Data di nascita

𝓅.1234

Periodo di riferimento

1234-1288

Data della morte

1288
  DVP 3

Cosa si sa

Giovanni Iudex, detto a volte Giovannino, nasce dopo il 1234 a Ventimiglia da Raimondo e Sibilla1. Non conosciamo il cognome della madre. Uno di almeno cinque figli: Oberto, Marineto, Giovanni, Rinaldo e Aldina. Sposa intorno al 1259 Lorenzina2 (Laurencina) del fu Oberto de Volta, ma subito dopo viene disposto l'annullamento del matrimonio. Si era trattato infatti di un matrimonio forzato, ovvero la ragazza era stata rapita e forzata a sposare il proprio rapitore. Non sappiamo come sia finita la storia, né se Giovanni si sia risposato, ma sappiamo dal Rossi che ha avuto almeno un figlio:

  • Pietro (𝒸𝒶.1320).

Sposa Lorenzina, figlia del nobile Bertolotti della Volta.

«Albero Genealogico dei Giudici», in
«Alberi genealogici di Famiglie ventimigliesi e liguri,
raccolti per cura del cav. prof. Girolamo Rossi»,
Ventimiglia, 1869.
Biblioteca Bicknell di Bordighera.

Secondo il Rossi muore nel 1288.


1 Secondo un atto del 1258, in quell'anno Giovanni è considerato ancora minorenne dal punto di vista della possibilità di amministrare dei beni. A Genova nel XIII secolo, questo voleva dire avere meno di 25 anni. Nel 1259, tuttavia, sembra essere diventato maggiorenne. Dovrebbe essere il più giovane dei figli di Raimondo, per cui possiamo supporre che sia nato dopo il 1234.
2 All'epoca del matrimonio, fatto “de furto”, ovvero forzato, Lorenzina aveva solo 12 anni, per cui probabilmente è nata intorno al 1247 o poco prima.

Lista degli Atti dell'Amandolesio

Giovanni Iudex viene nominato nei seguenti atti rogati in Ventimiglia dal notaio Giovanni di Amandolesio, raccolti e custoditi a Genova, secondo quanto stabilito nelle clausole di pace dopo l'assedio del 1220.

Clicca qui a sinistrasopra sulle singole voci per vederne il contenuto.
Atti dal 1256 al 1258, Cartolarius Instrumentorum I: serie α (cart. 56)
Atti dal 1256 al 1258, Cartolarius Instrumentorum II: serie β (cart. 56)
Atti dal 1259 al 1264: serie γ (cart. 57)
Repertorio delle notizie inserite nei Cartolari I & II (cart. 56): serie κ
Repertorio delle notizie inserite nel cartolario 57: serie ν

Nell'Archivio di Stato di Genova si conservano due cartolai notarili nei quali si contengono quasi un migliaio di atti per la massima parte rogati in Ventimiglia dal notaio Giovanni di Amandolesio fra il 1256 ed il 1264. Si tratta del cartolare 56, che comprende rogiti fra il I° dicembre 1256 e il 23 dicembre 1258, e del cartolare 57, che contiene rogiti fra il 28 dicembre 1258 e il 7 dicembre 1264.

Laura Balletto,
“Atti rogati a Ventimiglia da Giovanni di Amandolesio dal 1255 al 1258”,
Istituto Internazionale di Studi Liguri,
Istituto Studi Liguri, 1985.

Laura Balletto,
“Atti rogati a Ventimiglia da Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264”,
Istituto Internazionale di Studi Liguri,
Istituto Studi Liguri, 1993.

MILLESIMO CCLVIIII INDICTIONE PRIMA

In nomine Domini, amen. Cartularius instrumentorum factorum per me Iohannem de Mandolexio notarium in Vintimilio et Rappali, ut infra continetur. Et sunt in isto cartulario instrumenta sex annorum, videlicet de millesimo cclviiii, millesimo cclx, millesimo cclxi, millesimo cclxii, millesimo cclxiii et millesimo cclxiiii, ut inferius per ordinem annotantur, et est signum meum quod appono in instrumentis tale: (S.T.) Iohannes de Mandolexio, notarius Sacri Imperii, rogatus scripsi.

Una menzione particolare merita la professoressa e ricercatrice Laura Balletto, come riportato nei ringraziamenti.

Atto n.46 della serie α

Notaio Giovanni de Amandolesio

27 agosto 1257, Ventimiglia.
Alcune persone di Roccabruna nominano Oberto Giudice di Ventimiglia loro procuratore per la difesa dei loro diritti ed interessi in Genova ed altrove.

Ɑ Carta procurationis hominum de Rochabruna.
Nos Iacobus Isoardus, Ugonus Isoardus et Petrinus Isoardus, fratres, et Beatrix, uxor Fulconis de Grassa, et Biatrix, uxor dicti Iacobi Isoardi, omnes de Rochabruna, constituimus, facimus et creamus te Obertum Iudicem de Vintimilio, presentem et mandatum recipientem, nostrum certum nuicium et procuratorem ad defendendum in Ianua vel alibi, si oportuerit, coram consule foritanorum vel alio quocumque magistratu, iura nostra et rationes, et ca exigenda a qualibet persona contra quamlibet personam, que et quas habemus, vel alter nostrum habet in bonis vel rebus extimatis vel in solutum datis Fulconi Sarre de Monaco, vel eius filio Taliaferro, contra Guillelmum Isoardum de Rochabrruna et contra Fulconem de Grassa, habitatorem dicti loci, et contra Iohannem presbiterum de eodem loco, …[omissis]…
Et facimus predicta omnia consensu et voluntate dictorum virorum nostrorum, presencium, et consilio Giraudi Travache et Guillelmi Calcie de Vintimilio, quos in hoc casu nostros consiliatores eligimus et appellamus.
Actum in civitate Vintimilii, in quodam vacuo iuxta turrim quondam Raimundi …[omissis]…
presentibus testibus Lamberto fomario, Iohanne Iudice et dictis consiliatoribus. Anno dominice Nativitatis millesimo cc [quin]quagesimo [septim]o, indictione quarta decima, die xxvii augusti, inter terciam et nonam.

Atto n. 46
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1256 al 1258,
Cartolarius Instrumentorum I (56)
in Laura Balletto, op. cit.

Atto n.131 della serie α

Notaio Giovanni de Amandolesio

7 febbraio 1258, Ventimiglia.
Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice, Guglielmo Calcia, che agisce a nome dei minori Giovanni e Marineto, fratelli di Oberto, dei quali è curatore, ed i medesimi Giovanni e Marineto mettono in comune i loro beni ereditari, mobili ed immobili.

Oberti Iudicis et fratrum suorum.
Nos Obertus Iudex, filius quondam Raimundi Iudicis, et Guillelmus Calcia, curator Iohannis et Marineti, fratrum dicti Oberti, nomine ipsorum minorum, et nos dicti Iohannes et Marinetus, auctoritate dicti Guilielmi, curatoris nostri, adeomunicamus inter nos vicissim et comune seu comunia habere volumus simul omnia bona patema et materna, …[omissis]…
Pro pena et predietis omnibus et singulis observandis et attendendis universa bona nostra, habita et habenda, unus alteri stipulanti ad invicem pigneri obligat, iurando insuper nos predicti Iohannes et Marinetus, auctorietate et in presentia predicti nostri curatoris, tactis corporaliter Sanctis Dei Evvangeliis, ut supra dictum est attendere, compiere et observare et in aliquo predictorum non contrafacere vel venire, sub predieta pena.
Actum in capitulo Vintimilii, ubi curia regitur, presentibus testibus rogatis Ottone Roberto, [Capa Bo]nifacio et Raimundo Bonosegnorio notario.
Anno dominice Nativitatis millesimo cclviii, indictione [quinta deci]ma, die vii februarii, ante terciam.

Atto n. 131
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1256 al 1258,
Cartolarius Instrumentorum I (56)
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Oberto Giudice e ai suoi fratelli.
Noi Oberto Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice, e Guglielmo Calcia, tutore di Giovanni e Marineto, fratelli di detto Oberto, in nome dei loro minori, e noi detti Giovanni e Marineto, per autorità del detto Guglielmo, nostro tutore, dichiariamo reciprocamente di voler possedere in comune o in comunione tutti i nostri beni paterni e materni, …[omissis]… Per la pena e la suddetta osservanza di tutti e singoli i nostri beni presenti e futuri, ognuno dei contraenti si impegna a vicenda come pegno, e giurando noi predetti Giovanni e Marineto, per autorità e in presenza del nostro predetto tutore, ponendo la mano sui Santi Vangeli di Dio, come sopra detto, di osservare, compiere e rispettare tutto quanto detto, e di non contravvenire o fare il contrario di quanto sopra detto, sotto la predetta pena. Redatto nel capitolo di Ventimiglia, dove si amministra la giustizia, con i testimoni richiesti Ottone Roberto, Cappa Bonifacio e Raimondo Bonsignore, notaio.
Nell'anno del Signore 1258, nell'indizione quindicesima, il 7 febbraio, prima della terza.

Atto n.137 della serie α

Notaio Giovanni de Amandolesio

15 febbraio 1258, Ventimiglia.
Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice ed i suoi fratelli, Giovanni e Marineto, i quali agiscono alla presenza e con il consenso del loro curatore Guglielmo Calcia, addivengono ad una divisione dei beni di loro pertinenza, compresi quelli a loro pervenuti per eredità materna e paterna.

Oberti Iudicis et suoruin fratrum.
Nos Obertus Iudex, filius quondam Raimundi Iudicis, et Iohannes et Marinetus, fratres dicti Oberti, auctoritate Guillelmi Calcie, curatoris nostri, presentis et consentientis, confitemur ad invicem inter nos celebrasse divisionem omnium bonorum nostrorum paternorum et maternorum, tam mobilium quam immobilium, et omnium aliorum bonorum nobis aliqua occasione pertinentium. In qua divisione michi Oberto obvenit in parte libre decem ianuinorum, quas recipere debemus et recipimus annuatim pro feudo a comuni Ianue sive in ipso comuni. Item obvenit michi in parte tercia ars1 unius vinee posite ad Pinetam, cui coheret superius via, inferius litus maris, ab uno latere terra Guillelmi Marosi et ab alio latere terra tui Marineti, fratris mei, sicut terminata est. …[omissis]…
Item tercia pars molendini siti in Pascherio, cum 'eius pertinenciis et cum tercia parte unius orti positi in Pascherio, cui orto coheret superius terra Guillelmi barberii, inferius terra Guillelmi Marosi et ab uno latere terra tui Iohannis, fratris mei, sicut terminata est. …[omissis]…
Confitemur insuper nos predicti Obertus, Iohannes et Marinetus habere comune simul extimationem cuiusdam domus site subtus castrum Roche Vintimilii, dirupte per comune Ianue et extimate per ipsum comune in libris trescentis denariorum ianuinorum, et casale unum situm ad Sanctum Nicolaum, cum alio casali sito subtus castrum Roche Vintimilii. …[omissis]…
Actum in capitulo Vintimilii, presentibus testibus convocatis Ardiçone Iudice, Capa Bonifacio et Iacobo Valloria. Anno dominice Nativitatis millesimo CC quinquagesimo octavo, indictione quinta decima, die xv februarii, inter vesperas et completorium.
Factum est pro dicto Oberto.

Atto n. 137
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1256 al 1258,
Cartolarius Instrumentorum I (56)
in Laura Balletto, op. cit.


1 Non è chiaro cosa significhi qui “ars”. Si sta investigando.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Oberto Giudice e i suoi fratelli.
Noi, Oberto Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice, e i fratelli di detto Oberto, Giovanni e Marineto, per autorizzazione di Guglielmo Calcie, nostro tutore, presente e consenziente, confessiamo reciprocamente di aver celebrato la divisione di tutti i nostri beni paterni e materni, sia mobili che immobili, e di tutti gli altri beni che ci appartengono per qualche motivo. In questa divisione, a me Oberto è toccata in parte la decima delle rendite libere, che annualmente dobbiamo e riceviamo come feudo dal Comune di Genova o nella stessa città. Inoltre, mi è toccata in parte un terzo di un'ara (?) di una vigna situata a Pineta, confinante da un lato con la terra di Guglielmo Marosi e dall'altro lato con la tua terra, Marineto, fratello moo, come stabilito dai confini …[omissis]… Inoltre, mi è toccata in parte un terzo di un mulino situato a Pascherio, con i relativi accessori, e un terzo di un orto situato a Pascherio, confinante da un lato con la terra di Guglielmo Barberii, dall'altro lato con la terra di Guglielmo Marosi e da un lato con la terra di tuo fratello Giovanni, come stabilito dai confini…[omissis]… Dichiariamo inoltre che noi, i suddetti Oberto, Giovanni e Marineto, abbiamo in comune la stima di una casa situata sotto il castello di Roche a Ventimiglia, demolita dal Comune di Genova e valutata da esso in 300 denari genovesi, e una casa colonica situata a San Nicola, insieme ad un'altra casa colonica situata sotto il castello di Roche a Ventimiglia…[omissis]… Redatto nel capitolo di Ventimiglia, in presenza dei testimoni convocati Ardizzone Giudice, Capo Bonifacio e Jacopo Valloria. Nell'anno del Signore Natività 1258, nell'indizione quindicesima, il quindicesimo giorno di febbraio, tra le ore del vespro e della compieta.
Redatto per il suddetto Oberto.

Atto n.138 della serie α

Notaio Giovanni de Amandolesio

15 febbraio 1258, Ventimiglia.
Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice rilascia quietanza ai fratelli Giovanni e Marineto per la somma di 95 lire di genovini, dovutagli per sentenza di Bartolomeo Ferrario, giudice di Ventimiglia.

Iohannis [Iudicis et] Marineti.
Eodem die, hora, loco et presentibus. [Ego] Obertus Iudex, filius quondam Raimundi Iudicis, confiteor me habuisse et recepisse a [vobis Iohanni et M]arineto, fratribus meis, auctoritate Guillelmi Calcie, vestri curatoris, integram solu[tionem et satisfactio]nem de libris nonaginta …[omissis]…
Pro pena et predictis omnibus] et singulis observandis universa [bona mea, habita et habenda, vobis pigneri obligo]

Atto n. 138
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1256 al 1258,
Cartolarius Instrumentorum I (56)
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Giovanni e Marineto Giudice.
Nello stesso giorno, ora, luogo e presenti io Oberto Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice, riconosco di aver ricevuto e accettato da voi Giovanni e Marineto, miei fratelli, per autorità di Guglielmo Calcia, vostro tutore, il pagamento completo e la soddisfazione di novanta lire …[omissis]… Per la pena e la suddetta osservanza di tutti e singoli i miei beni presenti e futuri, io mi impegno a impegnarmi nei vostri confronti.

Atto n.148 della serie α

Notaio Giovanni de Amandolesio

26 febbraio 1258, Ventimiglia.
Oberto Giudice di Ventimiglia, curatore dei fratelli Giovanni e Marineto, cede per un periodo di dodici anni, ad plantandum, a Guglielmo Curto, che agisce anche a nome dei propri nipoti, una pezza di terra, sita nel territorio di Ventimiglia, dietro la corresponsione annuale della quarta parte dei prodotti ricavati dalla terra, che Guglielmo dovrà consegnare, a sue spese, nella casa di Ventimiglia di Oberto, Giovanni e Marineto. Al termine dei dodici anni la terra verrà divisa a metà, rimanendo ad Oberto, a nome dei fratelli, la parte che egli sceglierà. Se Guglielmo vorrà vendere la propria parte, Oberto avrà diritto di opzione per 20 soldi di meno sul prezzo di acquisto da parte di altri.

Oberti Iudicis, nomine fratrum suorum, et Willelmi Curti.
Ego Obertus Iudex de Vintimilio, curator Iohannis et Marineti, fratrum meorum, do, cedo [et trado] tibi Guillelmo Curto, recipienti nomine tuo et nomine Raimundini et Guili …[omissis]…
terra dietorum Iohannis et Marineti; …[omissis]…
Pro pena et predictis omnibus et singulis observandis universa bona nostra ad invicem inter nos unus alteri pigneri obligat. Et inde duo instrumenta unius tenoris, cuilibet parti unum, fieri iubemus.
Actum in capitulo Vintimilii, presentibus testibus rogatis Guillelmo Calcia, Rainaldo Bulferio maiore et Nicolao Barla.
Anno dominice Nativitatis millesimo cclviii, indictione xv, die xxvi februarii, inter terciam et nonam.
S. Guillelmus s. i.
Factum est unum pro Willelmo Curto.
Factum est pro dicto Oberto.

Atto n. 148
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1256 al 1258,
Cartolarius Instrumentorum I (56)
in Laura Balletto, op. cit.

Atto n.149 della serie α

Notaio Giovanni de Amandolesio

26 febbraio 1258, Ventimiglia.
Oberto Giudice, che agisce anche a nome dei fratelli Giovanni e Marineto, dei quali è curatore, concede a Rainaldo Bulferio del fu Rainaldo Bulferio piena licenza di fare mulini e paratoria nell'edificio costruito da Rainaldo in Pascherio, dietro corresponsione della somma di 5 lire di genovini, di cui rilascia quietanza e che dichiara di versare in utilitarem dei minori.

Ɑ Rainaldi Bulferii, filii quondam Rainaldi.
Ego Obertus Iudex, nomine meo et Iohannis et Marineti, fratrum meorum, quorum curator sum, [ut patet per quamdam publicam scripturam, scriptam hodie in cartulario comunis Vintimilii, per manum tui Iohann]is de Mandolexio, notarii subscripti, do tibi Rainaldo Bulferio, filio quondam Rainaldi Bulferii, atque pure et mere donationis concedo plenam licenciam et auctoritatem …[omissis]…
Actum in capitulo [Vintimilii, presentibus testibus rogatis Guillelmo Calcia, Nico]lao Barla et Fulcone Bellense[gna. Anno dominice Nativitatis millesimo cclviii, indictione xv], die xxvi februarii, inter terciam et nonam.

Atto n. 149
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1256 al 1258,
Cartolarius Instrumentorum I (56)
in Laura Balletto, op. cit.

Atto n.150 della serie α

Notaio Giovanni de Amandolesio

26 febbraio 1258, Ventimiglia.
Oberto Giudice, che agisce anche a nome dei fratelli Giovanni e Marineto, dei quali è curatore, vende a Rainaldo Bulferio delfu Rainaldo Bulferio una pezza di terra, sita ad Pinetam, per il prezzo di 40 lire di genovini, di cui rilascia quietanza. Dichiara di procedere alla vendita per pagare i debiti paterni, ed in particolare la dote della loro sorella, Aldina.

Ɑ Rainaldi Bulferii.
[Ego Obertus Iudex, nomine meo et Iohannis et Marineti], fratrum meorum, quorum cu[rator sum, vendo, cedo et trado tibi Rainaldo Bulferio, filio] quondam Rainaldi Bulferii, peciam unam terre site ad Pinetam, cui coheret superius terra Conradi Speroni et Ottonis Roberti et heredum quondam Rainaldi Sardene, inferius litus maris, ab uno latere …[omissis]…
Actum in capitulo Vin[timilii, presentibus] testibus rogatis Guillelmo Calcia, Nicolao Barla, Antonio Dulbeco et F[ulcone Bel]lensegna.
Anno dominice Nativitatis millesimo cclvi[ii, indictione xv, die] xxvi [februarii, inter] terciam et nonam.

Atto n. 150
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1256 al 1258,
Cartolarius Instrumentorum I (56)
in Laura Balletto, op. cit.

Atto n.154 della serie α

Notaio Giovanni de Amandolesio

(1-4 marzo 1258), Ventimiglia.
Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice, curatore dei fratelli Giovanni e Marineto, a nome dei quali agisce, cede per un periodo di diciotto anni, ad medium plantum, ai fratelli Anselmo e Manuele Ventura una pezza di terra, sita in Vallecrosia, con l'obbligo di piantarvi alberi di fico per sette annti e contro il corrispettivo della quarta parte dei prodotti ricavati dalla terra, che Anselmo e Manuele dovranno consegnare ogni anno, a proprie spese, nella casa di Ventimiglia di Oberto, Giovanni e Marineto. Al termine dei diciotto anni la terra verrà divisa a metà, rimanendo ad Oberto, a nome dei fratelli, la parte che egli sceglierà. Se Anselmo e Manuele vorranno vendere la loro parte, Oberto avrà diritto di opzione per 20 soldi in meno sul prezzo di acquisto da parte di altri.

Ɑ Carta medii planti.
Ego Obertus Iudex, filius quondam Raimundi Iudicis et curator Iohannis et Marineti, fratrum meorum, ut patet per [quamdam publicam scripturam, scriptam in cartulario comunis Vintimilii per manum lui Iohannis de Mandolexio, notarii subscripti], die xxvi fe[bruarii proxime preteriti], nomine ipsorum minorum, do et cedo vobis Anselmo Venture et Manueli Venture, fratribus, …[omissis]…
Actum in capitulo [Vintimilii, presentibus testibus rogatis]tu et Ugone Feda. Anno d[ominice] …[omissis]…
Facta est pro dictis Anselmo et Manueli.
Facta est pro dicto [Oberto].

Atto n 154
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1256 al 1258,
Cartolarius Instrumentorum I (56)
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
Contratto di parzionaria1
Io, Oberto Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice e curatore dei miei fratelli, Giovanni e Marineto, come risulta da un certo documento pubblico scritto nel registro della comunità di Ventimiglia dalla mano di Giovanni de Amandolesio, il notaio sottoscritto, il giorno 26 febbraio del mese scorso, in nome dei minori stessi, vi do e cedo a voi, Anselmo Ventura e Manuele Ventura, fratelli, …[omissis]… Redatto nel capitolo di Ventimiglia, con testimoni richiesti da te e Ugone Feda. Anno del Signore …[omissis]… Redatta per i detti Anselmo e Manuele. Redatta per il suddetto Oberto.


1 All'epoca esistevano diversi contratti agrari. In particolare il pastinato è il contratto agrario medievale avente per oggetto la concessione di terre incolte, con l’obbligo per il concessionario, detto pastinatore, di dissodarle e di piantarvi alberi fruttiferi e viti. Nell’ambito del pastinato c'era poi la divisione a metà, fra i contraenti, dei terreni ridotti a coltura, cioè la parzionaria, spesso con il riconoscimento al concedente di un diritto di prelazione allorquando il pastinatore avesse voluto alienare la sua parte.

Atto n.207 della serie α

Notaio Giovanni de Amandolesio

19 maggio 1258, Ventimiglia.
Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice, nominato curatore dei fratelli Giovannino e Marineto da Guglielmo di Voltaggio, vicegerente di Lanfranchino Pignolo, podestà di Ventimiglia, cede ad laborandum per un periodo di sei anni a Guglielmo Lorenzo tutte le terre che i minori posseggono in Vallecrosia, fatta eccezione per quelle già cedute ad plantandum, dietro la corresponsione annuale della quarta parte delle biade e della metà dei fichi, che Guglielmo dovrà consegnare, a sue spese, nella casa di Ventimiglia dei minori.

Ɑ Oberti Iudicis et Willelmi Laurencii.
+ Ego Obertus Iudex, filius quondam Raimundi Iudicis, curator datus Iohannino et Marineto, fratribus meis, per dominum Guillelmum de Vultabio, gerentem vicem domini Lanfranchini Pignoli, potestatis tunc Vintimilii, ut patet per quandam publicam scripturam scriptam in cartulario comunis Vintimilii per manum tui Iohannis, notarii subscripti, die xxvi februarii proxime preferiti, nomine ipsorum minorum, do, cedo et trado tibi Guillelmo Laurencio …[omissis]…
Actum in platea Vintimilii, presentibus testibus convocatis Ardiçono Iudice, Richermo Laurencio et Oddone Macario.
Anno dominice Nativitatis millesimo cc quinquagesimo octavo, indictione quinta decima, die xviiii madii, inter terciam et nonam.
Factum est pro dicto Oberto.

Atto n. 207
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1256 al 1258,
Cartolarius Instrumentorum I (56)
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Oberto Giudice e Guglielmo Laurencio.
Io, Oberto Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice, nominato tutore di Giovanni e Marineto, miei fratelli, da Guglielmo de Vultabio, che agisce in nome del signor Lanfranchino Pignoli, potestà di Ventimiglia al tempo, come risulta da una scrittura pubblica scritta nel registro del comune di Ventimiglia per mano tua Giovanni, notaio sottoscritto, il ventisei febbraio scorso, a nome dei minori, do, cedo e trasferisco a te, Guglielmo Laurencio …[omissis]… Redatto in piazza a Ventimiglia, in presenza dei testimoni Ardizzone Giudice, Richermo Laurencio e Oddone Macario. Nell'anno del Signore Natività duemilacinquantotto, quindicesima indizione, il diciannovesimo giorno di maggio, tra la terza e la nona. REdatto per il suddetto Oberto.

Notizia n.27 della serie κ

Notaio Giovanni de Amandolesio

XXVII

s. d. (ante 15 febbraio 1258).
Sentenza di Bartolomeo Ferrario, giudice del comune di Ventimiglia, in base alla quale Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice è creditore per la somma di 95 lire di genovini nei confronti dei propri fratelli, Giovanni e Marineto.

Notizia nell'atto n. 138.
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1256 al 1258,
Cartolarius Instrumentorum I (56)
in Laura Balletto, op. cit.

Notizia n.90 della serie κ

Notaio Giovanni de Amandolesio

XC

26 febbraio 1258.
Guglielmo di Voltaggio, vicegerente di Lanfranchino Pignolo, podestà di Ventimiglia, nomina Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice curatore dei fratelli Giovannino e Marineto.
Notaio Giovanni di Amandolesio.

Notizia completa nell'atto n. 207;
parziale negli atti nn. 149, 154.
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1256 al 1258,
Cartolarius Instrumentorum I (56)
in Laura Balletto, op. cit.

Atto n.19 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

22 gennaio 1259, Ventimiglia.
Guglielmo Malleo di Sestri Levante, per i due terzi, e Boneto de Nigro dello stesso luogo, per un terzo, dichiarano di aver acquistato da Rainaldo Bulferio del fu Rainaldo una certa quantità di vino, per il quale promettono di pagare, entro la metà del prossimo febbraio, la somma di 56 lire e 15 soldi di genovini.

Ɑ Rainaldi Bulferii.
Die xxii ianuarii, inter terciam et [no]nam. [N]os Guillelmus Malleus de Sigestro, pro duabus partibus, et Bonetus de Nigro de eodem loco, pro alia tercia parte, confìtemur habuisse ex empto a te Rainaldo Bulferio, filio quondam Rainaldi, tantum vinum, renuntiantes exceptioni non habiti seu recepti vini; unde et pro quo vino quisque nostrum in solidum tibi vel tuo certo misso, una solutione tantum contempto, per nos vel nostrum missum, usque ad medium februariuni proximum, lib[r]as quinquaginta sex et soldos quindecim denariorum ianuinorum dare et solvere promittimus. Alioquin penam dupli cum omnibus expensis propterea factis tibi stipulanti dare et solvere promitto, te credito de expensis tuo solo verbo, sine testibus et iuramento et aliqua probatione. Pro pena et predictis omnibus observandis universa bona nostra babita et habenda tibi pigneri obligamus, renuntiantes iuri solidi et iuri de principali primo conveniendo, epistule divi Adriani et beneficio nove constitutionis de duobus reis debendi ac privilegio fori quod ubique terrarum nos et nostra propter bunc debitum valeas convenire. Actum in platea Vintimilii, presentibus testibus Ugone Calcia, Guidone Priore, Fulchino Iudice et Iohanne Iudice. Anno et indictione ut supra.

Atto n. 19
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Rainaldo Bulferio.
Il 22 gennaio, tra la terza e la nona. Noi, Guglielmo Malleo di Sigestro, per due terzi, e Boneto de Nigro dello stesso luogo, per l'altro terzo, ammettiamo di aver acquistato da te, Rinaldo Bulferio, figlio del defunto Rinaldo, una certa quantità di vino, rinunciando a qualsiasi eccezione riguardo alla non consegna o non ricezione del vino. Pertanto, per quel vino, ciascuno di noi, per intero, ti promette di darti e pagarti, in un'unica soluzione senza alcun ritardo, entro la metà di febbraio prossima, cinquantasei lire e quindici soldi genovesi. In caso contrario, prometto di darti e pagarti una pena doppia insieme a tutte le spese sostenute per questo motivo, credendo a te sulla tua sola parola, senza testimoni, giuramenti o qualsiasi prova. Come garanzia per la pena e tutto quanto sopra indicato, impegniamo tutti i nostri beni presenti e futuri nei tuoi confronti, rinunciando al diritto del pagamento parziale e al diritto del pagamento del capitale iniziale, in conformità con la lettera del Santo Adriano e il beneficio della nuova costituzione sul debito congiunto e il privilegio del foro che ovunque nel mondo tu possa citarci a causa di questo debito. Fatto nella piazza di Ventimiglia, in presenza dei testimoni Ugo Calcia, Guido Priore, Fulchino Giudice e Giovanni Giudice. Nell'anno e nell'indizione sopra indicati.

Atto n.29 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

24 febbraio 1259, Ventimiglia.
I fratelli Oberto Giudice, Giovanni e Marineto, figli del fu Raimondo Giudice, concedono alla sorella Aldina una pezza di terra, tenuta a fichi, viti e altre colture arboree, situata ad Sanctum Stephanum, del valore di 60 lire di genovini, come parte della sua dote, ammontante in totale a 150 lire.

Aldine, uxoris Iacobi de Volta.
Die xxiiii februarii, ante nonam. Nos Obertus Iudex, Iohannes et Marinetus, fratres et filli quondam Raimundi Iudicis, damus, cedimus et tradimus tibi Aldine, sorori nostre, peciam unam terre, arborate vitium, ficuum et aliarum arborum, positam ad Sanctum Stephanum, cui coheret superius terra heredum quondam Ugonis Sagonensis et terra Verdane Trentamodie inferius via publica, ab uno latere terra diete Verdane et ab alio latere terra Conradi de Podio Rainaldo et eius fratris, pro dotibus tuis, que sunt libre centum quinquaginta ianuinorum, in solutum ipsarum pro libris sexaginta ianuinorum, ad habendum, tenendum, possidendum et de cetero qukquid volueris tu et heredes tui et cui dederis vel habere statueris faciendum, cum omni suo iure, ratione, actione reali et personali, utili et directo omnibusque demum pertinenciis suis, nichil ex his in nobis retento. Quod si ultra valet, scientes eius veram extimationem, id quod ultra valet tibi mera puraque donatione inter vivos donamus et finem tibi facimus et refutationem atque pactum de non petendo, renuntiantes legi deceptionis dupli et ultra. Possessionem insuper et dominium diete terre tibi tradidisse confitemur, constituentes nos ipsam tuo nomine tenere et precario possidere dum possidebimus vel ipsius possessionem sumpseris corporalem, promittentes tibi et heredibus tuis et cui dederis vel habere statueris per nos nostrosque heredes dictam terram ab omni persona legittime defendere, auctoriçare, disbrigare et non inpedire. Alioquin penam dupli de quanto ipsa terra nunc valet vel meliorata valebit tibi stipulanti dare et solvere spondemus, rata manente in solutum datione. Pro pena et predictis omnibus et singulis observandis universa bona nostra habita et habenda tibi pigneri obligamus, iurantes insuper nos dicti Iohannes et Marinetus verbotinus esse maiores annorum decem et octo et ut supra dictum est, tactis corporaliter Sacris Scripturis, attendere, compiere et observare et in aliquo predictorum non contrafacere vel venite, renuntiantes benefìcio minoris etatis et omni iuri. Et facimus omnia et singula supradicta consilio Simonis Buroni et Vassalli Capelleti, vicinorum nostrorum. Actum in castro Collis Vintimilii, presentibus testibus rogatis Pascalino de Flacono, Guillelmo magistro assie de Sancto Matheo, Oberto Nigro porterio et dictis consiliatoribus. Anno et indictione ut supra.

Atto n. 29
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
Ad Aldina, moglie di Giacomo di Volta.
Il 24 febbraio, prima della nona, noi Oberto Giudice, Giovanni e Marineto, fratelli e figli del defunto Raimondo Giudice, diamo, cediamo e trasferiamo a te Aldina, nostra sorella e moglie di Giacomo di Volta, un pezzo di terra alberata con vite, fichi e altre piante, situato presso San Stefano, confinante da un lato con la terra degli eredi del defunto Ugo di Sagona e dalla parte inferiore con la via pubblica di Trentamodia, da un lato con la terra di dieta Verdane e dall'altro con la terra di Corrado di Podio Rainaldo e di suo fratello, come tua dote, che consiste in 150 lire di genovini, pagabili in 60 lire di genovini, da possedere, tenere e usare, fare tutto ciò che vuoi tu, i tuoi eredi e chiunque tu voglia dare o nominare, con ogni suo diritto, ragione, azione reale e personale, utile e diretto e tutti i suoi accessori, senza che ne rimanga nulla in nostro possesso. Se il valore supera questa cifra, conoscendone il vero valore, ti doniamo il valore eccedente con una pura e semplice donazione tra vivi e ti concediamo una rinuncia e un accordo di non richiesta, rinunciando alla legge della duplicazione e oltre. Inoltre, riconosciamo di averti consegnato la proprietà e il possesso della suddetta terra, e ci impegniamo a possedere e detenere la stessa a tuo nome e in prestito finché possediamo o prendi possesso fisico di essa, promettendo di difendere, autorizzare, liberare e non impedire la detta terra a te, ai tuoi eredi e a chiunque tu voglia dare o nominare. In caso contrario, ci impegniamo a pagarti una multa pari al doppio del valore attuale o migliorato della terra, e ratifichiamo la donazione. Per garantire il rispetto di tutte queste condizioni e pene, impegniamo tutti i nostri beni presenti e futuri come pegno a tuo favore. Giuriamo inoltre, io Giovanni e Marineto, di essere maggiorenni di 18 anni e di rispettare tutto ciò che è stato detto sopra, giurando su Sacre Scritture, di attenere, completare e rispettare tutto ciò che è stato detto sopra, senza oppormi in alcun modo a tutto ciò che è stato detto sopra, rinunciando al beneficio della minor età e a qualsiasi diritto. E facciamo tutto ciò che è stato detto sopra con il consiglio di Simone Buroni e Vassallo Capelleti, nostri vicini. Fatto nel castello di Colla, presente il testimone Pascalino de Flacono, il maestro Guglielmo, giudice di San Matteo, Oberto Nigro, porterio1 e i sopra citati consiglieri. Anno e indizione come sopra.


1 Un porterio era responsabile della chiusura e dell'apertura delle porte cittadine e quindi una sorta di sovraintendente, a capo di tutti coloro che si occupavano di gestire i flussi di entrata ed uscita della città.

Atto n.30 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

24 febbraio 1259, Ventimiglia.
I fratelli Oberto Giudice, Giovanni e Marineto, figli del fu Raimondo Giudice, si dichiarano debitori verso la sorella Aldina della somma di 90 lire di genovini, residuo della di lei dote di 9O lire, e promettono di pagare, ciascuno in rate di 5 lire ogni anno, fino al saldo del debito.

[Ɑ Aldine, uxoris I]acobi de [Volta].
Die eodem, bora, loco et presentibus. Nos Obertus Iudex, Iohannes et Marinetus, fratres et filii quondam Raimundi Iudicis, confitemur tibi Aldine, sorori nostre, debere dare pro dotibus tuis, que restant tibi ad solvendum, libras nonaginta denariorum ianuinorum, quas libras nonaginta tibi vel tuo certo misso per nos vel nostros missos, quilibet nostrum pro parte sua contingenti, ad términos subscriptos, videlicet libras quinqué omni anno, pro quolibet nostrum, usque ad integram totius debiti solutionem, dare et solvere promittimus. Alioquin penam dupli cum omnibus dampnis et expensis propterea factis tibi stipulanti dare et solvere spondemus, te eredita de expensis et dampnis tuo solo verbo, sine testium productione, iuramento et alia demum probatione; et, pena soluta, predicta in suo robore nichilominus perseverent. Pro pena et predictis omnibus attendendis et observandis universa bona nostra babita et habenda tibi pigneri obligamus, iurantes insuper nos dicti Iohannes et Marinetus verbotenus esse maiores annorum decem et octo et ut supra dictum est, tactis corporaliter Sacris Scripturis, attendere, compiere et observare et in aliquo predictorum non contrafacere vel venire, renuntiantes beneficio minoris etatis et omni iuri. Et facimus omnia et singula supradicta consilio Simonis Buroni et Vassalli Capelleti, vicinorum nostrorum. Anno et indictione ut supra.

Atto n. 30
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
Ad Aldina, moglie di Giacomo di Volta.
Il giorno, ora, luogo e testimoni sopraindicati. Noi Oberto Giudice, Giovanni e Marineto, fratelli e figli del defunto Raimondo Giudice, riconosciamo che dobbiamo a te, Aldina, nostra sorella, per le tue doti che ti restano da pagare, novanta lire di moneta genovina. Promettiamo di darti e pagarti le suddette novanta lire, a termini sottoscritti, ovvero cinque lire ogni anno per ciascuno di noi, fino al completo pagamento dell'intero debito, inviandoti o tramite i nostri inviati. In caso contrario, ci impegniamo a pagare una penale doppia con tutti i danni e le spese che ne derivano, senza bisogno di produrre testimoni, giurare o fornire altre prove; e, una volta pagata la penale, gli obblighi sopra menzionati continuano ad avere piena validità. Obblighiamo tutti i nostri beni presenti e futuri a garanzia della suddetta penale e di tutte le obbligazioni sopra menzionate, giurando inoltre che noi, Giovanni e Marineto, abbiamo raggiunto l'età di diciotto anni e che attenderemo, adempiamo e osserveremo tutto ciò che sopra è stato stabilito, senza violare o contravvenire a quanto previsto, rinunciando al beneficio di minor età e a ogni diritto. E tutte le suddette disposizioni sono state redatte con l'assistenza di Simone Buroni e Vassallo Capelleti, nostri vicini. Nell'anno e nell'indizione sopra menzionati.

Atto n.31 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

24 febbraio 1259, Ventimiglia.
Oberto Giudice, Giovanni e Marineto, figli del fu Raimondo Giudice, vendono a Guglielmo Enrico, per una metà, e ad Ardizzono Giudice e Guglielmo Giudice, per l'altra metà, un mulino, pro indiviso, con due ruote, situato in Pascherio, cum omnibus suis aquaticiis sive aqueductibus, per il prezzo di 40 lire di genovini, di cui rilasciano quietanza. Dichiarano di procedere alla vendita per pagare i debiti di Ottone Giudice.

[Ɑ Guillelmi Henrici], Ardi[çoni et Guillelmi Iu]dicum.
Die eodem, post nonam. Nos Obertus Iudex, Iohannes et Marinetus, frattes et fìlii quondam Raimundi Iudicis, quisque nostrum in solidum, vendimus, cedimus et tradimus vobis Guillelmo Henrico, ementi pro medietate, et Ardiçono Iudici et Guillelmo Iudici, pro alia medietate, molendinum unum, pro indiviso, cum duabus rotis, quod visi sumus habere in Pascherio, cum omnibus suis aquariciis sive aqueductibus, cui coheret ante via publica, ab uno latere molendinum vestrum Ardiçoni et Guillelmi Iudicis et ab alio molendinum Guillelmi Dulbeci, sive alie sint coherencie, ad habendum, tenendum, possidendum et de cetero quicquid volueritis iure proprietario et titulo emptionis faciendum, cum omni suo iure, ratione, actione reali et personali, utili et directo omnibusque demum pertinenciis et superposìtis suis, nichil ex his in nobis retento, finito predo librarum quadraginta denariorum ianuinorum, de quibus nos bene quietos et solutos vocamus, renuntiantes exceptioni non numerate seu recepte pecunie, doli mali et conditioni sine causa. Quod si dictum molendinum cum suis pertinenciis ultra dictum precium valet, scientes ipsius veram extimationem, id quod ultra valet vobis mera et pura donatione inter vivos donamus et finem vobis inde facimus et refutationem atque pactum de non petendo, renuntiantes legi deceptionis dupli et ultra. Possessionem quoque et dominium dicti molendini cum suis pertinenciis vobis tradidisse confitemur, constituentes nos ipsum vestro nomine tenere et precario possidere dum possidebimus vel ipsius possessionem sumpseritis corporalem, promittentes de dicto molendino cum suis pertinenciis nullam deinceps movere litem, actionem seu controversiam neque requisitionem facere, set potius ipsum vobis et heredibus vestris et cui dederitis vel habere statueritis per nos nostrosque heredes ab omni persona legittime defendere, auctoriçare, disbrigare et non impedire. Et speciali ter promittimus et convenimus vobis sumptus litis agnoscere et vobis restituere, si quos faceretis pro dicto molendino rationabiliter defendendo, sive obtinueritis in lite sive succubueritis, remissa vobis necessitate denunciandi. Quod si non fecerimus et ut supra per singula non observaverimus, penam dupli de quanto dictum molendinum nunc valet vel melioratum valebit vobis stipulantibus dare et solvere promittimus, rata manente venditione. Pro pena et predictis omnibus et singulis observandis universa bona nostra habita et habenda vobis pigneri obligamus, et quilibet nostrum de omnibus et singulis supradictis vobis in solidum teneatur, renuntians quisque nostrum iuri solidi, epistule divi Adriani, beneficio nove constitutions de duobus reis debendi1 ac iuri de principali primo conveniendo. Et speciali ter nos dicti Iohannes et Marinetus abrenuntiamus beneficio minoris etatis, iurantes verbotenus esse maiores annorum decem et octo et ut supra dictum est, tactis corporaliter Sacris Scripturis, in omnibus et per omnia attendere, compiere et observare et in aliquo predictorum non contraiacere vel venire; et facimus hec omnia et singula supradicta consilio Guillelmi Calcie et Raimundi Iudicis, propinquorum et vicinorum nostrorum. Predictam quoque venditionem facimus pro solvendis debitis Ottonis Iudicis. Actum in civitate Vintimilii, in domo dicti Raimundi Iudicis, presentibus testibus convocatis et rogatis Guidone Priore, Oberto filio Ottonis Iudicis et Guillelmo Malleo canonico Vintimiliensi. Anno et indictione ut supra.

Atto n. 31
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.


1Duobus reis debendi” è una locuzione latina che significa «debito verso due persone», ovvero duplice obbligazione debitoria. All'epoca, questo termine si riferiva alla situazione in cui un debitore aveva contratto un debito con due o più creditori e doveva restituire la somma a entrambi. In questo caso, ogni creditore aveva diritto a richiedere una parte proporzionale del debito. La regola generale era che, in assenza di una specifica pattuizione tra i creditori e il debitore, questi ultimi avevano uguali diritti sulla somma debita.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Guglielmo Enrico, Ardizzone e Guglielmo Giudici.
Lo stesso giorno, dopo la nona. Noi Oberto Giudice, Giovanni e Marineto, fratelli e figli del defunto Raimondo Giudice, ciascuno di noi in solido, vendiamo, cediamo e trasferiamo a voi, Guillermo Enrico, come acquirente per metà, e ad Ardizzone Giudice e Guglielmo Giudice, per l'altra metà, un mulino, indiviso, con due ruote, che ║ vediamo possedere a Pascherio, con tutti i suoi canali o acquedotti, che confina con la strada pubblica da un lato e con il vostro mulino, ovvero di Ardizzone e Guglielmo Giudice, dall'altro, se ci sono altri confini, per avere, tenere, possedere e fare in seguito tutto ciò che vorrete come proprietari di diritto e per titolo d'acquisto, con tutti i suoi diritti, ragioni, azioni reali e personali, utili e diretti e tutte le altre pertinenze e sovrapposizioni, senza nulla trattenere da noi, con un prezzo di vendita di quaranta lire genovesi, di cui ci dichiariamo ben soddisfatti e sollevati, rinunciando all'eccezione di denaro non contato o non ricevuto, al dolo e alla condizione senza causa. Se il suddetto mulino con le sue pertinenze vale più del prezzo sopra menzionato, conoscendo la sua vera stima, quanto valga in più, lo doniamo e ne poniamo fine a voi con una pura e semplice donazione tra vivi e rinunciamo alla legge che prevede il riconoscimento di un duplice risarcimento debitorio. Confessiamo inoltre di avervi consegnato la proprietà e il possesso del detto mulino con le sue pertinenze, costituendoci come vostri titolari e possessori precari finché lo possederemo o avrete preso possesso fisico dello stesso, promettendo di non muovere alcuna lite, azione o controversia per il detto mulino con le sue pertinenze in futuro, ma piuttosto di difendere, autorizzare, liberare e non impedire a voi e ai vostri eredi, coloro a cui lo avete dato o che avete deciso di avere, da noi o dai nostri eredi, da qualsiasi persona legittimamente. Inoltre, promettiamo e concordiamo specificamente di riconoscere e restituire a voi le spese di giudizio che potreste sostenere per difendere ragionevolmente il detto mulino, se sostenute, sia che vinciate in giudizio sia che ne siate sconfitti, senza la necessità di una richiesta formale. Se non adempiamo a tutto quanto sopra indicato o non osserviamo singolarmente ogni punto di quanto sopra, promettiamo di dare e pagare una sanzione di doppio del valore attuale del detto mulino o del suo valore migliorato, stipulando con voi e confermando la vendita. In pegno e a garanzia dell'osservanza di tutto quanto sopra stabilito e di ogni singola parte, obblighiamo tutti i nostri beni, presenti e futuri, e ciascuno di noi è tenuto in solido per quanto concerne tutto quanto sopra stabilito, rinunciando ciascuno di noi al diritto di divisione in solido, al beneficio delle costituzioni recenti sui due debitori e al diritto di escussione del creditore principale in primo luogo. E in particolare noi, Giovanni e Marineto, rinunciamo al beneficio dell'età minore, giurando di essere maggiorenni di diciotto anni e, come sopra detto, di attenere, eseguire e rispettare tutto in ogni dettaglio, senza violare o contraddire alcuna delle disposizioni suddette. Tutto ciò lo facciamo con il consiglio di Guglielmo di Calce e Raimondo Giudice, nostri parenti e vicini. Inoltre, effettuiamo la suddetta vendita per saldare i debiti di Ottone Giudice. Redatto nella città di Ventimiglia, nella casa del suddetto Raimondo Giudice, in presenza di testimoni convocati e richiesti, Guidone Priore, Oberto figlio di Ottone Giudice e Guglielmo Malleo, canonico di Ventimiglia. Anno e indizione come sopra.

Atto n.39 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

8 marzo 1259, Ventimiglia.
Narro merçarius di Chiavati dichiara di aver ricevuto in mutuo da Manfredo di Cosseria la somma di 7 lire di genovinì, che s’impegna a restituire entro la prossima Pasqua.

Ɑ M[anfredi de Cruce]ferrea.
Die eodem, post sonum campanarum. Ego Narrus merçarius de Clavaro confiteor me habuisse et recepisse mutuo, gratis et amore a te Manfredo de Cruceferrea libras septem denariorum ianuinorum, renuntians exceptioni non numerate seu recepte pecunie, quas libras septem vel totidem in earum vice tibi vel tuo certo misso per me vel meum missum usque ad proximum festum Pasce Resurrectionis Domini dare et solvere promitto. Alioquin penam dupli cum omnibus dampnis, missionibus et expensis propterea factis tibi stipulanti dare spondeo, rato manente pacto, te credito de expensis et missionibus tuo solo verbo, sine testibus et iuramento et aliqua probatione. Pro pena et predictis omnibus attendendis et observandis universa bona mea habita et habenda tibi pigneri obligo. Actum in domo Guillelmi Bonebelle de Mergaria, in civitate Vintimilii, presentibus testibus Iacobo taliatore, Oberto de Papia et Iohanne Iudice. Anno et indictione ut supra.
S. [dr. iii].

Atto n. 39
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Manfredi della Croceferrea.
Il giorno stesso, dopo il suono delle campane. Io, Narrus mercante di Clavaro, riconosco di aver ricevuto in prestito, gratuitamente e per amore da te Manfredo della Croceferrea, sette lire di denari genovesi, rinunciando all'eccezione di denaro non contato o non ricevuto. Prometto di restituire e pagare a te, o a un tuo fidato rappresentante inviato da me o dal mio inviato, le stesse sette lire o un importo equivalente entro la prossima festa di Pasqua, la Resurrezione del Signore. In caso contrario, mi impegno a pagare una penale pari al doppio, insieme a tutti i danni, gli oneri e le spese legali sostenute a tal proposito, a te che stipuli, restando valido l'accordo. Mi fido della tua testimonianza per quanto riguarda gli oneri e le spese sostenute, senza testimoni, giuramenti o ulteriori prove. Come garanzia per la penale e quanto sopra menzionato, impegno tutti i miei beni presenti e futuri. Redatto nella casa di Guglielmo Bonebelle di Mergaria, nella città di Ventimiglia, in presenza dei testimoni Giacomo sarto, Oberto di Papia e Giovanni Giudice. Nell'anno e nell'indizione sopra menzionati.
Versata una somma di tre denari.

Atto n.65 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

13 giugno 1259, Ventimiglia.
Oberto Giudice e Marineto, figli del fu Raimondo Giudice, insieme con le rispettive mogli, Alasina e Franceschina, e con il fratello Giovanni, vendono a Iacopo de Volta e a sua moglie Audina1 una pezza di terra, coltivata a fichi e viti, sita nel territorio di Ventimiglia, ubi dicitur Pineta, per il prezzo di 45 lire di genovini, di cui rilasciano quietanza.

Ɑ I[acobi de Volta].
Die xiii iunii, inter nonam et vesperas. Nos Obertus Iudex, filius quondam Raimundi Iudicis, et Alasina, iugales, et Iohannes, frater Oberti, et Marinetus, filius quondam dicti Raimundi, et Francischina, iugales, quilibet nostrum in solidum, vendimus, cedimus et tradimus vobis Iacobo de Volta et Audine, iugalibus, peciam unam terre, arborate ficuum et vitium, quam visi sumus babere in territorio Vintimilii, ubi dicitur Pineta, cui coheret superius via, inferius litus maris, ab uno latere terra Guillelmi Marosi et ab alio serbum unum nostrorum venditorum, sive alie sint coherencie, ad habendum, tenendum, possidendum et de cetero quicquid volueritis iure proprietario et titulo emptionis faciendum, sine omni nostra, heredum nostrorum omniumque pro nobis contraditione, cum omni suo iure, ratione, actione reali et personali, utili et directo quod et quas in ipsa terra habemus vel habere possemus, nichil ex his in nobis retento, finito precio librarum quadraginta quinque denariorum ianuinorum, de quibus nos bene quietos et solutos vocamus, renuntiantes exceptioni non numerate pecunie seu receptorum denariorum. Quod, si ultra dictum precium valet dicta terra, id quod ultra valet, scientes ipsius veram extimationem, vobis inter vivos donamus et donationem facimus atque refutationem et pactum de non petendo, renuntiantes legi deceptionis ultra dimidiam iusti precii. Possessionem insuper et dominium diete terre vobis tradidisse confitemur, constituentes nos ipsam vestro nomine tenere et precario possidere dum possidebimus vel ipsius possessionem sumpseritis corporalem, promittentes de dicta terra nullam deinceps movere litem, actionem seu controversiam, set potius per nos et heredes nostros vobis et heredibus vestris et cui dederitis seu habere statueritis ipsam ab omni persona legittime defendere, auctorigare et disbrigare nostris expensis promittimus. Alioquin penam dupli de quanto contrafieret vobis stipulantibus dare et solvere spondemus, ratis manentibus omnibus et singulis supradictis. Pro pena et predictis omnibus attendendis et observandis universa bona nostra habita et habenda vobis pigneri obligamus, et quisque nostrum vobis in solidum teneatur, renuntiantes iuri solidi, iuri de principali et epistule divi Adriani et beneficio nove constitutionis de duobus reis debendi et omni alii iuri, iurantes insuper nos dicti Iohannes, Marinetus et Francischina ut supra dictum est attendere, compiere et observare et contra in aliquo non venire, facientes nos predicti Iohannes, Marinetus, Francischina et Alasina consilio hec omnia Guillelmi Enrici et Ingeti Buroni, vicinorum nostrorum. Et confitemur nos omnes esse maiores, abrenuntiantes nos diete Alasina et Francischina iuri ypothecarum, senatus consulto velleiano, legi iulie de fondo dotali et omni iuri legis et capituli quo nos contra predicta tueri po[s]semus. Actum in civitate Vintimilii, in domo qua habitat dictus Obertus, presentibus testibus rogatis [I]ohanne clerico de Rochabruna et dictis consiliatoribus.
Anno et indictione (ut supra).

Atto n. 65
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.


1 Sappiamo che una sorella di Oberto, Giovanni e Marineto si chiamava Aldina ed è andata in sposa a un Iacopo de Volta, per cui è molto probabile che questa “Audina” sia in effetti la stessa persona, ovvero Aldina Iudex.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Giacomo di Volta.
Tredici giugno, tra la nona e il vespro. Noi Oberto Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice, e Alasina, coniugi, e Giovanni, fratello di Oberto, e Marineto, figlio del suddetto Raimondo, e Francischina, coniugi, ciascuno di noi in solido, vendiamo, cediamo e trasferiamo a voi Giacomo di Voltaa e Aldina, coniugi, un pezzo di terra con alberi di fichi e vigneti, che abbiamo visto ║ possedere nel territorio di Ventimiglia, detto Pineta, confinante da un lato con la terra di Guglielmo Marosi e dall'altro con un pezzo di terra di uno dei nostri venditori, o altri confini, per avere, tenere, possedere e fare qualsiasi cosa vorrete come proprietari e titolari di acquisto, senza alcuna opposizione da parte nostra, dei nostri eredi o di chiunque per noi, con ogni diritto, motivo, azione reale e personale, utile e diretto che abbiamo o potremmo avere sulla stessa terra, senza alcuna riserva, per un prezzo finito di quarantacinque denari genovesi, che dichiariamo di avere ricevuto, rinunciando a qualsiasi eccezione di denaro non pagato o di denaro ricevuto. Se il valore della terra va oltre il prezzo concordato, sapendo la sua vera valutazione, doniamo e facciamo una donazione tra vivi a voi ciò che va oltre, insieme alla rinuncia alla legge sulla frode oltre la metà del giusto prezzo. Inoltre, ammettiamo di avervi consegnato la proprietà e il dominio della suddetta terra, stabilendo che la deteniamo e la possediamo precariamente a nome vostro finché la possederemo o ne avrete preso il possesso fisico, promettendo di non sollevare alcuna questione legale, azione o controversia sulla terra stessa, ma piuttosto di difenderla, autorizzarla e liberarla da ogni persona a nostro carico e ai nostri eredi e promettiamo di farlo a nostre spese. In caso contrario, ci impegniamo a pagare una pena doppia di qualsiasi importo contravvenuto a voi. Tutte le nostre proprietà attuali e future sono impegnate a voi come pegno per la pena e tutte le sopracitate clausole e promesse, e ciascuno di noi è tenuto in solido, rinunciando al diritto di solidarietà, al diritto di principale e all'epistola del santo Adriano e al beneficio della nuova costituzione sui debiti di due persone e a qualsiasi altro diritto, giurando inoltre che i suddetti Giovanni, Marineto e Francischina rispetteranno, adempiranno e osserveranno tutto ciò che è stato detto sopra e non contravverranno in alcun modo. I suddetti Giovanni, Marineto, Francischina e Alasina fanno tutto ciò con il consiglio dei loro vicini Guglielmo Enrico e Ingeto Buroni. E noi tutti riconosciamo di essere maggiorenni, rinunciando alla legge sull'ipoteca, al Senato consulto velleiano, alla legge di luglio sul fondo dotalizio e a ogni legge e capitolo con cui potremmo difenderci contro le predette. Redatto nella città di Ventimiglia, nella casa in cui vive il suddetto Oberto, in presenza dei testimoni richiesti Giovanni, chierico di Roccabruna, e dei consiglieri suddetti. Anno e indizione come sopra.

Atto n.66 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

13 giugno 1259, Ventimiglia.
I coniugi Iacopo de Volta e Aldina promettono di restituire ai coniugi Oberto Giudice e Alasina, a Giovanni, e ai coniugi Marineto e Franceschina, la terra da essi venduta loro, di cui a un documento precedente del 13 giugno 1259, se essi venderanno loro, entro la metà del prossimo ottobre, il mulino de Pascherio, tenuto da Guglielmo Enrico, Ardizzono Giudice e Guglielmo Giudice, o se, entro lo stesso periodo, verseranno loro 45 lire di genovini, a titolo di pagamento della terra medesima. In caso di vendita del mulino, Iacopo de Volta e Aldina promettono di restituirlo ai venditori qualora i venditori medesimi versino loro la somma di 45 lire.

[Ɑ Oberti Iudi]cis.
Die xiii iunii, inter nonam et vesperas. Nos Iacobus de Volta et Aldina, iugales, quisque nostrum in solidum, renuntiantes imi solidi de principali primo conveniendo et omni alii iuri, promittimus et convenimus vobis Oberto Iudici et Alasine, iugalibus, Iohanni et Marineto atque Francischine, uxori dicti Marineti, stipulantibus, reddere et restituere vobis pedam unam terre, arborate ficuum et vitium, posite ad Pinetam, quam nobis hodie vendidistis, ut de ipsa venditione apparet per instrumentum inde factum manu Iohannis de Mandolexio notarii, si nobis vel alteri nostrum, usque ad medium octubrem proxime venturum, vendideritis et venditionem feceritis in laude nostri sapientis molendini de Pascherio, quem habent et tenent atque possident Guillelmus Enricus, Ardiçonus Iudex et Guillelmus Iudex, vel si predo ipsius terre, usque ad dictum terminum, nobis solveritis libras quadraginta quinque ianuinorum, volentes dictam terram inemptam manere. Si nobis solveritis aut vendideritis, ut supra, promittimus ipsam terram vobis reddere et restituere et cartam restitutionis vobis in laude vestri sapientis facere quantum pro facto et vice nostra. Alioquin penam dupli de quanto et quotiens contrafieret vobis stipulantibus dare et solvere promitto, rato manente pacto. Hoc acto ínter nos et vos quod, si dictum molendinum nobis pro dicta terra rehabenda vendideritis, promittimus vobis dictum molendinum, semper et quandocumque nobis solveritis, pro precio ipsius, libras quadraginta quinqué ianuinorum, reddere et restituere atque venditionem ipsius tunc in laude vestri sapientis facere. Quod si non fecerimus, penam dupli de quanto contrafieret, rato manente pacto, vobis stipulantibus dare et solvere promitto. Pro pena et predictís omnibus et singulis observandis universa bona nostra habita et babenda vobis pigneri obligamus, faciens ego Aldina hec omnia consensu et voluntate dicti viri mei et consilio Ingeti Buroni et Guillelmi Enrici, quos in hoc casu meos propinquos et vicinos atque consiliatores eligo et appello, renuntians in predictis legi dicenti: “ Si qua mulier in aliquo crediti instrumenta consentiat proprio viro aut scribat propriam substantiam aut se ipsam obligatam faciat, quod ipsa non tenetur nisi manifeste probetur pecuniam fore versam in utilitate ipsius mulieris ”, confitens ipsam pecuniam esse versam in sua utilitate et esse maiorem. Actum in civitate Vintimilii, in domo qua habitat dictus Obertus, presentibus testibus rogatis Johanne clerico de Rochabruna et dictis consiliatoribus. Anno et indictione ut supra.

Atto n. 66
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Oberto Giudice.
Il tredici giugno, tra la nona e il vespro, noi, Giacomo di Volta e mia moglie Aldina, ciascuno di noi per intero, rinunciando al nostro primo solido del capitale e ad ogni altro diritto, promettiamo e concordiamo con voi, Oberto Giudici e Alasina, congiunti, e con Giovanni e Marineto e la moglie di quest'ultimo, Franceschina, che si stanno impegnando come stipulanti, a restituire e riconsegnare a voi un pezzo di terra, con alberi di fichi e viti, situato presso Pineta, che ci avete venduto oggi, come ║ risulta dall'atto redatto dal notaio Giovanni di Amandolesio, se non l'avrete venduto a noi o ad uno di noi entro la metà di ottobre prossimo venturo, e intendiamo mantenerci irrevocabilmente nell'acquisto della stessa terra. Se la venderete o la venderemo come sopra, ci impegniamo a restituirla e a redigere per voi un atto di restituzione in lode del nostro sapiente mulino di Pascherio, che detengono e possiedono Guglielmo Enrico, Ardizzone Giudice e Guglielmo Giudice, oppure, se non la venderete entro il termine indicato, a pagare a noi quarantacinque libbre di gennaio come prezzo della suddetta terra, e intendiamo mantenere l'acquisto della terra non venduta. Se non la pagheremo o la venderete come sopra, ci impegniamo a pagare una pena pari al doppio dell'importo, ogni volta che violiamo questo accordo, mantenendo il patto. Con questo atto, noi e voi concordiamo che se ci venderete il suddetto mulino per permetterci di recuperare la terra sopra citata, ci impegniamo a restituirvi il mulino, ogni volta che ci pagherete il prezzo di quarantacinque libbre di gennaio, e intendiamo redigere per voi un atto di vendita in lode della vostra saggezza. Se non lo faremo, ci impegniamo a pagare una pena pari al doppio dell'importo, ogni volta che violiamo questo accordo, mantenendo il patto. Come garanzia per le suddette pene e per ogni altra cosa stabilita, impegniamo tutti i nostri beni passati e futuri a voi, facendo questo con il consenso e la volontà di mio marito e del consiglio di Ingeti Buroni e Guglielmo Enrico, che in questo caso scelgo e convoco come miei parenti, vicini e consiglieri, rinunciando alla legge che dice: «Se una donna acconsente a un contratto di prestito col proprio marito o scrive una propria sostanza o si obbliga personalmente, essa non è obbligata a meno che non sia chiaramente dimostrato che il denaro sarà utilizzato per il beneficio della stessa donna», dichiarando che il denaro è stato speso a beneficio della donna stessa ed è maggiore. Redatto nella città di Ventimiglia, nella casa in cui vive il suddetto Oberto, in presenza dei testimoni richiesti Giovanni chierico di Rocca Bruna e dei consiglieri sopra menzionati. Nell'anno e nell'indizione come sopra.

Atto n.68 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

14 giugno 1259, Ventimiglia.
I fratelli Oberto Giudice, Giovanni e Marineto, figli del fu Raimondo Giudice, da una parte, e Ottone Giudice del fu Oberto Giudice, dall'altra, compromettono all'arbitrato di Raimondo Giudice e Guglielmo Giudice le questioni fra loro vertenti in occasione della successione del fu Oberto Giudice, padre di Ottone e nonno di Oberto, Giovanni e Marineto, in occasione della successione del fu Obertino Giudice, fratello di Ottone e zio dei predetti Oberto, Giovanni e Marineto e in occasione della dote della defunta madre di Ottone, nonna di Oberto, Giovanni e Marineto.

Oberti Iudicis et fratrum, ex una parte, et Ottonis Iudicis, ex altera.
Die xiiii iunii, ante terciam. Nos Obertus Iudex, Iohannes et Marinetus, fratres et filii quondam Raimundi Iudicis, ex una parte, et Otto Iudex, filius quondam Oberti Iudicis, ex altera, compromittimus in vobis, Raimundum Iudicem et Guillelmum Iudicem, presentes, de omni lite et controversia que inter nos vertitur vel verti posset occasione successionis Oberti Iudicis quondam, patris mei dicti Ottonis et avi nostrorum dicti Oberti et fratrum, et occasione successionis Obertini quondam Iudicis, fratris met dicti Ottonis et patrui nostrorum predictorum Oberti et fratrum, et occasione dotium matris quondam mei Ottonis et avie nostrorum predictorum Oberti et fratrum, et generale compromissum facimus in vobis tamquam in arbitros, arbitratores et amicabiles compositores et largas potestates a nobis super predictis sponte electos, dantes vobis, quilibet nostrum, liberam facultatem et bailiam ut super predictis possitis dicere, iure vel acordio, amicabili compositione, semel et pluries, die feriata vel non feriata, dato pignore bandi vel non dato, presentibus partibus vel absentibus, vel una presente et altera absente, dum tamen citata de iure vel amicabiliter, servato iuris ordine vel non servato, libello porrecto vel non porrecto, ita tamen quod super predictis debeatis pronuntiasse et sentenciasse, de iure vel acordio, usque ad proximas lialendas augusti, promittentes ad invicem inter nos vestrum servare arbitrium, sentenciam vel acordium quodcumque super predictis dixeritis, statueritis, sentenciaveritis seu pronunciaveritis, in scriptis vel sine scriptis. Alioquin, si per aliquem nostrum in predictis seu in aliquo predictorum fuerit contrafactum, libras centum denariorum ianuinorum, nomine pene, una pars alteri ad invicem dare et solvere promittimus, et quicquid dixeritis seu statueritis vel pronunciaveritis nichilominus in suo robore perseveret. Pro pena et predictis omnibus et singulis observandis universa bona nostra habita et habenda ad invicem unus alteri pigneri obligamus, iurantes insuper [n]os dicti Iohannes et Marinetus, tactis corporaliter Sacris Scripturis, ut supra dictum est attendere, compiere [et] observare et in aliquo predictorum non contrafacere vel venire, facientes hec omnia consilio Mau[ri] de Mauris et Conradi Mauri, quos nostros propinquos et consiliatores in hoc casu eligimus et appellamus, [co]nfitentes nos esse maiores. Insuper ego dictus Obertus promitto me facturum et curaturum quod dictus Iohannes firma et rata habebit omnia et singula supradicta et quicquid vos dicti arbitri super predictis pronunciaveritis et in aliquo predictorum non contraveniet aliqua occasione, sub dicta pena librarum centum. Actum in capitulo Vintimilii, presentibus testibus convocatis Guillelmo fornario, Guillelmo Rafa, Iohanne Fornario, Oberto Sagonensi, Raimundo Audeberto et Guillelmo Curlo maiore. Anno et indictione ut supra.

Atto n. 68
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Oberto Giudice e fratelli, da una parte, e Ottone Giudice, dall'altra.
Il giorno 14 giugno, prima della terza, noi Oberto Giudice, Giovanni e Marineto, fratelli e figli del defunto Raimondo Giudice, da una parte, e Otto Giudice, figlio del defunto Oberto Giudice, dall'altra, ci affidiamo a voi, Raimondo Giudice e Guglielmo Giudice, presenti, per qualsiasi controversia o disputa che sorge o potrebbe sorgere in relazione alla successione del defunto Oberto Giudice, padre di mio padre detto Otto e nonno dei nostri detti Oberto e fratelli, e in relazione alla successione di Obertino Giudice, fratello di mio padre detto Otto e zio dei nostri predetti Oberto e fratelli, e in relazione alla dote della madre del mio defunto padre Otto e nonna dei nostri predetti Oberto e fratelli, e facciamo un compromesso generale con voi come arbitri, conciliatori e pacificatori scelti spontaneamente da noi con ampi poteri sui suddetti, concedendovi, ciascuno di noi, la libertà e l'autorità di giudicare su tali questioni, secondo il diritto o l'accordo, la composizione amichevole, una o più volte, in un giorno festivo o non festivo, con la promessa di osservare reciprocamente la vostra decisione, sentenza o accordo su tali questioni, sia che sia pronunciato o deciso per iscritto o verbalmente, fino alla fine del mese di agosto prossimo venturo, rispettando l'ordine giuridico o non rispettandolo, mediante la presentazione di un ricorso o non, a condizione che siate tenuti a pronunciare e a sentenziare su tali questioni. In caso contrario, se qualcuno di noi viola quanto concordato, promettiamo di pagare una multa di cento lire genovine, una parte all'altra, come penale, e ci impegniamo a far rispettare e a mantenere in vigore la vostra decisione, sentenza o accordo su tali questioni, sia che sia pronunciato o deciso per iscritto o verbalmente. Inoltre, come garanzia per l'osservanza di tutte le suddette clausole, impegniamo tutti i nostri beni, presenti e futuri, come pegno reciproco, e giuriamo, toccando corporalmente le Sacre Scritture, di rispettare, osservare e non violare in alcun modo quanto concordato, avvalendoci del consiglio di Mauri de Mauris e di Conrado Mauri, nostri parenti e consiglieri in questo caso, riconoscendoci come adulti. Inoltre, io, il suddetto Oberto, prometto di fare in modo che il suddetto Giovanni abbia conferma e ratifica di tutto quanto sopra menzionato e di qualsiasi cosa gli arbitri sopra menzionati pronuncino riguardo alle questioni in oggetto e di non contravvenire in alcun modo a ciò, sotto la pena di cento lire. Redatto nel capitolo di Ventimiglia, in presenza dei testimoni convocati Guillelmo Fornario, Guillelmo Rafa, Giovanni Fornario, Oberto Sagonese, Raimondo Audeberto e Guillelmo Curlo maggiore. Nell'anno e nell'indizione sopra indicati.

Atto n.73 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

27 giugno 1259, Ventimiglia.
I fratelli Oberto Giudice, Giovanni e Marineto, figli del fu Raimondo Giudice di Ventimiglia, nominano Guglielmo Enrico loro procuratore perché li difenda nella causa che Margherita, moglie di Ottone Giudice di Ventimiglia, intende muovere contro di loro in Genova.

Die xxvii iunii, ante nonam. Nos Obertus Iudex, Iohannes et Marinetus, fratres et filii quondam Raimundi Iudicis de Vintimilio, facimus, constituimus et ordinamus Guillelmum Enricum, absentem, nostrum certum nuncium et procuratorem ad agendum, defendendum pro nobis et nostro nomine in causam vel causas quam vel quas contra nos movet seu movere intendit Margarita, uxor Ottonis Iudicis de Vintimilio, in Ianua, si de iure ibidem ei debemus respondere, et ad alegandum privilegia et conventiones nostras et ad omnia in predictis et circa predicta facienda que fuerint oportuna et que merita causarum postulant et requirunt, promittentes quilibet nostrum ratum et firmum [hab]iturum, sub ypotbeca et obligatione bonorum nostrorum, quicquid per dictum procuratorem fuerit factum seu procuratum in predictis et circa predicta et occasione predictorum. Relevantes ipsum ab omni satisdatione, promittimus tibi notario subscripto, recipienti nomine cuius vel quorum interest vel intererit, iudicatum solvi de omni eo quod in dicta causa seu causis nomine nostro fuerit condemnatus. Actum in capitulo Vintimilii, presentibus testibus domino Guillelmo Rubeo, iudice comunis eiusdem, Guillelmo Rafa et Guillelmo Maroso. Anno et indictione ut supra.

Atto n. 73
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
Il 27 giugno, prima della nona. Noi Oberto Giudice, Giovanni e Marineto, fratelli e figli del defunto Raimondo Giudice di Ventimiglia, facciamo, costituiamo e ordiniamo Guglielmo Enrico, assente, nostro fidato messaggero e procuratore per agire, difenderci per noi e in nostro nome nella causa o nelle cause che Margherita, moglie di Ottone Giudice di Ventimiglia, intende o intenderà fare contro di noi a Genova, se dobbiamo rispondere legalmente lì, e per sostenere i nostri privilegi e le nostre convenzioni e per fare tutto ciò che è necessario e richiesto dalle circostanze e dalle richieste delle cause, ciascuno di noi promettendo di ratificare e confermare saldamente, sotto ipoteca e obbligo dei nostri beni, tutto ciò che sarà fatto o procurato dal suddetto procuratore nei suddetti casi e in relazione ai suddetti casi. Liberandolo da qualsiasi richiesta di risarcimento, promettiamo di pagare al notaio sottoscritto, in nome di chiunque possa essere interessato, il giudizio per qualsiasi condanna sia stabilita nel nostro nome nella suddetta causa o cause. Fatto nel capitolo di Ventimiglia, presenti come testimoni il signor Guglielmo Rosso, giudice comune della stessa, Guglielmo Rafa e Guglielmo Maroso. Anno e indizione come sopra.

Atto n.88 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

5 agosto 1259, Ventimiglia.
Iacopo de Volta presenta a Giovanni Giudice del fu Raimondo Giudice una lettera dell'arcivescovo di Genova che gli intima di presentarsi al proprio cospetto per la questione relativa all'annullamento del suo matrimonio con Lorenzina del fu Oberto de Volta. Iacopo dichiara di non essere tenuto a presentarsi in Genova avendo contratto matrimonio in Ventimiglia ed essendo la moglie costretta a seguire il foro del marito.

Ɑ Laurencine, filie quondam Bertholoti de Volta.
Die v augusti, post nonam. Iacobus de Volta obtulit sive representavit Iohanni Iudici, fìlio quondam Raimundi Iudicis, litteras infrascriptas, sigillatas sigillo cere viridis, cuius sigilli superscriptio talis erat: « Sigillum curie archiepiscopi Ianuensis »; in medio dicti sigilli erat ymago episcopalis tenens in manibus pastoralem. Tenor dictarum litterarum talis erat: « Magister Henricus, vicarius domini archiepiscopi Ianuensis, discreto viro Iohanni Iudici, fìlio quondam Raimundi Iudicis de Vìntimilio, salutem et omnem bonum. Ex parte Laurencine, filie quondam Oberti de Volta, fuit piopositum coram nobis quod vos, eo tempore quo erat minor annis duodecim, contraxistis matrimonium de furto et sponsalia cum eadem; unde, cum ipsa in curia dicti domini archiepiscopi iam dudum solempniter iam renuntiaverit dictis sponsalibus et matrimonio et cum instancia a nobis petat dicta sponsalia et matrimonium non tenere et sibi dari licencia cum alio contrahendi, mandamus vobis quatenus, die quarta post harum presentationem, veniatis coram nobis, si vultis aliquid proponere contra earn seu in negotio supradicto; et si tunc non veneritis, ab inde aliorum dierum quatuor vobis secundum terminum constituimu[s]; et si in secundo termino non veneritis, ab inde aliorum dierum quatuor vobis tercium et peremptorium terminu[m] assignamus. Alioquin ex tunc in prefato negocio mediante iusticia procedemus, vestra absentia [non] obstante ». Ɑ Lectis quidem predictis litteris predicto Iohanni, respondit dicens quod non tenetur predicte Laure[n]cine in Ianua respondere cum dictum matrimonium fuerit contractum in Vìntimilio et mulier te[neatur] sequi forum mariti; et hoc similiter cavetur per conventionem habitam inter comune Ianue et comun[e] Vintimilii. Actum in platea Vintimilii, presentibus testibus Guillelmo Enrico, Raimundo Iudice et Guillelmo Iudice. Anno et indictione ut supra.

Atto n. 88
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Lorenzina, figlia del defunto Bertolotto di Volta.
Il 5 agosto, dopo la nona ora. Giacomo di Volta ha presentato o rappresentato a Giovanni Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice, la seguente lettera sigillata con il sigillo verde, il cui titolo era: “Sigillo del tribunale dell'arcivescovo di Genova”; al centro del sigillo c'era l'immagine di un vescovo che teneva un pastorale nelle mani. Il tenore della lettera era il seguente: “Maestro Enrico, vicario del signore arcivescovo di Genova, a Giovanni Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice di Ventimiglia, saluti e ogni bene. Da parte di Lorenzina, figlia del defunto Oberto di Volta, è stato presentato davanti a noi che voi, quando era minorenne di dodici anni, avete contratto matrimonio forzato e successivamente avete celebrato le nozze con lei; pertanto, poiché lei ha già da tempo rinunciato solennemente a tale sposalizio e matrimonio davanti al tribunale del suddetto signore arcivescovo e chiede con insistenza che tale sposalizio e matrimonio non siano validi e che le sia data la licenza di contrarre matrimonio con un altro, vi ordiniamo che, il quarto giorno dopo la presentazione di questa lettera, veniate da noi se volete proporre qualcosa contro di lei o in relazione alla questione suddetta; e se non verrete in quel giorno, vi concediamo un altro termine di quattro giorni; e se non verrete neanche al secondo termine, vi assegniamo un terzo e definitivo termine di quattro giorni. Altrimenti, in caso contrario, procederemo con la giustizia in relazione a questa questione, nonostante la vostra assenza”. Dopo aver letto la lettera, il suddetto Giovanni ha risposto dicendo che Lorenzina non è tenuta a rispondere a Genova poiché il matrimonio è stato contratto a Ventimiglia e la donna è tenuta a seguire il tribunale del marito; questo è anche stabilito in una convenzione tra il comune di Genova e il comune di Ventimiglia. Redatto in piazza a Ventimiglia, alla presenza dei testimoni Guglielmo Enrico, Raimondo Giudice e Guglielmo Giudice. Anno e indizione come sopra.

Atto n.153 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

6 gennaio 1260, Ventimiglia.
I fratelli Oberto Giudice, Giovanni e Marineto, figli del fu Raimondo Giudice, vendono a Rainaldo Bulferio del fu Rainaldo una pezza di terra, in parte coltivata a fichi e in parte lasciata a prato, situata nel territorio di Ventimiglia, in Vallebona, per il prezzo di 23 lire di genovini, di cui rilasciano quietanza.

Ɑ R[ainaldi] Bulferii.
Die vi ianuarii, post vesperas. Nos Obertus Iudex, Iohannes et Marinetus, fratres et fìlii quondam Raimundi Iudicis, quilibet nostrum in solidum, vendimus, cedimus et tradimus tibi Rainaldo Bulferio, filio quondam Rainaldi, peciam unam terre, partim arborate ficuum et partim gerbe, que iacet in territorio Vintimilii, in Valle Bona, cui coheret superius terra dicti emptoris et heredum Raimundi Fliconis, inferius terra dicti emptoris et terra beredum Iacobi Bulferii, ab uno latere terra dicti emptoris et heredum dicti Iacobi et ab alio Iatere terra dicti emptoris et terra monasterii Sancti Ampelii et heredum Ottonis Speroni, ad habendum, tenendum, possidendum et de cetero quicquid volueris faciendum iure proprietario et titillo emptionis, sine ornni nostra, heredum nostrorum omniumque personarum pro nobis contraditione, cum omni suo iure, ratione, actione [reali et] personali, utili et directo omnibusque demum superpositis et pertinenrìis suis, nichil ex his in nobis retento, finito precio librarum viginti trium denariorum ianuinorum, de quibus nos bene quietos et solutos voca[mus], renuntiantes exceptioni non numerate pecunie, precii non soluti, doli et conditioni sine causa et omni exc[eptioni]. Quod si dicta terra ultra dictum precium valet, id quod ultra est, seientes ipsius veram extim[ationem], tibi titulo donationis inter vivos donamus et finem tibi facimus et refutationem atque pactum de [non] petendo, renuntiantes legi deceptionis dupli et ultra. Possessionem insuper et dominium vel quasi de dicta [terra] tibi tradidisse confitemur, constituentes nos ipsam tuo nomine tenere et precario possidere [dum] possidebimus et ipsius possessionem sumpseris corporalem, promittentes de dicta terra nullam deince[ps] movere litem, actionem seu controversiam nec requisitionem facere, set potius ipsam tibi et h[eredibus] tuis per nos nostrosque beredes ab omni persona legittime defendere, auctorigare et disbrigare nostris expensis promittimus. Quod si non fecerimus et ut supra per singula non observ[a]verimus, penam dupli de quanto dicta terra nunc valet vel pro tempore meliorata valebit tibi stipulantibus dare et restituere promittimus, rata semper manente venditione. Pro pena et predictis omnibus et singulis observandis universa bona nostra habita et habenda tibi pigneri obligamus, et quisque nostrum in solidum de omnibus et singulis supradictis tibi teneatur, renuntiantes iuri solidi, iuri de principali primo conveniendo, epistule divi Adriani, benefìcio nove constitutionis de duobus reis debendi et omni iuri, alter pro altero ad invicem de omnibus supradictis nos constituentes, iurantes insuper nos dicti Iohannes et Marinetus omnia et singula supradicta, ut supra dictum est, attendere, compiere et observare et in aliquo non contravenire, et confitemur esse maiores annorum viginti, facientes omnia et singula supradicta consilio Guillelmi Enrici et Rainaldini Bulferii, filii quondam Raimundi, vicinorum et propinquorum nostrorum. Actum in capitulo Vintimilii, presentibus testibus convocatis et rogatis Fulcone Samore et dictis consiliatoribus. Anno dominice Nativitatis et indictione ut supra.

Atto n. 153
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Rinaldo Bulferio.
Il giorno 6 gennaio, dopo il vespro. Noi, Oberto Giudice, Giovanni e Marineto, fratelli e figli del defunto Raimondo Giudice, ciascuno di noi in solido, vendiamo, cediamo e trasferiamo a te, Rinaldo Bulferio, figlio del defunto Rinaldo, una porzione di terra, parte boschiva di fichi e parte coltivata, situata nel territorio di Ventimiglia, nella Valle Bona, confinante sopra con la terra del predetto acquirente e degli eredi di Raimondo Flicone, sotto con la terra del predetto acquirente e la terra degli eredi di Giacomo Bulferio, da un lato con la terra del predetto acquirente e degli eredi del suddetto Giacomo e dall'altro lato con la terra del monastero di Sant'Ampelio e degli eredi di Ottone Speroni, per avere, tenere, possedere e fare tutto ciò che vorrai in pieno diritto di proprietà e in virtù dell'atto di acquisto, senza alcuna obiezione da parte nostra, dei nostri eredi e di tutte le nostre persone, con tutti i suoi diritti, ragioni, azioni reali e personali, utilità e diritti associati, senza trattenere nulla di tutto ciò in noi, al prezzo convenuto di ventitré lire genovesi, di cui dichiariamo di esserne liberamente e completamente soddisfatti, rinunciando all'eccezione di denaro non conteggiato, prezzo non pagato, inganno e condizione senza causa e a ogni altra eccezione. Se la suddetta terra vale più del prezzo stabilito, tutto ciò che va oltre, essendo consapevoli del suo vero valore, te lo doniamo con atto di donazione tra vivi e poniamo fine ad ogni pretesa e accordo di non richiesta, rinunciando alla legge sul doppio inganno e oltre. Inoltre, confessiamo di averti consegnato il possesso e il dominio o quasi di detta terra, dichiarando di tenerla e possederla in nome tuo in precario finché la possederemo e di averne preso possesso fisico, promettendo che non solleveremo alcuna lite, azione o controversia né faremo richieste riguardo alla suddetta terra, ma piuttosto ti difenderemo, garantiremo e svincoleremo legalmente, a nostre spese, da ogni persona, noi e i nostri eredi. Se non adempieremo a ciò e se non osserveremo scrupolosamente quanto sopra in ogni dettaglio, promettiamo, concordando con te, di darti e restituirti una sanzione pari al ║ doppio del valore attuale o del valore futuro migliorato della suddetta terra, restando sempre valida la vendita. Come garanzia per la sanzione e tutto quanto sopra, impegniamo tutti i nostri beni presenti e futuri a te in pegno, e ciascuno di noi in solido è obbligato nei tuoi confronti per quanto sopra menzionato, rinunciando al principio della solidarietà, al diritto di adire il principale in primo luogo, all'epistola del divino Adriano, al beneficio della nuova costituzione sui debiti a due parti e a ogni diritto, costituendoci l'uno per l'altro reciprocamente riguardo a tutto quanto sopra menzionato. Inoltre, giuriamo che noi, Giovanni e Marineto, rispetteremo, eseguiremo e osserveremo tutto quanto sopra menzionato, come precedentemente dichiarato, e in nessun modo ci opporremo ad esso. Confessiamo di essere maggiorenni di vent'anni e di svolgere tutte e singole le sopracitate azioni con il consiglio di Guglielmo Enrico e Rinaldino Bulferio, figli del defunto Raimondo, nostri vicini e parenti. Redatto nel capitolo di Ventimiglia, in presenza dei testimoni convocati e richiesti, Fulcone Samore e dei suddetti consulenti. Nell'anno della Natività del Signore e nella suddetta indizione.

Atto n.177 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

29 gennaio 1260, Ventimiglia.
Giovanni Giudice del fu Raimondo Giudice vende al fratello Oberto tutte le terre e tutti i diritti che possiede nel territorio di Ventimiglia, pro indiviso con lo stesso Oberto e con il fratello Marineto, per il prezzo complessivo di 200 lire di genovini, di cui rilascia quietanza.

Die xxviiii ianuarii, ante vesperas. Ego Iohannes Iudex, filius quondam Raimundi Iudicis, vendo, cedo et trado vel quasi tibi Oberto Iudici, fratri meo, [omnes terras] et omnia iura, rationes et actiones, reales et personales, utiles et directas, mixtas et rei persecutorias, que [et] quas visus sum habere in territorio Vintimilii, pro indiviso tecum et Marineto, fratre nostro, tam in inmobilibus quam in mobilibus, et specialiter in terris et possessionibus subscriptis, agregatis et non agregatis, cultis [et in] cultis: videlicet in valle Vervoni, a molendino de Podio Rainaldo infra et a Çuncho infra et a ca vihi et Banchi usque ad fossatum Vervonis et usque ad Roccam de Alma Antiqua, et id quod visus sum [habere] ad collam Luparie et in gerbo montis Manli, cui gerbo coheret superius serrum, inferius terra Raimundi de [Briga]; item ad Guisurfos, in peda una terre, cui coheret superius terra Oberti Gençane, inferius terra Oberti Barbax[ore; item] ad Pinetam, in vinea et in gerbo atque domo, quibus coheret superius via, inferius litus maris et ab uno [latere] ; item in Pascherio, in orto, cui coheret superius via, inferius terra Guillelmi Marosi et a latere heredes quondam [Willelmi] Calcie, sive in predictis omnibus alie sint coherencie; item partem mihi contingentem in casalibus que visi sumus habere simul in Vin[timilio] et in pedagio, ripa, anchis, lombolis et in molendinis factis et faciendis in Pascherio Vintimilii; item in [feudis] quod debeo recipere et habeo in comuni Ianue, videlicet soldos quadraginta ianuinorum annuatim. Item omnia [iura que] pervenire possent vel pervenerint aliquae occasione in districtu Vintimilii et in Ianua occasione successionis patris nostri quondam Raimundi Iudicis et matris nostre quondam Sibilie et avi nostri quondam Oberti Iudicis et amite nostre Iacobe, filie dicti Oberti, ad habendum, tenendum, possidendum et de cetero quicquid volueris iure proprietario et titulo [em]ptionis faciendum, nichil ex predictis in me retento, finito precio librarum ducentarum [ianuinorum], de quibus [me bene] Il quietum et solutum voco, renuntians exceptioni non n[umera]te seu recepte pec[un]íe et omni exceptioni mihi competenti et competiture. Quod si ultra dictum precium valent, s[cie]ns ipsarum veram extim[a]tionem, id quod ultra valent tibi mera et pura donatione inter vivos dono et finem inde tibi fa[ci]o et refutacionem a[tq]ue pactum de non petendo, renuntians legi deceptionis dupli et ultra et legi dicenti donation[em] ultra quingentos a[u]reos non valere nisi actis fuerit insinuata. Possessionem insuper et dominium vel quasi predictarum [tibi tradid]isse conf[it]eor, constituens me ipsas tuo nomine tenere et precario possidere dum possidebo vel ipsarum possessionem sumpseris cor[po]ralem, promittens de predictis nullam deinceps movere litem, actionem seu controversiam nec requisitionem f[acer]e, set potius ipsas ab omni persona legittime defendere, auctorigare et disbrigare meis expensis promitto. Alioquin penam dupli de quanto et quotiens contrafieret cum omnibus dampnis et expensis propterea factis et habitis tibi dare et restituere promitto, rato manente pacto. Pro dupla evictione et pena et predictis omnibus et singulis observandis universa bona mea habita et habenda tibi pigneri obligo. Confiteor me esse maiorem annorum viginti duorum, iurans insuper, corporaliter tactis Sacris Scriptum, ut supra dictum est attendere, compiere et observare et non contravenire, faciens omnia consilio Ardiçonis Iudicis et Guiranni Tende1, propinquorum et vidnorum meorum. Actum in domo Manfredi de Langasco, qua habitat dictus Obertus, presentibus testibus togatis Fulcone Vienna et dictis consiliatoribus. Anno et indictione ut supra.

Ɑ Millesimo cclxi, indictione tercia, die xxi ianuarii, post terciam, in capitulo Vintimilii, presentibus testibus Raimundo Iudice, Iliono Conrado et Iohanne Cavugio notario, cassata volúntate parcium.

Atto n. 177
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.


1 Da notare che Giovanni indica Guglielmo Tenda come un suo parente. Non sappiamo tutavia in che termini. Potrebbe avere sposato una Giudice ma non sappiamo quale.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
Il 29 gennaio, prima del vespro. Io, Giovanni Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice, vendo, cedo e trasferisco, o quasi, a te, Oberto Giudice, mio fratello, tutte le terre e tutti i diritti, ragioni e azioni, reali e personali, utili e diretti, misti e di persecuzione, che mi risulta di possedere nel territorio di Ventimiglia, in comunione con te e nostro fratello Marineto, sia in beni immobili che mobili, e specificamente nelle seguenti terre e proprietà, aggregate e non aggregate, coltivate e non coltivate: vale a dire nella valle di Vervoni, dal mulino di Podio Rainaldo verso l'interno, da Zunchi verso l'interno, dalla ca … via e Banchi fino al fossato di Vervoni e fino alla Rocca dell'Anima Antica, e ciò che mi risulta di possedere al collo di Luparie e nel campo del monte Manli, col cui campo confina sopra con il bosco, sotto con la terra di Raimondo di Briga; allo stesso modo a Guisurfos, in una parte di terra, con cui confina sopra con la terra di Oberto Genzane, sotto con la terra di Oberto Barbasso…; allo stesso modo a Pineta, nella vigna e nel campo e nella casa, con cui confina sopra con la strada, sotto con la riva del mare e da un lato…; allo stesso modo a Pascherio, nell'orto, con cui confina sopra con la strada, sotto con la terra di Guglielmo Marosi e lateralmente con gli eredi del defunto Guglielmo Calcie, o in tutto ciò che riguarda le predette proprietà; allo stesso modo la mia parte che mi spetta nelle case che ci risulta possedere insieme a Ventimiglia e nel pedaggio, lungo la riva, negli annessi, nelle spese e nei mulini costruiti e da costruire a Pascherio di Ventimiglia; allo stesso modo nei feudi che devo ricevere e ho nel comune di Genova, vale a dire quaranta soldi genovesi all'anno. Inoltre, cedo a te tutti i diritti che potrebbero pervenirmi o siano pervenuti nel distretto di Ventimiglia e a Genova a seguito dell'eredità del nostro defunto padre Raimondo Giudice, della nostra defunta madre Sibilla e del nostro defunto nonno Oberto Giudice, nonché della nostra zia Iacopa, figlia del suddetto Oberto, per avere, tenere, possedere e fare tutto ciò che desideri secondo diritto di proprietà e titolo di acquisto, senza trattenere nulla di quanto sopra, previo pagamento del prezzo di duecento lire genovesi, di cui mi dichiaro ben quieto e soddisfatto, rinunciando all'eccezione di denaro non contato o ricevuto e a ogni eccezione che mi spetti o possa spettarmi. Se il valore supera il suddetto prezzo, essendo a conoscenza della reale stima di esso, ciò che supera ti dono con pura e semplice donazione tra vivi e ne pongo fine e rinuncia, nonché patto di non richiesta, rinunciando alla legge della duplicazione nell'atto di donazione e alla legge che afferma che la donazione superiore a cinquecento aurei non è valida se non è stata sottoscritta. Inoltre, riconosco di averti consegnato il possesso e la proprietà o quasi delle suddette cose, nominando te a tenerle e possederle precariamente nel tuo nome finché le possiederò o tu ne avrai preso possesso fisicamente, promettendo di non sollevare ulteriori controversie, azioni o questioni in merito a quanto sopra, ma piuttosto di difendere, autorizzare e liberare legittimamente da ogni altra persona a mie spese. Altrimenti, prometto di pagare e restituire a te la pena del doppio di qualsiasi violazione commessa, insieme a tutti i danni e le spese ad essa correlati, mantenendo fermo il patto. Per la doppia evizione e la pena e per l'osservanza di tutto quanto sopra, impego come pegno tutti i miei beni presenti e futuri a te. Confesso di avere più di ventidue anni, giuro inoltre, toccando fisicamente le Sacre Scritture, di attenersi, compiere e osservare quanto sopra e di non andare contro, facendo tutto sotto il consiglio di Ardizzone Giudice e di Guglielmo Tenda, miei parenti e testimoni. Fatto nella casa di Manfredo de Langasco, dove risiede il suddetto Oberto, in presenza dei testimoni in abito togato Fulcone Vienna e dei suddetti consiglieri. Anno e indizione come sopra indicati.
Nell'anno 1261, terza indizione, il 21 gennaio, dopo terza, nel capitolo di Ventimiglia, in presenza dei testimoni Raimondo Giudice, Ilione Corrado e Giovanni Cavugio, con il consenso delle parti revocato.

Atto n.345 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

21 gennaio 1261, Ventimiglia.
Oberto Giudice del fu Raimondo Gudice, da una parte, e Giovanni Giudice, suo fratello, dall'altra, dividono fra loro i beni mobili e immobili che furono di proprietà dei loro genitori, del nonno e della zia Iacopa e tutti gli altri beni che possiedono in comune.

Oberti et Iohannis Iudicis.
Die xxi ianuarii, ante nonam. Divisionem fecerunt ad invicem inter se Obertus Iudex, filius quondam Raimundi Iudicis, ex una parte, et Iohannes Iudex, eius frater, ex altera, de bonis mobilibus et inmobilibus parentum suorum, videlicet patris et matris eorum, et avi et amite sue, domine Iacobe, et aliorum bonorum suorum que simul comunia habebant. In primis, de possessionibus, venit in parte dicto Iohanni pecia una terre arborate ficuum posite in valle Vervoni, quam tenet Raimundus Balneatus. Item in dicta valle alia pecia terre arborate ficuum, quam tenet Refreidatus, in qua pecia terre Aldina soror dictorum fratrum et uxor Iacobi de Volta, est extimata, ut dicunt, de libris viginti. Item in dicta valle alia peda terre vacue, ubi dicitur Sanctus Felianus, in qua similiter dicunt dictam Aldinam esse extimatam de libris duodecim. Item in dicta valle alia peda terre vacue iuxta terrain episcopalem. Item terda pars, pro indiviso simul et cum Marineto, eorum fratre, de omni eo quod visi sunt habere in territorio Vintimilii, loco ubi dicitur mons Malus. Item in dicta valle Vervonis, ubi dicitur Fulberta, pecia una terre arborate ficuum, cui coheret superius et inferius via. Item in territorio Vintimilii loco ubi dicitur Pineta, medietas pro indiviso unius pecie terre vacue, cum medietate murorum superpositorum unius domus. Item, ubi didtur Pascherium, medietas unius pecie terre, similiter pro indiviso, cui toti coheret superius ortus dicti Marineti, inferius ortus Ugonis Calde, ab uno latere via et ab alio latere ortus Guiranni Tende. Item terda pars pro indiviso omnium rationum quas visi sunt habere dicti fratres in ripa Vititimilii. Item, de mobili, venit in parte dicto Iohanni soldi triginta ex libris quatuor et dimidia quas dicti fratres consueti sunt recipere annuatim a comuni Ianue pro feudo, tali modo quod (pro) dicto feudo non possit petere aliquid usque ad annos decem proxime venturos. In parte vero dicti Oberti evenit in valle Vervonis, de possessionibus, omnes terre quas tenet Guillelmus Laurencius, tam arborate quam vacue. Item medietas unius pecie terre vacue posite ad Pinetam, cum medietate murorum superpositorum unius domus, pro indiviso. Item in territorio Vintimilii, ubi dicitur mons Malus, terda pars, pro indiviso simul et cum dicto Marineto, de omni eo quod ibi visi sunt habere. Item in Pascherio Vintimilii medietas unius orti pro indiviso, cui toti coheret superius ortus dicti Marineti, inferius ortus Ugonis Calcie, ab uno latere via et ab alio latere ortus Guiranni Tende. Item pecia una terre posite in Felegucto, arborata ficuum, cui coheret superius terra Oberti Gençane, inferius terra Oberti Barbaxore et terra dicti Oberti Gençane, ab uno latere terra episcopalis Vintimilii et ab alio latere terra Isnardi Travache. Item, de mobili, tercia pars pro indiviso omnium rationum quas visi sunt habere dicti fratres in ripa Vintimilii. Item soldi triginta ex illis libris quatuor et dimidia quas dicti fratres consueti sunt recipere annuatim pro feudo a comuni Ianue. Quam divisionem ambe partes firmarti et ratam habere et non revocare perpetuo promiserunt, sub pena librarum centum ianuinorum a qualibet parte stipulata et promissa, rata semper manente divisione, iurantes insuper ambo dicti fratres, tactis corporaliter Sacris Scripturis, ut supra dictum est attendere, compiere et observare et non revocare, sub dicta pena, dans dictus Obertus et concedens dicto Iohanni, pro dicta parte sua, omnia iura que habet vel habere posset in parte que venit dicto Iohanni et dictus Iohannes dans et concedens dicto Oberto, pro dicta parte sua, omnia iura que habet vel habere posset aliqua occasione in parte predicti Oberti, faciens ego dictus Iohannes hec omnia et singula supradicta consilio Raimundi Iudicis et Guiranni Tende, vicinorum meorum, quos in hoc casu meos propinquos eligo et appello, et confiteor me maiorem esse annorum viginti. Actum in capitulo Vintimilii, presentibus testibus rogatis Iliono Conrado, Guillelmo Arnaldo et dictis consiliatoribus. Anno et indictione ut supra.

Atto n. 345
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
A Oberto e Giovanni Giudice.
Il ventuno gennaio, prima delle nove. Hanno fatto una divisione tra di loro Oberto Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice, da una parte, e Giovanni Giudice, suo fratello, dall'altra, riguardo ai beni mobili e immobili dei loro genitori, cioè del padre e della madre, e del nonno e della zia loro, signora Iacoba, nonché di altri loro beni che possedevano in comune. Innanzitutto, per quanto riguarda le proprietà, a Giovanni è andato in parte un pezzo di terra piantata ad alberi di fichi situato nella valle di Vervoni, che tiene Raimondo Balneatore. Altri pezzi di terra piantati ad alberi di fichi sono situati nella suddetta valle, uno dei quali è tenuto da Refreidato, e in quel pezzo di terra viene stimata la presenza di Aldina, sorella dei suddetti fratelli e moglie di Giacomo di Volta, per un valore di venti lire, si dice. Inoltre, nella suddetta valle c'è un altro pezzo di terra vuota chiamato San Feliano, dove si dice che anch'essa la suddetta Aldina sia stimata per un valore di dodici lire. Nella stessa valle c'è un altro pezzo di terra vuota accanto al terreno vescovile. Inoltre, un terzo in comproprietà insieme a Marineto, loro fratello, di tutto ciò che si presume di avere nel territorio di Ventimiglia, nella località chiamata Monte Malo. Nella suddetta valle di Vervoni, chiamata Fulberta, c'è un pezzo di terra piantata ad alberi di fichi, adiacente a una strada sia superiormente che inferiormente. Nel territorio di Ventimiglia, nella località chiamata Pineta, c'è metà in comproprietà di un pezzo di terra vuota, con metà dei muri sovrapposti di una casa. Inoltre, nella località chiamata Pascherio, c'è metà di un pezzo di terra, anch'essa in comproprietà, adiacente al lato orientale del suddetto Marineto, al lato occidentale del suddetto Ugo Caldo, da un lato la strada e dall'altro il campo di Guglielmo di Tenda. Un terzo in comproprietà di tutti i redditi che i suddetti fratelli si presume di avere sulla riva di Ventimiglia. Inoltre, per quanto riguarda i beni mobili, a Giovanni è andato in parte trenta soldi, su una somma di quattro lire e mezza, che i suddetti fratelli sono soliti ricevere annualmente dal comune di Genova come feudo, con la condizione che non possa richiedere alcunché per il suddetto feudo fino ai prossimi dieci anni. A Oberto, invece, è andata in parte nella valle di Vervoni, per quanto riguarda le proprietà, tutte le terre che tiene Guglielmo Lorenzo, sia piantate ad alberi che vuote. Inoltre, metà di un pezzo di terra vuota situato a Pineta, con metà dei muri sovrapposti di una casa, in comproprietà. Nella località di Ventimiglia, nella zona chiamata Monte Malo, un terzo in comproprietà insieme al suddetto Marineto, di tutto ciò che si presume di avere lì. Inoltre, a Pascherio di Ventimiglia, metà di un orto in comproprietà, adiacente al lato orientale del suddetto Marineto, al lato occidentale del suddetto Ugo Calcio, da un lato la strada e dall'altro il campo di Guglielmo di Tenda. Un pezzo di terra situato a Felegucto, piantato ad alberi di fichi, adiacente superiormente alla terra di Oberto Gencane, inferiormente alla terra di Oberto Barbassore e alla terra del suddetto Oberto Genzane, da un lato la terra vescovile di Ventimiglia e dall'altro la terra di Isnardi Travache. Per quanto riguarda i beni mobili, un terzo in comproprietà di tutti i redditi che i suddetti fratelli si presume avere sulla riva di Ventimiglia. Inoltre, trenta soldi di quelle quattro lire e mezza che i suddetti fratelli sono soliti ricevere annualmente come feudo dal comune di Genova. Tale divisione è stata confermata e ratificata da entrambe le parti e promettono di non revocarla in eterno, sotto la pena di cento lire genovesi per ciascuna parte, pattuita e promessa, con la divisione che rimane sempre valida, giurando entrambi i suddetti fratelli, toccando fisicamente le Sacre Scritture, di attenersi, osservare e non revocare quanto sopra detto, sotto la suddetta pena. A tal fine, il suddetto Oberto concede al suddetto Giovanni, per la sua parte, tutti i diritti che ha o potrebbe avere nella parte che spetta al suddetto Giovanni, e il suddetto Giovanni concede e cede al suddetto Oberto, per la sua parte, tutti i diritti che ha o potrebbe avere per qualche ragione nella parte del suddetto Oberto. Io, il suddetto Giovanni, faccio tutto ciò e ogni singola cosa sopra menzionata con il consiglio di Raimondo Giudice e Guglielmo di Tenda, i miei vicini, che in questa situazione scelgo e chiamo come miei parenti, e dichiaro di avere più di vent'anni. Redatto nel capitolo di Ventimiglia, con i testimoni Ilione Conrado, Guglielmo Arnaldo e i suddetti consiglieri, come richiesto. Nell'anno e nell'indizione come sopra.

Atto n.346 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

21 gennaio 1261, Ventimiglia.
Giovanni Giudice del fu Raimondo Giudice vende al fratello Oberto Giudice la metà di un orto situato in Pascherio, che i due fratelli possedevano pro indiviso, per il prezzo di 30 soldi di genovini, di cui rilascia quietanza.

Die eodem, hora, loco et testibus. Ego Iohannes Iudex, filius quondam Raimundi Iudicis vendo, cedo et trado tibi Oberto Iudici, fratri meo, meam medietatem orti positi in Pascherio, quam tecum habebam comune pro indiviso, cui toti coberet superius ortus Marineti, frattis nostri, inferius ortus Ugonis Calcie, ab uno latere via et ab alio latere ortus Guiranni Tende, cum omni suo iure, ratione, actione reali et personali, utili et directo, introitibus et exitibus suis omnibusque demum suis pertinenciis, nichil ex his in me retento, ad habendum, tenendum, possidendum [et] de cetero quicquid volueris iure proprietario et [ti]tulo emptionis faciendum, finito precio soldorum triginta ianuinorum, de quibus me bene quietum et solutum voco, renuntians exceptioni non numerate seu recepte pecunie et omni exceptioni. Quod si dicta terra ultra dictum precium valet, sciens ipsius veram extimationem, id quod ultra valet tibi mera et pura donatione inter vivos dono et finem inde tibi facio et refutationem atque pactum de non petendo, renuntians legi deceptionis dupli et ultra. Possessionem insuper et dominium diete terre tibi tradidisse confìteor, constituens me ipsam tuo nomine tenere et precario possedere dum possidebo vel ipsius possessionem sumpseris corporalem, promittens de dicta terra nullam deinceps movere litem, actionem seu controversiam nec requisitionem facere, sed potius ipsam tibi et heredibus tuis vel cui habere statueris per me et heredes meos ab omni persona legittime defendere, auctorigare et disbrigare promitto. Alioquim penam dupli de quanto dicta terra nunc valet vel pro tempore meliorata valebit tibi stipulanti date et restituere promitto, rato manente pacto. Pro pena et predictis ofnnibus attendendis et observandis universa bona mea habita et habenda tibi pigneri obligo, iurans insuper, tactis corporaliter Sacris Scripturis, ut supra dictum est attendere, compiere et observare et non contravenire, sub dicta pena, faciens hec omnia et singula supradicta consilio Raimundi Iudicis et Guiranni Tende, vicinorum meorum, quos in hoc casu meos propinquos et consiliatores eligo et appello. Actum, in capitulo Vintimilii, presentibus testibus rogatis Iliono Conrado, Guillelmo Arnaldo et dictis consiliatoribus. Anno et indictione ut supra.

Atto n. 346
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
Nello stesso giorno, ora, luogo e con gli stessi testimoni. Io, Giovanni Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice, vendo, cedo e trasferisco a te, Oberto Giudice, mio fratello, la mia metà dell'orto situato a Pascherio, che avevamo in comproprietà indivisa, adiacente superiormente all'orto di Marineto, nostro fratello, inferiormente all'orto di Ugo Calcio, da un lato la strada e dall'altro il campo di Guglielmo di Tenda, con tutti i suoi diritti, cause, azioni reali e personali, benefici e diretti, entrate e uscite e tutte le relative pertinenze, senza trattenere nulla di ciò in me, per avere, tenere, possedere e fare in futuro tutto ciò che vorrai con un diritto di proprietà e titolo di acquisto, al prezzo stabilito di trenta lire genovesi, delle quali dichiaro di essere debitamente quietanzato e soddisfatto, rinunciando all'eccezione di denaro non conteggiato o ricevuto e a ogni altra eccezione. Se la suddetta terra vale più del suddetto prezzo, conoscendo la sua vera valutazione, ciò che vale in più te lo dono con una pura e semplice donazione tra vivi e ti do atto che ne faccio conclusione e rinuncia e un accordo di non richiesta, rinunciando alla legge dell'inganno doppio e oltre. Inoltre, dichiaro di averti consegnato il possesso e il dominio della suddetta terra, stabilendo che la detenga e la possieda per tuo nome in precario finché la possiederò o ne assumerai tu stesso il reale possesso, promettendo di non sollevare più alcuna lite, azione o controversia riguardante la suddetta terra, ma piuttosto di difenderla, autorizzarla e liberartene da qualsiasi persona legittimamente, da parte mia e dei miei eredi, prometto. In caso contrario, prometto di pagarti e restituirti una pena pari al doppio del valore attuale o del valore migliorato nel tempo della suddetta terra, con l'accordo rimanente valido. Come pena e per l'osservanza di tutto quanto sopra, impegnando tutti i miei beni presenti e futuri come pegno a te, giuro inoltre, toccando fisicamente le Sacre Scritture, di attenermi, compiere e osservare quanto sopra detto e di non andare contro, sotto la suddetta pena, facendo tutto ciò e ogni singola cosa sopra menzionata con il consiglio di Raimondo Giudice e Guglielmo di Tenda, i miei vicini, che in questa situazione scelgo e chiamo come miei parenti e consiglieri. Redatto nel capitolo di Ventimiglia, con i testimoni Ilione Conrado, Guglielmo Arnaldo e i suddetti consiglieri, come richiesto. Nell'anno e nell'indizione come sopra.

Atto n.380 della serie γ

Notaio Giovanni de Amandolesio

17 maggio 1261, Ventimiglia.
Oberto Giudice del fu Raimondo Giudice di Ventimiglia dichiara di aver ricevuto da Lanfranco Bulbonino, a nome della propria moglie Adalasina, la somma di 150 lire di genovini per la dote della medesima e di averle fatto donazione di 100 lire a titolo di antefatto: per la dote suddetta cede ad Adalasina, per il sostentamento della medesima, dei suoi e di esso Oberto, diversi beni mobili e immobili del valore complessivo di 120 lire.

Ɑ Alasine, uxoris Oberti Iudicis.
Die xvii madii, post terciam. Ego Obertus Iudex, filius quondam Raimundi Iudicis de Vintimilio, confiteor me habuisse et recepisse a Lanfranco Bulbonino, ab[s]enti, nomine Adalasine, uxoris mee, pro dotibus sive patrimonio suo, libras centum quinquaginta ianuinorum et ei feci donationem librarum centum propter nupcias sive nomine antefacti, sicut constat per instrumentum inde factum manu Iacobi de Castelleto notarii, millesimo ccl, indictione viii, die xxv octobris, inter nonam et vesperas; pro quibus et nomine dictarum dotium, non illectus nec abractus, sed spontanea voluntate, et pro bono et utilitate tua diete Adalasine, te volente et petente, do, cedo et trado tibi in solutum, pro libris centum viginti, ut te et tuos alas et de cetero alere debeas et ut me virum tuum egentem substinere debeas, terras infrascriptas, cum omnibus superpositis, iuribus, rationibus, actionibus, ingressibus et exitibus et cum omni comodo et utilitate et aliis rebus infrascriptis terris debentibus et pertinentibus et uti optime maximeque sunt. In primis, ortum unum positum in Pascberio, cui coberet superius ortus Petri Lamberti, inferius ortus Ugonis Calcie, ab uno latere via et ab alio ortus Guiranni Tende. Item plures pecias terre contiguas positas in territorio Vintimilii, in Vervono, que fuerunt quondam domini Oberti Iudicis, quibus omnibus coheret superius via, inferius vallonus Sancti Feliani, ab uno latere terra Guillelmi Calcie et ab alio latere terra Marineti et Iohannis Iudicis. Item totum mobile quod habeo in domo in qua maneo, et specialiter totum meum fornitum et sospitale unum et unum bancarium et omnia alia massaricia minuta, ad faciendum de cetero quicquid volueris. Quas terras et res promitto tibi de cetero defendere et disbrigare ab omni persona, colegio et universitate meis expensis, remissa tibi necessitate denunciando; sciens veram extimationem ipsarum terrarum et rerum, si ultra valent, tibi dono, renuntians legi per quam deceptis ultra dimidiam iusti predi subvenitur. Dominium quoque et possessionem de predictis tibi confìteor corporaliter tradidisse. Et pro predictis omnibus et singulis attendendis universa bona mea habita et habenda tibi pigneri obligo. Et ego dicta Adalasina, mea pura volúntate et me a te petente et volente, confiteor me habuisse et recepisse a te dicto viro meo prefatas terras et mobile in solutum pro dicta quantitate ut me et meos alani de cetero et te virum meum egentem debeam substinere, renuntians exceptioni non habitarum terrarum et rerum et generaliter omni alii exceptioni mihi competenti et competiture in predictis dotibus quantum pro dictis libris centum viginti petendis, promittendo tibi per me et heredes meos de cetero nullam, in iudicio vel extra, requisitionem de predictis libris centum viginti facere, sed de ipsis stabo in posterum tacita et contenta in predictis terris et mobile et te nec aliquam personam pro te, in iudicio vel extra, quantum pm dictis libris centum viginti aliqua actione molestare coram aliquo magistratu. Alioquin penam dupli de quanto contraiactum fuerit et quotiens tibi stipulanti promitto dare et solvere. Et pro predictis omnibus attendendis universa bona mea habita et habenda tibi pigneri obligo, renuntians legi ypothecarum, senatus consulto velleiano, legi iulie de fondo dotali et omni alii iuri, faciens hec omnia consilio Willelmi baratemi et Fulconis Prioris, quos meos propinquos in hoc casu eligo et appello. Actum in domo Manfredis de Langasco, quam habitant dicti iugales, in Vintimilio, presentibus testibus [rogatis] Guillelmo Dulbeco et dictis consiliatoribus. Anno et indictione ut supra.

Atto n. 380
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.

Traduzione (di Dario de Judicibus):
Ad Alasina, moglie di Oberto Giudice.
Il diciassettesimo giorno di maggio, dopo la terza. Io, Oberto Giudice, figlio del defunto Raimondo Giudice di Ventimiglia, riconosco di aver ricevuto da Lanfranco Bulbonino, assente, in nome di Adalasina, mia moglie, come dote o patrimonio suo, centocinquanta lire genovesi, e le ho donato cento lire a causa del matrimonio o a titolo di anticipo, come risulta dallo strumento redatto per mano del notaio Giacomo di Castelleto, nell'anno 1250, all'ottava indizione, il venticinque ottobre, tra la nona e il vespro; per le quali e in nome delle suddette doti, non indotto né costretto, ma spontaneamente e per il tuo bene e utilità, cara Adalasina, volendo e chiedendo tu stessa, do, cedo e trasferisco a te in pieno possesso, al prezzo di centoventi lire, affinché possa mantenere te e i tuoi bisogni e sostenere me, tuo marito in difficoltà, le terre di seguito descritte, con tutti gli edifici, diritti, cause, azioni, entrate e uscite, e con ogni comodità, utilità e altre cose collegate a tali terre e ritenute pertinenti e che sono nel miglior stato possibile. Innanzitutto, un orto situato a Pascherio, adiacente superiormente all'orto di Pietro Lamberti, inferiormente all'orto di Ugo Calcio, da un lato la strada e dall'altro l'orto di Guglielmo di Tenda. Inoltre, diverse porzioni di terreno adiacenti, situate nel territorio di Ventimiglia, a Vervono, che un tempo erano di proprietà del signor Oberto Giudice, adiacenti tutti alla strada superiormente, inferiormente alla valle di San Feliano, da un lato la terra di Guglielmo Calcio e dall'altro la terra di Marineto e Giovanni Giudice. Inoltre, tutti i mobili che ho nella casa in cui risiedo, e in particolare tutto il mio arredamento e una cassapanca e tutti gli altri piccoli oggetti di valore, li do a te per fare in futuro ciò che desideri. Le suddette terre e beni prometto di difendere e liberare da ogni persona, collegio e università, a mie spese, rinunciando al bisogno di notificarti; conoscendo la vera valutazione di tali terre e beni, se eccedono il valore, te li dono, rinunciando alla legge che prevede una compensazione oltre la metà del valore effettivo. Inoltre, riconosco di averti consegnato personalmente il dominio e il possesso dei suddetti. E per tutti e ciascuno dei suddetti punti, impegno tutti i miei beni presenti e futuri come pegno a te. E io, la suddetta Adalasina, con mia volontà pura e a tua richiesta e volontà, riconosco di aver ricevuto da te, mio marito, le predette terre e beni come pagamento completo per la suddetta quantità, affinché possa sostenere me stessa, i miei cani e te, mio marito in difficoltà, rinunciando all'eccezione di terre e beni non assegnati e generalmente a ogni altra eccezione a me competente o che potrebbe competere nei suddetti beni per il valore dei centoventi lire richieste, promettendo a te, per me e i miei eredi, di non fare più alcuna richiesta, in tribunale o al di fuori di esso, per le suddette centoventi lire, ma mi attengo in futuro in silenzio e soddisfatta nei suddetti terreni e beni e non molesto te né alcuna persona per conto tuo, in tribunale o altrove, con alcuna azione per i suddetti centoventi lire di fronte a qualsiasi autorità. Altrimenti, prometto di pagare e soddisfare una pena doppia rispetto all'accordo e quante volte richiedi. E per tutti i suddetti punti, impego tutti i miei beni presenti e futuri come pegno a te, rinunciando alla legge sulle ipoteche, al senatus consulto velleiano, alla legge giulia sul fondo patrimoniale e a ogni altro diritto, facendo tutto ciò con il consiglio di Guglielmo Baratemi e Fulcone Priore, che scelgo come miei parenti in questo caso. Fatto nella casa di Manfredo di Langasco, dove risiedono i suddetti coniugi, a Ventimiglia, in presenza dei testimoni richiesti, Guglielmo Dulbecco e dei consiglieri suddetti. Nell'anno e nell'indizione come sopra.

Notizia n.15 della serie ν

Notaio Giovanni de Amandolesio

XV

s. d. (ante 5 agosto 1259).
Maestro Enrico, vicario dell’arcivescovo di Genova, ordina a Giovanni Giudice del fu Raimondo Giudice di Ventimiglia di presentarsi al suo cospetto per la questione dell'annullamento del suo matrimonio con Laurencina del fu Oberto de Volta.

Inserto nell'atto n. 88.
Atti rogati in Ventimiglia dal notaio
Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264.
Cartolare 57,
in Laura Balletto, op. cit.