Introduzione

Il ramo ligure

Judex, Iudex, Judicis, Iudicis, de Judicibus, ex Judicibus

La famiglia è originaria di Ventimiglia1 dove risiedevano nella Contracta Iudicum, non sappiamo da quale secolo. Le prime notizie che abbiamo sono del X secolo, le ultime del XVIII.

Da Ventimiglia alcuni de Judicibus si trasferirono a Genova dove fondarono un altro ramo, estintosi probabilmente nel XVIII secolo, una cinquantina d'anni cioè dopo che si estinse il ramo Ventimigliese. Dal ramo genovese discendono i Del Giudice di Napoli. Nei nove secoli qui riportati de Judicibus nascono o vanno a vivere anche in altre località della liguria come Finale Ligure, Diano Marina e Rapallo.

I Giudici, o de' Giudici, come erano anche chiamati nella forma italianizzata, erano soprattutto dei mercanti, per cui li troviamo anche a Pera e Chios.

[N.d.A.] Nella famiglia si tramandano diverse tradizioni orali che fanno pensare come dal ramo ligure i de Judicibus arrivarono in Puglia verso la metà del 1400. Tuttavia esiste una famiglia de Judicibus pugliese altrettanto antica di quella ventimigliese, anche se non è stato ancora possibile collegarla a quella che dal XVII secolo arriva ai giorni nostri. Non è quindi chiaro quest'ultimo passaggio verso i tempi moderni, sul quale si sta ancora investigando.

Questa sezione riporta i personaggi vissuti a Ventimiglia e quelli che si trasferirono a Finale Ligure. Quelli vissuti a Genova, Savona e Rapallo, sono riportati nella sezione Genova, mentre quelli vissuti a Diano Castello sono riportati nella sezione omonima.


1 Il ramo ligure dei de Judicibus è il più antico assieme a quello Valtellinese e per ora non esistono elementi per dire quale derivi dall'altro o anche solo se esista un legame diretto fra i due rami. Esistono comunque indizi che fanno sospettare un legame, primo fra tutti l'origine bizantina dei de Judicibus della Valtellina e quella probabilmente romana antica dei de Judicibus di Ventimiglia. Ulteriori ricerche sono in corso.

Lo status sociale

I de Judicibus liguri non erano nobili nel senso stretto del termine, ovvero non avevano titoli nobiliari come barone o conte, ma sono stati comunque una delle famiglie più antiche e più considerate nel territorio, in un periodo che va dal X al XVII secolo circa. Nel X secolo, questo casato era vassallo dei conti di Ventimiglia e reggeva, per loro conto, i feudi di Buggio presso Pigna e Sajsone. In seguito diventarono una delle famiglie più importanti di Ventimiglia, per lunghi periodi alla guioda di quella città. Notai, mercanti, chirurghi e farmacisti, furono quasi sempre guelfi, tanto che furono molti i membri di questa famiglia a ricoprire importanti cariche ecclesiastiche.


Dalla documentazione di Bernardo Aprosio emerge dunque il profilo di un notaio di élite al quale si rivolgono molti membri di famiglie nobili come gli stessi Aprosio, i Galleani, i Giudici, i Massa, i Porro, i Rossi e gli Speroni.

Fausto Amalberti,
«I più antichi notai di Ventimiglia»,
2. Vita e lavoro del notaio,
Intemelion, n. 22 (2016).
pag. 32.

I De Giudici

di Nicolò Peitavino

«Tratterò ancora del casato dei De Giudici. Io sono d'avviso che questa famiglia, la cui origine si perde nel l'oscurità dei tempi, si sia sottratta alla distruzione d'Intemelio e, come i De Rubeis, così i De judicibus abbiano formato i cognomi dei De Ressi e dei De Giudici nella Ventimiglia medioevale.»
«Già nel secolo X i De Giudici reggevano per i Conti di Ventimiglia i feudi di Buggio presso Pigna e Sajsone.»
«Nel tempo delle fazioni furono capi-partito, parteggiando accanitamente per la fazione guelfa.»
«Da questa famiglia, che nella nostra città ebbe per più secoli la supremazia, uscirono uomini eminenti nelle lettere, nelle armi e nella Chiesa.»
«Nel 1528 questo illustre casato veniva ascritto alla nobiltà genovese e aggregato all'albergo Doria.»
«I De Giudici avevano una sepoltura propria della Cattedrale e sulla lastra del sepolcro erano incise queste parole: Hic manebunt judices donec judicèntur
«Nel 1617 il Vescovo Nicolò Spinola concedeva al magnifico Giobatta De Giudici il giuspatronato della Cappella di N. S. Assunta nella Cattedrale.»
«Nel secolo XVII un ramo di questa famiglia si stabilì a Nizza e si estinse nel 1820, e fu erede dell'ultimo superstite il Conte delle Escarene.»
«Il ramo dei De Giudici, che nella stessa epoca si stabilì nel Napoletano, si alzò a grande stato di fortuna e venne investito del ducato di Giovenazzo e del principato di Cellamare, Da questo ramo uscì Francesco Del Giudice ministro di Stato e grande inquisitore della monarchia in Spagna, elevato nel 1690 alla porpora dal Papa Innocenzo XII.»
«In Ventimiglia, la potente famiglia De Giudici si estinse verso la metà del secolo XVII con la morte del magnifico Giovanni Battista, lasciando eredi del suo pingue patrimonio le Opere pie e il Comune, che riconoscente gli alzava un busto in marmo nella sala del Parlamento.»
«Fra gli uomini illustri di questo casato sono degni di ricordo: 1) Ottone, console di Ventimiglia, che nel 1195 con altri cittadini chiese al Podestà di Genova di venire a condizioni per la sottomissione di Ventimiglia; 2) Rai mondo, il quale assieme al Vescovo Guglielmo ed altri sei cittadini nel 1222 si reca a Genova per chiedere pace e sottomettere la città di Ventimiglia alle condizioni imposte: 3) Ottone, che nel 1259 si trovò con S. Luigi re di Francia alla presa di Damiata; 4) Bartolomeo, che nei 1327 fu canonico di S. Maria Maggiore in Roma; 5) Stefano, che nel 1365 fu prevosto della Cattedrale, nominato successivamente Vescovo di Ventimiglia dall'antipapa Benedetto XIII; 6) Gaspare, che nel 1481 ebbe il comando di una delle venti galere che Genova offrì a Papa Sisto IV per reprimere il progresso dei Turchi; 7) Cristoforo De Giudici che, vissuto nel secolo XV. lasciò inedito un poema: e il padre Battista dell'Ordine Domenicano, che fu teologo, oratore di bella fama, autore di opere accreditale, e da Papa Paolo II fu eletto nel 1471 Vescovo di Ventimiglia. Nel 1505 don Secondino era Canonico cantore della Cattedrale e Abate commendatorio di S. Ampelio. Eresse nella Cattedrale una Cappella al martire S. Secondo. Infine Gio Battista De Giudici fu dottore in ambe leggi e Vicario generale di Mons. Nicolò Spinola nel 1617 e Cameriere segreto di S. S. Papa Urbano VIII, di cui scrisse la vita.»
«Ci ha detto abbastanza di questa famiglia!» – disse Corrado. – «Ma qual'era lo stemma di essa?» «Era d'azzurro alla banda di rosso caricata da tre gigli d'oro lungo la pezza.» «Che cosa significava questo stemma?» soggiunse. «Voleva dire che il casato dei De Giudici era in fondo color del cielo, attraversato da qualche pena, ma sostenuta con pazienza, purezza ed onestà.»

Da pag. 41 a pag. 43
Nicolò Can. Peitavino
"La Nobiltà delle Famiglie Ventimigliesi"
Editrice N.M.V.

Le migrazioni

Genova, Diano Castello, Palermo, Napoli, Nizza, Portogallo

Da Ventimiglia gli Iudex/de Iudicibus si espandono prima nel territorio ligure,

  • verso Genova, in primis, probabilmente già nel X secolo, con Egone Iudex (1004);
  • verso Finale Ligure nel XII secolo, con Enricus Iudex (1244)
  • e quindi verso Colla di San Giacomo, con Guglielmo Iudex (1258);
  • verso Diano Castello nel XIV secolo, con Battista de Iudicibus (𝒸𝒶. 1360)
  • e quindi verso Rapallo, nel XV secolo, con Iacobo Iudice (𝒸𝒶. 1410).

Nei secoli successivi altri rami si staccano da quello principale,

  • verso Palermo, con Michele del Giudice (1528);
  • verso Napoli, con Marc’Antonio de Judicibus (1587);
  • verso Nizza, con Francesco de’ Giudici (1660);
  • verso il Portogallo, con Paolo Andrea Judici (1698).

Oltre a ciò basterà ricordare le emigrazioni di talune famiglie importanti: i Manchelli a Monaco, i Riccobono a San Remo, i Curlo a Taggia, degli Sperone a Genova e dei De Giudici parte a Nizza e parte a Napoli.

Mario Ascheri,
«Ventimiglia dall’Antico Regime alla Repubblica ligure: il problema politico-istituzionale»,
Intemelion, n. 12 (2006)
pag. 121

[N.d.A.] Alcuni dei nomi e delle date qui riportate, corrispondono effettivamente ai capostipiti dei nuovi rami, come nel caso di Marc’Antonio de Judicibus e suo figlio Nicola per quanto riguarda Napoli o Paolo Andrea Judici per il ramo portoghese. Altri sono i personaggi più antichi di origine ventimigliese finora ritrovati in relazione a una determinata città o territorio. Nulla osta, tuttavia, che in realtà i de Judicibus si siano trasferiti in quei territori anche prima. Un esempio sono i Giudici di Diano Castello o quelli di Finale Ligure.

I possedimenti

Ventimiglia

Questa è una lista dei possedimenti del ramo principale della famiglia “Giudici” in Ventimiglia nella seconda metà del XIII secolo.

Contrata Iudicum (prope ecclesiam Sancte Marie)

  • Domus (heredes quondam Simeonis Zacharie vendono a Obertus Doria) domum quandam seu domos quam et quas habemus seu habere … in civitate Vintimilii et que domus posita est in contrata iudicum, prope ecclesiam Sancte Marie et cui domui coheret tribus partibus via et quarta domus qua modo habitat Obertus Iudex.
  • Domus (Guillelmus Iudex et Iohanna iugales vendono a Ingetus Buronus) ubi dicitur in Castro, cui coheret a tribus partibus via, ab alio latere domus Ardiçonis Iudicis.
  • Domus Ardiçonis Iudicis.
  • Domus (di Obertus Iudex filius quondam Raimundi Iudicis et Iohannes et Marinetus, fratres dicti Oberti) sita subtus castrum Roche Vintimilii, dirupte per comune Ianue.
  • Casale (di Obertus Iudex filius quondam Raimundi Iudicis et Iohannes et Marinetus, fratres dicti Oberti).
  • Domus (Raimundus Iudex, tutor Guillelmini, filii quondam Raimundi Sagonensis, dà in affitto a Ilionus Curlus per 2 anni) in carrubio Merçarie, cui coheret superius via, inferius domus Petri de Podio Rainaldo, ab uno latere domus Oberti Sagonensis et ab alio latere domus Conradi de Podio Rainaldo et eius fratris.
  • Domus (Iohannes Bellinus et Raimunda Navarra iugales vendono a Marinus Iudex), in Curritorio, cui coheret superius et inferius via, ab alio latere domus Raimundi Iudicis et ab alio domus Iohannis Passarmi.
  • Domus (Raimundus Iudex et Alasina iugales vendono a Ingetus Buronus) in Curritorio, cui coheret superius et inferius carrubium, ab uno latere domus Iacobi Gençane et alio latere domus heredum quondam Ugonis Marnelli.

Pascherio

  • Molendina (Obertus Iudex filius quondam Raimundi Iudicis et Iohannes et Marinetus, fratres dicti Oberti).
  • Molendinum cum duabus rotis (Obertus Iudex, Iohannes et Marinetus, fratres et filii quondam Raimundi Iudicis vendono per metà a Guillelmus Henricus e per l’altra metà a Ardiçonus e Guillelmus Iudex, pro indiviso) in Pascherio, cum omnibus suis aquariciis sive aqueductibus, cui coheret ante via publica, ab uno latere molendinum vestrum Ardiçoni et Guillelmi Iudicis, ab alio molendinum Guillelmi Dulbeci.
  • Molendinum Ardiçoni et Guillelmi Iudicis.
  • Molendinum (Rainaldus Bulferius vende a Ardiçonus Iudex) in Pascherio, ante civitatem Vintimilii, cum duabus rotis, cui coheret ante et ab uno latere via et ab alio latere ortus mei dicti Rainaldi.
  • Casale (Obertus Iudex, filius quondam Raimundi Iudicis, et Iohannes et Marinetus, fratres dicti Oberti) situm ad Sanctum Nicolaum, cum alio casale sito subtus castrum Roche Vintimilii.

Giuseppe Palmero, «Ventimiglia Medievale: topografia e insediamento urbano», in
Atti della Società Ligure di Storia Patria,
Nuova Serie, XXXIV (CVIII) Fasc. II,
Genova, 1994,
pagg. 107-108.

Ore canoniche

In molti atti notarili, ad esempio in quelli dell'Amandolesio, si fa riferimento, nelle datazioni, alle cosiddete ore canoniche. Queste sono un'antica suddivisione della giornata sviluppata nella Chiesa Cattolica per la preghiera in comune, detta anche “Ufficio divino”. Venivano tuttavia utilizzate anche per indicare l'ora in molti documenti di carattere legale, come appunto gli atti notarili. In particolare la terza, la nona e i vespri.

Le ore canoniche sono le seguenti:

lodi All'alba
prima Verso le sei del mattino
terza Verso le nove del mattino
sesta Verso mezzogiorno
nona Verso le tre del pomeriggio
vespri Al tramonto
compieta Prima di andare a dormire

Il sistema monetario

XII e XIII secolo

Il sistema monetario adottato da Genova fra il XII e i XIII secolo era quello riformato da Carlo Magno, basato sulla lira o libra d'argento, divisa in 20 soldi, a loro volta corrispondenti a 240 denari, ovvero 12 denari a soldo. In realtà l'unica moneta circolante era il denaro, mentre lira e soldo erano usati solo nella contabilità. Oltre al denaro, altre monete circolanti in quel periodo erano il grosso, che valeva quattro o sei denari, ovvero mezzo soldo; la medaglia, una monetina che valeva mezzo denaro; il quartaro, che valeva un quarto di denaro. Infine c'era una monetina d'oro detta genovino o ducato genovese, che valeva ben 100 lire. Spezzata a metà valeva 50 lire, a un quarto, 25 lire.

Summa soldi e denari

In fondo agli atti dell'Amandolesio si trovano spesso le sigle “S. s.”, “S. d.” e “S. dr.” seguite da un numero romano di basso valore, ovvero compreso fra uno e sei. Potrebbe trattarsi di un'indicazione di pagamento allo stesso notaio, ovvero la prima “S” potrebbe stare per Summa, ovvero “somma”, mentre la seconda abbreviazione riferirsi alla valuta, ovvero soldi o denari, essendo la terza parte della sigla l'indicazione della somma pagata. Ad esempio, “S. s. ii.” potrebbe indicare il pagamento di un onorario di due soldi. La sigla “s. n.” invece significava “secundum naturam”, ovvero “in contanti”.