Introduzione
I Giliberti di Solofra
Quando Don Gregorio Giliberto da Solofra fece richiesta di ammissione al prestigioso Ordine di Malta, presentò una genealogia in cui Gilbert Drengot Quarrel aveva ricevuto la signoria di Solofra dal padre Roberto, primo Signore di Avellino, nel XI secolo. Tuttavia indicava Roberto come figlio di Rainulfo I Drengot, primo Conte di Aversa, mentre in realtà quel Rainulfo morì senza figli. In realtà oggi sappiamo che Roberto era figlio di Rainulfo II il quale a sua volta era figlio di Asclettino I, fratello di Rainulfo I. Purtroppo la genealogia dei Drengot è stata soggetta nel corso dei decenni a diverse rivisitazioni e spesso vari personaggi sono stati confusi, anche perché avevano lo stesso nome.
In genere le genealogie nascono proprio per dimostrare una qualche origine illustre o nobile della propria famiglia, ma questo lavoro ha solo lo scopo di raccogliere quante più informazioni su quanti più membri di una stessa famiglia in tutte le sue ramificazioni, che siano aristocratici, mercanti o semplici contadini. Dove è possibile si cerca di dare continuità alle informazioni trovate e quindi di ricostruire le varie generazioni, ma più spesso abbiamo singoli individui che pur appartenendo alla stessa famiglia perché abitano nella stessa casa o posseggono le stesse terre, restano elementi isolati di un potenziale albero genealogico. Dato che ricostruire quest'ultimo non è obiettivo di questa opera, la cosa non rappresenta comunque un problema.
L’evoluzione
Dal secolo XVI in poi
I Giliberti possedevano nel XVI secolo un palazzo al confine con i casali solofrani di Balsami e Sorbo. A loro si deve inoltre la nascita del casale Forna, il cui nome deriva dal forno di Domaschino, avendo questo casato il diritto a panificare. Tale casale deriva dall'ampliamento sia del Sorbo che dei Balsami, sulle cui zone montuose c'erano ulteriori possedimenti di origine storica, e come collegamento col Sortito.
Sul portone di questo palazzo alla Forna di Solofra è posto uno stemma lapideo che corrisponde all'arma di un sottoramo dei Giliberti di Solofra, ovvero quelli che hanno il titolo di baroni di Celenza e Carlantino.
Nel XVI secolo la famiglia Giliberti aveva numerose diramazioni, tutte di una certa importanza. Diversi membri erano presenti nella commissione degli Statuti. A seguito della nascita del casale Forna, i Giliberti sviluppano una politica familiare molto accorta, facendo accordi con varie famiglie importanti economicamente come i Troisi, i Maffei, i Caropreso e i Petrone, e privilegiando legami anche con famiglie minori, che entrano nel loro entourage economico e che si trasferiscono nel casale Forna a loro sostegno. Quindi, nonostante le molte ramificazioni, la famiglia è compatta e solidale, anche se i vari rami hanno spesso una vita economica autonoma.
Col tempo alcuni rami si spostano anche in altri casali e nelle zone limitrofe, come la Platea o il Vicinanzo. Altre proprietà sono nella zona di S. Agata e al Carpisano. L’attività prevalente è quella della concia che avviene in diverse concerie — almeno quindici tra quelle più antiche e quelle nuove — che vanno da quelle della Forna lungo il vallone al Fiume in località Campo, che è la parte alta delle sponde del fiume che costeggia il loro casale, in modo da formare un'unica successione di botteghe. Oltre alla concia vera e propria, i Giliberti si occupano della lavorazione della pelle, che avviene in almeno due scarperie e in società con quelle dei Caropreso, e della lavorazione della pergamena, che costituisce una esclusiva delle concerie della Forna.
Un altro ramo d'attività è quello del battiloro. Di fatto è questo casato che procede all'introduzione dei battiloro napoletani de lo Signo e Landri a Solofra. Pian piano i Giliberti estendono le loro attività al commercio e persino alla finanza. Iniziano ad avere rapporti con vari centri mercantili del salernitano e della Calabria, con Lanciano e con la Puglia, ed estendono la loro presenza di fatto in tutto il Regno. A metà del XVI secolo, un ramo dei Giliberti istituisce un Monte familiare. Sostanziosa è l’attività societaria esplicata sia con elementi della economia solofrana che con membri dell’entourage salernitano.
Forte è anche la presenza nella gestione dell'Universitas, che proseguirà con continuità nel corso dei secoli, dove sono presenti sia come rappresentanti del casale sia nella gestione delle gabelle, che costituisce una considerevole fonte di guadagno dei membri più forti economicamente. Tra i fatti notevoli c’è da sottolineare, nel periodo in cui si decise la vendita dell’Universitas agli Orsini, un litigio con la famiglia Ronca che portò anche a un fatto di sangue in cui furono uccisi un rappresentante dell’una e dell’altra famiglia. Il contrasto non dovette essere occasionale visto che non si trovano matrimoni che uniscono i due ceppi, i quali dovettero essere per un lungo periodo in questo secolo in opposizione.
Vari membri sono presenti nel Clero, gestiscono diverse cappelle di famiglia, da quella privata di Santa Caterina alla Chiesa di Santa Maria del popolo, costruita nel casale della Forna, alle Cappelle in S. Angelo. Inoltre accedono alla gestione di alcune chiese come la Chiesa di Santa Croce e quella di Santa Maria delle Grazie. Una forte presenza si ha anche nel ceto notarile e in quello giudiziario.