlio di Iacaria del Castello, in qualità di ricevente a nome di detto Iacaria, tutti e ogni singolo diritto che l'università o gli uomini dell'università possiedono o possono possedere o hanno mai posseduto, di diritto o di fatto, nel territorio di Iunco e nei pascoli, boschi, corsi d'acqua, fossi, bandite, giurisdizioni di detto territorio e borgo e il dominio del luogo di Iunco e tutti i diritti di signoria di detto borgo di Iunco e del suo territorio e tutti i diritti di signoria e giurisdizioni che in passato Fulchino del Castello aveva e doveva avere e di cui era solito godere nel suddetto borgo e territorio e pascoli e boschi, corsi d'acqua, fossi, bandite, diritti e giurisdizioni del suddetto borgo e territorio e degli uomini dello stesso, e come l'omonima comunità di Poggio Rinaldo o l'università dello stesso aveva, facendo a te, come ricevente a nome di tuo padre, la consegna, la cessione e la concessione dei suddetti diritti e signorie e di ogni diritto che la suddetta comunità ha nel suddetto borgo di Iunco e territorio, promettendo, a nome dell'università menzionata, di non avanzare alcuna richiesta o questione contro detto Iacaria o i suoi eredi in relazione al suddetto borgo di Iunco o al suo territorio o alle sue giurisdizioni, né in relazione ai suddetti diritti o per qualsiasi altra ragione, altrimenti prometto, a nome dell'università menzionata, di darti e pagarti una pena doppia rispetto a qualsiasi richiesta o questione fosse stata avanzata, confermando comunque tutto quanto sopra. Come garanzia e per l'osservanza di tutto, impiego tutti i beni dell'università menzionata a te in pegno per conto di tuo padre, e riconosco di averti dato e di aver fatto quanto sopra menzionato, in quanto il suddetto Iacaria non avrebbe acquisito detto borgo di Iunco se non fosse stata fatta o avrebbe dovuto essere fatta dall'università menzionata la suddetta conclusione, rinuncia, concessione e cessione dei suddetti diritti e signorie. E riconosco che ciò è stato fatto nella suddetta vendita e che l'interesse del tuo padre richiedeva che ciò fosse fatto, nonché dell'università menzionata. Redatto nel castello di Colle di Ventimiglia, in presenza dei testimoni Ingone Burono e Filippo de Scaleta di Messina, interrogati. Nell'anno e nell'indizione come sopra.

Notizia n.15 della serie ν

Notaio Giovanni de Amandolesio

XV

s. d. (ante 5 agosto 1259).
Maestro Enrico, vicario dell’arcivescovo di Genova, ordina a Giovanni Giudice del fu Raimondo Giudice di Ventimiglia di presentarsi al suo cospetto per la questione dell'annullamento del suo matrimonio con Laurencina del fu Oberto de Volta.

Inserto nell'atto n. 88.
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Notizia n.56 della serie ν

Notaio Giovanni de Amandolesio

LVI

s. d. (ante 27 luglio 1260).
Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice vende a Fulcone Raimondo di Seborga una pezza di terra, sita nel territorio di Ventimiglia, in Podio Oculi, ubi dicitur Crispus.

Notaio Dogua.
Notizia nell'atto n. 272.
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Notizia n.123 della serie ν

Notaio Giovanni de Amandolesio

CXXIII

11 marzo 1244.
Apodisia registrata nel cartulario del comune di Ventimiglia attestante che Girando Travaca è debitore verso Raimondo Giudice di Ventimiglia di 10 mine di orzo.

Notaio Ugo Botario.
Notizia nell'atto n. 80.
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Notizia n.127 della serie ν

Notaio Giovanni de Amandolesio

CXXVII

25 ottobre 1250.
Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice di Ventimiglia, ricevendo in dote dalla moglie Adalasina la somma di 150 lire di genovini, le dona propter nuptias la somma di 100 lire.

Notaio Iacopo de Castelleto.
Notizia nell'atto n. 380.
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Notizia n.130 della serie ν

Notaio Giovanni de Amandolesio

CXXX

3 luglio 1253.
Gli uomini di Perinaldo nominano loro procuratore e sindaco Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice.

Notaio Guglielmo Rafa.
Notizia nell'atto n. 622.
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Notizia n.142 della serie ν

Notaio Giovanni de Amandolesio

CXLII

4 aprile 1257.
Raimondo Curlo deve a Oberto Giudice, figlio di Raimondo Giudice, la somma di 100 lire di genovini.

Notaio Iacopo Trabuci.
Notizia nell'atto n. 207.
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Notizia n.166 della serie ν

Notaio Giovanni de Amandolesio

CLXVI

10 maggio 1259.
Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice assume determinati impegni verso Raimondo Curlo del fu Ugo Curlo con l’obbligo di attendervi entro otto giorni da quando ne verrà richiesto.

Notaio Matteo de Predono.
Notizia nell'atto n. 63.
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Notizia n.167 della serie ν

Notaio Giovanni de Amandolesio

CLXVII

10 maggio 1259.
Raimondo Curlo promette di consegnare entro il 1° marzo 1260 a Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice lo strumento relativo alla somma di 100 lire di genovini, di cui al rogito in data 4 aprile 1257 (cfr. n. CXLII).

Notaio Matteo de Predono.
Notizia nell'atto n. 207.
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Fonti

Atti, documenti e riferimenti relativi a Raimondo Iudex.

Clicca qui a sinistrasopra sulle singole voci per vederne il contenuto.
1218 GSulla presa formale di Ventimiglia da parte di Genova28 settembre 1218
1220 ASull'ambasciata a GenovaAnno 1220
1220 BSugli eventi del 1220Anno 1220
1222 ASulla resa di Ventimiglia a GenovaLuglio 1222
1222 CSul giuramento di Oberto de' Giudici22 agosto 1222
1222 DSull'istanza di pace con GenovaAnno 1222
1223 ASulla famiglia de' Giudici ventimigliese6 aprile 1223
1233 ASulla convenzione fra il conte di Maro e Genova16 settembre 1233
1233 BSulla convenzione fra Anselmo di Lingueglia e Genova12 settembre 1233

Sulla presa formale di Ventimiglia da parte di Genova

28 settembre 1218

Nell'atto in cui i legati del podestà di Genova prendono formale possesso di Ventimiglia per conto del comune di Genova, viene nominato diverse volte Oberto Giudice, mentre Gherardo Giudice e Raimondo Giudice vengono menzionati come rappresentanti del comune di Ventimiglia.

430✓

1218, settembre 28, Ventimiglia

Oberto Spinola ed i legati di Rambertino ‘Guidonis de Bovarello’, podestà di Genova, preso atto della sottomissione dei Ventimigliesi, prendono formale possesso di Ventimiglia per conto del comune di Genova.

De legatis Vintimilii denunciantibus domino Rambertino ut pro comuni Ianue in Vintimilio poni faciat insignam comunis Ianue.

Cum dominus Rambertinus Guidonis de Bovarello, Ian(uensium) potestas, cum stolo galearum octo et aliorum multorum lignorum cum multis nobilibus civitatis Ianue cum ipso in eisdem galeis et lignis existentibus de Monacho versus Ianuam remearet et ante civitatem Vintimilii pervenisset, Balduinus Marosus et Alnaldus Intraversatus, pro comuni Vintimilii, cum uno bucio parum longe a terra dicte potestati obviam extiterunt, asserentes quod pro comuni Vintimilii venerant, dicentes, nomine ipsius comunis, quod dominus Rambertinus, potestas prenominatus, pro comuni Ianue sive cum multis sive cum paucis, sicut de sua procederet voluntate, veniret in civitatem Vintimilii et ipsam acciperet pro comuni Ianue et nomine ipsius comunis insignam cruxatam comunis Ianue poni faciat in civitate dicta, dictus dominus Rambertinus potestas ipsis respondit dicens: «Nostra voluntas est ut faciatis venire consules Vintimilii ut intelligamus si hec ita de ipsorum voluntate procedent» et cum predicti Balduinus et Arnaldus continuo versus Vintimilium recessissent, redierunt cum Oberto Iudice, Willelmo Valloria, Willelmo Guercio, consulibus Vintimil(ii), parum longe a terra distantes ante plagiata et Iacobus Milotus venit cum ipsis et ipse et Obertus Iudex et Balduinus Marosus ascenderunt galeam potestatis, Willelmus Valloria, Willelmus Guercius et Arnaldus Intraversatus remanserunt in terra asserentes «sufficit si Obertus Iudex illuc ascendit cum predictis» et inde erant contenti. Unde dictus Obertus Iudex locutus fuit dicens: «Domine potestas, nos venimus pro comuni Vintimilii et volumus quod vos civitatem ipsam veniatis accipere et ponere insignam vestram pro comuni Ianue et civitatem ipsam accipiatis et teneatis pro velle vestro sicut de vestra processerit voluntate et ex consulibus Vintimilii quam cito Ianuam accedent pro mandatis vestris et ordinationibus recipiendisd et in omnibus et per omnia complendis et observandis». Dictus dominus Rambertinus ipsis respondit: «Ego volo quod vos habeatis consilium sociorum et consiliatorum vestrorum si ita est voluntas ipsorum sicut et vestra. Et si vultis precepta nostra omnia observare quia nichil inde faceremus nisi si precepta nostra vultis in omnibus et per omnia adimplere». Qui continuo recesserunt et habito consilio inter ipsos ut asseruerunt, redientes ad potestatem responderunt quod «voluntase comunis Vintimilii est ut vos civitatem Vintimilii accipiatis vel faciatis accipi pro comuni Ianue et insignam vestram ibi poni faciatis et faciatis de ipsa civitate tanquam de re vestra quemadmodum de vestra processerit voluntate et ex consulibus dicte civitatis ad vos Ianuam accedent, tam de facto sigilli quam de ceteris aliis preceptis, mandatis et ordinationibus pro comuni Ianue nomine suo et comunis Vintimilii in omnibus et per omnia parituri». Acta sunt hec ante plagiam Vintimilii. Testes Obertus Spinola, Obertus Galleta, Enricus Domusculte, Çacharias de Castro, Opiço Fallamonica, Rainaldus Ceba et Paganus Symia. Anno dominice nativitatis millesimo ducentesimo octavo decimo, indictione viª, xxviii° die septembris, circa terciam.
(S.T.) Ego Nicolaus Panis notarius his interfui et iussu dicte potestatis scripsi.

De supplicatione quam fecerunt consules Vintimilii domino Rambertino, Ianue potestati.

Cumque ita ut supra scriptum est supplicassent consules et legati Vintimilii supra determinati prefate potestati, dictus dominus Rambertinus, Ian(uensium) potestas, nobiles et discretos viros Obertum Spinolam, Çachariam de Castro, Obertum Galletam legatos suos et cum ipsis Manuelem Aurie, Cunradum de Castro et Opifonem Fallamonicam in civitatem Vintimilii direxerunt qui antequam pervenissent in civitatem Obertus Spinola dixit Oberto Iudici et sociis eius consulibus Vintimilii: «Balduinus Marosus et Arnaldus Intraversatus venerunt ad potestatem et subsequenter Iacobus Milotus et socii dicentes quod voluntas comunis Vintimilii est adimplere precepta potestatis Ianue pro comuni et civitatem ipsam tradere in eius beneplacito et mandato et insignam ibi ponere pro comuni Ianue». Qui responderunt quod bene est voluntas ipsorum. Cumque pervenissent in ecclesia Sancte Marie de Vintimilio ubi fuerunt dicti tres consules Vintimilii et Peire Perno et Beleeme, consules dicti comunis, et multi cives Vintimilii, plena fere ecclesia et convocatis omnibus qui intrarent, locutus fuit dictus Obertus Spinula qualiter potestas Ianue apud Monachum venerat pro comuni et cum in reditu pervenisset ante civitatem Vintimilii pervenerunt ad ipsum in quodam bucio Balduinus Marosus et Arnaldus Intraversatus, asserentes quod voluntas comunis Vintimilii erat precepta comunis Ianue adimplere et civitatem ipsam tradere in virtute et potestate comunis Ianue et nomine ipsius comunis insignam comunis Ianue ponere in civitate Vintimilii et subsequenter venerunt Obertus Iudex, Willelmus Valloria et Willelmus Guercius Vintimilii cum Iacobo Miloto et Bauld(uino) et Obertus Iudex dixit quod voluntas comunis Vintimilii est et vestra attendere, observare et complere precepta potestatis Ianue pro comuni tam de sigillo quam ceteris observandis et quod quidam ex consulibus Ianue accedent pro mandatis comunis Ianue per omnia adimplendis et quod civitas Vintimilii potestati pro comuni Ianue tradatur in virtute sua et in eius beneplacito et mandato «et volo scire si ita est vestra voluntas». Et hoc dixit coram omni populo, in ecclesia congregato, et ipsi clamaverunt dicentes «Sic, sic et sicp». Et postea fuit locutus Obertus Iudex asserens coram omnibus quod ita est voluntas Vintimilii de his omnibus observandis et attendendis et Obertus Iudex coram omnibus surrexit coram populo congregato et prefatum Obertum Spinolam de civitate Vintimilii pro comuni Vintimilii recipit dicto Oberto pro comuni Ianue investivit et possessionem et dominium et inde5 dedit, scilicet quod sit de cetero comunis Ianue et exposita ipsius comunis beneplacitis et mandatis et quod comune Ianue civitatem ipsam tamquam rem suam accipiat et ipsam de cetero custodiat, teneat, protegat et defendat. Et prenominatus Obertus Spinola, antequam investisionem acciperet de ipsa civitate, dixit coram consulibus et populo universo: «Vos vultis civitatem Vintimilii nobis dare pro comuni Ianue et vultis quod in ipsa insignam pro comuni Ianue poni faciamus et inde nos vultis investire. Nos volumus ita ipsam accipere, scilicet quod vos universa precepta comunis Ianue adimpleatis et contra precepta vobis tradita minime faciatis et quod quidam ex vobis consulibus Ianuam accedent, mandatis et ordinationibus potestatis Ianue pro comuni per omnia parituri» et ipsi exclamaveruntu dicentes «Fiat, fiat». Et ita ipse Obertus Spinola capellum accepit quem porrexit ei Obertus Iudex et ipsum investivit dictus Obertus Iudex de civitate et ipsi dominium et possessionem de civitate dedit et dictus Obertus Spinola civitatem suscepit in protectionem et defensionem comunis Ianue et tanquam rem propriam comunis Ianue recepit eam. Et quidam de consulibus insignam cruxatam, inspicientibus omnibus et videntibus, acceperunt et ipsam in campanili ecclesie Vintimilii posuerunt et ipsam vidi in eo positam. Acta sunt hec in ecclesia Sancte Marie de Vintimilio, in presentia dictorum legatorum et sociorum ipsorum suprascriptorum et Iacobi Miloti, Willelmi Gensane, Raimundi Curli, Raimundi Iudicis, Geraudi Iudicis, anno dominice nativitatis millesimo ducentesimo octavo decimo, indictione viª, vigesimo octavo die septembris, inter terciam et nonam.
(S.T.) Ego Nicolaus Panis notarius his interfui et iussu dictorum legatorum scripsi.

(S.T.) Ego Lantelmus, notarius sacri palatii, hoc exemplum ab autentico et originali instrumento manu Nicolosi Panis notarii scriptoz ut in eo vidi et legi transcripsi et per omnia exemplavi, nichil addito vel diminuto preter forte litteram vel sillabam, titulum seu punctum et hoc absque ulla mutatione, corruptione vel diminutione dictionum vel sensus, ad quod corroborandum, iussu domini Pegoloti, dicte potestatis, propria manu subscripsi.

(S.T.) Ego magister Nicolaus de Sancto Laurentio, sacri palacii notarius, transcripsi et exemplificavi hec ut supra ab illis que Lantelmus quondam notarius sumpsit ab autenticis et originalibus quondam Bertoloti Alberti et Nicolai Panis notariorum ut <in> subscript(ionibus) illorum continetur et per manum eiusdem Lantelmi in registro comunis scripta sunt, nichil addito vel dempto nisi forte littera vel sillaba, titulo seu puncto plus minusve aut causa abreviationis seu protensionis litterarum, sententia in aliquo non mutata, precepto tamen domini Henrici Confalonerii, potestatis Ianue, millesimo ducentesimo quinquagesimo tercio, indictione xi, die prima octubris, presentibus Rufino de Ast iudice et Oberto de Langasco, scriba comunis, in quo<rum> presentia statuit et laudavit quod predicta eandem vim et forciam habeant cum original(ibus).

Società Ligure di Storia Patria,
«I Libri Iurium della Repubblica di Genova»,
Vol I/2, a cura di Dino Puncuh,
Genova 1996,
pagg. 437-441.

Sull'ambasciata a Genova

Anno 1220

Durante l'assedio di Ventimiglia da parte dei genovesi, iniziato il 10 maggio 1219, il console Raimondo Iudice e don Andrea da Sesto si recano a Genova per implorare la liberazione dei prigionieri ventimigliesi. Al termine della missione il podestà di Genova Rambertino di Bovarello invita i due ambasciatori a riferire ai loro concittadini che Genova vuole soddisfazione attraverso un'ampia ammissione di colpa, fatta pubblicamente a Genova dal massimo numero possibile dei più insigni cittadini ventimigliesi.

… placet itaque michi, si Victimilienses suum cognoscentes errorem nostre cupiunt satisfacere voluntati; ideoque approbo et affirmo, quod inde fiant duo scripta, quorum unum penes nos remaneat et alteri deferati vobiscun; et redeuntibus nobis apud Victimilium, si prout dicitis adimplere voluerint, de melioribus illius civitatis pro hiis perfitiendis nobiscum usque ad quantitatem maximam conducatis.

Pietro Gioffredo,
«Storia delle Alpi Marittime»,
Libri XXVI, Volume I,
Torino, dalla Stamperia Reale, 1839,
pag. 329

Caffaro e cont.ri,
«Annales Ianuenses», Vol. II, 1174-1224,
a cura di C. Imperiale di Sant'Angelo,
Tip. dei Lincei, Roma 1901
pag. 164.

I due ambasciatori tornano a Ventimiglia e mostrano il documento del podestà genovese, ma i notabili della città, che non si fidano della benevolenza del Bovarello, noto per la sua severità ed impulsività, rifiutano di andare in massa a Genova. Benché sappiano benissimo come il rifiuto verrà preso, Andrea e Raimondo tornano a Genova come promesso e dopo una terribile sfuriata del Bovarello, vengono messi ai ceppi.

Sugli eventi del 1220

Anno 1220

1220. — E l'anno di mille ducento venti il consiglio confirmò la seconda volta il prefato podestà Rambertino, del governo del quale la città assai si laudava: ed ebbe in compagnia per governo dell'entrata e dell'uscita della Repubblica otto nobili, Olivero di piazza lunga, Nicola Barbavaro, Ugolino Cavaronco, Oberto Uso di Mare, Enrico della Demecotta, Pagano di Rodulfo, Nicola Embruno ed Ogerio Falamonica; e per le cause forensi, quattro legisti Bolognesi. E nel principio di questo anno la città fu consolata della presa della città di Damiata, la quale il legato del Papa, per sue lettere, le significò. E fu tanto maggior l'allegrezza, quanto che la città fu presa senza morte di alcuno cristiano; conciossiachè dei Saraceni ne morissero grandissima quantità, e ne fosse fatto prigione gran numero. E la città si trovò piena di tutti i beni del mondo, dei quali fu arricchito grandemente l'esercito dei Cristiani: e conclude il legato la sua lettera in questa sentenza, dicendo: « Noi con tutto l'esercito rendemo grazie infinite alla comunità vostra, perchè le galere, che avete mandato per soccorso della Terra santa ne hanno dato aiuto nel tempo che di quello grandemente bisognavamo, e l'esercito, al quale era mancato l'animo e smarrita la virtù per causa della rotta avuta il giorno della festa della decollazione di S. Giovanni, in l'advenimento delle vostre galere ripigliò le perdute forze e la smarrita virtù, e stette fermo, e combattette virile e prudentemente ».

Perseveravano i Vintimigliesi in ribellione; per il che parve al podestà di tirare a sè il conte di Vintimiglia Manuello, non sapendolo però il conte Guglielmo suo fratello: e gli promise stipendio di cento cinquanta lire il mese per lui e per suo fratello, durante la guerra. Ed accaddette che i Vintimigliesi, facendo un assalto ad un castello nominato Cespelle, furono presi di loro quarantacinque uomini, e menati a Genova, e posti in prigione. E per la presa dei soppraddetti uomini, quelli di Vintimiglia tentarono maliziosamente (pensando ricuperare i prigioni per mezzo del priore dell'Abbadia di S. Andrea di Sestri e di Raimondo Giudice cittadino di Vintimiglia) di riconciliarsi con Genovesi e ritornare alla loro ubbidienza. E non si fece cosa alcuna per cagione delle malizie e delle infidelità loro; anzi il podestà sopraddetto con volontà del consiglio per tutto il tempo del suo reggimento tenne continuamente il marittimo assedio in le parti di Vintimiglia, ch’ erano tre galere e molti altri vascelli minuti. Per la spesa della quale armata tutti gli uomini del distretto di fuora la città, da Portovenere insino a Cogoleto, da’ sedici anni in più, furono tassati a pagare da tre soldi insino in nove; di modo che cinque uomini, computati i ricchi, pagavano trenta soldi, ovvero davano un uomo. Si mandò ancora uno podestà in la terra di S. Remo, Oberto Advocato, il quale diede danni assai ai Vintimigliesi. E questo anno l'imperatore Federico secondo venne in Italia per incoronarsi dell'imperio di Roma, e richiese il podestà che dovessi andare da lui; il quale vi andò accompagnato da molti nobili, e fece compagnia a sua maestà da Modena insino ad Imola, stimando che l'imperatore dovesse esser grato dei beneficii ricevuti da Genovesi, e che li dovesse rimeritare. Il quale non fece altro, nè pur volse confirmare i privilegii, salvo in una piccola parte, allegando certe frivole escusazioni: e richiese il podestà e gli altri ambassatori che gli volessino far compagnia insino a Roma. Ed essi, vedendosi mal trattati e poco apprezzati da sua maestà, ricusarono l'andata, dicendo che nol potevano compiacere senza licenza del consiglio. E parendoli ancora non essere ben fatto introdurre questa consuetudine, che la città dovessi sempre mandare ambassatori all'incoronazione dell'imperatore, ottenuta licenza, se ne ritornarono a Genova. E quanto l'imperatore accarezzò poco il podestà con gli ambassatori, tanto più gli accarezzò il cancellero principale vescovo di Mes e di Spira, il quale si esibì loro molto famigliare, propizio e benevolo: si adoperò per le cose ch'avevano a trattare; e fu, da parte della comunità, dagli ambassatori benissimo presentato; e l'imperatore circa mezzo il mese di novembre fu in coronato da Papa Onorio.

Prof. Cav. G. B. Spotorno,
«Annali della repubblica di Genova»,
Genova, 1854,
pagg. 322-324.

Sulla resa di Ventimiglia a Genova

Luglio 1222

Nel luglio 1222, Raimondo de' Giudici, console di Ventimiglia, giunge a Genova assieme ai colleghi Raimondo Priore, Ottobono Maroso, Guglielmo Saonese, Guglielmo Intraversato e Pietro Curlo, per tentare di ottenere condizioni di resa il meno disastrose possibile. Con loro c'è anche il vescovo di Ventimiglia Guglielmo, poi Beato. Ebbene, se si tiene conto della rovina provocata dalla ribellione ad ambo le parti, delle perdite umane, delle grandi risorse spese che Genova ha dovuto spendere e di quanto disposto dal severo rescritto imperiale, le clausole imposte sono sì dure ma, tutto considerato accettabili. In pratica si ripristina lo stato di vassallaggio già esistente, sebbene…

…la massima autorità comunale sarà d'ora in poi nominata da Genova. Genova avrà totale giurisdizione su Ventimiglia, costruirà a sue spese altre fortificazioni e potrà installarvi dei presidi. Si fanno salvi la vita ed i beni di tutti i cittadini di Ventimiglia, inclusi i conti. Gli accordi politici e commerciali precedenti la guerra vengono confermati, fatti salvi i reciproci diritti finanziari e fiscali.

Queste condizioni, portate a conoscenza della cittadinanza, vengono accettate e giurate da nobiltà e probi viri.

Sul giuramento di Oberto de' Giudici

22 agosto 1222

Il 22 agosto 1222 Raimondo Iudex è uno dei cinque testimoni del rogito compilato dal notaio Rinaldo relativo al giuramento di obbedire agli ordini del nuovo podestà di nomina genovese, che Oberto Giudice e Giacomo de Cannelli sottoscrivono a Genova, nella cappella di S. Gregorio.

442✓

1222, agosto 22, Genova

Oberto Giudici e Giacomo ‘de Canellis’ dichiarano che le due scritture allegate presentate al podestà dì Genova, contenenti i preliminari degli accordi di cui ai nn. 439-440, sono i soli documenti approvati dal conte e dagli uomini di Ventimiglia.

De confessione duorum rescriptorum pro illis de Vintimilio.

Ianue, in capella Sancti Gregorii, Ianuensis archiepiscopi. Confessi fuerunt Obertus Iudex et Iacobus de Canellis quod hec duo scripta inferius denotata sunt illa scripta que habuerunt et receperunt ab hominibus Vintimilii facere volunt comuni Ianue et que comes Willelmus et ceteri infrascripti iuraverunt attendere et observare sicut continetur in instrumento inde facto per manum Rainaldi notarii nec alia scripta habuerunt necd receperunt nisi hec duo que potestati Ianue obtulerunt, presentibus domino Conrado et domino Opicione, iudicibus potestatis, Willelmo Ususmaris, Ansuisio de Sancto Çenesio et Raimundo Iudice, anno dominice nativitatis millesimo ducentesimo vigesimo secundo, indictione nona, xxii° die augusti, inter primam et terciam. § Hec duo scripta.

In nomine Domini amen. Hec petit commune Ianue Vintimiliensibus: in primis quod ipsi debeant iurare, attendere et observare mandata et ordinationes comunis Ianue sine fraude et ponere civitatem Vintimilii in virtute et potestate eiusdem comunis, accepta sufficienti securitate per sacramentum ab ipso comuni quod persone hominum Vintimilii, tam masculorum quam feminarum, debeant salvari et custodiri et totum eorum mobile et avere et civitas Vintimilii et possessiones ipsorum tam interius quam exterius. Et quod comune Ianue eos habebit et tenebit per cives et tractabit sicut cives, dando ipsis in collectis maris et terre et expensis civitatis Ianue tanquam alii cives et faciendo in omnibus aliis sicut Ianuenses cives, ita tamen quod comune Ianue habeat dominium et iurisdictionem civitatis Vintimilii et introitus pertinentes ad comune Vintimilii et insuper quod sit in arbitrio et voluntate eiusdem comunis edificandi et construendi castra infra civitatem Vintimilii et extra et si voluerint edificata tenere et faciendo de castro Apii et muris factis extra civitatem quicquid voluerit et retinendi castrum vel castra ab ipso comuni facta si voluerit.

In nomine Domini amen. Hec volunt facere Vintimilienses: in primis homines Vintimilii iurabunt attendere et observare mandata et ordinationes comunis Ianue sine fraude et ponere civitatem Vintimilii in virtute et potestate eiusdem comunis, accepta sufficienti securitate ab ipso comuni per sacramentum et cartam sigillo dicti comunis munitam quod ipsi deinde recipiant et teneant homines Vintimilii in cives suos sicut cives deintus civitatem Ianue et quod salvabunt et custodient et tractabunt homines Vintimilii et specialiter personam domini Willelmi comitis et uxoris et filiorum eius et castrorum et possessionum ipsius comitis quas habet extra civitatem Vintimilii et districtum et presertim illarum possessionum quas habet in Vintimilio, scilicet domum et furnum et vineam sicut dictum est superius et omnes alios viros et mulieres, magnos et parvos, in perpetuum, tam presentes quam in eternum futuros, sicut cives deintus civitatem Ianue et quod salvabunt predictis hominibus Vintimilii totum mobile et civitatem Vintimilii, domos et possessiones quas habent vel habebant in principio guerre vel habuerint pro tempore in perpetuum, sive in civitate sive extra civitatem, et specialiter illas possessiones et iura que dictus comes et quidam alii de Vintimilio habebant in Roccabruna et quas et que quidam alii cives Vintimilii habebant in Casteiono et in Coiolo et in Mamelonep, ita quidem quod dicti homines Vintimilii presentes vel futuri remanere debeant in domibus suis infra civitatem et in ipsam morari et numquam inde removeri, excepto quod si comune Ianue voluerit facere castrum infra civitatem Vintimilii et aliquas domos que impediant edificium castri habere voluerint aut removere, debeant5 ipsas emere sub arbitrio bonorum virorum. Item homines Vintimilii debent dare in collectis maris et terre et expensis civitatis Ianue tanquam alii cives deintus civitatem Ianue secundum suum posse et facere in omnibus aliis sicut cives deintus Ianue. Comune autem Ianue habeat dominium et iurisdictionem civitatis Vintimilii et introitus pertinentes ad comune Vintimilii et expense comunis Vintimilii debent fieri ab utriusque comunitate sicut alie expense. Item comune Ianue debet solvere debita que debentur a comuni Vintimilii, quorum summa est libre mille. Preterea debent servare et dimittere incantus hominibus Vintimilii qui ipsos emerunt usque ad terminum illis datum vel saltem reddere precium quod in ipsis dederunt, computato eo quod iam exinde perceperunt. Item venditiones quas comune Vintimilii fecit de domibus et possessionibus et aliis bonis illorum hominum qui exierunt de Vintimilio vel qui contra ipsum comune fecerunt stabiles maneant et firme ipsis emptoribus vel saltem precia que dederunt in ipsis a comuni Ianue vel a primis dominis ipsarum rerum dictis emptoribus reddantur. Insuper sit iny arbitrio et voluntate comunis Ianue edificandi et construendi castra infra civitatem Vintimilii et extra et si voluerint edificata tenere et faciendi de castro Apii et muris factis extra civitatem quicquid voluerint et retinendi castrum vel castra constituta2 ab ipso comuni si voluerit. Hec omnia predicta scribantur in statuto sive registro comunis Ianue. Item videtur nobis equum et iustum esse ut pecunie deposite vel companie facte ante guerram vicissim debeant salvari et reddi ab utrisque.

(S.T.) Ego Marchisius quondam Oberti de Domo, notarius sacri Imperii et iudex ordinarius, hiis interfui ac rogatus scripsi.

Società Ligure di Storia Patria,
«I Libri Iurium della Repubblica di Genova»,
Vol I/2, a cura di Dino Puncuh,
Genova 1996,
pagg. 464-467.

Sull'istanza di pace con Genova

Anno 1222

[1221-1222] Erano giunte a tal punto le cose, quando gli assediati chiesero con istanza la pace, offrendosi di stare alle condizioni che verrebbero prescritte dai vincitori. Inviati dal Comune partivano per Genova, Guglielmo vescovo della Città, Raimondo De-Giudici, Raimondo Priore, Ottobono Maroso, Guglielmo Saonese, Guglielmo Intraversato e Pietro Curlo.

Nicolò Peitavino, Intemelio
«Conversazioni storiche, geologiche e geografiche
sulla città e sul distretto Intemeliese»
Savona, Stab. Tipografico Ricci, 1923,
pag. 126.

Sulla famiglia de' Giudici ventimigliese

6 aprile 1223

I genovesi, manifestano gratitudine alla famiglia de' Giudici ventimigliese per aver tenuto fede, durante la ribellione di Ventimiglia, agli impegni che la legge feudale impone al buon vassallo. Infatti il podestà  di Genova … in perpetuum feudi jure concedit a Oberto Iudex e ad alcuni dei suoi familiari annuas libras quindecim ianuenses (15 lire genovesi l'anno). I familiari sono Gherardo, suo fratello, Raimondo e Ottone, figli di Oberto, e Rinaldo e Ottone, suoi nipoti.

[N.d.A.] Da notare come in questo documento il fratello di Oberto Giudice venga prima riportato come Giroudus e poi come Giroldi, per cui dobbiamo ritenere che entrambi i nomi siamo varianti di Gherardo.

446✓

1223, aprile 6, Genova

Spino di Soresina, podestà di Genova, assegna alla casata dei Giudici una rendita annua perpetua di 15 lire in riconoscimento della fedeltà dimostrata da Oberto Giudici e dai suoi familiari al comune di Genova, in particolare durante la ribellione di Ventimiglia.

Feudum datum per comune Ianue Oberto Iudici de Vintimilio et eius heredibus de libris xv solvendis annuatim in perpetuum.

Ianue, in domo Fornariorum. Dominus Spinus de Surixina, Ianuensis civitatis potestas, laudavit quod Obertus Iudex de Vintimilio et Giroudus fratres et Raimundus, filius eiusdem Oberti, pro se et aliis de domo eorum, videlicet Ottone, filio eiusdem Oberti, et Rainaldo atque Ottoni, nepotibus Oberti et Giroldi dicti, de cetero habeant et percipiant et habere et percipere debeant a comune Ianue nomine feudi in perpetuum et eorum heredes annuatim libras quindecim ianuinorum et quod comune Ianue dictas libras quindecim annuatim ad kalendas aprilis eis ut supra dare et solvere teneatur. Quod ideo factum est quoniam cum predicti Iudices comuni Ianue fideliores pre ceteris Vintimiliensibus extitissent et multa gra<ta> servitia impendissent et maxime tempore quo Vintimilienses rebelles extiterunt Ianuensi comunitati, quo tempore dicti Iudices comuni Ianue obedientes extiterunt et possessiones proprias relinquentes pro servitio dicti comunis Vintimiliensibus guerram fecerunt usquequo extiterunt rebelles, placuit dicte potestati et consilio civitatis Ianue et insuper ultra hominibus quatuor per compagnam, pro remuneratione predictorum servitiorum, prefatis Iudicibus ut supra concedere ex parte comunis Ianue et laudare et de predictis libris quindecim annuatim eis dandis ut supra eosque ex parte comunis Ianue investivit. Testes Oliverius scriba, Iohannes Portonarius et Martinus Tornellus. Anno dominice nativitatis millesimo ducentesimo vigesimo tercio, indictione decima, sexto die intrantis aprilis.

(S.T.) Ego Bonusvassallus Caligepallii notarius, iussu supradicte potestatis, scripsi.

Ego Opiço Willelmi Guertii subscripsi.

Honorato Bolleto subscripsi.

(S.T.) Ego Lantelmus, notarius sacri palatii, hoc exemplum, de mandato domini Pegoloti Ugutionis de Girardinis, civitatis Ianue potestatis, extraxi et exemplavi ab autentico et originali instrumento seu laude scripto vel scripta manu Bonivassallie Caligepalii sicut in eo vidi et legi, nichil addito vel diminuto nisi forte littera vel sillaba, titulo seu puncto, absque ulla mutatione, corruptione seu diminutione ditionum vel sensus, ad quod corroborandum, iussu dicte potestatis, propria manu subscripsi.

Società Ligure di Storia Patria,
«I Libri Iurium della Repubblica di Genova»,
Vol I/2, a cura di Dino Puncuh,
Genova 1996,
pagg. 471-473.

Sulla convenzione fra il conte di Maro e Genova

16 settembre 1233

Raimondo Giudice è testimone in un atto del 16 settembre 1233 col quale il conte di Maro stipula una convenzione col comune di Genova.

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1233, settembre 16, Genova

Raimondo, conte del Maro, anche a nome del fratello Filippo, ed il comune di Genova stipulano una convenzione.

Conventio Raimundi et Philipi, comitum de Macro, facta tempore domini Pecoloti, potestatis Ianue.

Ego Raimundus, comes de Macro, pro me et Philippo, comite de Macro, promitto et convenio vobis domino Pegoloto Ugueçonis de Girard(ino), Ian(uensium) potestati, recipienti nomine et vice comunis Ianue, quod de cetero in perpetuum ego et successores mei expendemus in collectis comunis Ianue pro libris ccc ianuinorum pro castro de Macro et castellania eius et tam pro terris quam hominibus et quod faciam et curabo quod dictus comes Philipus et successores eius de cetero in perpetuum expendent similiter in dictis collectis comunis Ianue pro libris dcc ianuinorum pro infrascriptis terris et hominibus earum, videlicet pro Conio cum castellania eius et pro villa Aurigi et pro Vesinasco et Chisce cum suis castellaniis et pro Lavina cum sua castellania et pro Cena et Petralata Suprana cum sua castellania et pro eo quod habet in valle Unegie. Item promitto et convenio et faciam quod si comune Ianue fecerit exercitum vel cavalcatam per terram, facient homines mei et comitis Philippi de dictis locis nostris exercitum et cavalcatam et ibunt et stabunt in eo exercitu vel cavalcata sicut ceteri de Riveria qui facient exercitum et cavalcatam pro comuni Ianue et quod ibimus nos in eo exercitu vel cavalcata. Et si ire non posset aliquis ex nobis, mittet per se ydoneum cambium. Item promitto et convenio quod si comune Ianue fecerit armamentum galearum decem, dabimus in eo ego homines tres et comes Philipus homines quinque nostris expensis et si plus armaret ad eandem rationem et si minus usque in sex ad eandem rationem et a sex infra nichil, salvo quod si ego vel dictus comes Philipus pro aliqua possessionum deberet expendere in Albingana, quod per predicta non fieret in eo preiudicium. Item promitto et convenio quod omnes rectores omnium locorum predictorum, tam mei quam dicti Philippi, iurabunt annuatim deveta generalia comuni Ianue et specialiter de facto salis in voluntate comunis Ianue vel eius missi. Item promitto quod per me et dictum Philipum et successores nostros fiet ratio in Ianua civibus ibi habitantibus super contractibus et obligationibus futuris et nascituris tantum et de contractibus in Ianua factis hinc retro. Item promitto quod aliquem forestatum per comune Ianue non receptabo nec comes Philipus nec receptari permittemus in ipsis locis. Item concedo et faciam et curabo quod comes Philipus concedat comuni Ianue quod ipsum comune possit hominibus ipsorum locorum banna imponere et exigere si comuni predicta vel aliquod predictorum fecerit. Predicta omnia et singula pro me et dicto comite Philippo promitto et convenio vobis potestati predicte, pro comuni Ianue recipienti, attendere et observare et observari facere per dictum comitem Philipum et successores nostros in perpetuum et promitto me facturum et curaturum quod comes Philipus predicta observabit que pro eo promisi et quod inde simili modo se obligabit comuni Ianue et pro predictis omnibus et singulis observandis bona mea habita et habenda vobis pro comuni Ianue pignori obligo et ut supra per omnia continentur1, tactis evangeliis, attendere et observare et non contravenire.

Ad hocm nos dictus Pegolotus, Ian(ue) potestas, nomine et vice comunis Ianue et de voluntate consiliatorum Ianue, more solito per cornu et campanam convocatorum, et insuper hominum duodecim per compagnam et eorum consensu et auctoritate, recipimus te Raimundum comitem et comitem Philipum suprascriptum et heredes vestros in cives Ianue ita quod non teneamini facere rationem in Ianua nisi civibus Ianue tantum ibi habitantibus super contractibus tantump futuris et nascituris et de contractibus in Ianua factis hinc retro. Item promittimus tibi, pro te et dicto comite Philippo, quod ultra quam dictum est comune Ianue vel aliquis pro comuni non petet vel exiget in dictis terris et hominibus contra voluntatem vestram et heredum vestrorum, salvis devetis generalibus comunis Ianue et salvo quod non debeat ibi aliquis forestatus per comune Ianue receptari et salvo quod comune possit hominibus ipsorum locorum banna imponere et exigere si contra predicta vel aliquod predictorum fecerint. Item promittimus tibi, pro te et dicto nomine, quod comune Ianue destruet bona fide rassas et iuras presentes et futuras hominum ipsorum locorum et regimine presentia et futura facta et facienda per ipsos homines inter eos que facere non consueverunt. Item promittimus quod comune Ianue non manutenebit ipsos homines vel aliquos ex eis contra vos supradictos vel heredes vestrosq. Item promittimus quod si homines ipsorum locorum vellent esse rebelles his que per te superius promissa sunt comuni Ianue, quod comune Ianue dabit fortiam ad ipsos homines ad predicta facienda compellendos. Predicta omnia et singula pro comuni Ianue promittimus tibi, tuo nomine et nomine dicti comitis Philipi et heredum vestrorum, attendere et observare et non contravenire de beneplacito et auctoritate dicti consilii Ianue et insuper hominum duodecim per compagnam et sub obligatione bonorum ipsius comunis. Plura fiant instrumenta eiusdem tenoris. Actum Ianue, in domo illorum de Volta. Testes Ansaldus Falamoneca, Bonvassallus Sardena, Manuel Aurie, Sorleonus Piper, Ansaldus Mallonus, Porchetus Streiaporcus, Iohannes Guertius, Ansaldus Bolletus, Willelmus Ventus, Willelmus Pictavinus et Raimundus Iudex de Vintimilio. xvi° die septembris, inter nonam et vesperas.

(S.T.) Ego Lantelmus, notarius sacri palatii, hoc exemplum, de mandato domini Guillelmi de Guilienfono, iudicis et assessoris domini Romedei Rusche, Ianuen(sium) potestatis, extraxi et exemplavi de quodam papiro sive cartuiario inbreviaturarum Bonivassalli Caligepalii, quod exemplum fecit et testavit inter partes et secundum quod in eo vidi et legi per omnia contineri, nichil addito vel diminuto nisi forte littera vel sillaba, titulo seu puncto, iussu dicti iudicis, ad ipsum corroborandum propria manu subscripsi.

Società Ligure di Storia Patria,
«I Libri Iurium della Repubblica di Genova»,
Vol I/2, a cura di Dino Puncuh,
Genova 1996,
pagg. 474-477.

Sulla convenzione fra Anselmo di Lingueglia e Genova

12 settembre 1233

Raimondo Giudice è testimone in un atto del 12 settembre 1233 col quale Anselmo di Lingueglia stipula una convenzione col comune di Genova.

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1233, settembre 12, Genova

Anselmo di Lingueglia, anche a nome di suo padre Bonifacio e del consanguineo Giacomo di Casanova, stipula una convenzione col comune di Genova.

Conventio dominorum de Vinguilia facta tempore domini Pegoloti, tunc potestatis Ianue.

Ego Anselmus de Linguilia, pro me et domino Bonifacio, patre meo, et pro Iacobo de Casanova, consanguineo meo, promitto et convenio vobis domino Pegoloto Ugueçonis de Girardino, Ianuensium potestati, recipienti nomine et vice comunis Ianue, quod de cetero in perpetuum pater meus dictus et ego et successores nostri expendemus in collectis comunis Ianue pro libris septingentis quinquaginta ianuinorum pro castris, villis et hominibus infrascriptis, videlicet pro castro Velego cum castellania et pro Monte Calvo et pro Condegna et pro Casanova cum castellania et pro Podio Buterio et pro Garlanda cum castellania et pro eo quod habemus in valle Vellomi et pro eo quod habemus in Andoria et Castellanello et valle Andorie et pro medietate castri Roche Corvarie et castellania, salva fidelitate marchionum Cravexane in ipsa Rocha et conventione Albingane sive comunis Ianue pro Albingana et pro eo quod habemus in Vaesalego et in Lavina et in Linguilia et Castellario et conventionis Linguilie et Castellarii tam pro ipsis terris quam pro hominibus. Item promitto me facturum et curaturum quod Iacobus de Casanova de cetero in perpetuum ipse et successores eius expendent in collectis comunis Ianue pro libris CCL pro castro Maremi et castellania et pro eo quod habet in Linguilia et Castellario et valle Andorie tam pro ipsis terris quam hominibus. Item promitto et convenio quod si comune Ianue fecerit exercitum vel cavalcatam per terram, facient homines nostri et patris mei de dictis locis nostris exercitum et cavalcatam et ibunt et stabunt in eo exercitu vel cavalcata sicut ceteri de riveria qui facient exercitum et cavalcatam pro comuni Ianue et unus ex nobis ibit in exercitum vel cavalcatam et si ire non poterit, mittet pro se ydoneum cambium et quod faciam et curabo quod Iacobus de Casanova per se et homines suos de dictis locis suis similiter facient. Item promitto et convenio quod si comune Ianue fecerit armamentum galearum decem, dabimus pater meus et ego et Iacobus de Casanova in eo homines septem ad expensas nostras et si plus armaverit ad eandem rationem et si minus usque in sex per eandem rationem et a sex infra nichil, salvo quod si nos vel Iacobus dictus pro aliqua possessione dictarum deberemus expendere in Albingana, quod per predicta non fieret in eo preiudicium. Item promitto et convenio quod homines rectores omnium locorum predictorum tam patris mei quam dicti Iacobi iurabunt annuatim deveta generalia comunis Ianue et specialiter de facto salis in voluntate comunis Ianue vel eius missi. Item promitto quod per me et patrem meum et successores nostros et me facturum quod per ipsum Iacobum et successores eius faciemus et fiet ratio in Ianua civibus tantum ibi habitantibus super contractibus et obligationibus futuris et nascituris tantum et de contractis in Ianua factis hinc retro. Insuper promitto quod aliquem forestatum per comune Ianue non receptabimus nec ipse Iacobus in dictis locis nec receptari permittemus. Item concedo et faciam et curabo quod pater meus et dictus Iacobus concedent comuni Ianue quod ipsum comune possit hominibus ipsorum locorum banna imponere et exigere si contra predicta vel aliquod predictorum fecerint. Predicta omnia pro me et dicto nomine et singula promitto et convenio vobis potestati predicte, pro comuni Ianue recipienti, attendere et observare et observari facere per patrem meum et per me et successores nostros et per ipsum Iacobum et eius successores in perpetuum et promitto me facturum et curaturum quod dictus Iacobus et pater meus predicta observabit que pro eis promisi et quod inde simili modo se obligabunt comuni Ianue et pro predictis omnibus et singulis observandis bona mea habita et habenda vobis, pro comuni Ianue recipienti, pignori obligo et ut supra per omnia continetur iuro tactis evangeliis attendere et observare et non contravenire.

Ad hec nos dictus Pegolotus, Ian(ue) potestas, nomine et vice comunis Ianue et de voluntate consiliatorum Ianue more solito per cornu et campanam convocatorum et insuper hominum duodecim per compagnam et eorum consensu et autoritate, recipimus te Anselmum et Bonifacium patrem tuum et heredes vestros et dictum Iacobum et eius heredes in cives Ianue ita quod non teneamini facere rationem in Ianua nisi civibus Ianue tantum ibi habitantibus super contractibus et obligationibus tantum futuris et nascituris et de contractibus in Ianua factis hinc retro. Item promittimus tibi, pro te et dicto patre tuo et pro dicto Iacobo, quod ultra quam dictum est comune Ianue vel aliquis pro comuni non petet vel exiget in dictis terris et hominibus contra voluntatem vestram et heredum vestrorum, salvis devetis generalibus comunis Ianue et salvo quod non debeat ibi aliquis forestatus per comune Ianue receptari et salvo quod comune Ianue possit hominibus ipsorum locorum banna imponere et exigere si contra predicta vel aliquod predictorum fecerint. Item promittimus tibi pro te et dicto nomine quod comune Ianue destruet bona fide rassas et iuras presentes et futuras hominum ipsorum locorum et regimina presentia et futura facta et facienda per ipsos homines inter eos que facere non consueverunt. Item promittimus quod comune Ianue non manutenebit ipsos homines vel aliquem ex eis contra vos supradictos vel heredes vestros. Item promittimus quod si homines ipsorum locorum vel aliqui ex eis vellent esse rebelles his que per te superius promissa sunt comuni Ianue, quod comune Ianue dabit fortiam ad ipsos homines ad predicta facienda compellendos. Predicta omnia et singula, pro comuni Ianue et nomine comunis Ianue, promittimus tibi, tuo nomine et nomine patris tui et nomine suprascripti Iacobi et heredum vestrorum, attendere et observare et non contravenire de beneplacito et auctoritate dicti consilii Ianue et insuper hominum duodecim per compagnam et sub obligatione bonorum ipsius comunis. Actum Ianue, in domo illorum de Volta. Testes Ansaldus Fallamonica, Bonusvassallus Sardena, Manuel Aurie, Sorleonus Piper, Ansaldus Mallonus, Porchetus Streiaporcus, Iohannes Guercius, Ansaldus Bolletus, Willelmus Ventus, Willelmus Pictavinus et Raimundus Iudex de Vintimilio, duodecimo die septembris, inter nonam et vesperas, M°CC°XXX°III°, indictione V. Et inde plura instrumenta fiant eiusdem tenoris.

(S.T.) Ego Lantelmus, notarius sacri palatii, hoc exemplum, de mandato domini Willelmi de Guiliençono, iudicis et assessoris domini Romedei Rusche, civitatis Ianue potestatis, extraxi et exemplavi de foliatio sive cartulario imbreviationum domini Bonivassalli Caligepallii, quod exemplum fecit et testavit coram partibus ut eius littera edocebat, secundum quod in eo vidi et legi per omnia contineri, nichil addito vel diminuto nisi forte littera vel sillaba, titulo seu puncto, absque ulla mutatione, corruptione seu diminutione ditionum vel sensus et ad ipsum corroborandum, iussu dicti iudicis, propria manu subscripsi.

Società Ligure di Storia Patria,
«I Libri Iurium della Repubblica di Genova»,
Vol I/3, a cura di Dino Puncuh,
Genova 1998,
pagg. 28-31.