Prefazione

Sui cognomi

Fare una ricerca genealogica è un'impresa davvero impegnativa, che richiede molta pazienza, anche perché la maggior parte delle ricerche spesso portano su binari morti e non danno alcun risultato affidabile. Più si va indietro nel tempo, più le cose diventano complicate. Oggi noi siamo abituati al concetto di identità, all'identificabilità di una persona tramite documento o codice fiscale, al fatto che cambiare nome o cognome sia piuttosto complesso, ma nel passato non era così. Se escludiamo le famiglie nobili, che avevano titoli e possedimenti e per le quali dimostrare parentele e tener traccia della propria genealogia era più che un lusso una necessità, la maggior parte della gente, incluso il ceto medio, i mercanti e la piccola borghesia, non tenevano traccia dei vari ascendenti e discendenti. Se poi andiamo ancora più indietro, soprattutto se pensiamo al cosiddetto volgo, ovvero al popolo, molti non sapevano neppure in che anno fossero nati. A parte gli archivi diociesiani, non c'era tutta la macchina organizzativa e burogratica che oggi noi abbiamo con l'anagrafe.

Il cognome è il nome che indica a quale famiglia appartenga una persona e, assieme al prenome o nome proprio, forma l'antroponimo, ovvero la denominazione attribuita a una persona. Nell'età romana la tradizionale formula onomastica maschile era costituita da tre elementi, i cosiddetti tria nomina: il prænomen o nome individuale, il nomen o gentilizio e il cognomen o soprannome. In alcuni casi veniva aggiunto anche un supernomen o appellativo. Questo sistema mutò lentamente a partire dal III secolo d.C., cominciando dai ceti più bassi, dapprima con la perdita del prænomen e poi del nomen, fino ad arrivare, verso il V secolo con l'affermarsi del Cristianesimo e l'allargamento del diritto di cittadinanza romana, al nomen unicum.

Fino alla metà del XV secolo, in Italia, la gente normale, cioè tutti coloro che non erano “nobili”, non aveva un cognome e si chiamava col nome di battesimo, cui si aggiungeva, per evitare confusione, o un patronimico o il luogo di nascita o residenza. Talvolta si indicavano entrambi, oppure due patronimici, ovvero quello del padre e quello del nonno. Spesso quindi troviamo nomi del tipo “Giovanni figlio di Giuseppe” oppure “Marco figlio di Andrea figlio di Francesco”. In latino, per dire “figlio di”, quando il padre era deceduto, si usava spesso quondam, ovvero “fu”. Per esempio “Marcus quondam Joannes” o, abbreviato, “Marcus q. Joannes”, ovvero “Marco figlio del fu Giovanni”. Anche successivamente all'introduzione dei cognomi, turttavia, l'identificazione nei documenti ufficiali, per evitare confusione fra omonimi, avveniva attraverso l'indicazione del nome proprio del padre o, più raramente, della madre.

La maggior parte dei cognomi nasce quindi dall'esigenza di identificare un individuo là dove poteva esserci confusione avendo, nello stesso luogo, persone con lo stesso nome, quindi, e non tanto per identificarne la famiglia. Stiamo parlando, ovviamente, sempre con l'esclusione dei nobili, dove la questione era differente. Quindi il cognome poteva nascere da un patronimico, ad esempio “Francesco di Matteo”; essere legato all'eventuale città d'origine, specialmente per chi era “straniero”, come in “Giovanni Battista de Finaria” o “Pietro Aretino”; originare dal titolo, ruolo o mestiere dello specifico personaggio, come in “Ottone Iudex” o “Giuseppe Fabbri”.

Dato quindi che il cognome era un semplice qualificativo, non è inusuale trovarlo spesso declinato o riportato persino nello stesso documento in più forme. Ad esempio, se in un atto notarile compariva un tale Giuseppe che faceva parte della famiglia discendente da un Gilbert, poteva essere denominato “Giuseppe Giliberto”. Se tuttavia a essere nominati erano due fratelli, allora la dicitura cambiava, ovvero il cognome si declinava in base al numero. Ad esempio, “Giuseppe e Gabriele Giliberti”. Non era neppure raro che il cognome si declinasse persino in base al genere, ovvero “Adele Giliberta”.

Il cognome de Judicibus ha origini latine ed è formato dal de di origine o provenienza più l'ablativo plurale del termine iudex, -is. Quest'ultimo vuol dire “giudice” ma, se ci rifaciamo all'impero romano, non si riferisce a un magistrato ma a un amministratore o governatore locale. A tale significato riteniamo si rifaccia il nome della famiglia.

Nella versione più antica il cognome è Iudex, spesso declinato al plurale come Iudicis o appunto de Iudicibus. A volte viene utilizzata la I normale, altre volte la I lunga, ovvero la J. Da notare che anche in tempi più recenti, ovvero nel periodo fascista, quest'ultima fu cambiata in I perché si ritenne erroneamente facesse parte dell'alfabeto anglosassone e non di quello italiano. Col passare del tempo, ovvero man mano che il volgare sostituiva il latino negli atti e nei documenti ufficiali, spesso il cognome fu italianizzato in Giudice o Giudici. Anche qui non era infrequente che venisse declinato a secondo del contesto. Inoltre a volte veniva usato il De, il Del o il De’ seguito o meno da uno spazio. La stessa D si trova a volte in maiuscolo a volte in minuscola. Nell'antichità il de minuscolo era molto comune. Con l'arrivo della moderna anagrafe e l'abitudine che spesso c'è in Italia a riportare i nomi all'anagrafe tutto in maiuscolo, ovvero DE JUDICIBUS, il de minuscolo è andato perso. Molte varianti del cognome sono in effetti frutto di errori di trascrizione o superficialità di certi burocrati nel riportare il cognome nei documenti ufficiali.

Attualmente il cognome si trova in due forme, ovvero De Judicibus e De Iudicibus, più raramente con il de minuscolo, sebbene molti appartenenti alla famiglia usino l'iniziale minuscola, benché il nome sia registrato all'anagrafe in maiuscolo. Per diversi anni mio padre ebbe metà dei suoi documenti con la I e metà con la J, a dimostrazione di come non solo nell'antichità esisteva un certa superficialità nel trascrivere i cognomi. Alcuni appartenenti di famiglie moderne Del Giudice o Giudici hanno un'effettiva relazione con i De Judicibus, altri no. Per capirlo bisogna andare indietro nel tempo, in genere almeno fino al XVII o XVIII secolo. Alcuni rami nati dalla migrazione di italiani all'esterno agli inizi del XX secolo e nel dopoguerra, hanno cognomi che hanno subito variazioni o deformazioni varie. Ad esempio hanno perso il De.

Il cognome Giliberti deriva da un componente della famiglia normanna Drengot Quarrel, ovvero Gilbert. Essendo un patronimico, nei documenti antichi si trova a volte declinato al plurale e persino per genere, ovvero si trovano sia Giliberti che Giliberto e Giliberta, ma dal XVII in poi si stabilizza nella forma maschile plurale, ovvero Giliberti. Essendo una famiglia titolata, è più facile seguirne le varie diramazioni. Anche in termini di territorio è più localizzata nei primi secoli dei de Judicibus ma si è allargata su un'area geografica più vasta sia in Italia che all'estero, anche in seguito alla migrazione di diversi suoi membri.