Data di nascita

?

Periodo di riferimento

1415-1435

Data della morte

?

          

Cosa si sa

Dujam de Judicibus (Doimo, Domnius, Duje, Giudici, Lucari, Lucaris, Lukarić, Splićanin). Riportato anche come Dujam II.

Arcivescovo di Spalato (seconda metà del XIV secolo, parte ungherese dell'impero Austroungherese). Fu l'ultimo arcivescovo dell'era pre-veneziana. Discendente dell'antica famiglia spalatina Lukaric. Servì come arcidiacono quando il Capitolo di Spalato lo nominò Vicario del Capitolo dopo la morte dell'arcivescovo Peregrinus l'Aragonese nel 1409. Subito dopo, l'11 agosto 1410, fu eletto arcivescovo all'unanimità.

Arch. Segr. Vat., registri di papa Giov. XXIII

Papa Giovanni XXIII accettò inizialmente il risultato della votazione (1410), ma in seguito cercò di riportare indietro l'arcivescovo A. Benzi che era fuggito revocando così l'incarico a Dujam nel 1411, al quale si dà beneficio della sede di Tebe. Al suo posto nominò Petar X. Diskovic, allora Vescovo di Faenza. La cosa non piacque né ai cittadini di Spalato, né al Re, Sigismondo. Così Dujam continuò a dirigere l'Arcivescovado di Spalato come Vicario del Capitolo e come “Arcivescovo eletto”, non confermato dal Papa.

Nel frattempo divenne amico del Re e spese sei mesi presso la corte reale nel 1413 come capo della delegazione di Spalato che partecipò alla rivolta per rovesciare H. Vukcic Hrvatinic, Duca di Spalato.

Dopo che l'ex-Arcivescovo di Spalato A. Benzi divenne il capo dell'arcivescovado kalocko-backa, Dujam ottenne, senza incontrare alcuna opposizione, il supporto prima del Re e poi dello stesso Papa, diventando finalmente Arcivescovo di Spalato anche nei confronti della Chiesa l'11 dicembre 1415.

…[omissis]… 11.XII.1415 se obligavit de novo ut aepiscopus spaletensis …[omissis]…

Arch. Segr. Vat., Obl. 56, f. 129
C. Eubel, Hierarchia catholica medii aevi I, Monasterii 1913, 460

Daniele Farlato, nel suo Illyrici Sacri, riferisce di un documento che riporta come Dujam ed il Capitolo affidarono a Nikola Tvrdoja la riparazione della campana meridionale della Cattedrale di Spalato e più tardi anche il completamento della stessa cattedrale.

Come Spalato passò sotto Venezia nel 1420, insoddisfatto della cosa e ancora leale a Re Sigismondo, Dujam lasciò Spalato definitivamente e andò a vivere in Ungheria dove rimase fino alla morte, mantenendo tuttavia il titolo di Arcivescovo di Spalato. Il suo nome può essere trovato in una lista di vescovi facenti parte del Sabor Croato (membri Reali e appartenenti al Clero) alla quale fu aggiunto nel 1435.

[N.d.A.] Questo punto è importante: a Dujam i veneziani non piacciono, quindi non veniva da Venezia. Fosse stato genovese la cosa si sarebbe spiegata benissimo. Da approfondire.


Anche in:

Dujam II. de Judicibus (lat. Domnius Lucari ili Doimo Lucaris) podrijetlom je iz stare splitske plemićke obitelji Lukarić (Luccari). Nakon smrti splitskog nadbiskupa Peregrina Aragonca 1409. godine splitski Kaptol povjerio mu je službu kaptolskog vikara, a odmah potom ga gotovo jednoglasno izabrao za novog nadbiskupa, ali papa Ivan XXIII. nije htio prihvatiti taj izbor te je na splitsku nadbiskupsku stolicu ustoličio Petra X. Diškovića s Paga. S time se nisu slagali ni Splićani ni kralj Sigismund Luksemburški koji su ostali pri svom izboru, pa je stoga Dujam II. šest godina upravljao splitskom nadbiskupijom kao kaptolski vikar i samo kao izabrani nadbiskup. U međuvremenu se Dujam II. sprijateljio s kraljem Sigismundom, na čijem je dvoru boravio nekoliko mjeseci tijekom 1413. godine. Nakon što je nekadašnji splitski nadbiskup Andrija Benzi postao kaločko-bačkim nadbiskupom, Dujam II. 1415. zaređen je za splitskog nadbiskupa. Kada je Split 1420. godine priznao mletačku vlast, Dujam je, nezadovoljan ishodom događaja, zauvijek napustio Split te ostatak života proveo u Ugarskoj, noseći i dalje naslov splitskog nadbiskupa. Zadnji put spominje se 1435. godine među imenima biskupa koji su bili u državnom saboru u Požunu. Nadbiskup Dujam II. posljednji je splitski nadbiskup iz predmletačkog razdoblja i zadnji Splićanin na nadbiskupskoj stolici.

Grga Novak,
«Povijest Splita»,
vol. I, Split, 1957.,
pagg. 371-373.


LUCARI Doimo (detto pur de Judicibus), arcidiacono della chiesa di Spalato dopo la morte dell'Arcivescovo Peregrino di Aragona fu eletto dal Capitolo prima vicario generale, indi a suo successore (1409). Portò il titolo Archielecti per sette anni, sia a cagione dello scima Pontificio a quell' epoca insorto, sia perchè Giovanni XXIII. denegandogli l'approvazione, da se eleggeva a tale dignità Pietro da Pago vescovo di Faenza. Sigismondo poi, arrogando a se il diritto d'eleggere i vescovi dalmati, sceglieva un terzo, cioè Andrea Gualdo, dirigendo uno scritto a que' vescovi in cui comandava loro, lo riconoscessero a loro Metropolita ed Arcivescovo di Spalato. Ma Sigismondo indi a poco ricevè in sua grazia Doimo, sia che Andrea se ne morisse, sia che volesse soddisfare i Spalatrini. E Doimo in quel torno fu mandato a Sigismondo in qualità di legato per otteonere la conferma de' privilegi e l'annullamento delle leggi gravose a Spalato emesse da Hervoja. E ne riportò faverovole risultato (1413). Giovanni XXIII. durante il concilio di Costanza annuì alla preghiera di Sigismondo, e confermò Dojmo nella dignità Arcivescovile di Spalato. Sotto di lui si fabricò il campanile della Metropolitana; ed egli stesso si prestò e con denaro e coll' ingegno affinchè l'opera riescisse qual è, insigne, sotto la direzione del valentissimo architetto Spalatrino Nicolò Tverdoi (1416). A quest' epoca eziandio, avendo Sigismondo prestato soccorsi di truppe a Lodovico Techio Patriarca d'Aquileja allora in guerra co' Veneti, e fortificata Traù, infestando il mare colle sue triremi, venne in Dalmazia Pietro Loredano. Gli Spalatrini, disperando d'ogni soccorso ungarico, trovandosi Sigismondo involto in guerra cogli Ussiti in Boemia, per consiglio di tutto il popolo raccolto ne' comizi si diedero a' Veneti. Il che mal soffrendo Dojmo, che a Sigismondo era legato co' vincoli strettissimi d'affetto, di sua voglia depose la dignità arcivescovile (1420) e si recò alla Corte, ove fu accolto benignamente ed ebbe onorata pensione. Nel 1435 fu presente ai comizi di Presburgo e soscrisse gli atti col titolo di Arcivescovo di Spalato. Quando e dove cessasse di vivere, s'ignora.

Dizionario biografico degli uomini illustri della Dalmazia
compilato dall Ab. Simeone Gliubich di Città Vecchia
membro di parecchie accademie
Vienna 1856
Rod. Lechner Librajo dell'I.R. Università
Zara - Battara e Abelich Libraj

Lo stemma

Lo stemma di Dujam è inciso nella campana della cattedrale e sul sarcofago della madre nel peripterio.

Lo stemma sulla tomba della madre
Lo stemma sulla tomba della madre

Enciclopedia Biografica Croata, Vol. III, Zagabria 1993
Editore: Dipartimento lessicografico "Miroslav Krleza", pagina 671

…[omissis]… Lo stemma della famiglia Dujma de Judicibus, certo opera di Giorgio1, ora nella sezione V del Museo Spalatino. …[omissis]…

Adolfo Venturi, Jacqueline D. Sisson
Storia dell'arte italiana
Volume 6
pag. 1008

1 L'autore si riferisce a Giorgio di Matteo, detto anche Giorgio da Sebenico, Giorgio Orsini da Sebenico, o anche solo Giorgio Orsini, e in croato prevalentemente Juraj Dalmatinac (Zara, 1410 circa — Sebenico, 10 novembre 1475), scultore, architetto e urbanista dalmata.

[N.d.A.] L'autore parla di famiglia “Dujma de Judicibus”. Non è chiaro perché quel “Dujma” venga messo nel cognome. Da approfondire.


Lo stesso stemma si trova anche su un capitello della cattedrale, stretto fra le braccia di un angelo in pietra. In realtà si tratta di una replica: l'originale è nel museo della città.

Stemma su un capitello a forma di angelo (replica)
Lo stemma dell'Arcivescovo di Spalato Dujam II de Judicibus tra le braccia di un angelo su un capitello della cattedrale (replica).
Angelo originale con lo stemma
Lo stemma dell'Arcivescovo di Spalato Dujam II de Judicibus tra le braccia di un angelo nell'originale al Museo della Città di Spalato.

Illyrici Sacri

Opera

Illyrici Sacri di Daniele Farlato
Illyrici Sacri di Daniele Farlato

La principale fonte su Domnius de Judicibus è l'opera «Illyrici Sacri» di Daniele Farlato. Riportiamo qui di seguito il testo completo del capitolo dedicato a Dujam (o Domnius, in latino), divisa a sua volta in un'introduzione e sei sezioni. Copia del testo è stata cortesemente fornita dalla National Széchényi Libra di Budapest.

Trascrizione e traduzione sono di Dario de Judicibus.

Domnius de Judicibus
 Archiep. Spalat. LIV.

Domnius de Judicibus
 54° Arcivesc. Spalat.

Domnius de Judicibus ex familia Luccara Archiep. Electus .

Hunc ex illustri Luccarorum Spalatenſium familia ortum ſuiſſe Joannes Lucius tradit ; cui proinde , præter avitum Luccaræ gentis , alterum de Judicibus cognomen aliunde obvenerit neceſſe eſt. Archidiaconus Eccleſiæ Spalatenſis cum effet , poſt obitum Peregrini munus poteſtatemque Vicarii Capitularis eidem Canonici mandarunt , qui , dum Sedes Archiepiſcopalis vacaret , rem Ecclesſiaſticam adminiſtraret . Deinde vero cum Canonici ex antiquo iure & conſuetudine Comitia Epiſcopalia iniiſſerent , cunƈtis fere ſuffragiis Archiepiſcopus renunciatus eſt. Decembri menſe an. 1409. jam nomen Archiepiſcopi eleƈti gerebat , ſimulque Vicarii munere fungebatur ; idque declarat Chirographum ac teſtificatio pecuniæ acceptæ , quam Commune Spalatenſium pro decimis Eccleſiaſticis , fibi ab Andrea Gualdo elocatis , Archiepiſcopo & Eccleſiæ ſingulis annis ſolvere debebat .

Domnio, originario della famiglia Luccara di Spalato, viene eletto arcivescovo. Giovanni Luigi afferma che sia nato da questa famiglia illustre di Luccara di Spalato e che, oltre all'antico nome di famiglia di Luccara, abbia ricevuto il secondo cognome di de Judicibus da qualche altra parte. Quando era arcidiacono della Chiesa di Spalato, dopo la morte di Peregrino, i canonici gli affidarono il compito e il potere di Vicario Capitolare, con il quale avrebbe amministrato la questione ecclesiastica mentre la sede arcivescovile era vacante. Successivamente, i canonici, in base all'antico diritto e alla consuetudine, avevano avviato le elezioni episcopali e Domnio viene eletto arcivescovo con quasi tutti i suffragi. Nel mese di dicembre dell'anno 1409, già portava il titolo di arcivescovo eletto e contemporaneamente ricopriva il ruolo di Vicario. Ciò è dimostrato da un chirografo e da una testimonianza del denaro ricevuto, che la Comunità di Spalato doveva pagare annualmente all'arcivescovo e alla Chiesa per le decime elargite da Andrea Gualdo.

Domnio de Judicibus, appartenente alla famiglia Luccara, è stato eletto arcivescovo.

Chirographum Dominii & Capituli de pecunia pro decimis a Communi Spalaten. perſoluta .

1409. die 24. Decembris .
Dominus Duymus Eleƈtus Spalatenſis , & Vicarius per Capitulum diƈtæ Eccleſiæ deputatus , & gubernator Eccleſiæ ſupraſcriptæ , & ipſum Capitulum Spalatem. Eccleſiæ fuerunt confeſſi habuiſſe ac recepiſſe a ſ. Franc. Duymi Geremiæ Exaƈtore decimarum præſente , & nomine Communis præſentante , dante , & aſſignante Duc. Auri in auro duecentos ; & hoc pro decima debenda pro anno nunc elapſo per diƈtum Commune Archiepiſcopo & Eccleſiæ Spalaten. Juxta continentiam paƈtorum abitorum pro Commune cum Domino Archiepiſcopo olim Spalatenſi : ea propter fecerunt quietationem &c. Et ipsum Capitulum promiſit excalupniare Commune de diƈtis denariis , in caſu excalupniat , &c. Fiendæ , oblig. Aƈtum in Eccleſia S. Domnii præſentibus ſ. Antonio Johannis , Jacobo notario , & Fratre Ventura Cantore Ordinis S. Auguſtini teſtibus , & Lazarino teſte Examinatore .

24 dicembre 1409.
Il Signore Domnio, eletto vescovo di Spalato, e il Vicario designato dal Capitolo della suddetta Chiesa, e governatore della suddetta Chiesa, insieme al suddetto Capitolo della Chiesa di Spalato, confessano di aver ricevuto e accettato da San Francesco Duymi Geremia, l'Esattore delle decime presente e rappresentante il nome della Comunità, che ha donato e assegnato duecento pezzi d'oro per le decime dovute per l'anno appena trascorso da parte della suddetta Comunità al Arcivescovo e alla Chiesa di Spalato, secondo le disposizioni stabilite nei trattati stipulati tra la Comunità e il Signore Arcivescovo di Spalato. Per questo hanno fatto una quietanza, etc. E il suddetto Capitolo ha promesso di compensare la Comunità con i suddetti denari in caso di compensazione, etc. Atto obbligatorio compiuto nella Chiesa di San Domenico, alla presenza di San Antonio Giovanni, Giacomo notaio, e Frate Ventura cantore dell'Ordine di Sant'Agostino, testimoni, e Lazaro testimone esaminatore.

Atto di proprietà e Capitolo riguardo al pagamento delle decime da parte della Comunità di Spalato.

Ne poſſeſſionem Sedis Archiepiſcopalis adire poſſer , ſchiſma Pontificium obſtitit .

Domnius nomen Archieleƈti geſſit annos fere ſeptum , antequam Pontificia conſecratione initiari , & Sedis Srchiepiſcopalis poſſeſſionem adire potueſſit. Aliæ ex aliis cauſſæ impedimento fuerunt ; nam primum continuata illa rei Chriſtianæ diſtraƈtio , & pertinax illa contentio , quæ Gregorio XII. erat cum Benediƈto Pſeudo-pontifice , obſtitit quominus approbatio Sacerdotii Domnio collati ab Sedem Apoſtolica peti & obtineri poſſet ; præſertim cum anno 1409. poſt Concilium Piſanum Gregorius Roma abeſſet . Cum enim uterque ad colloquium ſchiſmatis toliendi cauſſa , ut promiſerant , venire detreƈtarent ; de ambobus in ordine cogendis Piſas convenere Cardinales , & Legati Principum utriuſque partis VIII. Kal. Aprilis . Utrique abrogatus eſt Pontificatus , & Alexander V. ſubleƈtus ex Ordine Fraciſcano Fratrum Minorum : quo faƈto nihil aliud aſſecuti ſunt , niſi ut tertium ad duos Pontifices adjicerent . Porro Gregorius in Carniam feu Forum Julium ſeceſſerat ; & alterum Concilium , quod Piſano opponeret , in Civitatem Auſtriæ convocavit : inde vero Neapolim ad Ladislavum Regem confugit . Alexander vero intra menſes decem , quam Pontifex declaratus fuerat . Bononiæ diem obiit ſupremus v. Nonas Maji an. 1410. Huic ſubrogatus eſt Joannes XXIII. Is primum quidem abdicationem Andreæ Gualdi , qui antes anno fere ſeptem injuſtu Sedis Apoſtolicæ Pontificarum Spalatenſem dimiſerat , legitimam fecit ; eumque vinculo fidei , & congiunƈtionis , quo aſtriƈtus erat Eccleſiæ Spalatenſi , rite exſolutum , an. 1410. Eccleſiæ Thebanæ Antiſtitem præpoſuit , ut diximus in ejus Aƈtis .

Domnio porta il titolo di arcivescovo per circa sette anni prima della consacrazione pontificia e prima di poter entrare in possesso della sede arcivescovile. Ci sono state molte ragioni per cui ciò è stato impedito; in primo luogo la continua distrazione della Chiesa e quella testarda contesa tra Gregorio XII e il falso pontefice Benedetto che hanno impedito la richiesta e l'ottenimento dell'approvazione del sacerdozio di Domnio da parte della Sede Apostolica, soprattutto poiché nel 1409, dopo il Concilio di Pisa, Gregorio lasciò Roma. Poiché entrambi avevano deciso di venire a un incontro per risolvere la scisma come avevano promesso, i cardinali di Pisa e i rappresentanti dei principi di entrambe le parti si incontrarono il 18 marzo per costringerli entrambi all'ordine. Il pontificato fu annullato per entrambi e il frate minore francescano Alessandro V fu scelto come successore. Gregorio si ritirò nella Carnia o Foro Giulio e convocò un altro Concilio che si opponesse a quello di Pisa nella città dell'Austria, ma poi fuggì a Napoli dal re Ladislao. Alessandro morì a Bologna dopo dieci mesi dalla sua dichiarazione come pontefice il 4 maggio 1410. Fu sostituito da Giovanni XXIII. In primo luogo, Giovanni legittimò l'abdicazione di Andrea Gualdi, che aveva abbandonato ingiustamente il pontificato della Sede Apostolica di Spalato circa sette anni prima, e lo liberò dal vincolo di fede e unione che lo teneva legato alla Chiesa di Spalato, come abbiamo detto nei suoi atti, e nel 1410 lo nominò vescovo della Chiesa Tebana.

Non poté accedere alla sede arcivescovile, perché uno scisma pontificio gli si oppose.

Joannes XXIII. Domnium renunciavit Archiepiſcopum Spalatenſem , & deinde Petrum de Pago ,

Deinde vero , cum Canonici Spalatenſes anno ſuperiori Domnium de Judicibus in Archiepiſcopum elegiſſent , nulla huius eleƈtionis ratione habita , ipſe auƈtoritate ſua eumdem nominavit & creavit Archiepiſcopum eodem ipſo die , quo Andream a Spalatenſi ad Thebanam Eccleſiam tranſtulit : id quod notatum invento in Tabulis Romanis Proviſionum Eccleſiarum , & Aƈtorum Conſiſtorialium . 10. Julii 1410. Abſolvit D. Andream A. Spalatenſem vinculo , quo dictæ Ecclesiæ tenebatur , ipſumque tranſtulit ad Eclleſiam Thebanam , ſicut præfertur , vacantem . Idem providit Eccleſ. Spalaten. ſicut præfertur vacantem , de perſona D. Diunii A. Diƈtæ Eccleſiæ . Maluit ſiquidem prudentiſſimus Pontifex Spalatenſibus , quem ipſi elegerant , Archiepiſcopum dare , quam hoc rejeƈto de jure eligendi cum Spalatenſibus contendere turbulentis illis temporibus , cum ſibi de Pontificatu acriorem contentionem cum Gregorio & Benediƈto futuram prævideret . Sed cum Sigiſmundus Rex Hungariæ eleƈtionem Domnii improbaret , Joannes Prætereundam non eſſe putavit hanc occaſionem ſibi oblata retinendi & uſurpandi juris pleni atque abſoluti eligendorum Antiſtitum , quod jamdudum Romani Pontifices ſibireſervare cœperant . Itaque abrogato Pontificatu , quem Capitulum Spalatenſe , quemque ipſe Domnio detulerat , Petrum de Pago Epiſcopum Faventiæ nominavit Archiepiſcopum Spalatenſem , eique a Faventina ad Spalatenſem Eccleſiam tranſeundi poteſtatem fecit .

In seguito, quando i Canonici di Spalato elessero Domnio come arcivescovo l'anno precedente, senza tenere conto di questa elezione, egli stesso lo nominò e lo creò arcivescovo lo stesso giorno in cui trasferì Andrea da Spalato alla Chiesa di Tebe. Questo è stato registrato nelle Tavole Romane delle Provvigioni delle Chiese e degli Atti Consistoriali del 10 luglio 1410. Papa Giovanni liberò Andrea da Spalato dal vincolo che lo legava alla suddetta chiesa e lo trasferì alla Chiesa di Tebe, come precedentemente detto, che era vacante. Provvide inoltre alla Chiesa di Spalato, che era vacante, con la persona di Don Dionigi, Arcivescovo della suddetta Chiesa. Infatti, il Papa, molto saggio, preferì dare agli spalatini l'arcivescovo che avevano eletto, piuttosto che litigare con loro riguardo al diritto di elezione in quegli tempi turbolenti, prevedendo una più acuta contesa per il Papato con Gregorio e Benedetto. Ma quando il re Sigismondo d'Ungheria disapprovò l'elezione di Domnio, Giovanni ritenne che non si potesse trascurare questa occasione offertagli di mantenere e usurpare il pieno e assoluto diritto di elezione degli Antistiti, che i papi romani avevano già cominciato a riservarsi. Pertanto, abrogato il pontificato che il Capitolo di Spalato e Domnio gli avevano conferito, Giovanni nominò Pietro di Pago, vescovo di Faenza, arcivescovo di Spalato e gli permise di trasferirsi dalla Chiesa di Faenza a quella di Spalato.

Giovanni XXIII ha rinunciato a Domnio come arcivescovo di Spalato e successivamente a Pietro da Pago.

quos Sigiſmundus rejecit .

Nec vero propterea Canonici Spalatenſes ſuffragia in Domnium collata revocarunt . Verum Sigiſmundus , qui jus nominandi Epiſcopos Dalmatiæ ſibi arrogabat , utrumque repudiavit , ut Andream Gualdum in Sedem Spalatenſem reſtitueret . Quare Domnius neque a Pontifice , neque a Rege approbatus , Epiſcopalis conſecrationis expers , nomen Eleƈti retinuit ; & Vicarii Capitularis munere ac poteſtate præditus rem Eccleſiaſticam Spalatenſem per aliquot annos adminiſtravit . Petrus autem , dimiſſa Eccleſia Faventina , nomen Archiepiſcopi ab omni juriſdiƈtione & adminiſtratione vacuum geſſit , vixitque privatus uſque ad alterum & vicesimus hujus ſæculi annum .

I Canonici di Spalato non revocarono invero i loro voti a Domnio. Tuttavia, Sigismondo, che si arrogava il diritto di nominare i vescovi della Dalmazia, respinse entrambi, per restaurare Andrea Gualdo sulla sede di Spalato. Quindi, Domnio, non approvato né dal Papa né dal re, privo della consacrazione episcopale, mantenne il titolo di Eletto ed esercitò la funzione e il potere di Vicario Capitulare amministrando la Chiesa di Spalato per alcuni anni. Pietro, invece, dopo aver lasciato la Chiesa di Faenza, mantenne il titolo di Arcivescovo privo di ogni giurisdizione e amministrazione, e visse come privato cittadino fino al ventesimo anno del secolo successivo.

che Sigismondo respinse.

Tertium Archiep, eleƈtum Joannem de Benediƈtis Ughellus intruſit,

Ferdinandus Ughellus Tomo V. It. Sac. Tertium ſub idem tempus eleƈtum Archiepiſcopum Spalatenſem intruſit , F. Joannem de Benediƈtis , patria Venetum , quem primum Ravennæ , deinde Spalati Archiepiſcopum deſignatum ſuiſſe ait ; ſed cum ejuſmodi deſignationes , inquit , in irritum cecidiſſent , a Martino V. Adleƈtus fuit Epiſcopus Tarviſinus 1418. 3. Id. April. , & Archiepiſcopus Thebanus . Verum Ughelluspace tanti viri dixerim , duos ejuædem nominis Epiſcopos Tarvisinos annorum fere quinquaginta intervallo diſjunƈtos confundit , Joannem de Benediƈtis Venetum , & Joannem Zannettinum Utinensem ; & quædam , quæ ad hunc pertinent , in illum ætate ſuperiorem contulit . Deceptus eſt , credo , errore amanuenſis , qui Epitaphium inciſum in ſepulcro Joannis Zanettini in Æde Cathedrali Tarviſina tranferipſit ; & cum eidem adſcriptus fit annus emortualis MCCCCLXXXIII. , notam intermediam arithmeticam L. Per imprudentiam omiſit . Itaque apud Ughellum extat quidem integra inſcriptio illa ſepulcralis , ſed exempta illa nota , hic annus ſubjicitur MCCCCXXXIII. Cum autem annus triceſimus tertius fæculi decimi quinti cum Epiſcopatu Tarviſino & obitu Joannis de Benediƈtis congruat , non item cum ætate Loannis Zanettini , qui fuit annis quinquaginta poſterior , Ughellus hujuſmodi Epitaphium huic ademit , atque ad illum tranſtulit , & omnia , quæ in eo leguntur , velut Ordinem Minorum , Archiepiſcopatum Spalatenſem , ac Thebanum , itemque alia , quæ ad Joannem Zanettinum pertinent , Joanni de Benediƈtis falſo attribuit ; hiv fiquidem ex illustri Dominicana familia eveƈtus eſt ad Epiſcopalem dignitatem , ac deſignatus quidem fuerat Epiſcopus Ravennas ; ſed cum ea deſignatio effeƈtus caruiſſet , Martinus V. Anno 1418 , illum Eccleſiæ Tarviſinæ Epiſcopum præfecit . Quare Spalatenſem ac Thebanum Pontificatum cum toto illo Epitaphio reſtituas oportet Joanni Zanettino ; qui Patrum Minorum , quos Conventuales vocant , inſtitutum ac diſciplinam amplexus , cum per omnes honorum ac magiſtratuum gradus ad ſupremum ſui Ordinis regimen perveniſſet , a Sixto IV. Pontifice Maximo creatus eſt Archiepiscopus Spalatenſis an. 1473. ; huic Eccleſiæ triennium præfuit , ex qua ejuſdem Pontificis auƈtoritate juſſuque ad Eccleſiam Tarviſinam regendam , Archiepiſcopi Thebani titulo auƈtus , acceſſit anno 1476. ; & plurimis maximiſque tum in Ordinem Franciſcanum , tum in Eccleſiam meritis inſignis , ut docet Vadingus , e vita migravit anno 1483. , de quo plura ſuo loco .

Ferdinando Ughelli, nella sua quinta opera “Italia Sacra”, presenta come arcivescovo di Spalato il terzo eletto, Giovanni de Benedetti, originario di Venezia. Ughelli afferma che Giovanni sia stato designato prima a Ravenna e poi a Spalato, ma sostiene che tali designazioni furono vanificate. Sostiene inoltre che Giovanni sia stato nominato vescovo di Tarvisio da Martino V il 3 aprile 1418 e poi arcivescovo di Tebe. Tuttavia, Ughelli confonde due vescovi di Tarvisio con lo stesso nome, Giovanni de Benedetti e Giovanni Zannettini, entrambi originari dalla regione di Utini. Ughelli attribuisce a Giovanni de Benedetti alcune informazioni che in realtà appartengono a Giovanni Zannettini, confondendo due uomini che vissero circa cinquant'anni l'uno dall'altro. Credo che l'errore sia stato causato da un amanuense che ha trascritto l'epitaffio di Giovanni Zannettini, trasferendolo a Giovanni de Benedetti. Tuttavia, poiché la data della morte di Giovanni de Benedetti coincide con il suo episcopato a Tarvisio e il trentatreesimo anno del XV secolo, mentre la data di morte di Giovanni Zannettini, che era successivo di cinquant'anni, non coincide, Ughelli dovrebbe restituire a Giovanni Zannettini l'arcivescovado di Spalato e di Tebe e tutto l'epitaffio. Giovanni Zannettini era membro dell'Ordine dei Frati Minori Conventuali e, dopo aver raggiunto i più alti gradi nella gerarchia dell'Ordine, fu nominato arcivescovo di Spalato da Sisto IV nel 1473. Egli governò per tre anni l'arcivescovado di Spalato, e poi, su mandato del medesimo pontefice, divenne vescovo di Tarvisio nel 1476 con il titolo di arcivescovo di Tebe. Morì nel 1483, famoso per i suoi meriti nell'Ordine Francescano e nella Chiesa. Questo è quanto sostiene Vadingo.

La terza elezione dell'arcivescovo, quella di Giovanni de Benedictis, è stata presunta dall'Ughelli.

 

Expunƈto igitur tertio eleƈto , quem Ughellus alieno errore deceptus intruſit , Domnius duos veluti competitores habuit , Petrum de Pago , & Andream Gualdum , alterum Romani Pontificis , alterum Regis Hungariæ auƈtoritate , & patrocinio pixum . Utroque poſthabito , Domnius ſuperior fuit , ac tandem Rege & Pontifice conſentientibus , Archiepiſcopatum Spalatenſem obtinuit anno 1416. Corrigendus autem eſt Catalogus Romanus , qui ejus Pontificatus initium in annum 1418. rejecit .

Dunque, dopo la destituzione del terzo eletto, come è stat riportata dall'Ughelli, ingannato da un errore fatto da altri, Domnio ebbe due concorrenti, Pietro di Pago e Andrea Gualdo, uno sostenuto dall'autorità e dal patrocinio del Pontefice Romano, l'altro dal Re d'Ungheria. Superati entrambi, Domnio prevalse e infine, con il consenso del Re e del Pontefice, ottenne l'arcivescovato di Spalato nel 1416. Tuttavia, il Catalogo Romano deve essere corretto, poiché pone l'inizio del suo pontificato nel 1418.

 

§. I

§. I

 

Epiſtola Sigiſmundi ad Episcopos & Primores Eccleſiæ ad provinciæ Spalatenſis . Jubentur Andream Gualdum recipere in Sedem Archiepiſcopalem , rejeƈtis tum Domnio Archidiacono, tum Petro Epiſcopo Faventino .

Lettera di Sigismondo agli Vescovi e Capi della Chiesa delle province di Spalato. Si ordina di accogliere Andrea Gualdo nella sede arcivescovile, rigettando sia Domnio, l'Arcidiacono, che Pietro, Vescovo di Faenza.

 

 

Andreas Gualdus , quem dimiſſa Spalatenſi ad Eccleſiam Samaritanam translatum fuiſſe Vadingus ſcripſit , ad Thebanam potius dixerim , ut docent Aƈta Conſiſtorialia , frequens verſabatur in Aƈta Sigiſmundi , eratque in maxima gratia apud Regem , tum ob ſingularem fidem eidem præſtitam in diſcordia Spalatenſi , tum ob eximiam , qua præditus erat , doƈtrinam , & agendi cogitandique ſolertiam , qua plurimum valebat . Honorario autem & inani titulo Samaritanæ vel Thebanæ Eccleſiæ minime contentus eſſe videbatur . Huic Sigiſmundus cum gratificari cuperet , Sedem Archiepiſcopalem Spalatenſem reſtituere conſtituit ; idque eo facilius ſe conſequi poſſe credidit , quod cum Auguſtali dignitate auƈtus eſſet , neminem fore putabat , qui fuæ voluntati obſtitere auderet .

Andrea Gualdo, che Vadingo ha scritto essere stato trasferito dalla chiesa di Spalato a quella di Samaria, o meglio, come gli Atti Consistoriali insegnano, a quella di Tebe, era frequentemente menzionato negli Atti di Sigismondo e godeva di grande considerazione presso il re, sia per la particolare fedeltà che gli aveva dimostrato durante la discordia di Spalato, sia per la eccezionale dottrina e la abilità nell'agire e pensare che gli conferivano un grande potere. Tuttavia, non sembrava che si accontentasse di un onore e di un titolo vuoto per la chiesa di Samaria o Tebe. Sigismondo, desiderando gratificarlo, decise di restituirgli la sede arcivescovile di Spalato; e credette di poter raggiungere questo obiettivo con maggiore facilità poiché, essendo stato elevato alla dignità di Augustale, pensava che nessuno avrebbe osato opporsi alla sua volontà.

 

Sigiſmundus Hungariæ Rex Andream Gualdum in fedem Spalatenſem reſtituere cupit .

Siquidem , anno 1410. poſt obitum Roberti Regis Romanorum , in hujus locum a Septemviris ſuſſeƈtus fuerat Sigiſmundus , & Imperator deſignatus. Sed obſtabant , ne Andreas in fedem illam reſtitui poſſet , Domnius Archidiaconus , quem Canonici Spalatenſes in Archiepiſcopum elegerant, & Petrus de Pago antea Epiſcopus Faventinus , cui Joannes XXIII. Eccleſiam illam decreverat . Utriuſque eleƈtionem ac deſignationem irritam eſſe ac reſcindi oportere contendebat Sigiſmundus , propterea quod regiæ poteſtati adverſaretur ; jus enim nominandi creandique Archiepiſcopi Spalatenſis ad Regem Hungariæ pertinere exiſlimabat . Itaque ſcripſit ad Episcopos , ad collegia Canonicorum , ad Abbates, ac cæteros Præpoſitos Eccleſiarum , itemque ad Magiſtratus diœceſis & provinciæ Spalatenſis ; vello ſe ac jubere , ut Domnium ac Petrum contra jus regium Archiepiſcopos deſignatos , nulla ratione habita ſive eleƈtionis , quaæ , ſi qua fuit , irrita fuit , ſive Pontificiorum Diplomatum , ſi qua forte extarent , omnino rejicerent , atque ab Eccleſiæ Metropolitanæ Spalatenſis gubernaculis ſummoverent ac repellerent . Se pro ſuo jure Andream Gualdum in eum , unde ſponte deceſſerat , dignitatis ac poteſtatis locum reſtituere : hunc , uti antea habuerant , ſic in poſterum pro legitimo Archiepiſcopo haberent , ac recognoſcerent ; in hujus verba jurarent ; huic ſubjeƈtos ſe atque obedientes præberent ; omninoque efficerent , ut eidem jura omnia , veƈtigalia , & emolumenta Archiepiſcopalia redderentur . Ab ſe mandatum eſſe Bano & Probano Dalmatiæ & Chrobatiæ , ut eos, qui ſponte nollent , ad exſequenda regia imperata compellerent . Extat epiſtola Sigiſmundi in Tabulario Capituli Spalatenſis , dataque eſt Budæ XVI. Kal. Martii , anno 1412. , ſecundo Regni Romanoram . Sed inſcriptio aliquibus lacunis interciſa eſt .

Infatti, nel 1410, dopo la morte di Roberto, re dei Romani, Sigismondo era stato sostenuto al suo posto dai Sette Saggi ed era stato designato Imperatore. Ma vi erano ostacoli alla riabilitazione di Andrea, come il signore Archidiacono, che i canonici di Spalato avevano eletto come Arcivescovo, e Pietro di Pago, precedentemente vescovo di Fano, che Giovanni XXIII aveva decretato per quella Chiesa. Sigismondo sosteneva che entrambe le elezioni e le designazioni fossero valide e dovevano essere annullate, perché erano contrarie al potere regio; infatti, riteneva che il diritto di nominare e creare l'Arcivescovo di Spalato appartenesse al re d'Ungheria. Pertanto, scrisse ai vescovi, alle congregazioni dei canonici, agli abati e agli altri prelati delle Chiese, nonché ai magistrati della diocesi e della provincia di Spalato; ordinò che rifiutassero Domnio e Pietro come Arcivescovi designati contro il diritto regio, senza considerare né la loro eventuale elezione che, se ci fosse stata, era valida, né i diplomi pontifici, se ne esistessero, e che li rimuovessero e respingessero dalla guida della Chiesa Metropolitana di Spalato. Sigismondo stabilì di restaurare Andrea Gualdo nel suo ruolo di dignità e potere da dove aveva rinunciato volontariamente; che questi fosse considerato e riconosciuto, come in precedenza, come legittimo Arcivescovo e che giurassero in questo senso; che gli prestassero obbedienza e sottomissione; e che in ogni modo gli fossero restituiti tutti i diritti, i profitti e i beneficonti arcivescovili. Disse che era stato incaricato il Ban e il Provan della Dalmazia e della Croazia di costringere coloro che non volevano farlo volontariamente ad eseguire gli ordini regi. La lettera di Sigismondo si trova nel Archivio del Capitolo di Spalato, e fu data a Buda il 17 febbraio 1412, durante il suo secondo regno come re dei Romani. Tuttavia, l'iscrizione presenta alcune lacune.

Il re Sigismondo dell'Ungheria desidera restaurare Andreas Gualdus nella Chiesa di Spalato.

Epiſtola Sigiſmundi ad Spalatenſes .

Sigiſmundus Dei gratia Rom. . . . . . guſtus , ac de Hungariæ &c. Rex. Fidelibus . . . . ffraganeis Eccleſiæ Spalaten. eorumque Vicariis ſeu . . . Capitulis , Abbatibus , & aliis quibuſcumque perſonis . . . . . in civit. Dioceſi & provincia Eccleſiæ Spalaten. conflit. . . . .ibus , & in futurum conſtituendis, ſignanter Reƈtoribus , Judicibus . . . . Conſiliis civitatum noſtrarum Tragurien. & Sibinicen. ſalutem & gratiam . Quia nos fidelem noſtrum Reverendiſſimum in Chriſto Patrem Dominum Andream Archiepiſcopum Spalaten. legumque Doƈtorem , & neminem alium omnino volumus haberi , teneri , revereri , & reputari pro vero Archiepiſcopo Spalatenſi ; ideo fidelitati veſtra & veſtrum cuilibet firmiſſime præcipimus , de præciſa & omnimoda voluntate noſtra mandamus , quatenus confeſtim receptis præſentibus , quibuſcumque aliis , & ſpecialiter quadam Doymo alias Archidiacono Spalaten. ac Petro de Pago Epiſcopo Faventino , qui diverſis viis & modis prædiƈtum Archiepiſcopatum occupando & occupare volendo ſe ipſos in præjudicium noſtri juriſpatronatus , & ejuſdem Domini Andreæ Archiepiſcopi Spalatenſis ingerere moliuntur , de eodem ab eodem Archiepiſcopatu & totali ejus univerſorum bonorum , & jurium , ac pertinentiarum ſuarum dominio , & poſſeſſione amotis , & excluſis, de cætero eundem Dominum Andream Archiepiſcopum , uti verum Paſtorem & Archiepiſcopum diƈtæ Spalaten. Eccleſiæ , veſtrumque Metropolitanum , vel ipſius homines & Procuratores ſuo nomine in omnimodam & realem poſſeſſionem & dominium ejuſdem Archiepiſcopatus , & cunƈtorum ſuorum jurium , & bonorum ubilibet exiſtentium , ac ſuarum pertinentiarum recipere & admittere , & in eiſdem manutenere , conſervare, & protegere , ſignanter contra præfatos Doymum & Petrum Epiſcopum Faventinum , ſibique & nemini alteri , ſuo vel alterius nomine in cunƈtis licitis debitam reverentiam & obedientiam exhibere & exhiberi facere, auƈtoritate & in perſona noſtræ majeſtatis præſentibus vobis attributa mediante , debeatis amodo in futurum. De univerſis fruƈtibus , proventibus , emolumentis , ac obventionibus quibuſcunque ipſius Archiepiſcopatus & Ecclesiæ aut quarumlibet aliarum utilitatum & pertinentiarum fuorum eidem Domino Andreæ Archiepiſcopo vel diƈtis ſuis procuratoribus ejus nomine , & nemini alteri , ſuo vel alterius nomine petenti & poſtulanti , locis & temporibus debitis & opportunis ſemper plenarie & integraliter reſpondentes , & per hos, quorum intereſl aut intereſſe poterit quomodolibet , in futurum reſponderi facientes . Non obſtantibus quibuſcumque Bullis & litteris , ſeu aliis quibuſvis proceſſibus in præjudicium noſtri jurispatronatus, vel ejuſdem Domini Andreæ Archiepiſcopi Spalaten. , procuratis & impetratis , ſeu in poſterum procurandis & impetrandis . Et aliud in præmiſſis ſub optentu noſtræ gratiæ non faƈturi . Alioquin ſi ſecus feceritis , quod non credimus ; commiſimus , & tenore præſentium committimus fìdeli noſtro Magnifico Viro Petro de Modue Regnorum noſtrorum Dalmatiæ & Croatiæ Bano , ejuſque Vicebano , & aliis noſtris Banis & Vicebanis prædiƈtorum Regnorum noſtrorum in futurum conſtituendis , quod ad omnia ſupradiƈta vos cogant & compellant cum veſtris gravaminibus, ſi expediet, auƈtoritate noſtra praſentibus eis attributa mediante . Preſentes quoque ſigillo noſtro majori , quo ut Rex Hungariæ utimur , fecimus conſignare . Quas poſt leƈturam ſemper reddi jubemus præſentanti . Datum Bude in feſto S. Valentini Martyris , anno Domini milleſimo quadringenteſimoduodecimo . Regnorum autem noſtrorum anno Hungariæ &c. XXV. Romanorum vero ſecundo .

Sigismondo per grazia di Dio Romano Imperatore, e re di Ungheria ecc., ai fedeli Suffraganei della Chiesa di Spalato, ai loro Vicari o Capitoli, Abati e a qualunque altra persona nella città diocesi e provincia della Chiesa di Spalato, presenti e future, in particolare ai Rettori e Giudici . . . Saluto e benedizione dalle nostre città di Tragurium e Sibinicium. Poiché noi vogliamo che il nostro fedele Reverendissimo Signore Andrea, Arcivescovo di Spalato e Dottore di leggi, sia considerato e rispettato come il vero Arcivescovo di Spalato e nessun altro; per questo ordiniamo fermamente alla vostra fedeltà e a ciascuno di voi che, ricevute queste presenti, e in particolare da certo Domnio alias Archidiacono di Spalato e Pietro di Pago Vescovo di Faventino, che cercano di danneggiare il nostro diritto di patronato e di intromettersi nell'arcivescovato del suddetto Signore Andrea Arcivescovo di Spalato, che siate solleciti a rimuovere e escludere l'arcivescovato e tutti i suoi beni, diritti e appartenenze dalla loro autorità e possesso, e che accogliate e ammettiate il detto Signore Andrea come vero pastore e arcivescovo della Chiesa di Spalato e vostro metropolita, o i suoi uomini e rappresentanti a nome suo, in una piena e reale possesso e autorità sull'arcivescovato e su tutti i suoi diritti e beni ovunque esistenti e appartenenze, e li proteggiate, mantenendovi in particolare contro i suddetti Domnio e Pietro Vescovo di Faventino e rispettando e facendo rispettare loro e a nessun altro, a nome vostro o di altri, dovuta reverenza e obbedienza, con l'autorità e in persona della nostra maestà che vi è attribuita con questi presenti. Siate sempre pronti a rispondere completamente e integralmente a tutti i frutti, proventi, compensi e introiti di qualsiasi tipo dell'arcivescovato e della Chiesa o di qualsiasi altro interesse e appartenenza, al detto Signore Andrea o ai suoi rappresentanti a nome suo, e a nessun altro, che chiederà e richiederà nei luoghi e nei tempi opportuni. Nonostante qualsiasi bolla e lettera o altri procedimenti a danno del nostro diritto di patronato o del detto Signore Andrea Arcivescovo di Spalato, ottenuti o che potranno essere ottenuti in futuro. E non faremo alcun altro nei premessi sotto l'ombra della nostra grazia. Se invece non lo farete, cosa che non crediamo, abbiamo affidato e con il tenore delle presenti affidiamo al nostro fedele magnifico uomo, Pietro di Modue, banco dei nostri regni di Dalmazia e Croazia, e ai suoi vicebanchi, e ad altri nostri banchi e vicebanchi che saranno stabiliti nel futuro, che vi costringano e vi costringano riguardo a tutto quanto sopra menzionato con i vostri mali, se sarà necessario, attraverso l'autorità che ci è stata attribuita in presenza. Abbiamo anche fatto sigillare le presenti con il nostro sigillo maggiore, che usiamo come re di Ungheria. Dopo averle lette, ordiniamo sempre di restituirle alla persona che le presenta. Datato a Buda nel giorno di San Valentino martire, nell'anno del Signore 1412. Nell'anno del nostro regno d'Ungheria, etc. 25. E del secondo anno dei Romani.

Lettera di Sigismondo agli Spalatensi.

Andreas ſpe ſua fruſtratus , & Domnius in gratiam Sigiſmundi , & Sedem Archiepiſcopatus .

Sed neque auƈtoritas , neque mandatum Sigiſmundi ad fedem Spalatenſem recuperandam Andrea profuit ; ſive quod paullo poſt e vita migraverit , nullam enim deinceps ejus mentionem in antiquis monumentis reperio ; ſive quod Sigiſmundus rationibus ac precibus Spalatenſium de ſuicepto conſilio propoſitaque ſententia ſe dimoveri paſſus eſt , & Domnium in ſuam gratiam ac clientelam recepic , ejuſque eleƈtionem approbavit . Argumento eſt quod Spalatenſes anno proximo Domnium ad Regem de graviſſimis negotiis legatum miſerunt ; cujus opera & legatione ad impetranda , quæ volebant , a Sigiſmundo uſuros non ſuiſſe arbitror , niſi gratus illi & acceptus ſuiſſet . Eum vero Sigiſmundus & peramanter accepit , & in ſuis ad Spalatenſes litteris laudavit . Ex relatione , ait Sigiſmundus in ſuis ad Spalatenſes litteris , fide digna fidelis noſtri devoti Rever. in Chriſto Patris Domini Doymi eleƈti Archiepiſcopi Spalatenſis &c.

Né l'autorità né il mandato di Sigismondo hanno giovato ad Andreas per recuperare la fede di Spalato; sia perché è morto poco tempo dopo, infatti non trovo più menzione di lui negli antichi monumenti; sia perché Sigismondo si è lasciato convincere dalle ragioni e dalle preghiere degli abitanti di Spalato, e ha accolto Domnio nella sua gratitudine e nella sua sfera di influenza, approvando la sua elezione. È provato dal fatto che l'anno successivo gli abitanti di Spalato inviarono Domnio come ambasciatore presso il re per questioni molto importanti; credo che non avrebbero mai usato la sua opera e il suo mandato per ottenere ciò che volevano da Sigismondo, se non fosse stato gradito e accettato da lui. Sigismondo lo accolse con affetto e lo lodò nella sua lettera agli abitanti di Spalato. Dalla relazione — dice Sigismondo nella sua lettera agli abitanti di Spalato — del fedele e devoto nostro reverendo padre in Cristo, il padre Domnio eletto arcivescovo di Spalato, ecc.

Andreas deluso nella sua speranza, e Domnioo favorito da Sigismondo, e la sede dell'arcivescovato.

§. II

§. II

 

Domnius Archiepiſcopus eleƈtus legationem ſibi a Spalatenſibus impoſitam apud Sigiſmundum e ſertentia geſſit .

Domnius, eletto arcivescovo, svolse la missione affidatagli dai suoi di Spalato, presso Sigismondo, con determinazione.

 

 

Duo potiſſimum hahuit, quæ ad Sigiſmundum deferret poſtulata , alterum ut ſuperſorum Regum privilegia Spalatenſibus conceſſa confirmaret ; alterum , ut quæ contra & in perniciem civitatis , publicæque libertatis Hervoja decreverat , & molitus fuerat , irrita faceret , ac reſcinderet .

(Domnius) ha avuto due richieste principali da presentare a Sigismondo, una era di confermare i privilegi concessi dai re precedenti ai cittadini di Spalato, l'altra era di annullare e revocare ciò che Hervoja1 aveva deciso e pianificato contro e a danno della città e della libertà pubblica.

 

Duo præcipua Legationis Domnio impositæ capita .

Nec vero dubitari poteſt , quin illud quoque mandatum habuerit , ut omni ope operaque adhibita principatum urbis Hervojæ adimendum curaret ; id ſi impetraſſent , poſt Hungaricam Domnii profeƈtionem , VIII. Idus Julii Templum voverunt D. Vitali , ut eſt in Tabulis Spalatenſium, in quibus Hervojam alterum Pharaonem appellant . Is quippe ſecundis rebus elatus , fretus gratia , qua plurimum apud Regem valebat , opibus & copiis , quibus abundabat , inſolentius abutens , omnia ad ſuum arbitrium revocabat , multaque pro poteſtate imperabat , & metu vique interpoſìta exigebat , quæ Spalatenſium privilegiis & libertati officiebant . Hæc legatio decreta fuit anno 1413. menſe Junio . Legationis comites & collegæ Domnio dati ſunt duo patricii Spalatenſes Franciſcus & Joannes .

Non c'è alcun dubbio sul fatto che Domnio abbia avuto anche l'incarico di eliminare il potere sulla città che aveva Hervoja con ogni mezzo disponibile. Se ciò fosse stato ottenuto, dopo la professione di fedeltà di Domnio all'Ungheria, gli abitanti di Spalato hanno promesso di votare il tempio di San Vito l'8 luglio, come è registrato nei registri di Spalato, dove chiamano Hervoja l'altro Faraone. Infatti, elevato dal successo, fiducioso della sua influenza presso il re e della sua abbondanza di risorse e potere, abusava della sua posizione con arroganza, riportando tutto alla sua discrezione, impartendo molte disposizioni per il suo potere e esigendo con la paura e la violenza ciò che era contrario ai privilegi e alla libertà degli abitanti di Spalato. Questa delegazione fu decretata nel giugno 1413. I compagni e i colleghi di Domnio nella delegazione furono due patrizi di Spalato, Francesco e Giovanni.

I due principali punti della missione affidata a Domnio.

 

Hi tres legati perbenigne accepti ſunt auditique ; & cum expoſuiſſent , quæ ab Hervoja contra jus faſque perpeſſi fuerint Spalatenſes , horum potiſſimum accuſationibus & querelis Sigiſmundum impulſum fuiſſe dixerim , ut Hervojam perduellionis nota inuſtum, non ſolum Spalatenſis urbis poſſeſſione, ſed etiam bonis omnibus ac fortunis everteret : certe antequam Domnius cum ſociis diſcederet, in eum ſententiam tulit . Jampridem Hervoja non ſolum Spalatenſium , ſed etiam aliorum ac præſertim procerum Hungariæ in ſe odia concitaverat , qui dum Sigiſmundus abeſſet , apud ejus ſecundam uxorem Barbaram Reginam , Hervojæ intolerandam ambitionem , inſatiabilem cupiditatem , & opum nimiarum potentiam non ferendam accuſando criminandoque , in ſummam invidiam hominem adduxerant . Præterea ex Hervojæ litteris interceptis compertæ fuerant clandeſtinæ illius cum Turcis molitiones , quos ad Boſſinam invadendam ſollicitabat .

Questi tre rappresentanti sono stati ben accolti e ascoltati; e dopo aver espresso ciò che i popolani di Spalato hanno sofferto a causa di Hervoja contro il diritto e la giustizia, possiamo dire che Sigismondo sia stato spinto soprattutto dalle loro accuse e lamentele, a togliere a Hervoja la posizione di sovrano, non solo della città di Spalato, ma anche di tutti i suoi beni e fortune. Certamente, prima che Domnius partisse con i suoi compagni, giunse a questa conclusione. Hervoja aveva già suscitato l'odio non solo dei popolani di Spalato, ma anche di altri, soprattutto dei nobili dell'Ungheria, che accusandolo e denunciando la sua insostenibile ambizione, la sua insaziabile avidità e la sua eccessiva potenza finanziaria, lo avevano fatto diventare molto inviso. Inoltre, erano state scoperte le sue macchinazioni segrete con i Turchi, che stava sollecitando a invadere la Bosnia.

 

Sigiſmundus Hervojam reum læsæ majeſtatis & Regni hoſte ex declaravit .

Ergo Sigiſmundus Domnii Archiepiſcopi & Spalatenſium graviſſimis querimoniis impulſus in eum diligenter inquiri juſſit , ac demum cognita illius malitia ac perfidia in ampliſſimo Epiſcoporum ac Procerum conventu ; qua dignus erat , in Hervojam ſententiam pronunciavit . Plurimis , maximiſque beneficiis , quæ in ipſum regia clementia & benignitate contulerat , & ipſius adverſus Regem infidelitate , impia ad Turcas defeƈtione , aliiſque ſceleribus ac flagitiis commemoratis , Hervojam manifeſtum Regni hoſtem, ac perduellionis reum declaravit , titulis omnibus atque honoribus , dignitate omni atque imperio , oppidis & caſtellis , boniſque omnibus ſpoliavit , & quod caput erat legationis Spalatenſis , principatu ac dominio urbis multavit . Ut vero offenderet quantum Domnii Archiepiſcopi auƈtoritati ac precibus tribueret , fide Spalatenſum collaudata , urbem cum civibus , totoque Communi , veluti membrum inſigne Regni Hungarici , cum cæteris Regni partibus copulavit , titulum Ducis Spalatenſis in perpetuum abolevit , regiaque auƈtoritate ſancivit , ne aut ſibi , aut ſucceſſoribus ſuis umquam liceret civitatem illam cuiquam aut vendere , aut donare . Hæc in Hervojam ſententia , cujus exemplar apud me extat , lata eſt Kalendis Auguſti anno 1413. , quam ſcriptis traditam , regioque annulo obſignatam Sigiſmundus per omnes provincias circumferri , & ubique promulgari juſſit .

Così, Sigiſmundo, spinto dalle gravissime lamentele dell'Arcivescovo Domnio e degli abitanti di Spalato, ordinò un'indagine approfondita su di lui, e alla fine, riconosciuta la sua malvagità e perfidia, pronunciò la sentenza su Hervoja durante un importante incontro di vescovi e nobili. Molti e gravi crimini commessi da Hervoja contro il Regno, tra cui la sua infedeltà verso il Re, la sua diserzione a favore dei Turchi e altri crimini e reati vennero ricordati, e Hervoja fu dichiarato un nemico manifesto del Regno e reo di tradimento, privato di tutti i titoli e onori, dignità e potere, di fortificazioni e beni, e multato come capo della delegazione di Spalato e sovrano della città. Per mostrare il suo rispetto per l'autorità e le preghiere dell'Arcivescovo Domnio, Sigiſmundo unì la città con i suoi abitanti e il Comune, come membro distinto del Regno ungherese, con le altre parti del Regno, abolì per sempre il titolo di Duca di Spalato e stabilì con l'autorità regia che non gli fosse mai permesso né a lui né ai suoi successori di vendere o donare la città a nessuno. Questa sentenza su Hervoja, di cui ho un esemplare, fu emessa il primo giorno di agosto dell'anno 1413 e Sigiſmundo ordinò che venisse trasmessa per iscritto e sigillata con il sigillo reale in tutte le province e promulgata ovunque.

Sigismondo dichiarò Hervoj come colpevole di lesa maestà e come nemico del Regno.

 

Porro Spalatenſes læti ob depulſam Hervojæ tyrannidem , votique rei , Divo Vitali ſoſpiti ædem condiderunt , quæ adhuc extat , ejuſque titulo inſigniti ſolet unus e Colllegio Canonicorum Spalatenſium . Cæterum Hervoja quamvis acerbiſſima illa ſententia perculſus & proſtratus non deſtitit partim per ſuos amicos , partim per ſuos nuncios ac litteras experiri ac tentare omnia , ut Sigiſmundum ſibi placaret , ſed irrito conatu , quemadmodum Domnius ejuſque collegæ in ſuis ad Reƈtores , & Judices Civ. Spal. reſponſis ſcripſerunt .

Intanto i cittadini di Spalato, felici per la cacciata della tirannia di Hervoja, costruirono un tempio in onore di San Vito, che ancora esiste e di solito viene contrassegnato dal titolo di uno dei Canonici di Spalato. Tuttavia, anche se colpito e abbattuto da quella sentenza crudele, Hervoja non smise mai di cercare di ottenere il favore di Sigismondo, sia tramite i suoi amici sia tramite i suoi rappresentanti e le sue lettere, ma invano, come hanno scritto Domnio e i suoi colleghi nella loro risposta ai rappresentanti e ai giudici di Spalato.

 

Hervojæ conatus irriti ut veniam a Sigiſmundo & priſtinam grattam impertrarem .

Adeo ſiquidem Domnius cum ſociis , & ſibi & Spalatenſibus benevolenetiam Sigiſmundi conciliaverant , ut certum huic , ac deliberatum eſſet , quod ipſemet Legatis declaravit , nihil Hervojæ precibus indulgere , niſi de voluntate Spalatenſium , quam ab Hervoja alieniſſimam eſſe ſciebat , ac proinde nullum veiæ aut gratiæ impetrandæ locum Hervojæ relinqui . Hanc particulam Epiſtolæ , quam Domnius eleƈtus Archiepiſcopus Spalatenſis Eccleſiæ , Franciſcus & Joannæs Spalatenſibus reſcripſerunt die 21. Septembriis 1413. huic loco inſerendam cenſui ; declarat enim quanta ſe , & ſocios , & Spalatenſes omnes in gratia apud Sigiſmundum poſuerit :

Infatti, il vescovo Domnio e i suoi colleghi avevano così consolidato la buona volontà di Sigismondo nei loro confronti e della città di Spalato, che lui stesso dichiarò ai propri legati che non avrebbe fatto nessun favore a Hervoja se non sulla base della volontà degli abitanti di Spalato, che sapeva essere ostili a Hervoja, e quindi non c'era alcuna possibilità che Hervoja potesse ottenere perdono o grazia. Ho inserito questo passaggio della lettera che il vescovo eletto di Spalato, Domnio, e i cittadini Francesco e Giovanni di Spalato scrissero il 21 settembre 1413 perché dimostra quanto egli e i suoi colleghi e tutti gli abitanti di Spalato si fossero posizionati in buona fede presso Sigismondo.

I tentativi di Hervoja di ottenere il perdono da Sigismondo e il ristabilimento delle sue antiche grazie furono vani.

Eximia Sigiſmundo erga Domnium & ſocios legationis benignitas .

Cæterum noveritis qualiter D. Imperator ſui gratia & benignitate nos grate & gratioſe traƈtat , ſcientes quod impoſſibile eſſet credere quantas litteras , & nuncios Hervoya tum ipſe , tum Proceres , & Prælati Regni Hungariæ tranſmittant D. Imperatori , quotidie non ceſſant ; & eſtote certi , quod multum dubitavimus , & tantum inveſtigavimus circa Imper. , quod ipſe ſui gratia jam omnes litteras , quas ſibi deſtinantur pro parte Hervoyæ , primum nobis dat , & vult quos nos juxta voluntatem noſtram eiſdem reſcribamus ; & ſic quamplures litteras ſcripſimus Hervoyæ pro Imperatore ; & quod magis eſt, nullam deliberationem vult facere in faƈtis Hervoy , niſi ſecundum voluntatem noſtram , & apparere noſtrum ; itaque læti eſtote , & boni animi ; quia D. Imperator tantum eſl animatus contra Hervoyam , quod breviter nobis eſl remedium de faƈtis ipſius : ſcripſit & mandavit Baronibus Hungariæ , & Sandagli , quod totaliter inſurgant contra eum , & ſcripſit quod non vult paƈta & conventiones & c.

Inoltre, sappiate che sua Signoria l'Imperatore ci tratta con gratitudine e gentilezza grazie alla sua bontà e benignità. Sappiamo che è impossibile credere quante lettere e messaggeri Hervoya, insieme ai nobili e ai prelati del Regno d'Ungheria, inviano ogni giorno all'Imperatore D.; siate certi che abbiamo molto dubitato e investigato riguardo all'Imperatore e che, grazie alla sua bontà, ci consegna tutte le lettere destinate a lui da parte di Hervoya e vuole che gli rispondiamo come meglio crediamo; e così abbiamo scritto molte lettere a Hervoya a nome dell'Imperatore. E cosa ancora più importante, egli non vuole prendere alcuna decisione riguardo a Hervoya se non secondo la nostra volontà e a nostra conoscenza. Quindi siate felici e di buon animo, poiché sua Signoria l'Imperatore è così animato contro Hervoya che presto avremo una soluzione ai suoi problemi. Ha scritto e ordinato ai baroni ungheresi e a Sandalj2 di insorgere contro di lui e ha scritto che non vuole pace e accordi, etc.

Eccezionale benevolenza di Sigismondo verso Domnio e i membri della delegazione.

 

Nec ſolum Domnius a Sigiſmundo expulſionem Hervojæ , ejuſque damnationem impetravit ; ſed etiam , quod erat alterum caput legationis , eumdem exoravit , ut omnia privilegia , quibus Reges Hungariæ Spalatenſes donaverant , rata firmaque in perpetuum eſſe juberet regio diplomate in id confeƈto , datoque eodem anno IV. Idus Auguſti , die nono poſt latam contra Hervojam ſententiam , ut docet Joannes Lucius lib. VI. cap. 3. Mon. Tragurienſ. Alia quoque privilegia Domnius obtinuit , quamvis non fine pecunia , nec minore quidem ducentis & ſexaginta aureis , ut ipſe in ſuis ad Spalatenſes litteris : Conſtant ipſa Privilegia duc. 260. auri , non potuimus pro minore pretio . Horum Diplomatum exempia nanciſci non potui . Habeo tamen litteras Sigiſmundi ſcriptas Idibus Septembris anno eodem 1413. ad Spalatenſes , quibus gratulatur , quod inteſtinis & antiquis diſcordiis ſublatis ad priſtinam concordiam redierint , ut ſibi nunciatum fuerat a Doymo Archiepiſcopo eleƈto , quem ſuum fidelem ac devotum appellat . Præclara Spalatenſium in ſe merita commemorat ; eos hortatur , ut partiurn ſtudio remoto pacem inter ſe conſervent ; cujus perturbandæ auƈtores ſi qui extiterint in poſterurm , eos & capite pleƈtendos , & bonorum omnium amiſſione multandos eſſe .

Inoltre, non solo sua Domnio ottenne dall'Imperatore Sigismondo l'espulsione di Hervoja e la sua condanna, ma anche, essendo anche capo della delegazione, lo esortò a rendere valide e stabili per sempre, con la conferma di un diploma regio, tutte le concessioni che i re ungheresi avevano fatto ai cittadini di Spalato, dato lo stesso anno il 4 agosto, il nono giorno dopo la sentenza contro Hervoja, come mostra Giovanni Luigi nella sua opera libro VI, cap. 3. Mon. Tragurienſ. Domnio ottenne anche altri privilegi, sebbene non senza pagare una somma non inferiore a ducentosessanta monete d'oro, come egli stesso scrisse nella sua lettera ai cittadini di Spalato: Questi privilegi sono costati 260 monete d'oro, non potevamo ottenerli per un prezzo minore. Non abbiamo potuto ottenere copia di questi decreti. Tuttavia, ho una lettera di Sigismondo scritta il 13 settembre dello stesso anno 1413 ai cittadini di Spalato, in cui si congratula perché, grazie alla eliminazione delle vecchie e interne discordie, sono tornati alla vecchia armonia, come gli era stato riferito dal suo arcivescovo eletto Domnio, che chiama il suo fedele e devoto. Egli elenca i grandi meriti degli abitanti di Spalato, li esorta a conservare la pace tra loro senza la preoccupazione per le parti, e se in futuro dovessero emergere coloro che la disturbassero, li minaccia di punirli con la perdita di tutti i beni.

 

 

Intra finem hujus anni 1413. Domnius cum ſociis Spalatum revertitur , ea legatione utiliter , & egregie perfunƈtus ; nam illud etiam , quod Spalarenſium pemagni intererar , a Sigiſmundo impetraverat , ut Arx illa dirueretur , quam Hervoja Spalati , quamvis civibus omnibus invitis & reclamantibus , exſtruxerat , contra quam libertas & privilegia Spalatenfium vetabant .

Entro la fine dell'anno 1413, Domnio tornò a Spalato insieme ai suoi compagni, avendo svolto la sua missione con successo e in modo eccellente. Infatti, aveva ottenuto da Sigismondo anche ciò che preoccupava molto gli abitanti di Spalato, ovvero la demolizione di una fortezza che Hervoja aveva costruito a Spalato contro la volontà e le proteste di tutti i cittadini, violando così la libertà e i privilegi degli abitanti di Spalato.

 


1 Hervoja è Hrvoje Vukčić Hrvatinić, nato intorno al 1350 1416, un nobile e magnate bosniaco, che fu granduca di Bosnia, Knyaz di Donji Kraji e duca di Spalato.
2 Probabilmente si tratta di Sandalj Hranić Kosača, nato nel 1370 e morto il 15 marzo 1435, un potente nobile bosniaco i cui possedimenti principali consistevano in aree di terra tra la costa adriatica, i fiumi Neretva e Drina in Bosnia, e servì alla corte come Granduca di Bosnia tra il 1392 e il 1435.

§. III

§. III

 

Joannes XXIII. in Concilio Conſtantienſi , rogatu Sigifmundi , Archiepiſcopatum Domnii auƈtoritate Apoſtolica confirmavit .

Giovanni XXIII, nel Concilio di Costanza, su richiesta di Sigismondo, confermò l'Arcivescovado di Domnio con l'autorità apostolica.

 

Cauſſa congendi Concilii Conſtantieſis .

Joannes Papa , Sigiſmundo Auguſto potiſſimum auƈtore & impulſore, Concilium Conſtantienſe indixit anno 1413. V. Id. Decembris duas ob cauſlas, ut extinƈto diuturno illo Schiſmate , quod tres in partes Chriſtianum orbem diſtraxerat , pax Eccleſiæ aliquando redderetur ; ut ſublatis erroribus ea tempeſtate graſſantibus, Catholica veritas ſanciretur. Hæc Synodus tres ipſos annos tenuit , & ſex præterea menſes . Primus conſeſſus habitus eſt an. 1414. Nonis Novembris , Joanne Pontifice præſidente . Sigiſmundus eodem anno , ipſoque natali die Chriſti Domini Conſtantiam ſolemni pompa , & frequentiſſimo Principum virorum ac procerum comitatu ingreſſus , Concilium ſua præſentia cohoneſtavit , eique patrocinio & præſidio fuit .

Papa Giovanni, con Sigismondo Augusto come principale autore e istigatore, convocò il Concilio di Costanza nel 1413, il 13 dicembre, per due motivi: per porre fine allo scisma che aveva diviso il mondo cristiano in tre parti e riportare la pace nella Chiesa, e per eliminare gli errori che prosperavano in quel tempo e per consolidare la verità cattolica. Questo Sinodo durò tre anni e sei mesi. Il primo consesso è stato tenuto nel 1414, il 9 novembre, presieduto dallo stesso Giovanni. Sigismondo, nello stesso anno, entrò a Costanza con una solenne processione e con la compagnia di molte personalità e nobili, e onorò il Concilio con la sua presenza, e fu il suo protettore e il suo supporto.

Causa del Concilio di Costanza.

 

Poſt multas altercationes & contentiones primum Joanni XXIII. ex fuga retraƈto IV. KaI. Junii an. 1415. , deinde anno ſequenti VIII. Kal. Auguſti Benediƈto XIII. Pontificatus abrogatus eſt ; cum Gregorius XII. menſe altero poſt Joannem exauƈtoratum ſponte per ſuos legatos in pleniſſimo Patrum Conſtantienſium conventu Pontificatum depoſuiſſet , qui perpetuus Piceni Legatus conſtitutus haud multo poſt e vita migravit . Anno demum 1417. III. Idus Novembris Odo Cardinalis Columnenſis omnium conſenſu Pontifex renunciatus eſt , qui Martini V. nomen aſſumpſit. Ita poſt annos 40. ſchiſma ſublatum eſt , repugnante licet Benediƈto ; qui fere ab omnibus deſertus anno 1424. cum deceſſiſſet in Hiſpania , a duobus reliquis illius partium Cardinalibus ſubleƈtus Clemens VIII. , ſed quarto poſt anno in ordinem coaƈtus eſt . In eodem Concilio Conſtantienſi inſanæ pravæque opiniones Viclephi , & Joannis Huſſi in diſquiſitionem ac judicium vocatæ ſunt , & communi omnium anathemate confixæ ; ipſe vero Joannes , eum nulla ratione adduci potuiſſet , ut nefaria & impia dogmata repudiaret , & ſe fuga eripere conatus eſſet , flammis eſt addiƈtus anno 1415. pridie Nonas Julii , & anno ſequenti Hieronymus Pragenſis eamdem ob cauſlam eodem ſupplicio affeƈtus interiit .

Dopo molte controversie e dispute, prima fu catturato il 4 giugno 1415 il fuggitivo Giovanni XXIII, poi, l'anno successivo, il 24 luglio, fu abrogato il papato di Benedetto XIII. Infatti, Gregorio XII, due mesi dopo che Giovanni era stato ripreso, rinunciò volontariamente al papato attraverso i suoi rappresentanti in un convegno completo di Padri di Costantinopoli. Poco dopo morì. Infine, il 13 novembre 1417, Odo, Cardinale di Colonna, fu proclamato Pontefice con l'accordo di tutti e prese il nome di Martino V. Così, dopo 40 anni, la scisma fu ricomposto, nonostante la resistenza di Benedetto, che fu abbandonato da quasi tutti e morì in Spagna nel 1424. Fu sostituito da Clemente VIII, che però fu costretto a fare atto di sottomissione (N.d.T. a Martino) dopo quattro anni. Nello stesso Concilio di Costantinopoli le opinioni folli e perverse di Viclef e di Giovanni Hus furono messe sotto indagine e giudizio, e furono condannate con l'anatema comune di tutti. Giovanni non poteva essere portato a rinnegare le sue nefande e immorali dottrine e cercò di fuggire, ma fu arso vivo il 3 luglio 1415, e l'anno successivo Girolamo di Praga morì per lo stesso motivo.

 

Joannes XXIII. Domni Pontificatum Spalatenſes rogatu Sigiſmundi approbavit .

Jam vero ad rem noſtram ut veniamus , Sigiſmundus ab Joanne XXIII. , antequam is anno 1415. XII. Kalen. Aprilis clandeſtina fuga ex urbe ſe , Concilioque proriperet , petierat atque impetraverat , ut Archiepiſcopatus Spalatenſis Domnio ab ſe olim collati , ſed poſtea abrogati , auƈtor denuo fieret approbatorque , & Pontificium approbationis Diploma rite confeƈtum ad eum tranſmitteret . Cum enim e Tabulis Spalatenſibus conſtet Domnii Archiepiſcopatum auƈtoritate Sedis Apoſtolicæ approbatum fuiſſe ; ejus approbator præter Joannem , ſi temporum ratio habeatur , alius Pontifex nullus eſſe potuit ; hujuſmodi autem approbationis impetrandæ auƈtor videtur fuiſſe Sigiſmundus , cum & Spalatenfibus gratificari cuperet, eorumque animos magis ſibi magiſque obſtringeret ; & Domnium , præſertim poſt Legationem Spalatenſem apud ſe ſumma fide ac prudentia obitam, plurimi faceret , ac mirifice diligeret . Dum Domnius Archiepiſcopi eleƈti nomen ſuſtinuit , in Tabulis Curiæ Spalatenſis ſcriptum invenio : vacante Eccleſia Metropolita Paſtore ; numquam vero Domnii Archieleƈti nomen reperio ; propterea fortaſſis , quod Spalatenſes videri nollent parum obſequentes religioſique ad verſus Romanum Pontificem , qui Petrum Epiſcopum Faventinum Eccleſiæ Spalatenſi . Epiſcopum præfecerat : nomen autem utriuſque ſilentio prætereuntes , neutrum palam repudiare , neutri injuriam facere videbantur . Adde quod metuebant , ne , ſi Petrum vel Domnium nominarent , in oſſenſionem Sigiſmundi incurrerent , qui utroque rejeƈto Andream Gualdum in Sedem illam reſtitui volebat . Poſtquarn vero Sigiſmundus & Joannes Pontificatum Domnii approbarunt , hunc tamquam legitimum Archiepiſcopum agnoſcere , & in Aƈtis publicis nominare cœperunt , ut perſpici licet ex Tabulis confeƈtis anno 1416. 10. Januarii , Regnante Sereniſſimo Principe , & Domino noſtro Domino Sigiſmundo Dei gratia Roman. Rege ſemper Auguſto , & Hungariæ , Dalmatiæ , &c. Rege inclito . Temporibus quidem Reverendiſſimi in Chriſto Patris D. D. Duymi Dei gratia & Apoſtolicæ Sedis Archiepiſcopi Spalatenſis , & ſtrenui militis Domini Blaxii Andrea de Tragurio honorandi Comitis &c.

Ma veniamo ora alla nostra vicenda. Prima della sua fuga segreta dalla città e della sua partecipazione al Concilio il 12 marzo 1415, Sigismondo aveva chiesto e ottenuto da Giovanni XXIII, che l'Arcivescovado di Spalato, che gli era stato conferito in precedenza ma poi abolito, venisse nuovamente riconosciuto e approvato da lui. Poiché risulta dai registri di Spalato che l'Arcivescovado di Domnio era stato approvato dall'autorità della Santa Sede, nessun altro Pontefice, a parte Giovanni, avrebbe potuto concedere tale approvazione, se si considera il tempo in cui ci troviamo. Sigismondo sembra essere stato l'autore di tale richiesta di approvazione, poiché desiderava gratificare gli abitanti di Spalato, legare sempre di più i loro cuori a sé e fare molto per il loro Arcivescovo, soprattutto dopo che questi era stato inviato come ambasciatore a lui e aveva svolto il suo lavoro con grande fede e prudenza, guadagnandosi così la stima e l'affetto di Sigismondo. Mentre il nome del Vescovo eletto Domnio è confermato, trovo scritto nei registri della Corte di Spalato: Vacante Ecclesia Metropolita Pastore; tuttavia, non trovo mai il nome dell'Arcivescovo eletto. Forse gli abitanti di Spalato non volevano sembrare poco obbedienti e religiosi nei confronti del Pontefice romano, che aveva nominato Pietro, Vescovo di Favento, come Vescovo della Chiesa di Spalato. Tuttavia, evitando di menzionare il nome di Pietro o dell'Arcivescovo eletto, non sembravano rifiutare o offendere nessuno. Inoltre, temevano che se avessero menzionato Pietro o l'Arcivescovo eletto, sarebbero incorsi nell'ira di Sigismondo, che voleva che Andrea Gualdo fosse ripristinato su quella cattedra, dopo che entrambi erano stati rifiutati. Dopo che Sigismondo e Giovanni approvarono l'Arcivescovado di Domnio, cominciarono a riconoscerlo come il legittimo Arcivescovo e a menzionarlo negli atti pubblici. Ciò è evidente dai registri datati 10 gennaio 1416, nel regno del nostro serenissimo Principe e Signore, Sigismondo, per grazia di Dio, sempre Imperatore dei Romani, e Re dell'Ungheria, Dalmazia, ecc., e nel periodo del reverendissimo Padre in Cristo, il Signor Domnio, per grazia di Dio, Arcivescovo di Spalato e del valoroso Biagio Andrea di Traù, conte onorario, ecc.

Giovanni XXIII ha approvato la richiesta di Sigismondo di concedere il Pontificato di Spalato a Domnio.

 

In Appendice ad Concilium Conſtantienſe Tom. XXVI. Labbeanæ Venetæ Colleƈt. infertus eſt Catalogus Cardinalium , Epiſcoporum , Abbatum , Principum Virorum , ac Procerum , qui anno 1414. & ſequenti Conſtantiam ad Concilium convenerunt , auƈtore Gebhardo Dacherio Conſtantienſi . Incipit : Anno Domini 1414. & 15. venerunt Conſtantiam civitatem pro Concilio ibidem celebrando Sanƈtiſſimus in Chriſto Pater , & Dominus noſter Joannes XXIII. &c. Inter Archiepiſcopos annumeratur Petrus Archiepiſcopus Spalatenſis .

In appendice al Tomo XXVI delle Raccolte di documenti di Labin in Veneto è inserito un catalogo dei cardinali, vescovi, abati, principi e nobili che si riunirono a Costanza per il Concilio nel 1414 e anni successivi, scritto da Gebardo Dacherio1 di Costanza. Inizia così: Nell'anno del Signore 1414 e 1415, vennero a Costanza per celebrare il Concilio, il Santissimo Padre in Cristo e nostro Signore Giovanni XXIII, ecc. Tra gli arcivescovi è incluso Pietro, arcivescovo di Spalato.

 

Petrus de Pago prioribus Concilii conventibus interfuit cum titulo Archiepiſcopi Spalatenſis .

Hic eſt Petrus ille de Pago , quod Joannes Papa ex Epiſcopo Faventino Archiepiſcopum Spalatenſem creaverat . Nec vero dubitari poteſt , quin titulum Archiepiſcopi Spalatenſis , quem ad Concilium anno 1414. attulit , anno ſequenti depoſuerit , poſtquam videlicet idem Joannes ratam habuit eleƈtionem Domnii , & Apoſtolica auƈtoritate confirmavit . Porro ex Epiſcopis Dalmatiæ omnino duos Synodo Conſtantienſi interfuiſſe reperio , videlicet Antonium Archiepiſcopum Raguſinum , & Simeonem de Dominis patria Arbenſem , Epiſcopum Tragurii .

Questo è quel Pietro di Pago che il Papa Giovanni aveva creato Arcivescovo di Spalato dall'episcopato di Faenza. Non c'è dubbio che abbia rinunciato al titolo di Arcivescovo di Spalato che portava al Concilio nel 1414, dopo che lo stesso Giovanni aveva confermato l'elezione di Domnio e l'aveva confermata con autorità apostolica. Inoltre, trovo che ci siano stati esattamente due vescovi della Dalmazia presenti al Sinodo di Costanza, ovvero Antonio Arcivescovo di Ragusa e Simeone de Dominis, originario di Arbe, Vescovo di Traù.

Pietro di Pago ha partecipato ai precedenti incontri del concilio con il titolo di Arcivescovo di Spalato.

Simeon Ep. Tragurienſis interfuit Concilio Conſtantienſi.

Cum de novo Pontifice creando deliberari cœptum eſt , ad Collegium Cardinalium , ad quos e conſuetudine jamdudum recepta poteſtas eligendi Pontificis pertinebat , de Concilii ſententia triginta præterea Epſfcopi adjunƈti ſunt ex quinque nationibus , Italica, Germanica , Anglicana , Hiſpanienſi , & Gallica , quibus comitia Pontificalia ineundi , ac ſuffragia ferendi jus eſſet . Inter eleƈtores nationis Germanica: numerum & locum obtinuit Simeon Epiſcopus Tragurienſis .

Quando si decise di procedere alla scelta di un nuovo pontefice, trenta vescovi furono aggiunti, su decisione del concilio, al Collegio dei Cardinali, ai quali da tempo immemorabile era stata data l'autorità di eleggere il Pontefice. Essi provenivano da cinque nazioni: Italia, Germania, Inghilterra, Spagna e Francia, e avevano il diritto di partecipare alle elezioni pontificie e di votare. Tra i membri votanti della nazione tedesca c'era Simeone, vescovo di Traù.

Simeone, vescovo di Traù, partecipò al Concilio di Costanza.


1 Gebardo di Costanza, nato a Bregenz nel 949 e morto a Costanza il 27 agosto 995, fu un vescovo tedesco che occupò la sede episcopale di Costanza dal 979 al 995 ed è venerato come santo dalla Chiesa cattolica.

§. IV

§. IV

 

Domnius Archiepiſcopus Turri S. Domnii abfolvenda ac perficiendæ Nicolaum Spalatenſem nobilem Architeƈtum præſſe juſſit.

L'arcivescovo Domnio ordinò che il nobile architetto Nicola di Spalato fosse incaricato dell'esecuzione e del completamento dei lavori della Torre di San Domnio.

 

 

Deſcriptionem Turris S. Domnii , ejaſque formam & effigiem rypis æneis expreſſam habes Tom. I. in Aƈtis S. Domnii cap. XVI. §. IV. Opus enimvero egregium ; & in co genere molis ac ſtruƈturæ vix elegantius quidpiam , aut excellentius invenies . Illam regia liberalitate & magnificentia inchoatam fuiſſe tradunt Spalatenſes ab Eliſabetha Ludovici Regis Hurgarorum conjuge , quæ itidem ſuo ære ſumptuque Arcam argenteam pulcherrime cælatam condendo incorrupto S. Simeonis Prophetæ corpori Jaderæ faciendam curaverat . Præclari hujus operis conſtruƈtioni mors Eliſabethæ intervenit , illudque imperfeƈtum reliquit . Nec vero pauci e civibus opulentioribus , poſt obitum Reginæ , aliquam pecuniæ ſummam pro ſuis quiſque facultatibus contulere . Colaphiza perilluſtris matrona , uxor Joannis Comitis Spalati , ejus fortaſſe , qui ſub initium hujus ſæculi a Spalatenſíbus Cornes Urbis perpetuus declaratus fuerat , idemque erat Comes ſeu Dominus Cetinæ , pro anima viri ſui vita funƈti expianda in id opus centum nummos Romanos contribuit , ut docet Inſcriptio Turri affixa : Colaphiza uxor Domini Joannis Spalatinorurn Comitis pro anima viri ſui jam defunƈti in hac opera centum Romanatos expoſuit . Extat altera Inſcriptio impoſita januæ Turris in Septentrionem obverſæ , ſupraque effigies ibidem inſculptas SS. Domnii & Anaſtaſii ; ſed pleriſque litteris vetuſtate exeſis, nihil ex ea intelligi poteſt , niſi monumentum illud poſitum eſſe ad declarandam piam liberalitatem ejus , qui de ſuo haud parum pecuniæ in idem opus largitus fuerat .

La descrizione della Torre di San Domnio, insieme alla sua forma e alla sua immagine espressa in rilievi di rame, si trova nel volume I, nel capitolo XVI, sezione IV degli Atti di San Domnio. Infatti, è un'opera egregia, e in questo genere di grandiosità e costruzione difficilmente si trova qualcosa di più elegante o eccellente. Si dice che sia stata avviata dalla generosità e magnificenza regale degli Spalatini, con la consorte di Ludovico, re degli Ungheri, Elisabetta, che si preoccupò di far realizzare un'arca argentea bellissimamente cesellata per contenere il corpo incorrotto del profeta San Simeone a Jadera. La costruzione di questa splendida opera fu interrotta dalla morte di Elisabetta e fu lasciata incompiuta. Non pochi cittadini più facoltosi, dopo la morte della regina, contribuirono con una somma di denaro proporzionata alle loro possibilità. Colaphiza, una nobile signora, moglie di Giovanni, conte di Spalato, forse quello che agli inizi di questo secolo era stato dichiarato conte perpetuo della città di Spalato e che era anche conte o signore di Cettigne, contribuì con cento monete romane a tale opera per la redenzione dell'anima del marito deceduto, come attestato dall'iscrizione apposta sulla Torre: Colaphiza, moglie del signore Giovanni, conte degli Spalatini, espone cento romanati per la redenzione dell'anima del marito già defunto in quest'opera. Esiste un'altra iscrizione posta sulla porta della Torre rivolta a nord, sopra le immagini ivi scolpite dei santi Domnio e Anastasio; ma per la maggior parte le lettere sono logore dall'età e non si può capire altro se non che quel monumento è stato posto a memoria della sua pia liberalità di chi aveva generosamente contribuito per la realizzazione dell'opera.

 

 

Præterea multi pecuniam teſtamento legaverant , quam in ejus Turris ædificationem inſumi , atque a ſuis haredibus numerari juſſerunt . Porro Domnius inchoatæ Turris abſolvendæ cogitationem curamque ſuſcepit ; & convocato Capitulo quid ſui conſilii , ſuæque voluntatis eſſet , expoſuit : ac de communi ſententia decretum eſt , ut huic operi præficeretur Nicolaus Tuerdoyus civis Spalatenſis , inſignis ea tempeſtate architeƈtus .

Inoltre, molti avevano lasciato denaro in eredità da destinare alla costruzione della torre e avevano ordinato che fosse impiegato per tale scopo e pagato dai loro eredi. Inoltre, l'arcivescovo prese a cuore l'idea di completare la Torre iniziata, e chiamando il Capitolo espose la sua opinione e volontà: fu deciso all'unanimità di affidare l'opera a Nicola Tuerdoyus, un noto architetto della città di Spalato dell'epoca.

 

Domnius Archiep. Turris perficiendæ negotium dadit Nicolao nobili architeƈto .

Ei poteſtas ampliſſima data eſt ; qua fretus munituſque fabros & artifices , quotquot ad properandum opus & abſolvendum neceſſarios eſſe ducebat , ſuo arbitratu conduceret , mercede ſingulis , quæ juſta videretur , conſtituta ; ſimul ab hæredibus ac debitoribus exigeret quidquid pecuniarum vel ſupremis piorum hominum tabulis reliƈtum , vel aliunde ad Turrim illam perficiendam deſtinatum ac debitum eſſet : qui vero ſolviſſent , eos cautione ſui chirographi ſecuros tutoſque præſtaret , ne iterum ſolvere cogerentur . Quidquid vero in eam rem ſive operarum conduceret , ſive nummorum inſumeret , id omne cum omnibus ejus aƈtis probatum iri , modo tamen ipſe accepti , & expenſi rationem Archiepiſcopo , & Collegio Canonicorum redderet . Hujus procurationis Nicolao traditæ Archiepiſcopales litteræ in publico urbis Tabulario aſſervantur :

Gli fu data un'autorità estremamente ampia, sulla quale si avvalse per assumere, a suo arbitrio e con una giusta retribuzione per ciascuno, i fabbri e gli artigiani che riteneva necessari per completare e terminare la Torre. Inoltre, egli esigé dai debitori e dagli eredi tutto il denaro destinato alla costruzione della Torre, come stabilito nei testamenti o da altri mezzi, e garantì ai debitori sollevati dalla responsabilità di ripagare il debito a condizione che egli stesso ne rispondesse con una garanzia scritta. Tutte le spese e i lavori che egli effettò furano soggetti all'approvazione dell'arcivescovo e del capitolo dei canonici, a condizione che egli presentasse una giustificazione per tutte le somme ricevute e spese. Le lettere dell'arcivescovo che conferivano tale incarico a Nicola sono conservate presso l'archivio pubblico della città:

L'arcivescovo Domnio ha affidato l'incarico di completare la Torre al nobile architetto Nicola.

 

1416. die 20. Junii .

Il 20 di Giugno del 1416

 

 

Reverendiſſimus in Chriſto Pater D. Duymus Archiepiſcopus Spalatenfis , nec non Ven. Capitulum Eccleſiæ Spalatenſis ad hoc ſpecialiter congregatum ſuo ſolito in curia Archiepiſcopali omnibus modo , via , jure , & forma , quibus melius potuerunt , fecerunt & conſtituerent Ser Nicolaum Tverdoy de Spalato præſentem & hoc onus in ſe ſponte ſuſcipientem operarium & ſupraſiantem Campanili Eccleſiæ S. Duymi & fabricæ ejuſdem , ita quod poſſit & valeat magiſtros manuales & homines invenire ad fabricandum & operari & fabricari faciendum diƈtum Campanile , nec non res & inſtrumenta neceſſaria ad diƈtum opus invenire , emere, ſeu fieri facere , prout ei melius & utilius pro diƈto opere & fabrica vicebitur . Item quod pro expenſis fiendis quibuſcumque pro diƈta fabrica tam pro magiſtris ſolvendis , quam rebus opportunis fiendis & emendis , ipſe Ser Nicolaus poſſit & valeat nomine prædiƈto exigere & petere tam in judicio , quam extra omnia & ſingula Iegata dimiſſa fabricæ & pro fabrica diƈti Campanilis per querncumque in teſtamentis ſeu codicillis , & omnia debita debenda quoquomodo ipſi fabricæ & ſpeƈtantia eidem ſabricæ , & illa exaƈta in diƈto & pro diƈto opere & fabrica diſpenſare & diſponere , bona fide & cum diligentia , & de ipſis legatis & debitis ipſe Ser Nicolaus poſſit facere quietationem & paƈtum de ulterius non petendo illi vel illis , a quibus exiget & habebit ; ita tamen qued ipſe Ser Nicolaus debeat & teneatur reddere & aſſignare diƈtis D. Archiepiſcopo , & Capitulo bonam & integram rationem & calculum rationis de pradiƈtis omnibus adminiſtratis & exaƈtis per eum. Promittentes diƈtus D. Archiepiſcopus & Capitulum ipſi Ser Nicole pro ſe & ſuis hæredibus & nomine illorum, quorum intereſt vel poterit intereſſe, ſe firma & rata habituros quæcumque per diƈtum ejus operarium aƈtum fuerit & operatum in prædiƈtis & quolibet pradiƈtorum ſub pœna Stat. Spalati . Cum reſeƈt. Aƈtum in Curia Archiepiſcopali præſentibus ſ. Jachſa Petri & ſ. Georgio Matthæi de Spalato teſtibus & ſ. Marco Petri Exam.

Il Reverendissimo Padre Domnio, Arcivescovo di Spalato, insieme al venerabile Capitolo della Chiesa di Spalato, appositamente convocato in udienza arcivescovile, hanno fatto e costituito con tutti i modi, i mezzi, il diritto e la forma migliori a loro disposizione, il signor Nicola Tverdoy di Spalato, presente e spontaneamente impegnato come operaio e sovrintendente per la torre campanaria della Chiesa di San Domnio e la sua fabbrica, in modo tale da poter trovare e impiegare maestri artigiani e lavoratori per costruire e realizzare la suddetta torre campanaria, nonché trovare, acquistare o fare gli strumenti e i materiali necessari per tale lavoro, come gli sembrerà più conveniente e utile per l'opera e la fabbrica stessa. Inoltre, il signor Nicola avrà il diritto di richiedere e chiedere a nome dell'opera suddetta tutte le spese sostenute per la costruzione, sia per i maestri che per le attrezzature necessarie e le riparazioni, sia in tribunale che fuori, per qualsiasi legato relativo alla fabbrica e per la fabbrica della suddetta torre campanaria, a carico di qualsiasi persona in qualsiasi testamento o codicillo, e di dispensare e disporre di tali spese in modo onesto e diligente e di dare quietanza e accordo ai legati e ai debiti relativi a tale fabbrica e di non richiederne ulteriormente. Tuttavia, il signor Nicola dovrà restituire e assegnare ai suddetti Reverendissimo Arcivescovo e Capitolo un buon e integro calcolo delle somme amministrate e ricevute da lui in merito a tutte le questioni citate. L'Arcivescovo e il Capitolo promettono, a nome proprio, dei loro eredi e di coloro che potrebbero averne interesse, di considerare salda e valida qualsiasi azione o lavoro effettuato dal suddetto operaio e di rispettare tutte le disposizioni relative alle stesse, sotto pena delle Leggi di Spalato. Atto presso l'Udienza Arcivescovile alla presenza dei testimoni sig. Jachsa Petri e sig. Georgio Matthæi di Spalato e sig. Marco Petri Exam.

 

§. V

§. V

 

Deditio Spalatenſium redeuntium ſub imperiam Venetorum cauſſam Eccleſiæ & urbis deſererdæ Domnio præbuit.

La resa dei cittadini di Spalato che tornavano sotto il dominio dei Veneziani costituì la ragione dell'abbandono della città e della Chiesa al loro dominio.

 

 

Poſt ſæculum decimum Spalatenſes, ut æteri Dalmatæ , per annos amplius quadringentos crebris Dominorum mutationibus obnoxit , alias Venetis , alias Imperatoribus 0rientis , alias Regibus Hungariæ obtemperarunt . Tandem anno 1420. qui felix illis ac fauſtiſſimus fuit , conſtanti ac perpetua fide ſe clementiſſimo Venetorum imperio ſubdiderunt .

Dopo più di un secolo, i cittadini di Spalato, come gli altri Dalmati, soffrirono per oltre quattrocento anni a causa delle frequenti mutazioni dei signori, obbedendo ora ai Veneziani, ora agli Imperatori d'Oriente, ora ai Re d'Ungheria. Infine, nell'anno 1420, che fu felice e fortunato per loro, si sottomisero al clementissimo dominio dei Veneziani con una fedeltà costante e perpetua.

 

Venetis Sigiſmundus belli ſecum redintegrandi cauſſam præbuit .

Ante biennium induciæ quinquennales exierant , quas Veneti , poſt Sibenicenſes in fidem receptos , cum Sigiſmundo pepigerant ; illiſque bellum erat cum Ludovico Techio Patriarcha Aquilejenſi , cujus imperio ſuberat regio illa fere univerſa , quæ Liquentia Timavoque fluminibus , Alpibus & Adriatico mari terminatur . Belli redintegrandi occaſionem dedit Sigifmundus , qui Ludovico aliquot millia militum auxilio miſerat ; idemque juſſerat Tragurium novis operibus , propugnaculiſque muniri , & præter alia minora navigia , tres juſtæ magnitudinis triremes inſtrui atque armari , quæ navibus Venetorum damna ſane multa intulerunt . Itaque juſſus eſt Petrus Lauretanus Præfeƈtus Adriatici ſinus cum valida claſſe in Dalmatiam trajicere ; qui primo adventu Braƈtiam , Phariam , Corcyram inſulas , ultro in fidem venientes recepit anno 1420. Deinde Tragurium obſedit , vehementiſſime oppugnavit , & V. Kal. Julii ad deditionem compulit . Hæc e Chronologis Venetis.

Due anni prima erano scaduti i cinque anni di tregua, che i Veneziani avevano stipulato con Sigismondo dopo aver accolto nella loro fede i Sibenicensi. In quel momento i Veneziani erano impegnati in una guerra con Ludovico di Teck, patriarca di Aquileia, che regnava su quasi tutta la regione che va dal fiume Llubiana, al Timavo, alle Alpi e al mare Adriatico. Sigismondo diede il pretesto per rinnovare la guerra, avendo inviato in aiuto di Ludovico alcune migliaia di soldati e ordinando che Traù fosse fortificata con nuove opere di difesa e che, tra le altre navi minori, fossero equipaggiate e armate tre triremi della giusta grandezza, che causarono molte perdite alle navi veneziane. Perciò fu ordinato a Pietro Lauretano, prefetto del Golfo di Adriatico, di sbarcare in Dalmazia con una forte flotta. Egli, al suo primo arrivo, accolse in fiducia le isole di Brac, di Pharos e Corfù, per poi assediare con forza Traù e costringerla alla resa il 27 giugno 1420. Questo è quanto affermano gli storici veneziani.

Sigismondo fornì ai Veneziani una ragione per rinnovare la guerra con lui.

Spalatenſis agunt de Urbe Venetis dedenda .

Vicinæ urbis caſu perculſi Spalatenſes minime expeƈtandum cenſebant , dum ipſi quoque obſeſſi oppugnatique deditionem vel iniquis conditionibus facere cogerentur . Nulla ſpes erat auxilii Hungarici , quod ipſis quoque Tragurienſibus defuerat . Nam Sigiſmundo , qui anno ſuperiori Venceslavo fratri defunƈto in Regnum Bohemiæ ſucceſſerat , plurimum negotii faceſſebant Huſſitæ ; hi ſiquidem cum Joannem Ziſkam audacem hominem , ac manu & conſilio promptum ſibi Ducem conſtituiſſent , totam illam regionem inſano furore depopulati , multa oppida cœperunt , ac ſemel atque iterum Sigiſmundi copias profligarunt . Itaque de ſententia totius Conilii Nobilium , & voluntate reliquorum civium decretum eſt , ut quatuor Oratores mitterentur ad Petrum Lauretanum Præfeƈtum Venetæ claſſis , qui deditionis conditiones ſcripto traditas , & ſexdecim capitulis comprehenſas ad eum deferrent ; quibus ille ſi aſſentiretur , eaſque Dux & Senatus ratas haberet , moram nullam fore , quin civitas in poteſtatem Venetorum traderetur . Præfeƈtus conditiones illas accepit , & jurejurando promiſit curaturum ſe , ut eædem ab Duce , & Senatu approbarentur . Interea poſtulabat , ut in urbem reciperetur , ejuſque poſſeſſionem nomine Reipublicæ Venetorum adiret . Hæc reſponſa cum Oratores retuliſſent , iterum magiſtratus urbis , ac patricii, quibus adeundi comitia jus erat , convocati ſunt in Curiam IV. Kal. Julii ; & cum Thomas de Luccaris gravi prudentique oratione ſuaſiſſet obtemperandum eſſe poſtulatis Præfeƈti Veneti , quatuor diffentientibus , reliqui omnes in ejus ſententiam iverunt .

Gli abitanti di Spalato, scossi dalla caduta di una città vicina, ritennero probabile che anche loro sarebbero stati assediati e costretti ad arrendersi sotto condizioni svantaggiose. Non c'era speranza di aiuto ungherese, che era mancato anche ai Traguriensi. Infatti gli Ussiti stavano causando molti problemi a Sigismondo, che l'anno precedente aveva preso il posto del fratello Venceslao sul trono di Boemia. Gli Ussiti, infatti, avevano nominato un loro leader, il coraggioso e pronto alla lotta Jan Žižka, e stavano devastando tutta la regione con una follia indescrivibile, catturando molte città e sconfiggendo le truppe di Sigismondo. Quindi, su suggerimento di tutto il Consiglio dei Nobili e con il consenso degli altri cittadini, venne deciso di inviare quattro ambasciatori a Pietro Loredan, Prefetto della flotta veneziana, con le condizioni di resa scritte e contenenti sedici capitoli da consegnare a lui; se avesse accettato le condizioni e il Doge e il Senato le avessero approvate, non ci sarebbe stata alcuna esitazione nell'affidare la città ai Veneziani. Il Prefetto accettò le condizioni e giurò di fare in modo che fossero approvate dal Doge e dal Senato. Nel frattempo, chiese di essere accolto in città e di prendere possesso della città a nome della Repubblica di Venezia. Dopo che gli ambasciatori riportarono questa risposta, i magistrati della città e i patrizi, che avevano il diritto di partecipare all'assemblea, furono convocati nella Corte il 28 giugno e, dopo che Tommaso Luccaris li aveva persuasi con un discorso serio e prudente ad accettare le richieste del Prefetto veneziano, quattro votarono contro e tutti gli altri furono d'accordo.

I cittadini di Spalato negoziano la resa della città con i Veneziani.

 

Ergo Petrus Lauretanus magna omnium voluntate , ingentique lætitia in urbem admiſſus pridie Kalendas Julii , Conſilium Optimatum cogi juſſit , eligique quatuor Legatos , qui Venetias profeƈti , leges & conditiones deditionis ad Dunem & Senatum deferrent , ſuppliciterque ab eo peterent , ut illas ratas habere , & confirmare vellet ; ſimulque ut civitatem , agrum , publicas & privatas fortunas ſub poteſtatem ſuam & clientelam reciperet .

Quindi, Pietro Lauretano, con grande consenso ed enorme gioia, fu ammesso nella città il 30 giugno e ordinò al Consiglio degli Ottimati di riunirsi e scegliere quattro ambasciatori che si sarebbero recati a Venezia per consegnare le leggi e le condizioni della resa e supplicare che fossero accettate e confermate dal Doge e dal Senato. Inoltre, (N.d.T.: i quattro ambasciatori) chiesero che la città, il territorio, le proprietà pubbliche e private fossero poste sotto il loro controllo e protette.

 

Oratores decreti ad Ducem & Senatum , qui conditiones deditionis approbavit .

Antequam vero conventus dimitteretur , omnes & ſinguli , ut quiſque dignitate , vel ætate antecedebat , ita ex ordine manibus ſuprapoſitis ſacræ Lipſanothecæ , in qua particola Sanƈtiſſimæ Crucis incluſa erat , & conceptis verbis jurarunt ſe in perpetuum futuros fideles , ſubjƈtos , obſequentes imperio Venetorum .

Prima che l'assemblea fosse sciolta, tutti e ciascuno, secondo la propria dignità o età, giurarono con le mani sul sacro scrigno di San Biagio, in cui era custodita una particella della Santissima Croce, di essere fedeli, sottomessi e obbedienti all'autorità dei Veneziani per sempre.

Gli oratori incaricati si recarono dal Duca e dal Senato, i quali approvarono le condizioni di resa.

 

Oratores Venetias miſſos in frequentiſſimo Senatu excepit Thomas Mocenicus Dux Venetorum , & ſexdecim capitula , ſeu poſtulata , qua Petrus Lauretanus , levi aliqua mutatione adhibita , approbaverat , regio diplomate confirmavit . Ex his duo pertinent ad rem Eccleſiaſticam . Unum eſt : quod Duymus Archiepiſcopus Spalati per Ducale Dominium confirmetur ; alterum , quod eleƈtio Archiepiſcopi fiat per Clerum & Nobiles diƈtæ civitatis . Huic aſſenſus eſt Dux & Senatus , alterum vero ad arbitrium Romani Pontificis rejecit . Exinde reliquæ civitates , ad Venetorum ditionem reverſæ ſunt . Hæc ex Tabulis & monumentis Archivi publici Spalatenfis .

Gli ambasciatori inviati a Venezia furono accolti dal Doge di Venezia, Tommaso Mocenigo, in una seduta del senato molto frequentata. Sedici capitoli o richieste, che Pietro Lauriano aveva approvato con alcune piccole modifiche, furono confermati con un diploma reale. Due di questi riguardavano la questione ecclesiastica. Uno stabiliva che il dominio ducale confermasse l'arcivescovo di Spalato, l'altro che l'elezione dell'arcivescovo fosse fatta dal clero e dai nobili della città. Il duca e il senato acconsentirono alla prima richiesta, ma l'altra fu respinta e mantenuta a discrezione del Pontefice romano. Dopo di che, le altre città tornarono sotto l'autorità dei Veneziani. Questi sono i fatti riportati dalle Tavole e dai documenti dell'Archivio pubblico di Spalato.

 

Domnius Eccleſiam & urbem deferere decrevit .

Hungaricum imperium cum Veneto commutatum ægerrime tulit Domnius Archiepiſcopus , nec dubitari poteſt , quin omni ope operaque eniteretur , ut cives ſuos a voluntate urbis Venetis dedendæ revocaret . Dum legatione Spalatenſi fungebatur , ſingularis erga illum Sigiſmundi benignitas & indulgentia ita ejus fidem , obſervantiam , atque amorem obſtrinxerat , ut pati non poſſet ſe divelli ab ditione Sigiſmundi , abducique in eorum poteſtatem , quos neque ulla erga ſe beneficio cognitos habebat , neque ipſe ſuis in eos obſequiis & officiis ſibi demereri potuerat . Itaque urbis & Eccleſiæ deferendæ conſilium coepit .

L'arcivescovo non accolse bene la sostituzione dell'Impero Ungherese con quello Veneziano e non ci sono dubbi che abbia fatto tutto il possibile per cercare di revocare la decisione di consegnare i propri concittadini alla volontà della città di Venezia. Durante il suo mandato come ambasciatore di Spalato, la particolare gentilezza e indulgenza di Sigismondo lo avevano legato così strettamente a lui per la sua fede, obbedienza e amore, che non poteva sopportare di essere diviso dalla signoria di Sigismondo, e di essere portato sotto il dominio di coloro che non gli avevano dimostrato alcun favore, né lui aveva potuto guadagnarsi la loro gratitudine con i suoi servizi e attenzioni. Pertanto, iniziò a pianificare la cessione della città e della chiesa.

Domnio decise di consegnare la chiesa e la città (N.d.T.:a Sigismondo).

§. VI

§. VI

 

Domnius reliƈta Sede Spalatenſi in Hungariam ſe recepit .

Domnio, lasciata la sede di Spalato, si ritirò in Ungheria.

 

Domnius reliƈta Sede Archiepiſcopali ad Sigiſmundo ſe conſert , & Comitiis Ponſonienſibus interfuit .

Inter poſtulata Spalatenſium illud quarto loco poſitum fuit , ut pet Ducem ac Senatum Venetum liceret Domnio fedem ſuam Archiepiſcopalem retinere : Item quod D. Duymus Archiepiſcopus Spalati per Ducale Dominium conſervetur in ſuo Archiepiſcopatu , honore , & dignitate ſua . Reſponſio Ducis ac Senacus fuit piena prudentiæ , religionis , & eximiæ adverſus Sedem Apoſtolicam reverentiæ ; Item ſuper Capitulo quod D. Duymus &c. reſpondemus , quod cum ad nos non ſpeƈtet ad impediendum de Clericis , ideo hoc relinquimus Sanƈtiſſimo Domino Papæ . Sed Domnius Ducis ac Senacus benignitate indulgentiaque tum erga ſe , tum erga Spalatenſes uti noluit ; & cum a Venetis animo eſſet alieno , urbiſque iiſdem dedendæ conſilio repugnaſſet , maluit patria & Archiepiſcopatu carere , quam utrumque retinere ſub imperio illorum , quos æque ab ſe , atque ille a Venetis erat , averſos fore putabat . Itaque ad Sigiſmundum ſe contulit , a quo cum perhonorifice acceptus eſſet , & viƈtu cæteriſque rebus quam liberaliſſime commodiſſimeque haberetur , vitam ſaltem uſque ad annum hujus ſæculi 35. perduxit . Domnii Pontificatus definit in annum 1420. quo quidem ipſe anno poſt ſuum e Dalmatia diſceſſum Eccleſiæ Spalatenſi nuncium rite remiit , ſeque Archiepiſcopatu ex formula juris abdicavit . Huic ſiquidem anno initia Pontificalia Petri de Pago ſucceſſoris adſcribi oportet , ſi quidem annos fex , & menſes quatuor Eccleſiæ illi præfuit , ut docet Catalogus Acutheanus . Erravit igitur Marcus Dumaneus in ſuo Chronico , qui Domnium anno 1424. Pontificatu pariter & vita ſunƈtum eſſe tradidit . Titulum Archiepiſcopatus Spalatenfis retinuit , & anno 1435. Comitiis Poſonienſibus interfuit ; quippe in ediƈto , quod in iiſdem Sigiſmundus condidit VIII. Id. Martii , Doimus Archiepiſcopus Spalatenfis , tamquam teſtis approbatorque nominatur cum cæteris Epiſcopis non ſolum Hungariæ , ſed etiam Dalmatiæ . Sed horum plurium fedes , veluti Fadertina , Nonenſis , Scardonenſis , Tragurienſis , Makarienſis , Farenſis vacare in eodem decreto dicuntur , propterea quod illarum civitatum Epiſcopos , cum tranſiiſſent ad Venetos , neque agnoſcere , neque pro legitimis habere vellet Sigiſmundus . Dalmatia ex quo in poteſtatem Regum Hungariæ conceſſerat , pars Regni Hungarici eſſe ac dici conſueverat ; ac proinde Epiſcopi Dalmatiæ non ſolum ediƈtis Regiis ſubſcribi ac teſtes adhiberi ſolebant , ſed etiam Conventus Hungaricos adeundi jus habebant ; & ſua cuique ſubſellia aſſignata erant , qua adhuc fervantur ; & ne vacua ſint , ab illis occupari ſolent , quibus honorarii & inanes tituli Epiſcopatuum Dalmatiæ conferuntur .

Tra le richieste dei cittadini di Spalato, quella al quarto posto era di permettere al duca e al Senato di Venezia di consentire a Domnio di mantenere la sua sede arcivescovile. Inoltre, si richiedeva che Domnio Duymus, l'Arcivescovo di Spalato, fosse conservato nel suo arcivescovato, onore e dignità attraverso il dominio ducale. La risposta del Duca e del Senato fu piena di saggezza, religione e grande rispetto verso la Santa Sede apostolica. Riguardo al capitolo riguardante Domnius Duymus e così via, risposero che, dal momento che non spettava a loro entrare nel merito degli affari del Clero, questo sarebbe stato lasciato al Santissimo Papa. Tuttavia, Domnio non volle beneficiare della gentilezza e della generosità del duca e del Senato, sia verso di sé che verso gli abitanti di Spalato, e non accettò la richiesta. Inoltre, dato che non si sentiva vicino ai Veneziani e che era contrario alla richiesta di consegnare la città, preferì privarsi della patria e dell'arcivescovato piuttosto che mantenerli sotto il loro dominio. Si rivolse quindi a Sigismondo, dove fu accolto con grande onore e con tutti i beni e le comodità più generose, e visse almeno fino al 1435. Il pontificato di Domnio terminò nel 1420, l'anno in cui, dopo la sua partenza dalla Dalmazia, inviò un ambasciatore alla chiesa di Spalato e si dimise formalmente dall'arcivescovato. Il titolo di Arcivescovo di Spalato fu mantenuto e partecipò alle elezioni di Bratislava1 nel 1435. Infatti, nel decreto emesso da Sigismondo l'8 marzo, Domnio, arcivescovo di Spalato, viene menzionato insieme ad altri vescovi non solo dell'Ungheria, ma anche della Dalmazia, come testimone e approvatore. Tuttavia, molti di questi posti vacanti come Fadertina, Nonensis, Scardonenensis, Tragurienensis e Makariensis furono dichiarati nel medesimo decreto vuoti, perché Sigismondo non voleva riconoscere né accettare i vescovi di quelle città che si erano rivolti ai Veneziani. Dalla cessione della Dalmazia sotto la sovranità dei re d'Ungheria, questa regione era stata considerata parte del Regno d'Ungheria; per questo motivo, i Vescovi della Dalmazia non solo erano soliti sottoscrivere ed essere testimoni degli editti reali, ma avevano anche il diritto di partecipare ai Convegni Ungheresi e avevano assegnate le loro rispettive sedie, che sono ancora in uso oggi; e affinché non rimanessero vuote, erano soliti essere occupate da coloro ai quali erano conferiti titoli onorari e insignificanti delle diocesi della Dalmazia.

Dopo aver lasciato la sede arcivescovile, Domnio si recò da Sigismondo e partecipò alle alle elezioni di Bratislava.

Annus emortualis & ſepulcrum Domnii Archiep. latet .

Domnius reliquam vitam exegit in Hungaria ; quo loco , quove anno diem ſuum obierit , ubi ſepultus fuerit , mihi non eſt compertum . Extra ædem Metropolitanam Spalatenſem ad latus dexterum januæ maximæ viſitur arca marmorea , in qua condita eſt Franciſca mater Domnii Archiepiſcopi , æque nobilis ac pia matrona , ut docet epitaphium ibidem cum ſtemmate gentilitio inciſum .

Domnio visse il resto della sua vita in Ungheria; non so in quale luogo e in quale anno sia morto, né dove sia sepolto. Fuori della cattedrale metropolitana di Spalato, sulla destra della porta principale, si trova una bara marmorea, dove è sepolta Francesca, madre dell'Arcivescovo Domnio, una matrona altrettanto nobile e pia, come indica l'epitaffio ivi inciso con lo stemma di famiglia.

L'anno della morte e la tomba dell'Arcivescovo Domnio giacciono nascosti.

 

Epitaphiæ Franciſca matris Domnii .

Epitaffio di Francesca, madre di Domnio.

 

 

P E-

Stemma

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1 “Poſonienſibus” si riferisce a Pressburg, che in italiano è conosciuta come Presburgo e in slovacco come Bratislava.