❀ |
Data di nascita ? |
Periodo di riferimento 1260-1261 |
Data della morte ? |
✟ |
Cosa si sa
Ottone Iudex nasce a Ventimiglia nel XIII secolo da Obertino. Non conosciamo il nome della madre. Forse figlio unico. Sposa Margherita1. Non conosciamo il cognome della moglie. Non sappiamo se abbiano avuto figli.
Ottone sp. Margherita 1260
«Albero Genealogico dei Giudici», in
«Alberi genealogici di Famiglie ventimigliesi e liguri,
raccolti per cura del cav. prof. Girolamo Rossi»,
Ventimiglia, 1869.
Biblioteca Bicknell di Bordighera.
Non conosciamo il luogo e la data della morte.
1 Secondo il Rossi, nella prima metà del XIII secolo ci sono due “Ottone”, zio e nipote. Il primo è figlio di Oberto (1180), mentre il secondo è figlio di Obertino, fratello del primo, e quindi nipote di quello stesso Oberto. C'è un'ulteriore complicazione: entrambe le mogli di questi due Ottone si chiamano Margherita. La prima si sposa nel 1220, la seconda nel 1260. È quindi abbastanza complesso capire dagli atti quale sia l'uno e quale l'altro. Inoltre lo zio ha probabilmente avuto anche un figlio di nome Obertino. Il che complica ulteriormente le cose. Senza la genealogia che il Rossi ha riportato in suo manoscritto inedito sarebbe impossibile districarsi fra questi nomi. Oltretutto il suffisso “-ino” non è davvero parte del nome, ma è usato solo per distinguere due parenti che hanno lo stesso nome e dei quali uno è più giovane e uno più anziano, per cui quando muore quello più vecchio, il suffisso non viene più usato.
Lista degli Atti dell'Amandolesio
Ottone Iudex viene nominato nei seguenti atti rogati in Ventimiglia dal notaio Giovanni di Amandolesio, raccolti e custoditi a Genova, secondo quanto stabilito nelle clausole di pace dopo l'assedio del 1220.
Atti dal 1256 al 1258, Cartolarius Instrumentorum I: serie α (cart. 56) | |
Atti dal 1256 al 1258, Cartolarius Instrumentorum II: serie β (cart. 56) | |
Atti dal 1259 al 1264: serie γ (cart. 57) | |
Repertorio delle notizie inserite nei Cartolari I & II (cart. 56): serie κ | |
Repertorio delle notizie inserite nel cartolario 57: serie ν |
Nell'Archivio di Stato di Genova si conservano due cartolai notarili nei quali si contengono quasi un migliaio di atti per la massima parte rogati in Ventimiglia dal notaio Giovanni di Amandolesio fra il 1256 ed il 1264. Si tratta del cartolare 56, che comprende rogiti fra il I° dicembre 1256 e il 23 dicembre 1258, e del cartolare 57, che contiene rogiti fra il 28 dicembre 1258 e il 7 dicembre 1264.
Laura Balletto,
“Atti rogati a Ventimiglia da Giovanni di Amandolesio dal 1255 al 1258”,
Istituto Internazionale di Studi Liguri,
Istituto Studi Liguri, 1985.
Laura Balletto,
“Atti rogati a Ventimiglia da Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264”,
Istituto Internazionale di Studi Liguri,
Istituto Studi Liguri, 1993.
MILLESIMO CCLVIIII INDICTIONE PRIMA
In nomine Domini, amen. Cartularius instrumentorum factorum per me Iohannem de Mandolexio notarium in Vintimilio et Rappali, ut infra continetur. Et sunt in isto cartulario instrumenta sex annorum, videlicet de millesimo cclviiii, millesimo cclx, millesimo cclxi, millesimo cclxii, millesimo cclxiii et millesimo cclxiiii, ut inferius per ordinem annotantur, et est signum meum quod appono in instrumentis tale: (S.T.) Iohannes de Mandolexio, notarius Sacri Imperii, rogatus scripsi.
Una menzione particolare merita la professoressa e ricercatrice Laura Balletto, come riportato nei ringraziamenti.
Atto n.31 della serie γ
Notaio Giovanni de Amandolesio
24 febbraio 1259, Ventimiglia.
Oberto Giudice, Giovanni e Marineto, figli del fu Raimondo Giudice, vendono a Guglielmo Enrico, per una metà, e ad Ardizzono Giudice e Guglielmo Giudice, per l'altra metà, un mulino, pro indiviso, con due ruote, situato in Pascherio, cum omnibus suis aquaticiis sive aqueductibus, per il prezzo di 40 lire di genovini, di cui rilasciano quietanza. Dichiarano di procedere alla vendita per pagare i debiti di Ottone Giudice.
[Ɑ Guillelmi Henrici], Ardi[çoni et Guillelmi Iu]dicum.
Die eodem, post nonam. Nos Obertus Iudex, Iohannes et Marinetus, frattes et fìlii quondam Raimundi Iudicis, quisque nostrum in solidum, vendimus, cedimus et tradimus vobis Guillelmo Henrico, ementi pro medietate, et Ardiçono Iudici et Guillelmo Iudici, pro alia medietate, molendinum unum, pro indiviso, cum duabus rotis, quod ║ visi sumus habere in Pascherio, cum omnibus suis aquariciis sive aqueductibus, cui coheret ante via publica, ab uno latere molendinum vestrum Ardiçoni et Guillelmi Iudicis et ab alio molendinum Guillelmi Dulbeci, sive alie sint coherencie, ad habendum, tenendum, possidendum et de cetero quicquid volueritis iure proprietario et titulo emptionis faciendum, cum omni suo iure, ratione, actione reali et personali, utili et directo omnibusque demum pertinenciis et superposìtis suis, nichil ex his in nobis retento, finito predo librarum quadraginta denariorum ianuinorum, de quibus nos bene quietos et solutos vocamus, renuntiantes exceptioni non numerate seu recepte pecunie, doli mali et conditioni sine causa. Quod si dictum molendinum cum suis pertinenciis ultra dictum precium valet, scientes ipsius veram extimationem, id quod ultra valet vobis mera et pura donatione inter vivos donamus et finem vobis inde facimus et refutationem atque pactum de non petendo, renuntiantes legi deceptionis dupli et ultra. Possessionem quoque et dominium dicti molendini cum suis pertinenciis vobis tradidisse confitemur, constituentes nos ipsum vestro nomine tenere et precario possidere dum possidebimus vel ipsius possessionem sumpseritis corporalem, promittentes de dicto molendino cum suis pertinenciis nullam deinceps movere litem, actionem seu controversiam neque requisitionem facere, set potius ipsum vobis et heredibus vestris et cui dederitis vel habere statueritis per nos nostrosque heredes ab omni persona legittime defendere, auctoriçare, disbrigare et non impedire. Et speciali ter promittimus et convenimus vobis sumptus litis agnoscere et vobis restituere, si quos faceretis pro dicto molendino rationabiliter defendendo, sive obtinueritis in lite sive succubueritis, remissa vobis necessitate denunciandi. Quod si non fecerimus et ut supra per singula non observaverimus, penam dupli de quanto dictum molendinum nunc valet vel melioratum valebit vobis stipulantibus dare et solvere promittimus, rata manente venditione. Pro pena et predictis omnibus et singulis observandis universa bona nostra habita et habenda vobis pigneri obligamus, et quilibet nostrum de omnibus et singulis supradictis vobis in solidum teneatur, renuntians quisque nostrum iuri solidi, epistule divi Adriani, beneficio nove constitutions de duobus reis debendi1 ac iuri de principali primo conveniendo. Et speciali ter nos dicti Iohannes et Marinetus abrenuntiamus beneficio minoris etatis, iurantes verbotenus esse maiores annorum decem et octo et ut supra dictum est, tactis corporaliter Sacris Scripturis, in omnibus et per omnia attendere, compiere et observare et in aliquo predictorum non contraiacere vel venire; et facimus hec omnia et singula supradicta consilio Guillelmi Calcie et Raimundi Iudicis, propinquorum et vicinorum nostrorum. Predictam quoque venditionem facimus pro solvendis debitis Ottonis Iudicis. Actum in civitate Vintimilii, in domo dicti Raimundi Iudicis, presentibus testibus convocatis et rogatis Guidone Priore, Oberto filio Ottonis Iudicis et Guillelmo Malleo canonico Vintimiliensi. Anno et indictione ut supra.
Atto n. 31
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.
1 “Duobus reis debendi” è una locuzione latina che significa «debito verso due persone», ovvero duplice obbligazione debitoria. All'epoca, questo termine si riferiva alla situazione in cui un debitore aveva contratto un debito con due o più creditori e doveva restituire la somma a entrambi. In questo caso, ogni creditore aveva diritto a richiedere una parte proporzionale del debito. La regola generale era che, in assenza di una specifica pattuizione tra i creditori e il debitore, questi ultimi avevano uguali diritti sulla somma debita.
Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Guglielmo Enrico, Ardizzone e Guglielmo Giudici.
Lo stesso giorno, dopo la nona. Noi Oberto Giudice, Giovanni e Marineto, fratelli e figli del defunto Raimondo Giudice, ciascuno di noi in solido, vendiamo, cediamo e trasferiamo a voi, Guillermo Enrico, come acquirente per metà, e ad Ardizzone Giudice e Guglielmo Giudice, per l'altra metà, un mulino, indiviso, con due ruote, che ║ vediamo possedere a Pascherio, con tutti i suoi canali o acquedotti, che confina con la strada pubblica da un lato e con il vostro mulino, ovvero di Ardizzone e Guglielmo Giudice, dall'altro, se ci sono altri confini, per avere, tenere, possedere e fare in seguito tutto ciò che vorrete come proprietari di diritto e per titolo d'acquisto, con tutti i suoi diritti, ragioni, azioni reali e personali, utili e diretti e tutte le altre pertinenze e sovrapposizioni, senza nulla trattenere da noi, con un prezzo di vendita di quaranta lire genovesi, di cui ci dichiariamo ben soddisfatti e sollevati, rinunciando all'eccezione di denaro non contato o non ricevuto, al dolo e alla condizione senza causa. Se il suddetto mulino con le sue pertinenze vale più del prezzo sopra menzionato, conoscendo la sua vera stima, quanto valga in più, lo doniamo e ne poniamo fine a voi con una pura e semplice donazione tra vivi e rinunciamo alla legge che prevede il riconoscimento di un duplice risarcimento debitorio. Confessiamo inoltre di avervi consegnato la proprietà e il possesso del detto mulino con le sue pertinenze, costituendoci come vostri titolari e possessori precari finché lo possederemo o avrete preso possesso fisico dello stesso, promettendo di non muovere alcuna lite, azione o controversia per il detto mulino con le sue pertinenze in futuro, ma piuttosto di difendere, autorizzare, liberare e non impedire a voi e ai vostri eredi, coloro a cui lo avete dato o che avete deciso di avere, da noi o dai nostri eredi, da qualsiasi persona legittimamente. Inoltre, promettiamo e concordiamo specificamente di riconoscere e restituire a voi le spese di giudizio che potreste sostenere per difendere ragionevolmente il detto mulino, se sostenute, sia che vinciate in giudizio sia che ne siate sconfitti, senza la necessità di una richiesta formale. Se non adempiamo a tutto quanto sopra indicato o non osserviamo singolarmente ogni punto di quanto sopra, promettiamo di dare e pagare una sanzione di doppio del valore attuale del detto mulino o del suo valore migliorato, stipulando con voi e confermando la vendita. In pegno e a garanzia dell'osservanza di tutto quanto sopra stabilito e di ogni singola parte, obblighiamo tutti i nostri beni, presenti e futuri, e ciascuno di noi è tenuto in solido per quanto concerne tutto quanto sopra stabilito, rinunciando ciascuno di noi al diritto di divisione in solido, al beneficio delle costituzioni recenti sui due debitori e al diritto di escussione del creditore principale in primo luogo. E in particolare noi, Giovanni e Marineto, rinunciamo al beneficio dell'età minore, giurando di essere maggiorenni di diciotto anni e, come sopra detto, di attenere, eseguire e rispettare tutto in ogni dettaglio, senza violare o contraddire alcuna delle disposizioni suddette. Tutto ciò lo facciamo con il consiglio di Guglielmo di Calce e Raimondo Giudice, nostri parenti e vicini. Inoltre, effettuiamo la suddetta vendita per saldare i debiti di Ottone Giudice. Redatto nella città di Ventimiglia, nella casa del suddetto Raimondo Giudice, in presenza di testimoni convocati e richiesti, Guidone Priore, Oberto figlio di Ottone Giudice e Guglielmo Malleo, canonico di Ventimiglia. Anno e indizione come sopra.
Atto n.72 della serie γ
Notaio Giovanni de Amandolesio
26 giugno 1259, Ventimiglia.
Restagno Sardena protesta presso Guglielmo Malocetto, podestà, e Iacopo de Burgaro, capitano di Ventimiglia, per il furto di 7 marche d’argento subito da Enrico di Gavi presso La Turbie ad opera di uomini di Diano; richiede a nome del conte dì Provenza che detti uomini siano inviati a La Turbie per l’inchiesta e l’eventuale punizione. Il podestà e il capitano dichiarano che i medesimi non rientrano nella loro giurisdizione, si dicono pronti a fare l’inchiesta voluta da Restagno ed a ricevere garanzìa dai suddetti di Diano circa la loro comparsa in giudizio a Diano.
Ɑ Restagni Sardene.
Die xxvi iunii, ante vesperas. In presentia testium subscriptorum, Restagnus Sardena protestatus fuit coram domino Willelmo Malocetto, potestate Vintimilii, et domino Iacobo de Burgaro, capitaneo in eodem loco, quod Enrico de Gavio, ut assent, fuerunt ablate marche septem argenti aput Turbitam per aliquos homines de Diano; unde requirit predictus Restagnus, ex parte domini comitis Provincie, quod ipsos homines transmittant ad Turbitam, ut possit fieri de dicto furto inquisitio, et, facta inquisitone, ipsos punire, prout iuris ratio postulabit. Ad que responderunt dicti potestas et capitaneus quod parati sunt facere ei omnia quecumque iuris ratio postulabit, et protestantur dictos homines non esse de ipsorum iurisditione, nec etiam in litteris transmissis per dominum de Turbita continetur quod predicti homines ad Turbitam remitta(n)tur, nec eos petit, nec etiam de maleficio constat quare propterea remittendi sint, et parati sunt facere omnem inquìsitionem quam dictus Restagnus voluerit, etiam parati sunt recipere securitates a dictis hominibus peregrinis, qui dicunt se de Diano, quod comparebunt coram eorum iusticia de Diano et ibi facient ius, si requisiti fuerint de predictis. Actum in civitate Vintimilii, sub porticu beredum quondam Guillelmi Sagonensis, presentibus testibus Ottone Iudice, Oberto Iudice et Raimundo Iudice. Anno et indictione ut supra.
S. s. i.
Atto n. 72
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.
Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Restagno Sardena.
Il giorno 26 giugno, prima dei vespri. In presenza dei testimoni sottoscritti, Restagno Sardena ha sollevato una protesta davanti al signor Guglielmo Malocetto, potestà di Ventimiglia, e al signor Iacopo de Burgaro, capitano nello stesso luogo, affermando che a Enrico di Gavi, come da lui testimoniato, sono state rubate sette marche d'argento a La Turbie da parte di alcuni uomini di Diano. Di conseguenza, il predetto Restagno chiede, a nome del signore conte di Provenza, che quegli uomini vengano trasferiti a La Turbie per poter condurre un'indagine sul furto e, una volta conclusa l'indagine, punirli secondo quanto richiesto dalla legge. In risposta, il potestà e il capitano hanno affermato di essere pronti a fare tutto ciò che richiede la legge e obiettato che quegli uomini non sono sotto la loro giurisdizione, né è incluso nelle lettere inviate dal signore di La Turbie che quegli uomini vengano inviati a La Turbie, né si chiede la loro cattura, né è provato che siano colpevoli di un crimine per cui debbano essere trasferiti, e sono pronti a effettuare qualsiasi indagine richiesta dal predetto Restagno, sono anche pronti a ricevere garanzie da parte di quegli uomini stranieri, che affermano di essere di Diano, affinché si presentino di fronte alla giustizia di Diano e facciano valere i loro diritti, se richiesto riguardo a quanto sopra menzionato. Fatto nella città di Ventimiglia, sotto il portico dei verdi alberi di Guglielmo Sagona, in presenza dei testimoni Ottone Giudice, Oberto Giudice e Raimondo Giudice. Nell'anno e nell'indizione sopra menzionati.
Versata una somma di un soldo.
[N.d.A.] Questo atto fa pensare che Raimondo, Ottone e Oberto siano i tre primogeniti della terza generazione che parte dall'Oberto del 1180. Ovvero:
Atto n.82 della serie γ
Notaio Giovanni de Amandolesio
14 luglio 1259, Ventimiglia.
Ottone Bonebella presenta a Guglielmo Malocello, podestà di Ventimiglia, una lettera di Guglielmo Boccanegra, capitano del popolo di Genova, del precedente 13 maggio.
Ɑ Ottonis Bonebelle.
Die xiiii iulii, ante vesperas. In presentía testium subscriptorum, Otto Bonebella obtuli(t) sive representavit domino Guillelmo Malocello, Vintimilii potestati, litteras domini capitanei populi Ianue, sigillo eiusdem sigillatas, in hac forma: « Guillelmus Bucanigra, capitaneus populi Ianue, dilecto suo Guillelmo Malocello, Vintimilii potestati, salutem et omne bonum. Cum Otto Bonebella, curatorio nomine Raimundini, filii Ottonis Marchisii, propositionem seu petitionem fecerit coram predecessore vestro contra Rainaldum Bulferium, dictus vero Rainaldus comparuerit coram nobis dicens quod, ex forma pacis celebrate inter eos, eumdem alieno nomine non poterai convenire, idem vero Otto dicebat quod ipsum ante erat negotium cure et libelli oblati diutius iam inceptum, quod ipse perficere tenebatur iuxta prestitum1 proprium iuramentum, proposuimus in presenti negocio taliter providere. Cum ipse Rainaldus velit in curia Vintimilii ipsum negocium agitari, videlicet quod idem curator auctorem constituat in causa quam voluerit agere coram vobis vel procuratorem, autoritate curatoris faciat ipse minor secundum quod sibi expedire videbit, quibus factis causam ipsam audiatis et fine debito terminetis. Auctor autem seu procurator esse debet constituendus Guillelmus Bonavia de Portu, ita tamen quod dictus Otto propter dictam causam ad curiam non accedat, nisi iusta causa intervenerit propter quam presentía ipsius vobis necessaria videretur. Data Ianue, mcclviiii, die xiii madii ». De predictis quidem rogavit me notarium subscriptum predictus Otto ut componerem publicum instrumentum. Admissa igitur eius rogatione ut supra in publicam formam taliter compilavi. Actum in civitate Vintimilii, in platea ante ecclesiam Sancte Marie, presentibus testibus Raimundo Curlo, domino Iacobo de Burgaro et Ottone Iudice. Anno et indictione ut supra.
Atto n. 82
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.
Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Ottone Bonabella.
Il giorno 14 luglio, prima dei vespri. In presenza dei testimoni sottoscritti, Otto Bonebella ha presentato o ha rappresentato al signor Guglielmo Malocello, potestà di Ventimiglia, una lettera del signor capitano del popolo di Genova, sigillata con il suo sigillo, nella seguente forma: «Guglielmo Boccanegra, capitano del popolo di Genova, al suo caro Guglielmo Malocello, potestà di Ventimiglia, saluti e ogni bene. Poiché Otto Bonebella, in qualità di tutore a nome di Raimondino, figlio di Ottone Marchisio, ha presentato una proposta o una petizione dinanzi al vostro predecessore contro Rainaldo Bulferio, e il suddetto Rainaldo si è presentato davanti a noi dicendo che, in base alla forma della pace stipulata tra di loro, non è possibile convenire suddetto in nome di un altro, mentre lo stesso Otto affermava che la questione in oggetto era stata precedentemente trattata e che il libello presentato era un'opera iniziata da tempo, che doveva essere portata a termine secondo il suo giuramento prestato, abbiamo deciso di provvedere alla presente questione come segue. Poiché lo stesso Rainaldo desidera che la questione venga affrontata presso la corte di Ventimiglia, ovvero che lo stesso tutore nomini un rappresentante nella causa che intende sostenere davanti a voi o un procuratore, l'autorità del tutore stesso consenta al minore di agire secondo il suo migliore giudizio, una volta che siano stati compiuti tali atti, ascoltate la causa stessa e ponetevi fine come dovuto. L'autore o il procuratore dovrebbe essere nominato Guglielmo Bonavia di Porto, a condizione che il suddetto Otto non si presenti in tribunale a causa della suddetta questione, a meno che non intervenga una giusta causa che richieda la sua presenza. Datato a Genova, nel 1259, il 13 maggio.» Riguardo a quanto sopra, il suddetto Otto ha chiesto a me, sottoscritto notaio, di redigere un atto pubblico. Pertanto, acconsentendo alla sua richiesta come sopra, ho compilato il presente atto pubblico secondo la forma prescritta. Redatto nella città di Ventimiglia, nella piazza antistante la chiesa di Santa Maria, in presenza dei testimoni Raimondo Curlo, signor Giacomo de Burgaro e Ottone Giudice. Nell'anno e nell'indizione sopra menzionati.
Atto n.131 della serie γ
Notaio Giovanni de Amandolesio
14 novembre 1259, Ventimiglia.
Buonvassallo Leono nomina la moglie Isabella ed Enrico Nepitella suoi procuratori per la cura dei suoi interessi.
Die xiiii novembris, post nonam. Ego Bonusvassallus Leonus facio, constituo et ordino, absentes, meos certos nuncios et procurators Isabellam, uxorem meam, et dominum Enricum Nepitellam, absentes, quemlibet eorum in solidum, ita quod non sit melior occupantis conditio, ad omnia mea negoda gerenda et facienda, tam ad vendendum quam obligandum et pignorandum et alienandum, et ad omnia faciendum que egomet facere possem, si essem presens, promitens tibi notario subscripto, nomine quorum interest vel intererit, quicquid per dictos procuratores seu per unum ipsorum fuerit factum in predictis et circa predicta et occasione predictorum ratum et firmum habiturum, sub ypotheca et obligatione bonorum meorum, relevans quoque ipsos ab omni satisdatione. Actum in platea Vintimìlii, presentibus testibus Guillelmo Bonavia notario, Oberto Gencana et Ottone Iudice. Anno et indictione ut supra.
Atto n. 131
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.
Atto n.141 della serie γ
Notaio Giovanni de Amandolesio
30 novembre 1259, Ventimiglia.
Dinanzi a Guglielmo Malo cello, podestà di Ventimiglia, Bartolomeo di Randazzo di Trapani e Giovanni Cepono di Amalfi dichiarano che Oberto Maroso di Ventimiglia non è responsabile del fatto che Pietro Azarolio di Amalfi li ha trasportati sulla sua tarida da Trapani a Ventimiglia, non tenendo conto del divieto espresso dal capitano del popolo di Genova a Pietro ed ai suoi soci, tramite Oberto Maroso, di trasportare i suddetti.
Die ultima novembris, inter terciam et nonam. In presentía testium subscriptorum, Bartholomeus de Randacio de monte Trapane et Iohannes Ceponus de Malfis dixerunt et protestati fuerunt coram domino Guillelmo Malocello, Vintimilii potestate, publice et aperte quod Obertus Marosus de Vintimilio nullam fraudem comisit nec de sua processit voluntate quod Petrus Agarolius de Malfis ipsos aduxit de Trapana usque hue in sua tarida, secundum quod apparuit per contradictionem quam ei fecit dictus Obertus, dicendo eidem Petro et sociis, ex parte domini capitanei populi Ianue, ne ipsos Bartholomeum et Iohannem in dicta tarida ultra suum velie deferre deberent; iurans dictus Iohannes, corporaliter tactis Sacris Scripturis, ut supra dictum est verum esse; sed dictus Bartholomeus suo iuramento dixit quod dictus Obertus bene protestatus fuit, ut supra, contradicendo tantum versus dictum Petrum Agarolium et non versus socios quod videret. Actum in civitate Vintimilii, presentibus testibus Marino Alvernia, Raimundo Curlo et Ottone Iudice. Anno ed indictione ut supra.
Atto n. 141
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.
Atto n.193 della serie γ
Notaio Giovanni de Amandolesio
23 febbraio 1260, Ventimiglia.
Ottone Giudice, Raimondo del fu Pietro Giudice, Ardizzono Giudice, Guglielmo Giudice, Oberto Giudice e Marineto Giudice rilasciano procura a Raimondo Giudice del fu Ottone Giudice di Rocchetta perché difenda i loro diritti sul castello di Rocchetta.
Ɑ [R]aimundi [Iu]dicis de Rocheta. Die xxiii februarii, post nonam. Nos Otto Iudex, Raimundus, filius quondam Petri Iudicis, Ardiçonus Iudex, Guillelmus Iudex, Obertus Iudex et Marinetus Iudex facimus, constituimus et ordinamus, presentem, nostrum certum nuncium et procuratorem Raimundum Iudicem, filium quondam Ottonis Iudicis de Rocheta, ad agendum, petendum, causandum, defendendum, insudicio et extra, a qualibet persona et contra quamlibet personam, omnia iura et rationes que et quas habemus et visi sumus habere in castro Rochete et in iurisdictione hominum dicti loci et in territorio ipsius, dantes, quilibet nostrum in solidum, tibi liberam et plenam potestatem et bailiam quod predicta possis defendere, agere, petere, in iudicio et extra, et omnia demum in predictis et circa predicta facere que fuerint facienda, sicut merita causarum postulant et requirunt, et que nosmet ipsi facere possemus, si essemus presentes, promittentes quicquid per te dictum procuratorem fuerit [factum] in predictis et circa predicta et occasione predictorum ratum et firmum habituros, sub ypotheca et obligatione bonorum nost[rorum], relevantes te pro predictis a qualibet satisdatione. Actum in capitulo Vintimilii, presentibus testibus Guillelmo E[nrico], Roberto Papono et Iohanne Bastono. Anno et indictione ut supra.
Atto n. 193
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.
Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Raimondo Giudice di Rocchetta.
Il 23 febbraio, dopo la nona. Noi Otto Giudice, Raimondo figlio del defunto Pietro Giudice, Ardizzone Giudice, Guglielmo Giudice, Oberto Giudice e Marineto Giudice, facciamo, costituiamo e ordiniamo il nostro fidato messaggero e procuratore presente, Raimondo Giudice figlio del defunto Otto Giudice di Rocchetta, ad agire, richiedere, causare, difendere, sia in giudizio che fuori, contro chiunque persona e contro chiunque persona, tutti i diritti e le ragioni che abbiamo e che abbiamo visto avere nel castello di Rocchetta e nella giurisdizione degli uomini del luogo e nel territorio stesso, dando a te, ogniuno di noi per intero, libero e pieno potere e commissione che tu possa difendere, agire, richiedere, in giudizio e fuori, e fare tutto ciò che deve essere fatto nei predetti e circa i predetti, come i meriti delle cause esigono e necessitano, e che noi stessi potremmo fare se fossimo presenti, promettendo di ratificare e confermare tutto ciò che il suddetto procuratore dirà o farà nei predetti e circa i predetti e in occasione dei predetti, sotto ipoteca e obbligo dei nostri beni, sollevandoti per i predetti da qualsiasi soddisfazione. Redatto nel capitolo a Ventimiglia, in presenza dei testimoni Guglielmo Enrico, Roberto Papone e Giovanni Bastono. Nell'anno e nell'indizione sopra menzionati.
Atto n.289 della serie γ
Notaio Giovanni de Amandolesio
1° settembre 1260, Ventimiglia.
Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice, per i due terzi, da una parte, e Marineto, suo fratello, per un terzo, dall'altra, dividono fra loro i beni mobili e immobili che furono di proprietà dei loro genitori e del nonno e tutti gli altri beni che possiedono in comune.
Ɑ Oberti Iudicis et Marineti.
Die prima septembris, circa terciam. Divisionem ad invicem fecerunt inter s[e] Obertus Iudex, fìlius quondam Raimundi Iudicis, pro duabus partibus, ex una parte, et Marinetus, eius frater, ex altera, [pro] alia tercia parte, de bonis mobilibus et immobilibus parentum suorum, videlicet patris et matris eorum, et avi, et aliorum bonorum suorum que simul comunia habebant. In primis de possessionibus venit in parte dicto Marineto pecia una terre posite in valle Vervoni, quam tene(n)t Anselmus Ventura et frater eius ad medium plantum. Item eidem alia pecia terre in eadem valle, arborate ficuum, cui coheret superius terra Oddonis Crastatoris, inferius fossatus Vervonis, ab uno latere fossatus Sancti Feliani et ab alio latere terra dicti Oddonis. Item, in eadem valle, alia pecia terre, arborate ficuum, cui coheret superius et inferius via et ab uno latere terra episcopalis Vintimilii. Item alia pecia terre vacue posite ad Pinetam, cui coheret superius via, inferius litus maris, ab uno latere fossatus Vallis Bone et ab alio latere via qua tenditur ad domum que fuit quondam dicti Raimundi Iudicis. Item tercia pars casalium que visi sunt habere in civitate Vintimilii pro indiviso. Item tercia pars terre vacue quam visi sunt habere dicti fratres pro indiviso in monte Malo. Item tercia pars pro indiviso terrarum quas visi sunt habere prope Sanctum Blasium, a fossato Vervonis versus Vintimilium, quas terras tenent Guillelmus Rafa, Martinus et Anfussus de Sancto Biasio. Item tercia pars pro indiviso rationum quas visi sunt habere dicti fratres in ripa Vintimilii. Item, de mobili, soldi triginta ex libris quatuor et dimidia quas dicti fratres consueti sunt recipere annuatim a comuni Ianue pro feudo. In parte vero dicti Oberti veniunt, pro duabus partibus, omnes terre quas visi erant habere ultra fossatum Vervonis usque in Banchi, versus mare, et versus Podium Rainaldum, que fuerunt quondam Oberti Iudicis, avi eorum. Item una pecia terre posite in Felegueto, arborate ficuum, cui (coheret) superius terra Oberti Gençane ìnrerius terra Oberti Barbaxore et terra dicti Oberti Gençane, ab uno latere terra episcopalis Vintimilii et ab alio terra Isnardi Travache Item domus cum çerbo, positis ad Pinetam. Item duas partes pro indiviso gerbi montis Mali. Item libre tres ex illis libris quatuor et soldis decem quas recipere consueverunt et recipiunt annuatim a comuni Ianue pro feudo. Item due partes omnium casalium que visi erant habere pro indiviso in civitate Vintimilii. Item due partes pro indiviso omnium terrarum que sunt eorum prope Sanctum Blasium, ultra fossatum Vervonis, versus Vintimilium, quas tenent Guillelmus Rafa, Martinus et Anfussus de Sancto Biasio. Quam divisionem ambe partes nrmam et ratam habere et non revocare perpetuo promiserunt, sub pena librarum centum ianuinorum a qualibet parte [sti]pulata et promissa, rata semper manente divisione, iurantes, tactis corporaliter Sacris Scripturis, ut supra attendere, compiere et [obser]vare et non revocare, sub dicta pena, dans dictus Obertus dicto Marineto et concedens omnia iura que habet vel habere possit (de) parte que venit dicto Marineto et dictus Marinetus dicto Oberto similiter, faciens dictus Marinetus predicta consilio Otto[nis] Iudicis et Willelmi Dulbeci, vicinorum suorum, quos suos propinquos in hoc casu eligit et appellat, confitens se maiorem annis xviii. [In]super nos Adalasina, uxor dicti Oberti, et Francischina, uxor predicti Marineti, ratificantes et aprobantes dictam divisionem, facimus [finem] et refutacionem omnimodamque remissionem pro dictis partibus de omni eo quod aliqua nostrum petere possit, occasione dotium nostrarum vel aliqua occasione, in parte alterius, iurantes ambe, tactis corporaliter Sacris Scripturis, predicta omnia et singula rata babere in perpetuum et non re[vocare], facientes omnia et singula consensu et voluntate dictorum virorum nostrorum et consilio Ottonis Iudicis et Willelmi Dulbeci, vicinorum nostrorum, q[uos] nostros propinquos in hoc casu eligimus et appellamus, renuntiantes iuri ypothecarum, senatus consulto velleiano, legi iulie et omni iuri. Actum in civitate [Vintimilii], presentibus testibus presbitero Ugone Melagino et dictis consiliatoribus, sub capitulo Vintimilii, et Willelmo Enrico atque Petro Bertera.
Ɑ F[ac]ta est pro dicto Oberto.
Atto n. 289
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.
Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Oberto Giudice e Marineto.
Il primo settembre, verso la terza. Hanno effettuato una divisione tra di loro Oberto Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice, per due parti, da una parte, e Marineto, suo fratello, per un'altra terza parte, riguardante i beni mobili e immobili dei loro genitori, cioè del padre, della madre e del nonno, nonché di altri beni che possedevano in comune. Innanzitutto, per quanto riguarda le proprietà, a Marineto spetta una porzione di terra situata nella valle di Vervoni, attualmente occupata da Anselmo Ventura e suo fratello, a metà della pianta. Allo stesso modo, spetta anche un'altra porzione di terra nella stessa valle, con alberi di fichi, adiacente alla terra di Oddone Crastatore nella parte superiore, al fossato di Vervoni nella parte inferiore, da un lato al fossato di San Feliano e dall'altro lato alla terra di Oddone stesso. Inoltre, nella stessa valle, spetta anche un'altra porzione di terra con alberi di fichi, con la strada sopra e sotto e da un lato al territorio del vescovado di Ventimiglia. Altro pezzo di terra vuota situato presso Pineta, con la strada sopra, il mare sotto, da un lato il fossato della Valle Bone e dall'altro lato la strada che conduce alla casa del defunto Raimondo Giudice. Inoltre, un terzo delle cascine che sembrano possedere nella città di Ventimiglia in comproprietà. Un terzo anche delle terre vuote che sembrano possedere i suddetti fratelli in comproprietà sul Monte Malo. Infine, un terzo delle terre che sembrano possedere in prossimità di San Biagio, dal fossato di Vervoni verso Ventimiglia, che attualmente sono in possesso di Guglielmo Rafa, Martino e Anfusso di San Biagio. Inoltre, un terzo delle ragioni che sembrano possedere i suddetti fratelli lungo la riva di Ventimiglia. Altra parte riguarda i beni mobili, che consistono in trenta lire provenienti dalle quattro lire e mezza che i suddetti fratelli solitamente ricevono annualmente dal Comune di Genova come feudo. Per quanto riguarda la parte di Oberto, spettano a lui, per due parti, tutte le terre che sembrano possedere oltre il fossato di Vervoni fino ai Banchi, verso il mare e verso Podium Rainaldum, che un tempo appartenevano a Oberto Giudice, loro nonno. Allo stesso modo, una porzione di terra situata a Felegueto, con alberi di fichi, adiacente alla terra di Oberto Genzane nella parte superiore, alla terra di Oberto Barbassore e alla terra dello stesso Oberto Genzane nella parte inferiore, da un lato al territorio del vescovado di Ventimiglia e dall'altro alla terra di Isnardi Travache. Inoltre, una casa con annesso, situata presso Pineta. Due parti indivise del pascolo sul Monte Malo. Tre lire di quelle quattro e dieci soldi che solitamente ricevevano e ricevono annualmente dal Comune di Genova come feudo. Due parti indivise di tutte le cascine che sembrano possedere in comproprietà nella città di Ventimiglia. Due parti indivise di tutte le terre che sono di loro proprietà in prossimità di San Biagio, oltre il fossato di Vervoni, verso Ventimiglia, attualmente in possesso di Guglielmo Rafa, Martino e Anfusso di San Biagio. Questa divisione è stata promessa da entrambe le parti essere valida e irrevocabile in modo perpetuo, sotto pena di centocinquanta lire genovine da ciascuna parte coinvolta e impegnata, con la divisione che rimane sempre valida. Giurano, toccando fisicamente le Sacre Scritture, di rispettare, compiere e osservare quanto sopra e di non revocarlo, sotto la suddetta pena. Oberto concede a Marinetus tutti i diritti che possiede o potrebbe avere sulla parte che spetta a Marineto, e Marineto fa lo stesso con Oberto, agendo sotto il consiglio di Otto Giudice e Guglielmo Dulbeco, loro vicini, che hanno scelto e nominato come loro parenti in questa situazione. Marineto riconosce di essere maggiorenne di diciotto anni. Inoltre, noi, Adalasina, moglie di Oberto, e Francischina, moglie di Marineto, ratifichiamo e approviamo la suddetta divisione, poniamo fine e rinunciamo a ogni tipo di rivendicazione per le rispettive parti e giuriamo, toccando fisicamente le Sacre Scritture, di considerare tutto quanto sopra come valido in modo perpetuo e di non revocarlo, facendo tutto ciò con il consenso e la volontà dei nostri rispettivi mariti e con il consiglio di Otto Giudice e Guglielmo Dulbeco, nostri vicini, che abbiamo scelto e nominato come nostri parenti in questa situazione, rinunciando a qualsiasi diritto di ipoteca, al Senatus consulto Velleiano, alla legge di Giulio e a qualsiasi altro diritto. Redatto nella città di Ventimiglia, alla presenza dei testimoni il sacerdote Ugo Melagino e i suddetti consiglieri, nel capitolo di Ventimiglia, insieme a Guglielmo Enrico e Pietro Bertera.
Redatto per detto Oberto.
Atto n.299 della serie γ
Notaio Giovanni de Amandolesio
27 ottobre 1260, Ventimiglia.
Pietro Francesco di Sanremo vende a Lanfranco Rubeo di Fossatello, cittadino genovese, una tarida, chiamata “Fiore”, per il prezzo di 95 lire di genovini, di cui rilascia quietanza.
Ɑ Lanfranci Rube[i] de Fossatell[o].
Die xxvii octubris, post terciam. Ego Petrus Franciscus de Sancto Romulo vendo, cedo et trado tibi Lanfranco Rubeo de Fossatello, civi Ianuensi, taridam meam, que vocatur Flos, cum velis duabus et tota erus sartia quam habet ipsa tarida, ad habendum, tenendum possidendum et quicquid ex ea deinceps volueris faciendum, finito precio librarum nonaginta quinque denariorum ianuinorum, de quibus me bene quietum et solutum voco, fenuntians exceptioni non numerate seu recepte pecunie et omni exceptioni. Quod si ultra dictum precium valet, sciens ipsius veram extimationem, id quod ultra valet tibi mera et pura donatione inter vivos dono et finem tibi facio et refutationem atque pactum de non petendo, renuntians legi deceptionis dupli et ultra. Possessionem insuper et dominium diete taride tibi tradidisse confiteor, constituens me ipsam tuo nomine tenere et precario possidere dum possidebo vel ipsius possessionem sumpseris corporato, promittens de dicta tarida null[am] deinceps movere litem, actionem seu controversiam nec requisitionem facere sed potius ipsam ab omni persona legiti[me] defendere, auctoriçare et disbrigare promitto. Alioquin penam dupli de quanto nunc valet tibi stipulanti dare et solvere promit[to], rato manente pacto. Pro pena et predictis omnibus observandis universa bona mea habita et habenda tibi pigne[ri] obligo. Actum in canonica Vintimeli, presenttbus testibus Ottone Iudice et domino Rainaldo, preposto Vintimiliensi. Anno et indictione ut supra.
S. s. i.
Atto n. 299
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.
Atto n.332 della serie γ
Notaio Giovanni de Amandolesio
14 dicembre 1260, Ventimiglia.
Ottone Giudice di Ventimiglia cede, per la somma di 25 lire di genovini, a Guglielmo Giudice tutti i diritti che gli competono contro Astraldo di Seborga sulle terre, poste nel territorio di Ventimiglia, oggetto della vertenza per cui, il precedente 27 agosto, i medesimi Ottone e Astraldo si erano rimessi all'arbitrato di Ottone Alamano.
Ɑ Willelmi Iudicis.
[Di]e xiiii decembris, ante [tercia]m. Ego Otto Iudex de Vintimilio do, cedo et trado tibi Guillelmo Iudici et in te transfers omnia iura, rationes et actiones reales et personages, que et quas habeo vel habere possem et mihi competunt seu competere possent contra Astraldum de Seburcaro in terris et occasione terrarum quarundam positarum in territorio Vintimilii, pro quarum discordia ego et dictus Astraldus compromisimus unanimiter in Ottonem Alamanum, ut in compromisso inde facto manu Iohannis Gavugii notarii, millesimo cclx, indictione secunda, die xxvii augusti, continetur, dans et concedens tibi quod dictis iuribus uti possis et experiri et omnia demum facere que egomet facere possem in omnibus supradictis, constituens te ut in rem tuam in predictis procuratorem, promittens tibi dictam cessionem firmam et ratam habere in perpetuum et non revocare, sub pena dupli de quanto contrafieret et obligatione bonorum meorum, rato manente pacto. Hanc autem cessionem tibi facio pro libris viginti quinque ianuinorum, quas post hanc cessionem a te confiteor habuisse et recepisse et de quibus me bene quietum et solutum voco, renuntians exceptioni non numerate seu recepte pecunie et omni exceptioni. Actum in ecclesia Sancte Marie de Vintimilio, presentibus testibus Oberto Iudice, Simone Podisio, Iacobo clerico de Unelia et Ardiçono Iudice. Anno et indictione ut supra.
S. dr. vi.
Atto n. 332
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.
Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Guglielmo Giudice.
Il 14 dicembre, prima della terza. Io, Otto Giudice di Ventimiglia, do, cedo e trasferisco a te, Guglielmo Giudice, tutti i diritti, le ragioni e le azioni reali e personali che ho o potrei avere e che mi competono o potrebbero competere contro Astraldo di Seborcaro per le terre e le questioni di terre situate nel territorio di Ventimiglia, per le quali io e il suddetto Astraldo abbiamo unanimemente compromesso in Ottone Alamanno, come è contenuto nel compromesso fatto dalla mano del notaio Giovanni Gavugio, nel 1260, seconda indizione, il 27 agosto, dando e concedendoti il diritto di utilizzare tali diritti e di sperimentare e fare tutto ciò che potrei fare in tutte le questioni di cui sopra, nominandoti il mio procuratore in queste cose. Prometto di mantenere ferma e valida in perpetuo questa cessione a tuo favore e di non revocarla, sotto pena del doppio di quanto fosse contravvenuto e l'obbligo dei miei beni, restando fermo l'accordo. Questa cessione ti viene fatta per venticinque lire genovesi, che riconosco di avere ricevuto da te dopo questa cessione, e di cui ti dichiaro liberato e soddisfatto, rinunciando all'eccezione di mancato pagamento o di pagamento effettuato e a ogni altra eccezione. Redatto nella chiesa di Santa Maria di Ventimiglia, presenti come testimoni Oberto Giudice, Simone Podisio, il chierico di Unelia Giacomo e Ardizzone Giudice. Nell'anno e nell'indizione suddetti.
Versata una somma di sei denari.
Atto n.443 della serie γ
Notaio Giovanni de Amandolesio
18 gennaio 1262, V entimiglia.
Verdaina Lreniamoggìa, moglie di Enrico Contardo, nomina il notaio Giovanni Fornario suo procuratore per la sentenza di appello nella sua causa di divorcium dal marito Enrico.
[Ɑ Verda]ine Tren[tam]odie.
Ego Verdaina Trentamodia, uxor Enrici Contardi, facio, constituo et ordino meum certum nuncium et procuratorem, presentem, Iohannem Fornarium notarium ad audiendum sentenciam seu appellacionem missam a domino papa, quam ad eundem appellavit dictus Enricus, vir meus, occasione divorcii seu questionis, dicta occasione, inter me et ipsum Enricum vertentis, et ad repellandum ipsam, si necesse fuerit, et ad omnia in predictis et circa predicta faciendum que necesse fuerint facienda et que egomet facere possem, si essem presens, promittens me ratum et firmum habere et tenere quicquid per dictum procuratorem ║ fuerit factum in predictis et circa predicta et occasione predictorum, sub [y]potheca et obligatione bo[norum] meorum, abrenuntians in presenti instrumento omni iuris legis et capituli quo me contra presens instrumentum tueri possem, faciens h[ec] omnia consilio Ottonis Iudicis et Raimundi Iudicis, vicinorum meorum, quos in hoc casu meos eligo consiliatores et propinquos. Actum in [ec]clesia Sancte Marie de Vintimilio, presentibus testi[bus] Fulcone Bellenda et dictis consiliatoribus. Anno et indictione ut supra, die xviii ianuarii, ante nonam.
[S. dr.] vi.
Atto n. 443
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.
Atto n.499 della serie γ
Notaio Giovanni de Amandolesio
28 settembre 1262, Ventimiglia.
Vicino di Savona dichiara di aver ricevuto da Guido Bonebella di Ventimiglia una certa quantità dì mosto, per la quale promette di pagare, in Genova o in località fra Genova e Ventimiglia, dove si effettuerà la vendita, entro otto giorni dalla vendita medesima, la somma di 5 lire e 10 soldi di genovini.
[Guido]nis Bonebelle.
Die xxviii septembris, post nonam. Ego Vicinus de Sagona confiteor me babuisse et recepisse ex empto a te Guidone Bonebell[a] de Vintimilio tantum mustum, renuntians exceptioni non babiti seu recepii musti; unde et pro quo musto tibi vel tuo [cer]to miss[o] per me vel meum missum libras quinque et soldos decem ianuinorum dare et solvere promitto Ianue, vel alibi, a Ianua versus Vintimilium, ubi dictum mustum venderem, infra dies octo postquam ipsum Ianue vel alibi, ut supra dictum est, vendidissem. Alioquin penam dupli de quanto contrafieret cum omnibus dampnis et expensis propterea factis et habitis tibi stipulanti promitto, rato manente pacto, te credito de dampnis et expensls tuo solo verbo, sine testibus et iuramento et alia demum probatione. Pro pena et predictis omnibus observandis universa bona mea habita et habenda tibi pigneri obligo. Actum in civitate Vintimilii, sub porticu heredum Guillelmi Sagonensis, presentibus testibus Ottone Iudice, Raimundo Stallando et Ottone Curlo. Anno et indictione ut supra.
[S.] dr. vi.
Atto n. 499
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.
Notizia n.95 della serie ν
Notaio Giovanni de Amandolesio
XCV
s. d. (ante 29 ottobre 1262).
Ottone Panicia è debitore verso Ottone Giudice della somma di 4 lire, 15 soldi e 6 denari di genovini.
Notizia nell'atto n. 504.
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.
Notizia n.96 della serie ν
Notaio Giovanni de Amandolesio
XCVI
s. d. (ante 29 ottobre 1262).
Ottone Panicia ed il figlio stipulano un contratto di societas con Ottone Giudice.
Notizia nell'atto n. 504.
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.