Data di nascita

?

Periodo di riferimento

1472

Data della morte

?

Cosa si sa

Ottobono de Judicibus e Onorato Galleano furono inviati dal Comune di Ventimiglia nel 1472 a compiere un'importante ambasciata presso Galeazzo Maria Sforza Visconte, Duca di Milano.

Francesco Andrea Bono,
«La Nobiltà Ventimigliese»,
Forni Editore Bologna,
pag. 24.

Non conosciamo il luogo e la data della morte.

Attenzione: sia il Bono che altre fonti riportano erroneamente il nome di Onorato de Judicibus invece che Ottobono, confondendo il de Judicibus con il Galleani. Grazie alla pergamena originale, in possesso di Giorgio Galleani di Ventimiglia, sappiamo che il nome corretto è Ottobono.

Fonti

…[omissis]…
I Grimaldi già da lungo tempo si erano conciliate le simpatie dei cittadini ventimigliesi, ora acquistando considerevoli beni stabili nelle località di Siestro e di Mortola, ora concedendo imprestiti di somme di danaro al Comune, ora finalmente tenendo impiegati nei principali uffici i membri delle più insigni famiglie, quali i De-Giudici, i Lanteri, i Manchelli, gli Aprosio e i Massa.
…[omissis]…
Nel 1472, ridotta nuovamente Ventimiglia sotto la dominazione del duca di Milano, ebbe per comandante Giovanni Francesco De-Arcelli, sotto il quale Onorato Galleani e Ottobono De-Giudici si portarono nella capitale lombarda, per ottenere le concessioni di alcuni provvedimenti, che si riferivano al governo della città.

Nicolò Peitavino,
Intemelio
«Conversazioni storiche, geologiche e geografiche
sulla città e sul distretto Intemeliese»
Savona, Stab. Tipografico Ricci, 1923,
pagg. 175-176.

I Nobili Nicolo Galleano, Antonio Gibelli, Onorato Galleano e Ottobono De Giudici vengono, negli anni 1464, 1470 e 1495, spediti a Lodovico e Galeazzo Sforza Duchi di Milano e Signori a què tempi di Vintimiglia, per domandar la conferma de Privilegi della lor Patria e l’ottengono.

Girolamo Rossi,
«Notizie storiche e genealogiche sulla Famiglia dei Galleani Di Ventimiglia»,
Lodi, C. Della’Avo, 1875.

L’anno 1472, essendo capitano e commissaro ducale in Ventimiglia Giovanni Francesco De-Arcelli, già dei signori di Piacenza, recavansi inviati a Milano Onorato Galliano e Ottobono De-Giudici per ottenere da Galeazzo Maria Sforza alcune concessioni che riguardavano il governo della città, circa cioè la provvisione del capitano e delle soldatesche che erano di presidio, intorno l’uso di portar armi, la nomina di annuali sìndicatori e la erezione di una scrivania: cose tutte concesse il giorno 5 maggio.

Girolamo Rossi,
«Storia della Città di Ventimiglia
dalle sue origini sino ai nostri tempi»,
Torino, 1839, Tip. Cerutti, Derossi e Dusso,
pag. 161.

La pergamena originale

La pergamena originale fa attualmente parte dell'Archivio Galleani.

La pergamena originale
La pergamena originale
La pergamena originale(dettaglio)
Dettaglio della pergamena originale

Per gentile concessione di
Giorgio Galleani di Ventimiglia.

Traduzione

Galeazzo Maria Sforza Visconti Duca di Milano e di Pavia e di Anglesia, Conte e Signore di Genova e di Cremona: essendo testè venuti a noi i nobili Onorato Galeano e Ottobono de Judicibus Oratori del Comune della città di Ventimiglia a nome dello stesso Comune, avendo fatto a noi le proprie domande rispondemmo a ciascuna come prima abbiamo stabilito dapprima dei quattro tributi delle quali non è obbligato il comune delle detta città secondo i patti suoi e consuetudini dai quali con grande istanza domandano di essere liberati dal pagamento, secondo la commissione loro imposta li accontentiamo e ci compiacciamo che a quel Comune non si metta l'agrario per i sopradetti quattro tributi e provvederemo in altro modo al pagamento del Castellano. Similmente, affinché a quel Comune e agli uomini non venga a soffrire qualche cosa di ingiusto nell'affare delle condanne per mezzo del commissario della detta città presente o futuro sia per qualunque altro ufficiale abbiamo scritto nei giorni passati opportunamente al Capitano e Commissario nostro della stessa nostra città che soprassegga dal procedere ulteriormente nella materia delle predette condanne.

Similmente siccome una volta sorsero delle grida e dei bandi che proibivano ad ognuno di portare armi per tutto il territorio e Signoria di Genova e che non si portino soprattutto per quella detta città, ma similmente fuori. Si domanda e si richiede anche per i magnifici Signori Deputati si dichiara che ogniqualvolta avvenga che qualcheduno della predetta città o qualche distretto del luogo sia nel Dominio di Genova sia che si vada in qualche altro luogo, si possa portare armi con tutti i buoni rispetti come suole essere di costume e di consuetudine. Nella città non si permette di portare armi se non all'arbitrio dell'Illustrissimo Principe e dei suoi ufficiali.

Scriveremo opportunamente al predetto Capitano nostro che permetta di portare armi oneste a chiunque passeggero e a quelli che vanno da un luogo all'altro per il distretto della nostra città, purchè depongano le armi quando si avvicinano a quelle località alle quali loro tocca di andare. Similmente quando in esse località sono giunti osservino gli ordini e gli statuti e le solenni consuetudini del prezzo e della mercede da pagare ai soldati a coloro che per i debiti o per altro qualsivoglia delitto siano stati imprigionati e che gli stessi soldati per causa di queste non oltrepassino gli ordini e le consuetudini, e si domanda e si richiede che a queste non contravvengano e che si concedano lettere di mandato agli officiali tanto presenti quanto qualsivoglia futuro che non permettano che quei soldati dagli altri abitanti della città di domandare o di esigere se non quanto comunemente e sempre permetterono di conservare.

Comandiamo che si conservino gli ordini e gli statuti e le consuetudini predette della città sopranominata, e così abbiamo scritto che si sospenda opportunamente al predetto Capitano e Commissario nostro. Similmente come è lodevole consuetudine e onore dell'Illustrissimo Principe e dignità dello stato che ogni anno per quella riviera occidentale si mandi un Commissario che rivederà in che modo si siano diportati gli officiali. Si domanda e si ricerca da voi maestri e Signori Deputati con pubblico Statuto si deliberi e ogni anno si mandi un Commissario a ciascuno dei luoghi predetti della Riviera a spese di tutti i Comuni.

Decretiamo che questa memoria circa il mandare il Commissario ogni anno a giudicare tutti gli ufficiali nostri di quelle parti si eseguisca. E così già avevamo decretato di fare e totalmente provvederemo. Similmente poiché vè tra noi la consuetudine e il decreto e al nostro podestà o Capitano si diano ogni anno trecento Genovine. Si domanda e si richiede anche che ogniqualvolta a lui tocchi secondo il suo ufficio pronunziare una sentenza non possa domandare alcuna soddisfazione o mercede eccettuato quelle che sono secondo i costumi e le consuetudini usate.

Scriveremo al Capitano e al Commissario che si faccia secondo la consuetudine. Similmente siccome nel tempo passato due oratori di quella città di Ventimiglia domandarono la scrizione della predette città per il Comune di cui parlarono nel Consiglio. E avuto riguardo alle benemerenze delle stesso comune si domanda e si richiede supplicando come fu assegnato e poiché quel Comune per molteplici oneri sembra che sia stato benemerito si assegni la detta iscrizione e per essa si facciano le pratiche. Non ci ricordiamo di aver mai conceduto né promesso la detta iscrizione a loro ma volentieri a loro compiaceremmo se non avessimo provveduto altrimenti della detta iscrizione.

Dato e consegnato sotto la fede del nostro sigillo il giorno 5 di Maggio dell'anno 1472.

Traduzione a cura del
conte Giovanni Battista Galleani di Ventimiglia.

Traduzione

Galeazzo Maria Sforza Visconti Duca di Milano e di Pavia e di Anglesia, Conte e Signore di Genova e di Cremona: essendo testè venuti a noi i nobili Onorato Galeano e Ottobono de Judicibus Oratori del Comune della città di Ventimiglia a nome dello stesso Comune, avendo fatto a noi le proprie domande rispondemmo a ciascuna come prima abbiamo stabilito dapprima dei quattro tributi delle quali non è obbligato il comune delle detta città secondo i patti suoi e consuetudini dai quali con grande istanza domandano di essere liberati dal pagamento, secondo la commissione loro imposta li accontentiamo e ci compiacciamo che a quel Comune non si metta l'agrario per i sopradetti quattro tributi e provvederemo in altro modo al pagamento del Castellano. Similmente, affinché a quel Comune e agli uomini non venga a soffrire qualche cosa di ingiusto nell'affare delle condanne per mezzo del commissario della detta città presente o futuro sia per qualunque altro ufficiale abbiamo scritto nei giorni passati opportunamente al Capitano e Commissario nostro della stessa nostra città che soprassegga dal procedere ulteriormente nella materia delle predette condanne.

Similmente siccome una volta sorsero delle grida e dei bandi che proibivano ad ognuno di portare armi per tutto il territorio e Signoria di Genova e che non si portino soprattutto per quella detta città, ma similmente fuori. Si domanda e si richiede anche per i magnifici Signori Deputati si dichiara che ogniqualvolta avvenga che qualcheduno della predetta città o qualche distretto del luogo sia nel Dominio di Genova sia che si vada in qualche altro luogo, si possa portare armi con tutti i buoni rispetti come suole essere di costume e di consuetudine. Nella città non si permette di portare armi se non all'arbitrio dell'Illustrissimo Principe e dei suoi ufficiali.

Scriveremo opportunamente al predetto Capitano nostro che permetta di portare armi oneste a chiunque passeggero e a quelli che vanno da un luogo all'altro per il distretto della nostra città, purchè depongano le armi quando si avvicinano a quelle località alle quali loro tocca di andare. Similmente quando in esse località sono giunti osservino gli ordini e gli statuti e le solenni consuetudini del prezzo e della mercede da pagare ai soldati a coloro che per i debiti o per altro qualsivoglia delitto siano stati imprigionati e che gli stessi soldati per causa di queste non oltrepassino gli ordini e le consuetudini, e si domanda e si richiede che a queste non contravvengano e che si concedano lettere di mandato agli officiali tanto presenti quanto qualsivoglia futuro che non permettano che quei soldati dagli altri abitanti della città di domandare o di esigere se non quanto comunemente e sempre permetterono di conservare.

Comandiamo che si conservino gli ordini e gli statuti e le consuetudini predette della città sopranominata, e così abbiamo scritto che si sospenda opportunamente al predetto Capitano e Commissario nostro. Similmente come è lodevole consuetudine e onore dell'Illustrissimo Principe e dignità dello stato che ogni anno per quella riviera occidentale si mandi un Commissario che rivederà in che modo si siano diportati gli officiali. Si domanda e si ricerca da voi maestri e Signori Deputati con pubblico Statuto si deliberi e ogni anno si mandi un Commissario a ciascuno dei luoghi predetti della Riviera a spese di tutti i Comuni.

Decretiamo che questa memoria circa il mandare il Commissario ogni anno a giudicare tutti gli ufficiali nostri di quelle parti si eseguisca. E così già avevamo decretato di fare e totalmente provvederemo. Similmente poiché vè tra noi la consuetudine e il decreto e al nostro podestà o Capitano si diano ogni anno trecento Genovine. Si domanda e si richiede anche che ogniqualvolta a lui tocchi secondo il suo ufficio pronunziare una sentenza non possa domandare alcuna soddisfazione o mercede eccettuato quelle che sono secondo i costumi e le consuetudini usate.

Scriveremo al Capitano e al Commissario che si faccia secondo la consuetudine. Similmente siccome nel tempo passato due oratori di quella città di Ventimiglia domandarono la scrizione della predette città per il Comune di cui parlarono nel Consiglio. E avuto riguardo alle benemerenze delle stesso comune si domanda e si richiede supplicando come fu assegnato e poiché quel Comune per molteplici oneri sembra che sia stato benemerito si assegni la detta iscrizione e per essa si facciano le pratiche. Non ci ricordiamo di aver mai conceduto né promesso la detta iscrizione a loro ma volentieri a loro compiaceremmo se non avessimo provveduto altrimenti della detta iscrizione.

Dato e consegnato sotto la fede del nostro sigillo il giorno 5 di Maggio dell'anno 1472.

Traduzione a cura del
conte Giovanni Battista Galleani di Ventimiglia.