Origine dei de Judicibus pugliesi

Le origine della famiglia de Judicibus in Puglia è controversa. Un esempio di quanto sia complesso sbrogliare questa matassa ce lo dà un manoscritto del 1750 stilato, secondo il Minervini, dal notaio Muti, che fa parte dell'opera “Le Famiglie Molfettesi”. Di tale manoscritto riportiamo qui sia la versione originale, sia la trascrizione fatta dallo storico di Giovinazzo Pasquale Minervini, scomparso nel 2014.

Nell'opera del Minervini, l'autore del manoscritto in questione è un certo Antonio Muti, notaio. Si tratta tuttavia di una falsa attribuzione, come scoprì in seguito Corrado Pisani: il nome dell'autore, infatti, non è Antonio bensì Giovanni. L'equivoco nasce dall'esistenza in effetti di un sacerdote di nome Antonio, all'epoca, non correlato tuttavia al manoscritto, che ha portato un bibliotecario a scambiare i nomi. Infatti tuttora, nell'inventario della Biblioteca, è riportato il nome “Antonio”. In realtà il manoscritto non è neppure del 1750 ma fa parte del testamento mistico del sacerdote e notaio apostolico don Joannes Muti (o Muto), rogato il 22 luglio 1724. Attualmente la collocazione è nell'Archivio di Stato di Bari, Sezione di Trani, Protocolli notarili della Piazza di Molfetta, notar P. Pastore, prot. n. 534, a. 1724, c. 145v., atto 22 luglio.

Il Muti si rifà, per i de Judicibus pugliesi a varie fonti, come ad esempio un certo Lupone. Molte di queste sono atti notarili pervenuti fino a noi e che noi stessi abbiamo potuto consultare, per lo più di notai come Angelo Appassito e Gaspare de Morra (o de Molla).

Ma cosa si evince dalla lettura del suddetto manoscritto? Da un'analisi del manoscritto, che forse in Molfetta ci sono più famiglie de Judicibus non necessariamente imparentate fra loro.

[N.d.A.] La maggior parte del materiale utilizzato in relazione al Muti e al Minervini è stato raccolto da Silvio G. de Iudicibus.

Analisi del manoscritto

Ptima di entrare nel merito del manoscritto, stabiliamo un punto: le uniche fonti “certe” sono le fonti primarie, ovvero gli atti in sé, e anche quelle vanno ben interpretate, a causa di errori di trascrizione e altre imprecisioni. Tutte le fonti secondarie vanno prese cum grano salis in quanto non era infrequente trovare svarioni e attribuzioni errate nei vari compendi che venivano stilati da storici e genealogisti.

Il cognome

Torniamo al manoscritto. Innanzi tutto troviamo all'interno dello stesso una lunga lista di riferimenti ad atti notarili, per lo più, non necessariamente in ordine cronologico. Tutti questi riferimenti sono in una singola sezione intitolata Judicibus, senza il “de”. Interessante notare come il Minervini cognomina la famiglia Iudicibus ma poi riporta tutti i cognomi all'interno della trascrizione con la “J”, ovvero de Judicibus. Andando a leggere il manoscritto originale è difficile capire quale sia la corretta lettera iniziale, dato che le due lettere, nel corsivo maiuscolo, possono assomigliarsi molto e alcuni le usavano addirittura in modo interscambiabile. Quello che possiamo dire è quindi che non sappiamo se il Muti avesse indicato la famiglia con l'una o con l'altra lettera iniziale. Inoltre in una pagina compare la “I”, in un'altra la “J”.

Nome della famiglia nel manoscritto di Giovanni Muti - I
Nome della famiglia nel manoscritto di Giovanni Muti
Versione con la I normale
Nome della famiglia nel manoscritto di Giovanni Muti - J
Nome della famiglia nel manoscritto di Giovanni Muti
Versione con la I lunga

La famiglia

Come abbiamo detto, tutti questi personaggi sono ritenuti dal Muti appartenere alla stessa famiglia, con un'unica eccezione. Viene nominato in un atto un certo Giuseppe de Judicibus che il Muti afferma appartenere ad altra famiglia, il cui sigillo era «tre sbarre e tre gigli». Ora, il Muti era un notaio, non un araldista, per cui non ci si aspetta debba necessariamente essere esperto di araldica. L'utilizzo del termine “sigillo” e la blasonatura tutt'altro che ortodossa farebbero invero pensare così. Possiamo quindi pensare che le sbarre si riferiscano piuttosto a una pezza onorevole, ovvero a un trinciato alla banda e che proprio su quest'ultima stiano i gigli in questione. Guarda caso, questo sembra proprio lo stemma dei Giudici liguri, come riportato dal Carlo Padiglione nel suo “Trenta centurie di armi gentilizie”:

Stemma dei <em>Giudici</em> di Genova
Stemma dei Giudici di Genova

Le insegne

Il Minervini non ha tuttavia solo il manoscritto del Muti come fonte secondaria, ma anche alcune fonti primarie e, in particolare, alcune insegne e iscrizioni sia all'interno della Chiesa di Sant’Andrea a Molfetta che nel campanile, ovvero sulla campana forgiata dal Fiella.

La questione a questo punto infatti è: ma se Giuseppe per certo era un de Judicibus ligure, allora gli altri, chi erano?

Il Muti non lo dice ma riporta come Lupone ritenesse che questa famiglia venisse da Troia o da Foggia. Che poi fosse autoctona pugliese o a sua volta venisse da altre regioni non possiamo dirlo, ma qui entra in gioco appunto il Minervini con la sua opera “La Chiesa di Sant’Andrea in Molfetta”.

Essendo tale chiesa stata restaurata e arricchita dalla famiglia de Iudicibus — questa volta con la “I” normale — nella seconda metà del XVI secolo, e avendo trovato sul portone di un palazzo dove abitavano alcuni esponenti di tale famiglia un determinato stemma, presente anche su una campana della chiesa, il Minervini associa ai de Iudicibus uno stemma che non ha alcuna somigliana con nessuno degli stemmi che già conosciamo per altri rami della famiglia:

Stemma dei de Iudicibus di Molfetta da Troia
Stemma dei de Iudicibus di Molfetta da Troia

Se questo stemma dovesse essere davvero della maggior parte dei de Judicibus riportati dal Muti, in primis Gratiano con i fratelli Galieno e Gualterio, in secundis quel Marc’Antonio citato nell'iscrizione sulla campana del Fiella, allora dovremmo pensare che si tratta di una famiglia autoctona del Tavoliere delle Puglie.

Conclusione

Cosa possiamo concludere per il momento in base a quanto raccolto dal Muti e dal Minervini? Fermo restando che entrambi lavorano sulle stesse fonti che anche noi possiamo oggi verificare e che nessuna di queste dà una risposta definitiva all'origine dei de Judicibus pugliesi, possiamo pensare che per un improbabile ma non impossibile gioco di coincidenze,a Molfetta esistano ben tre famiglie Judex che si sono sovrapposte nel corso della storia:

  1. La prima è rappresentata da una famiglia autoctona del Tavoliere delle Puglie, originaria probabilmente di Troia o di Foggia e trasferitasi in parte a Molfetta tra la fine del XV e l'inizio del XVI secolo. Si tratta di una famiglia nobile alla quale potrebbe appartenere anche quella Colia del 1430 che si ritiene essere una figlia naturale di Re Alfonso V d'Aragona. La loro insegna è quella indicata dal Minervini, ovvero una croce di Sant'Andrea con in capo un uccello con qualcosa nel becco, forse una gazza che tiene nel becco un giglio, e in punta una rosa.
  2. La seconda vede la presenza di alcuni esponenti dei de Judicibus liguri a partire dai primi del XVI secolo, probabilmente non provenienti direttamente dalla Liguria ma bensì dalla Campania. Che poi siano dei Del Giudice campani oppure venuti al seguito di Giovanni Battista de Judicibus a Benevento è difficile dirlo, ma l'insegna è quella.
  3. Infine non dobbiamo dimenticare i Del Giudice di Amalfi che, come sappiamo, non sono legati alla nostra famiglia. Molfetta, tuttavia, nacque come colonia amalfitana e sappiamo che degli Judex di Amalfi erano presenti in quella città prima del XV secolo. Fermo restando che l'attribuzione dei de Iudicibus pugliesi alla nobile famiglia amalfitana fu un'associazione indebita dello storico e genealogista Michele Romano e che ben raramente questi facevano riferimento a sé stessi con la versione plurale del cognome, non possiamo scartare l'ipotesi che qualche de Iudicibus sia in effetti appartenuto a tale famiglia.

La prima di queste tre famiglie, quella proveniente da Troia o Foggia e il cui capostipite potrebbe essere un Marino Judex de Melficta, viene detta essere formata prevalentemente da medici chirurghi, sacerdoti e legisti.

Pasquale Minervini,
«La Chiesa di Sant’Andrea in Molfetta»,
Mezzina, 1996, Molfetta
pag. 23

Il Manoscritto di Giovanni Muti

Manoscritto di Giovanni Muti - Pagina 1
Manoscritto di Giovanni Muti - Pagina 1
Manoscritto di Giovanni Muti - Pagina 2
Manoscritto di Giovanni Muti - Pagina 2
Manoscritto di Giovanni Muti - Pagina 3
Manoscritto di Giovanni Muti - Pagina 3

La trascrizione di Pasquale Minervini

I.

Notizie sulla famiglia Iudicibus del Not. Giovanni Muti.(*)

[f. 195r] Leggiamo appresso la Genealogia di Giovenazzo composta da Lupone al fol. 53, che questa fameglia sia venuta in Molfetta da Troia, o Foggia.

Not.r Giovanni de Monna nel 1507 a foglio 133 a t.o Giodice Annale Andrianus de Judicibus.

Nel 1508 fol. 136. Giodice Annale Iohannes Galieni de Judicibus. Galieno fù Sindico nel 1511. Not. Giovanni de Monna in d.o Anno fol. 147 a t.o.

Notar Gaspar de Monna nel 1476 a 29 Maggio fol. 43. Magistri Iohannes de Judicibus et più abasso si legge lo stesso.

Nel 1477 a 13 Novemb. fol. 60. testis. D. Antonellus de Judicibus Archipresbiter.

Nel 1484 a 3 febr. fol. 64. Sig.r Henrico de Loffreda1 della Terra di Barletta, diete gr. duecento a Mastro Bilasello di Mastro Coletta de Judicibus de Molfetta, per tanta quantità di oglio mosto atto a ricevere etc.

Nel 1488 a 29 Giug. fol. 74. Presentatio facta per Magistrum Bilasello de Iudicibus, et Galienum eius nepotem Iacono Gratiano de Judicibus. Nel 1497 a 5 luglio fol. 25. Pro Galieno de Judicibus et Mariella eius matre relicta q.m Magistri Iohannis de Judicibus. In contractu habetur, q.d Elisabeta soror Galieni nupsit Iulio Azzarito. Nel 1508 a 26 febr. fol. 89. Pro Lionello de maiora re D.ni Gratiani de Judicibus et a 4 Marzo fol. 95 venditio facta per Carum Magistri Bilaselli de Judicibus et Antoniam eius uxorem etc. Nel 1522 a 6 sett.e fol. 189 a t.o Andriano de Judicibus comprò lo Dazio de lo Furno, fù preggiato da Andrillo Lepore, Not. Francesco de Gilao, et Aurelio Rufulo e nel fol. 190 eodem die preggiò Aurelio Rufulo per lo dazio de la Taverna.

a 27 sett.e fol. 251 Galieno de Judicibus fù ordinato della Città.

[N.d.A.] Riguardo quest'ultimo riferimento, l'atto originale riporta come data il 27 settembre 1500. Nel manoscritto del Muti l'anno non è riportato.

Nel 1527 a 14 Sett.e fol. 48 a t.o contra Magistrum Antonium q.m Magistri Bilaselli Magistri Coletta de Melficta; Nel contratto·= constitutus Magister Antonius q.m Magistri Bilaselli magistri Coletta de Melficta.

Notar Nicola de Judice Marino nel 1390. a 29 Maggio fol. 8 a t.o Pro Magistro Nicolao cirugico, entro il contratto. Nobilis vir Magister Nicolaus Vincentii de Marino de Melficta.

fol. 18. vendidit Magistro Nicolao Cirugico de Melficta.

Notar Angelo Azzarito nel 1500 fol. 36 a 24 Genn. Pro Nobili viro Galieno de Iudicibus de Melf.a. [f. 195v] Nel 1501 fol. 8 a 25 Sett.e Locatio etc. a Marino magistri Blasii cirugici de Judicibus de Melf.a et Bisantella eius uxore.

fol. 66 a 6 Marzo. Pro Nobili doctissimoque Viro Magistro Colella de Neritone civ. et habit.te Melficti contra Not.m Iohannem de monno de melf.a.

fol. 95 a t.o a 2 Giug. Pro Caro Magistri Blasii de Judicibus de Melf.o cum Vincentio de Gadaleta de Melf.o = Constitutis Nobili viro Caro Magistri Blasii de Judicibus ex una parte.

Nel 1502 fol. 13 a t.o a 10 Genn. Pro Nobili egregioque viro Galieno de Judicibus de Melf.a = dare etc. Nobili egregioque viro Magistro Galieno de Judicibus de Melf.a.

fol. 14 a 12 Genn. Pro egregio doctoque viro magistro Nicolao epiphano de Neritone de Melf.a.

fol. 26 a t.o a 17 Febr. Pro Magistro Nicola de Neritone de Melf.a = dare etc. egregio doctoque viro Magistro Colellae epiphano de Neritone de Melf.a.

fol. 28 a t.o a 21 febr. Pro Nobili viro Galieno de Judicibus de Melf.o a Magnif.co viro D.no Gratiano de Judicibus eius fratre de Melf.o.

fol. 53 a t.o a 23 Magg. Pro Nobili et egregio viro Galieno de Judicibus de Melf.o a Mariella eius matre Sorore Cicci Amerusii de Melf.a.

fol 32 a·5 Marzo. Pro Nobili viro Magistro Galieno de Judicibus de Melf.a contra Iohannem Angelilli Marangoni de Melf.o = Dare etc. Nobili viro Magistro Galieno de Judicibus de Melf.o ibidem p.nti etc. Ducatos quindecim de carolenis arg.ti Pro cura et opere medicinali diligenti facta per ipsum Magistrum Galienum in magna fractura capitis ipsius Iohannis prope commissuram penetrate ambas tabulas cranii cum magna emorogogia sanguinis, et arteria fussa temporum ipsius cranii, ut ac(t)u. Iur.d.us Iohannes debitor dixit etc.

Notar Achille Germano nel 1567 a 17 Marzo. Dr. Giovanni Fenice contrasse Matrimonio con Antonica de Judicibus sorella di Camillo de Judicibus.

Catasto del 1493 fol. 117 a t.o Magister Blasius cirugicus onz. 5. tar. 10. gr 5. fol. 126 Marinus Magistri Blasii cirugici. tar. 2½ tra li Schiavoni.

Catasto del 1542 fol. 59. Dominus Galienus de Judicibus onz. 5. tar. 26. gr. 5. [f. 196r] fol. 62 a t.o Dominus Marcus Ant.s de Judicibus onz. 7. gr. 12½.

Catasto del 1567 fol. 57 a t.o Camillo de Judicibus onz. 30.

fol. 58 a t.o Troiano de Judicibus onz. 4.

fol. 622. Magnifico MarcAnt .o de Judicibus onz. 49.

Catasto del 1617. fol. 215. Giacomo de Judicibus Gentiluomo, moglie Elisabetta Sprivirello. ha tre figli di minor età. onz. 5. tar. 17. gr. 3¼.

fol. 289 a t.o Gius.e de Judicibus2 vive di sue entrade, moglie Isabella Rufola, ha sei figli, GianAntonio (A), Bernardino, quattro femine Nihil. (A) fu poi sacerdote. Not.r Gian Andrea Boccassino 22 apr. 1629.

fol. 485. Marino de Judicibus Gentiluomo vive d'entrade, moglie Isa bella della Forgia ha uno figlio cl. Galieno una femina di minor eta onz. 5. tar. 27. gr. 3¼.

Not.r Achille Germano nel 1521, a primo ottob. Testis = Camillo de Judicibus.

Not.r Bernardino di Giovanni Lepore 7 ago. 1506. Andrea di Troiano de Judicibus aerario del S.r. Prencipe di Molfetta3.


1 Qui il Minervini legge erroneamente “Herrico de Lostre da Castellano” invece di “Henrico de Loffreda Castellano”.
2 Appartenente a diversa famiglia, il cui sigillo era: «tre sbarre e tre gigli» (Archivio Diocesiano di Molfetta, Fondo della Curia Vescovile, Cart. 35, (Copia) Testamento Passari (1611).
3 Anche nell'Archivio Diocesiano di Molfetta, Fondo del Capitolo della Cattedrale, «Platea del Capitolo», 1701, f. 163. È la prima menzione che si conosca di un Principe di Molfetta nel 1506, quando Molfetta era, com'è noto, città regia. A chiarire ii titolo di «Principe» sovviene dapprima una notizia registrata nella citata Platea; riguardante «l'Ecc.mo Sig. Duca [di S. Pietro in Galatina] utile padrone di questa città ( = Molfetta)», il quale «sopra la sua Doghana e casa, posta vicino la porta del Borgo, alla piazza app.o la chiesa di S. Antonio Abb., il muro, seù muraglia della città, et altri. Paga l'anno in Xmbre al R. Capitolo di Molfetta, carlini sette imperp.m per gli Anniversarij de Benefattori, come da istrum. di compra fatta di essa casa per parte del S.r Prencipe di Molfetta da Andrea di Troiano de Judicibus Erario, con la delega.ne di esso Annuo cenzo per nr. Bernardino di Giov.e lepore 7 Agosto 1506 fasc. 2 n° 3». Una registrazione, poi, dell'Amministrazione 1513 (Archivio Diocesiano di Molfetta, Fondo del Capitolo della Cattedrale, Cart. 93) dello stesso Capitolo ci fa sapere, al punto 70, che «ditto capitolo exige uno annuo censo de tarì tre et grana quindeci sopra la casa de la doana nelle festi de natale appare per duj istrumenti de compra fatta per ill.mo S.or petri cola carazola per mano de no: cola ameruso alle 7 de aug.o et laltro alle otte 1506». Consegue da ciò che per «Principe di Molfetta» nel 1506 debba intendersi il padrone della Dogana della città, cioè Petricone III Caracciolo (cf V. FONTANA, La Dogana di Molfetta (1423-1549), a cura di Aldo Fontana, Molfetta, Tip. Luca Gadaleta, 1936, p. 27).