Introduzione

Il ramo genovese

Iudex, de Iudicibus, Giudice, de’Giudici

Gli Iudex/de Iudicibus (Giudice/de’Giudici) arrivano a Genova da Ventimiglia già verso l'XI secolo. Inoltre li troviamo a Savona, Diano Castello, Finale Ligure, Rapallo e in altre località interne alla costa. Tutti sono di origine ventimigliese, ma ovviamente il ramo genovese presto prevale grazie anche al fatto che i Giudice si trovano spesso ad assumere ruoli di rilievo nella Repubblica di Genova.

I Giudice genovesi non erano nobili bensì soprattutto mercanti, per cui li troviamo anche a Pera e Chios. Possedevano navi e terre e facevano commercio con le “Indie”.

Da uno dei sottorami dei Giudice genovesi deriva, con Marc’Antonio, il ramo napoletano dei Del Giudice, poi estintosi nel 1770 con il passaggio dei beni e titoli ai Giudice Caracciolo.

Questa sezione riporta i personaggi vissuti a Genova e Savona. Quelli vissuti a Ventimiglia e quelli che si trasferirono a Finale Ligure sono riportati nella sezione Ventimiglia, mentre quelli vissuti a Diano Castello sono riportati nella sezione omonima. Quelli trasferitisi da Diano e da Genova a Rapallo sono riportati nella sezione Rapallo.

Lo status sociale

Alessandro Franchi-Verney della Valletta, Segretario della Regia Deputazione di Storia Patria, riporta le seguenti famiglie nobili fra quelle titolate della Monarchia di Savoia:

Giudice, da Genova
Giudici di Diano, a Genova
Giudici, da Garresio
Giudici, da Nizza, consignori di Castelnuovo
Giudici, in Genova

Alessandro Franchi-Verney della Valletta
«Armerista delle famiglie nobili e titolate della Monarchia di Savoia»
(Savoia, Val d’Aosta, Piemonte, Liguria, Contea di Nizza, Sardegna)
Editore Fratelli Bocca,
Roma - Torino - Firenze (1873)

Di queste, sicuramente quelle di Genova, Diano e Nizza appartengono al casato dei de Judicibus. Non è chiaro invece se quella di Garresio (CN) possa avere alcuna relazione col suddetto casato. Di sicuro lo stemma è abbastanza differente, sebbene abbia anch'esso tre gigli.

Dal manoscritto 521 sappiamo che un certo numero di Giudice/de Judicibus erano dichiaratamente guelfi.

Archivio di Stato di Genova,
Fondo Manoscritti,
MS 521, pag. 1521 e 1524.

Gli Alberghi

Calvi, Doria, Usodimare

Gli Alberghi sono stati un'istituzione tipicamente genovese, della repubblica, e avevano lo scopo di conciliare vertenze e liti tra quanti ne facevano parte, aiutarne materialmente i membri, difenderli da chiunque si muovesse ad offenderli, perpetuarne il nome e la tradizione, sempre nel superiore interesse della città e della repubblica. In pratica si trattava di aggregare famiglie in lotta fra loro in modo da formarne una sola. In genere le famiglie che entravano in un Albergo, assumevano il cognome dell'Albergo, che spesso coincideva con quello della famiglia più potente. Il cognome originario poteva essere mantenuto accanto a quello dell'Albergo di appartenenza dando vita così ad illustri dinastie come appunto i Giudice Calvi.

Si ignora il numero esatto degli Alberghi: nell'età comunale erano originariamente oltre 100, ma una nota dell'anno 1414 ne elencava solo 74. Il numero continuò a ridursi per aggregazioni successive scendendo a 40 nel 1450 e a 31 nel 1500.

Cesare Cattaneo Mallone di Novi,
«I Politici del medioevo genovese»,
Genova 1987 pp. 42-43 e 54-56

Dopo la rivolta antifrancese del 1528 promossa da Andrea Doria ed appoggiata dalla Spagna di Carlo V, l'istituto acquistò un nuovo significato, diventando il cardine dell'organizzazione politica della repubblica oligarchica. Le famiglie dotate di diritti politici furono raggruppate in 28 Alberghi, stabilendo che soltanto le famiglie che risalivano all'età feudale e consolare potevano dare il proprio nome a un albergo. Gli alberghi doriani non furono, dunque, aggregazioni volontarie, ma divisioni politiche di diritto pubblico. Il 10 marzo 1576 nella chiesa di S. Croce in Genova vennero pubblicate le nuove leggi della Repubblica, che abolirono l'istituto degli Alberghi, e le famiglie nobili ripresero il loro cognome originale, utilizzandolo anche per iscriversi nel Libro d'oro della nobiltà, ovvero al Liber aureus nobilitatis Janue già voluto da Andrea Doria nel 1528.

Tre sono le famiglie alle quali i Giudici furono albergati: i Calvi, i Doria e gli Usodimare (vedi 1528 De Giudici).

Fonti

Qui di seguito sono riportate alcune delle fonti principali usate in questa ricerca per quello che riguarda il ramo in questione.

Clicca qui a sinistrasopra sulle singole voci per vederne il contenuto.
GonzagaCandida Gonzaga1122-1651
BuonarrotiIl manoscritto del BuonarrotiX-XVIII secolo
CompereCompere del Banco di San Giorgio1149-1797
AvarieAvarie Marittime e Notai Giudiziari1589-1797
MS 521Manoscritto 5211122-1531

Candida Gonzaga

1122-1651

Il Candida Gonzaga così riassume i titoli e i personaggi più importanti della famiglia Giudice di Genova, specificando che essa è ben diversa da quella di Amalfi, pur essendo presente sia a Napoli che a Palermo.

GIUDICE. — Famiglia originaria di Genova, diversa dalla del Giudice di Amalfi. Di essa un ramo fu ascritto allAlbergo Calvi, un altro all'Albergo Vivaldi, ed un terzo all'Albergo Usodimare, al quale appartennero i Giudice passati in Palermo ed in Napoli nel 1530, ove godettero nobiltà al Seggio di Capuano. — Feudi: Castelgaragnone, Terlizzi. — Marchesato: Alfedena. — Ducato: Giovinazzo 1651 — Principati : Cellammare 1631, Villa. — Parentele: Calvi, Caracciolo, Carafa, della Marra, Palagano, Pappacoda, Pignatelli, di Somma, Usodimare. — Autori: Aldimari, Celano, Franzone, Lumaga, Mugnos, Sacco, Tettoni e Saladini. — Guglielmo Console di Genova 1122. Enrico e Giovanni Consoli di Genova nel 1128. Paolo Doge di Genova nel 1563. Francesco Cardinale creato da Papa Alessandro VIII. N, Principe di Cellammare, Corriere maggiore del Regno, avendo cinque figliuole monache nel Monistero della Croce di Lucca, lo rifece spendendovi la somma di 120 mila scudi. Ornò anche di marmi la tribuna della Chiesa del Carmine. — Arma: Interzato in banda; nel 1° di rosso; nel 2° di argento; nel 3° di azzurro.

Berardo Candida Gonzaga,
«Memorie Storiche delle Famiglie Nobili dell'Italia Meridionale»,
Vol. IV, pag. 98

Il manoscritto del Buonarroti

X-XVIII secolo

Una delle fonti più importanti relative alla genealogia della famiglia ligure Giudice, famiglia che da una parte ha origini in quella ventimigliese e ramificazioni in Diano Castello, Rapallo, Savona e altre località della Ligura, dall'altra darà origine a quella dei Del Giudice napoletani e ai Giudice palermitani, è il manoscritto del 1750 redatto da Antonio Maria Buonarroti, conservato presso la Biblioteca Civica Berio a Genova e intitolato: Alberi genealogici di diverse famiglie nobili, compilati et accresciuti con loro prove dal molto reverendo fra’ Antonio Maria Buonaroti, sacerdote professo del Sagr’Ordine Gerosolimitano in Genova, distribuita in tre tomi (I-V, segnatura m.r. VIII. 2. 28-30). In tale manoscritto sono riportate oltre 20 generazioni di Giudice, a partire dal X fino al XVIII secolo.

Si tratta di un lavoro notevole che tuttavia non sempre riporta le fonti dalle quali l'autore ha tratto le informazioni. Difficile quindi dire quanto sia accurato. In alcuni casi, come riguardo la data in cui Paolo Battista Giudice Calvi fu nominato Doge di Genova, ci sono delle inesattezze, per cui è possibile che non tutte le date e le attribuzioni siano esatte. È anche possibile che l'autore abbia raccolto parti dell'albero dei Giudice da altre fonti se non dalla stessa famiglia. Dato che l'avere natali “nobili” era molto importante all'epoca, specialmente per una famiglia come quella dei Giudice, dedita al commercio, ogni informazione non corroborata da un atto notarile va presa cum grano salis.

Per quanto riguarda il contenuto delle pagine dedicate ai Giudice, ci sono da fare alcune considerazioni.

  1. La prima è che, soprattutto nelle prime dieci generazioni ci sono quasi esclusivamente nomi maschili. Ora, dato che le genealogie, all'epoca, erano esclusivamente basate sulle linee di sangue maschili, questo non è sorprendente. Tuttavia vuole anche dire che probabilmente molti individui di genere femminile siano stati omessi e quindi mancanti dalla genealogia, non necessariamente per difetto dell'autore ma probabilmente perché non registrati. Questo ci fa capire come probabilmente l'autore abbia raccolto i dati sulle generazioni più antiche da altre fonti, ovvero spezzoni di alberi trasmessi di padre in figlio all'interno della stessa famiglia. Avvicinandosi all'epoca in cui l'autore vive, tuttavia, iniziano a comparire anche personaggi di genere femminile e, soprattutto, riferimenti ad atti notarili o altri documenti registrati, il che fa pensare siano il risultato di un lavoro di ricerca effettuato dall'autore stesso. Anche in questo caso, tuttavia, la maggior parte delle informazioni sui personaggi di genere femminile nell'albero genealogico fanno riferimento o ad una eventuale carriera ecclesiastica all'interno di un monastero, oppure al matrimonio con un esponente di un'altra famiglia notabile della liguria o del napoletano.
  2. La maggior parte delle fonti riportate sono relative alle colonne delle Compere del Banco di San Giorgio (vedi «Compere») intestate ai personaggi nominati o nelle quali sono menzionati. Le Compere sono intestate ai diversi Luoghi in cui si divideva la città di Genova. Nella sezione «Compere» riporto una lista di abbreviazioni che sono citate anche nelle schede dei singoli personaggi. Oltre alle Compere, comunque, nel manoscritto del Buonarroti ci sono anche riferimenti ad atti di specifici notai e, soprattutto, a vari testamenti.

Compere del Banco di San Giorgio

1149-1797

Dai primi anni del ‘400 la Compagna Communis (nome dello Stato genovese prima dell’istituzione, dal 1528, della Repubblica) ritenne opportuno gestire in modo univoco i rimborsi degli interessi e del capitale dovuti alle società temporanee tra prestatori (comperisti) che in varie occasioni avevano finanziato il debito pubblico.

Non era infrequente il caso di comperisti costretti dalle circostanze a sciogliersi da una compera ancora in corso; ciò ovviamente metteva in difficoltà gli altri soci e rendeva più difficile al comune ottenere nuovi prestiti. Onde favorire la negoziazione delle obbligazioni, si decise di far confluire la massa debitoria dello Stato nella “Casa delle Còmpere e dei Banchi”, soggetto giuridico il cui capitale (cioè l’insieme delle compere attive) venne frazionato in quote (luoghi) del valore nominale di 100 lire genovesi.

I comperisti si trasformarono così in luogatari, cui era consentito l’accesso al “Gran Consiglio delle Compere”, i cui 480 membri deliberavano sulle condizioni dei nuovi prestiti allo Stato genovese e decidevano caso per caso se fosse più conveniente gestire oppure appaltare l’esazione delle gabelle su talune merci e delle imposte nelle località che la città inseriva tra le garanzie per le nuove compere. Le proposte, prima di giungere in votazione, erano vagliate dai 20 membri di diritto del Gran Consiglio, e in particolare dagli otto Protettori, ben consapevoli dei risvolti politici delle decisioni assunte.

Nel 1443 la Casa delle Compere aveva a disposizione una stanza nel palazzo comunale appartenuto ai Del Mare; pochi anni dopo l’iniziativa dei luoghi aveva avuto un impulso tale che il doge Pietro Fregoso decise di affidarle l’intero edificio, dedicato a San Giorgio.

L’anno seguente (1452) quel nome venne scelto anche per il nuovo ordine cavalleresco istituito da Federico III e destinato ad accogliere il fiore della nobiltà genovese.

Al primo piano della Casa di San Giorgio si trovavano i banchi (tavoli) dove venivano annotati nei registri pubblici, in partita doppia, i nomi dei luogatari, il numero dei luoghi a essi intestati, gli interessi e i rimborsi. Nel 1453 il doge Fregoso concesse alla Casa l’amministrazione della Corsica, previo consenso degli isolani; altre cessioni parziali di sovranità alla Casa di San Giorgio si ebbero negli anni: 1479 (Lerici); 1484 (Sarzana); 1512 (Pieve di Teco, al confine col Piemonte); 1514 (Ventimiglia); 1515 (Lèvanto).

Nel corso dei secoli il sistema dei luoghi assunse i caratteri di un investimento finanziario che garantiva una rendita prossima al 2,5%. La negoziazione dei luoghi consentiva di ridurre i rischi connessi al trasferimento e/o alla conservazione di denaro fisico: i dipendenti della Casa, situata in prossimità del porto, fungevano da ufficiali pagatori, oltre che da esattori di alcune tasse e gabelle. Nella Casa di San Giorgio si poteva cambiare ogni sorta di valuta (numerato) e si negoziavano anche le lettere di cambio.

Sito ufficiale del Banco Desio,
www.bancodesio.it.

S’instituirono, o si riunirono in un solo corpo tutte le compere del comune, assegnando a ciascuna di esse tutte quelle gabelle, che esistevano avanti la presente deliberazione, le quali dovessero avere l’otto per cento alle stesse compere, per corrispondere ai partecipi di esse il sette per cento.

Similmente fu stabilito che i luoghi, e proventi delle predette compere, non potessero descriversi, nè tampoco aver regresso contro di essi, se non per causa di eredità, legato, o dote.

Quindi gli otto Protettori delle compere nuove, e vecchie di S. Paolo furono chiamati Protettori delle Compere di S. Giorgio.

Le partecipazioni di tutti i redditi furono chiamati luoghi delle Compere, descritti in otto libri, ossia Cartularii detti delle Colonne, con la denominazione degli otto quartieri della città, in ognuno de’quali furono in origine descritti quei creditori, abitanti rispettivamente in detti quartieri.

I nomi di detti libri sono li seguenti:

CARTULARII.
C. Castri… Castello.
Il quartiere intorno alla chiesa di Castello, dalla parte di S. Maria delle Grazie, e suoi contorni.
P.L. Platheelonge.
La contrada del Prione sino verso il ponte di Calvi, cioè tutte e due le strade de’ Giustiniani.
M. Magagnane.
Prende la denominazione del quartiere Macagnara, ed è quello ora volgarmente detto Mascarana.
S.L. Sancti Laurentii.
S. Lorenzo , e contorni di essa chiesa.
P. Porte.
Tutta la contrada di Cannetto, sino alla contrada della chiesa di S. Luca.
S. Suxilie.
Tutta la contrada di Cannetto, sino alla contrada della chiesa di S. Luca.
P.N. Porte Nove.
Tutta la contrada di Sussiglia, e sue vicinanze.
B. Burgi.
Borgo della chiesa di S. Luca, e sue vicinanze dalla parte del mare sin fuori della città (a).

A’ quali otto Cartularii nel 1515 ne fu aggiunto un altro intitolato:

O.M. Officium Misericordie.
In questo furono dalli sopraddetti otto trasportati tutti li capitali spettanti a dispenze di detto Magistrato, ed è composto di tre quadernetti.

(a) Questi Cartularii, che cominciano dal 1409: cominciavano dal 1408, ma questi in tempo di popolari dissensioni furono brucciati pubblicamente sopra la piazza di S. Lorenzo. Questa notizia ricavasi da una nota semplice rinvevenuta nell’Archivio.

Antonio Libero, archivista,
«Memorie Storiche della Banca di S. Giorgio di Genova»,
Tipografia Ponthenier e F., Genova, 1832,
pagg. 39-41.

Avarie Marittime e Notai Giudiziari

1589-1797

Le pratiche di avaria generale registrate nel porto di Genova, uno dei più importanti scali del Mediterraneo dell’epoca preindustriale, sono oggi conservate presso l’Archivio di Stato di Genova e coprono il periodo dal 1589 alla caduta della Repubblica alla fine del XVIII secolo.

Avarie marittime

Sono circa tremila documenti inerenti le denunce e i calcoli di avaria marittima presentati presso le autorità genovesi, conservati nei fondi archivistici dei Notai Giudiziari e dei Conservatori del Mare, dando origine ad altrettante schede cartacee.

Notai Giudiziari

Tutti gli atti giudiziari dal 1377 al XIX secolo sono conservati in queste filze. Un notaio era incaricato dalla Rota Civile o dai Conservatori del Mare della redazione di una pratica di avaria, dall’ordine di esecuzione al calcolo e alle percentuali di contribuzione. Ogni notaio conservava i documenti nel proprio archivio. Alcuni di essi si specializzarono in avarie marittime e i loro documenti sono raccolti sotto il nome di Atti dei Calcolatori.

Conservatori del Mare

Giudice delle questioni civili e penali in materia marittima, con funzioni anche di natura amministrativa e legislativa in materia di navigazione. Il capitano della nave che aveva subito danni conseguenti ad un’avaria doveva presentare la denuncia presso di loro. Il cancelliere incaricato nominava poi i calcolatori per lo svolgimento della pratica.

Statuti della Repubblica

Gli Statuti della Repubblica, pubblicati nel 1589 in latino e nel 1613 in volgare, più volte rinnovati nel corso del tempo, includono al loro interno la regolamentazione delle pratiche di avaria. Il cap. XI regola i compiti e le incombenze dei calcolatori incaricati di valutare i danni e il valore della nave, del carico e dei noli, per poi effettuare la ripartizione. Il capitolo XVI illustra le ragioni e le modalità per effettuare il getto del carico nel corso della navigazione.

Luisa Piccinno e Antonio Iodice,
«Le avarie marittime a Genova: dall’archivio alla rete»,
Dipartimento di Economia,
Università degli Studi di Genova,
Genova, 2018.

Manoscritto 521

1122-1531

Il manoscritto 521 presente nell'Archivio di Stato di Genova riporta le famiglie Giudice e de Judicibus presenti a Genova come due famiglie differenti. La prima viene detta originaria di Finalborgo, Finale Pia e Recco, arrivata a Genova agli inizi del XII secolo, mentre la seconda è detta originaria di Rapallo e Diano Castello, arrivata a Genova in epoca più tarda, ovvero alla fine del XIV secolo. Non viene mai nominata invece Ventimiglia che noi sappiamo essere l'origine comune di entrambe le famiglie.

Giudice

Giudici Nob: est antichi cittadini genovesi tráno origine dal Finale, et altri dal Drubeco come inv.ta e dalla Valle di Pia, ne sono venusti ad habitare à Genova l'año 1120.

Archivio di Stato di Genova,
Fondo Manoscritti,
MS 521, pag. 1516.

de Judicibus

De Judicibus Nob: Cittadini Genovesi Genovesi tráno origine da Rapallo, est da Diano, sono venusti ad habitare à Genova l'año 1390.

Archivio di Stato di Genova,
Fondo Manoscritti,
MS 521, pag. 1524.

Il fatto che i due cognomi non vengano considerati la forma italiana e quella latina dello stesso, ma due famiglie diverse, farebbe pensare che solo uno dei due rami degli Iudex di Ventimiglia, ovvero coloro che andarono a vivere a Diano e quindi a Rapallo, scelsero di mantenere la forma antica del cognome. In realtà, se poi si vanno a vedere i personaggi associati a ogni famiglia, scopriamo che diversi sono gli stessi, come ad esempio il Doge di Genova Paolo Battista. Quindi in realtà è chiaro che parliamo solo di rami della stessa famiglia e che l'uso di una forma o dell'altra del cognome fosse più una scelta personale che una questione di origine. Comunque è interessante notare come entrambe le famiglie scelsero di risiedere sia a Ponente che a Levante, ovvero coprirono entrambi i versanti della Liguria.

Origini dei «Giudice» e dei «de Judicibus» in Liguria
Origini dei Giudice e dei de Judicibus in Liguria

Altre fonti riportano i Giudice di Rapallo nella forma italiana e non in quella latina, tuttavia. Il che fa pensare che quale forma venisse utilizzata fosse una questione più personale ma che, appunto, la famiglia alla fine fosse sempre la stessa.

Il sistema monetario

XII e XIII secolo

Il sistema monetario adottato da Genova fra il XII e i XIII secolo era quello riformato da Carlo Magno, basato sulla lira o libra d'argento, divisa in 20 soldi, a loro volta corrispondenti a 240 denari, ovvero 12 denari a soldo. In realtà l'unica moneta circolante era il denaro, mentre lira e soldo erano usati solo nella contabilità. Oltre al denaro, altre monete circolanti in quel periodo erano il grosso, che valeva quattro o sei denari, ovvero mezzo soldo; la medaglia, una monetina che valeva mezzo denaro; il quartaro, che valeva un quarto di denaro. Infine c'era una monetina d'oro detta genovino o ducato genovese, che valeva ben 100 lire. Spezzata a metà valeva 50 lire, a un quarto, 25 lire.

Summa soldi e denari

In fondo agli atti dell'Amandolesio si trovano spesso le sigle “S. s.”, “S. d.” e “S. dr.” seguite da un numero romano di basso valore, ovvero compreso fra uno e sei. Potrebbe trattarsi di un'indicazione di pagamento allo stesso notaio, ovvero la prima “S” potrebbe stare per Summa, ovvero “somma”, mentre la seconda abbreviazione riferirsi alla valuta, ovvero soldi o denari, essendo la terza parte della sigla l'indicazione della somma pagata. Ad esempio, “S. s. ii.” potrebbe indicare il pagamento di un onorario di due soldi. La sigla “s. n.” invece significava “secundum naturam”, ovvero “in contanti”.

Levante

Smirne

Come molte famiglie genovesi dedite al commercio, anche alcuni rami dei Giudici genovesi si trasferirono nei fondachi orientali delle repubbliche marinare, principalmente per commercio e controllo del traffico marittimo tra l'Italia e l'Asia, diventando così, di fatto, italo-levantini1.

Famiglie di Smirne in possesso di stemma sono ancora i Bargigli, i Braggiotti, i Marraccini e forse anche i Bioni, i Cocchini della Grammatica, i Corpi, i Datodi, i Dracopoli, i Fidao, i Filippucci, i Giudici, i Mainetti, i Manusso, i Marcopoli, i Pasqua, i de Portu, i Sommaripa, gli Sperco, i Summa, gli Zecchini de Stefani ed altri. Alcuni stemmi, come quelli dei Pasqua e dei Reggio, ed altri, sono stati pubblicati nel Libro d'Oro della Nobiltà di Genova di Angelo M.G. Scorza, Genova 1920.

Livio Missir di Lusignano,
«Identità genealogica, politica e araldica:
l'esempio delle famiglie “italo-levantine”»
in
«L'identità genealogica e araldica - Parte I»,
Atti del XXIII congresso internazionale di araldica a Torino,
21-26 settembre 1998,
Poligrafico Zecca dello Stato Roma, 2000,
pagg. 170-171.


1 Ancora oggi gli Italo-levantini sono i membri di un'antica comunità d'origine italiana radicata da secoli in Medio Oriente, in particolare nell'attuale Turchia, specialmente a Istanbul e Smirne. Vennero definiti “levantini”, ovvero “italiani del levante”, nei decenni intorno alla prima e alla seconda guerra mondiale.

Chios

Un primo censimento delle famiglie di Chios si ha nel 1681, quando l'Abate di Burgo censisce le antiche famiglie genovesi presenti in quella città.

Alessi, Argiroffi, Balzarini, Barbarini, Banti, Balli, Baselischi, Bavastrello, Borboni, Bressiani, Brissi, Calamata, Cametti, Caravi, Casanova, Castelli, Compiano, Condostavli, Coressi, Corpi, Damalà, D'Andria, Dapei, De Campi, Della Rocca, De Marchi, De Portu, Devia, Domestici, Doria, Facci, Filippucci, Fornetti, Frandalisti, Galiani, Gambiacco, Garchi, Garetti, Garpa, Giudici, Giustiniani, Giavanini, Graziani, Grimaldi, Leoni, Longhi, Machetti, Macripodi, Mainetti, Maloni, Mamabri, Marcopoli, Marneri, Moscardito, Massimi, Montarussi, Motacotti, Moroni, Ottaviani, Parodi, Pascarini, Pigri, Pisani, Portofino, Pretti, Ralli, Rastelli, Recanelli, Rendi, Reponti, Remoti, Rochi, Rubei, Salvago, Sangallo, Serini, Serra, Soffetti, Spinola, Stella, Testa, Timoni, Tubini, Valaperghi, Vegetti, Velati, Vernati, Viviani.

Giovanni Battista de Burgo,
«Viaggio di Cinque Anni»,
Parte Terza,
Milano, Stampe dell'Agnelli

In seguito, tuttavia, i genovesi furono cacciati dalla città e furono solo nove le famiglie di Genova che rimasero, come si evince dalla lista riportata da Philip Pandély Argenti nel Libro d’oro de la Noblesse de Chio. Fra queste, non ci sono più i Giudici.

Nicea

Una prima attestazione della presenza di esponenti della famiglia Giudice in oriente lo abbiamo con Guarnerio Giudice quando presenzia come ambasciatore alla firma della Convenzione di Ninfeo fra Bisanzio e Genova il 31 marzo 1261, poi ratificata a Genova il 28 aprile 1261.